Il governo Monti si avvia a sostenere con incentivi l'acquisto
di un’auto elettrica secondo quanto previsto dal testo unificato delle commissioni Trasporti e Attività produttive
della Camera. Previsti un bonus fino a 5mila euro per chi compra
un'auto elettrica e ( sulla carta) un piano infrastrutturale per una rete di
ricarica, con tariffe promozionali nella fase di start up del mercato. E’ un altro incentivo, seppur modesto,
finalmente ottenuto in Italia dal settore dell’auto che da 3 anni sostiene una
campagna promozionale rimescolando abilmente le carte per sostenere l’auto
elettrica come “ l’auto ecologica” tout
court del futuro; i cui pregi
sarebbero indicati nell’eliminazione quasi totale dell’inquinamento, emissione
di CO2 e particolato, oltre ad una bassa rumorosità e idonea al superamento dei
limiti di circolazione nei centri urbani. Si sorvola sui costi e sui tempi per
una eventuale rete di centraline su tutto il territorio nazionale, in un paese
dove dopo 70 anni dalla messa a punto di motori a gas, meglio a gpl e solo più
recentemente a metano, scarseggiano gli impianti di rifornimento; che sono pressocchè assenti in vaste zone del
sud del paese specie in aree urbane fra le più inquinate da traffico.
Se gpl e metano occupano molto meno del 10%
del parco auto circolante che è di circa 37 milioni ( record mondiale per
numero di abitanti ), per il momento le auto elettriche hanno visto un totale
fallimento: i dati indicano 305 elettriche vendute nel 2011 su quasi 1,8 milioni di nuove auto entrate nel mercato; pressocchè
tutte vendute ( a carissimo prezzo) ad una decina di amministrazioni comunali.
In linea con quanto avviene nel mondo dove, malgrado incentivi più consistenti
in alcuni paesi, esempio la GB, nel 2011
sono state immatricolate solo 58mila vetture elettriche su 175 milioni di auto
totali. E ci permettiamo di ritenere una follia che amministratori comunali che
annunciano chiusure di asili comunali, IMU ai massimi, violazione del patto di
stabilità interno e simili, deliberino l’acquisto di un pò di auto elettriche (
25-30.000 euro per unità ) per abbellire il proprio centro cittadino e colorare
di un po’ di verde la propria fascia tricolore.
Già più di due anni fa Greenpeace,
e poi Legambiente, hanno denunciato con il
rapporto scritto dalla società di consulenza CE Delft come la normativa europea
in materia di emissioni a riguardo delle auto elettriche fosse inadatta e pericolosa. Il poco noto e
accuratamente taciuto meccanismo dei "super crediti" infatti,
consente ai produttori di usare la vendita di veicoli elettrici per compensare
la continua produzione di automobili a elevate emissioni: per ogni auto
elettrica venduta i costruttori possono vendere oltre tre veicoli ad alta
emissione senza conteggiarli ai fini del calcolo delle emissioni di CO2. Un ipotetico
aumento al 10% nelle vendite di auto elettriche in realtà potrebbe portare in
Europa a un aumento del 20% delle emissioni di CO2 nel settore automobilistico.
Le auto elettriche infatti al momento e probabilmente per decenni in futuro,
consumano e aumenterebbero l’ energia elettrica di normale produzione: per
l’Italia e non solo, aumentando la quota da carbone e petrolio, in altri paesi
come la Francia anche da nucleare. Il rapporto di Greenpeace ( “Energia verde per le auto elettriche")
sostiene, come è ovvio, che un futuro per le elettriche è conveniente soltanto
con una produzione di energia per la mobilità da rinnovabili, sia direttamente
sull’auto che da centraline ad hoc; una direzione diversa e ben lontana da
quanto tenta di propinarci l’industria dell’ auto che, insieme a quello
energetico-nucleare, è la più potente lobby industriale a livello mondiale. Per
il momento costo, scarsa autonomia e dubbi sulla disponibilità di una rete
adeguata di centraline di ricarica le rendono scarsamente interessanti per
tutti.
Va precisato che anche nel
settore delle ibride, dove il motore termico resta prevalente, e che non
centrano nulla con le elettriche vere e proprie, andiamo in una direzione
discutibile. Per ibride si intende molte cose diverse:
- le “microibride”, dove la
normale batteria si ricarica parzialmente in fase di decelerazione, mediante la
funzione Start&Stop: il motore si spegne e si riaccende premendo
acceleratore o frizione nei percorsi cittadini; o quelle “Mild-Hybrid”, in cui
il motore elettrico aiuta il motore termico in fase di accelerazione,
migliorandone le prestazioni .
- le “Full-Hybrid”, con motore
elettrico e batteria più potenti, che consentono di viaggiare un po’ anche in
modalità solo elettrica, a basse
velocità (circa 60 km/h) per qualche
chilometro, utili in città pe aggirare le limitazioni di traffico; oppure la
“Extended Range”, in grado di percorrere molti chilometri in modalità
elettrica, ma solo attivando il motore termico per ricaricare la batteria.
- infine le recenti “Plug-in”, una via di mezzo verso le
elettriche, le cui batterie possono essere anche ricaricate attraverso la
colonnine di carica: ovvero, non è più indispensabile utilizzare il motore
termico per ricaricare le batterie. Arriva adesso alla fase di lancio la Toyota
Prius Plug-in.
Di ibride ne sono state vendute
nel mondo circa 4 milioni ma nessuna prevede almeno l’uso di gpl o metano, un
po’ meno inquinanti dei tradizionali carburanti. I prezzi vanno comunque dai
25.000 euro della piccola Toyota Auris ( circa 22-24 km/l) ai 107.000 della BMW
X6 ( 10 km/l); insomma non proprio alla portata di tutti..
Lontanissima l’ipotesi
dell’Idrogeno, intendendo sempre come numeri significativi per incrinare il
modello tradizionale, inquinante e costoso, di mobilità. Ovviamente di sindaci
che inaugurano costosi auto o bus a
idrogeno , specie in coincidenza di scadenze olimpiche o simili , ne abbiamo
visti decine ma finita festa e folclore
quasi sempre le ritrovate dismesse dopo pochi mesi al fondo delle rimesse
comunali. E in qualche centro città europeo qualcuna dura di più ma tutto ciò
non scalfisce minimamente il modello tradizionale di mobilità.
Il numero di auto, furgoni,
camion e autobus circolanti nel mondo ha già superato il miliardo nel 2010 e le
principali multinazionali del settore sarebbero soddisfatte di raggiungere
l’obiettivo di 200 milioni di nuovi veicoli sul mercato all’anno, con
particolare attenzione ai mercati da saturare di Cina e India, oltre agli USA e Giappone. In
realtà una prospettiva terrificante per il futuro del pianeta ed un bel salasso
economico per milioni di persone costrette ad usare l’auto dove le altre forme
di mobilità scarseggiano.
Per fortuna è crescente il numero
di persone che anche nel nostro paese comincia a vedere, e dove possibile
praticare, un modo più collettivo, più salutare, più economico e in fin dei
conti più divertente e socializzante della solita scatoletta metallica mono o
biposto: dal bike sharing al car pooling ad esempio; e in tanti vorremmo avere
delle vere reti metropolitane articolate e diffuse in modo soddisfacente nel
centro e fino alle periferie ed ai sobborghi delle grandi e medie città
italiane. Ma praticamente dopo la parziale rete milanese avviata negli anni ’60
non si è mosso quasi più nulla.
La famosa linea C romana, che
avrebbe dovuto collegare il centro storico da un lato alla periferia est, estendendosi
oltre il Grande Raccordo Anulare e dall'altro all'area nord-ovest della
capitale usando anche il tracciato superstite della vecchia ferrovia
Roma-Fiuggi è praticamente fallita. I primi finanziamenti vennero stanziati nel
1995 e sulla vicenda si potrebbero scrivere libri divertenti.
A Torino si procede a passo di lumaca, con un
comune troppo impegnato a pagare debiti ed interessi dello spettacolo olimpico
del 2006. Con questi tempi una teorica “rete” metropolitana la avremmo fra
100-150 anni. Governi e partiti ( oltre a banche e gruppi mafiosi), troppo
impegnati nel garantirci il fondamentale collegamento con l’Europa con la TAV
in val di Susa, non hanno tempo da perdere con la mobilità urbana e
metropolitana. Per semplificare il quadro si chiudono tratte ferroviarie
regionali storiche importanti e, ultima novità, in questi giorni persino
l’ultima corsa di mezzanotte fra Milano
e Torino è saltata, dimenticandosi di avvisari gli utenti , allibiti di tanta
fantasiosa creatività.
Non si trova al momento un
sindaco, neppure di quelli ”alternativi” che abbia il coraggio di tirare tre
righe incrociate sulla carta della propria mappa cittadina progettando, con i tempi necessari, la totale
chiusura alle auto della parte prevalente di alcune direzioni di traffico
cittadine per riservarle a bici, risciò, veri mezzi elettrici e metrobus a
percorrenza delimitata. A chi pensa che sono cose da strampalati visionari va
ricordato che gli esempi in Europa, dalla Germania all’Olanda, sono realtà consolidate e che, per finire,
nella caotica New York l’80% degli abitanti non possiede più un automobile.. e
si gira benissimo.
Sono completamente d'accordo con questo articolo.
RispondiEliminaConcordo con quanto esposto in questo articolo, vivissimi complimenti
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