29 giugno 2012

Le bufale sull’auto elettrica


di Massimo Marino

Il governo Monti  si avvia a sostenere con incentivi l'acquisto di un’auto elettrica secondo quanto previsto dal testo unificato delle commissioni Trasporti e Attività produttive della Camera. Previsti un bonus fino a 5mila euro per chi compra un'auto elettrica e ( sulla carta) un piano infrastrutturale per una rete di ricarica, con tariffe promozionali nella fase di start up del mercato. E’ un altro incentivo, seppur modesto, finalmente ottenuto in Italia dal settore dell’auto che da 3 anni sostiene una campagna promozionale rimescolando abilmente le carte per sostenere l’auto elettrica come “ l’auto ecologica” tout court del futuro;  i cui pregi sarebbero indicati nell’eliminazione quasi totale dell’inquinamento, emissione di CO2 e particolato, oltre ad una bassa rumorosità e idonea al superamento dei limiti di circolazione nei centri urbani. Si sorvola sui costi e sui tempi per una eventuale rete di centraline su tutto il territorio nazionale, in un paese dove dopo 70 anni dalla messa a punto di motori a gas, meglio a gpl e solo più recentemente a metano, scarseggiano gli impianti di rifornimento;  che sono pressocchè assenti in vaste zone del sud del paese specie in aree urbane fra le più inquinate da traffico.

 Se gpl e metano occupano molto meno del 10% del parco auto circolante che è di circa 37 milioni ( record mondiale per numero di abitanti ), per il momento le auto elettriche hanno visto un totale fallimento: i dati indicano 305 elettriche vendute nel  2011 su quasi 1,8 milioni  di nuove auto entrate nel mercato; pressocchè tutte vendute ( a carissimo prezzo) ad una decina di amministrazioni comunali. In linea con quanto avviene nel mondo dove, malgrado incentivi più consistenti in alcuni paesi, esempio la GB,  nel 2011 sono state immatricolate solo 58mila vetture elettriche su 175 milioni di auto totali. E ci permettiamo di ritenere una follia che amministratori comunali che annunciano chiusure di asili comunali, IMU ai massimi, violazione del patto di stabilità interno e simili, deliberino l’acquisto di un pò di auto elettriche ( 25-30.000 euro per unità ) per abbellire il proprio centro cittadino e colorare di un po’ di verde la propria fascia tricolore.

Già più di due anni fa Greenpeace, e poi Legambiente,  hanno denunciato con il rapporto scritto dalla società di consulenza CE Delft come la normativa europea in materia di emissioni a riguardo delle auto elettriche  fosse inadatta e pericolosa. Il poco noto e accuratamente taciuto meccanismo dei "super crediti" infatti, consente ai produttori di usare la vendita di veicoli elettrici per compensare la continua produzione di automobili a elevate emissioni: per ogni auto elettrica venduta i costruttori possono vendere oltre tre veicoli ad alta emissione senza conteggiarli ai fini del calcolo delle emissioni di CO2. Un ipotetico aumento al 10% nelle vendite di auto elettriche in realtà potrebbe portare in Europa a un aumento del 20% delle emissioni di CO2 nel settore automobilistico. Le auto elettriche infatti al momento e probabilmente per decenni in futuro, consumano e aumenterebbero l’ energia elettrica di normale produzione: per l’Italia e non solo, aumentando la quota da carbone e petrolio, in altri paesi come la Francia anche da nucleare. Il rapporto di Greenpeace (  “Energia verde per le auto elettriche") sostiene, come è ovvio, che un futuro per le elettriche è conveniente soltanto con una produzione di energia per la mobilità da rinnovabili, sia direttamente sull’auto che da centraline ad hoc; una direzione diversa e ben lontana da quanto tenta di propinarci l’industria dell’ auto che, insieme a quello energetico-nucleare, è la più potente lobby industriale a livello mondiale. Per il momento costo, scarsa autonomia e dubbi sulla disponibilità di una rete adeguata di centraline di ricarica le rendono scarsamente interessanti per tutti.

Va precisato che anche nel settore delle ibride, dove il motore termico resta prevalente, e che non centrano nulla con le elettriche vere e proprie, andiamo in una direzione discutibile. Per ibride si intende molte cose diverse:
- le “microibride”, dove la normale batteria si ricarica parzialmente in fase di decelerazione, mediante la funzione Start&Stop: il motore si spegne e si riaccende premendo acceleratore o frizione nei percorsi cittadini; o quelle “Mild-Hybrid”, in cui il motore elettrico aiuta il motore termico in fase di accelerazione, migliorandone le prestazioni .
- le “Full-Hybrid”, con motore elettrico e batteria più potenti, che consentono di viaggiare un po’ anche in modalità solo elettrica,  a basse velocità (circa 60 km/h)  per qualche chilometro, utili in città pe aggirare le limitazioni di traffico; oppure la “Extended Range”, in grado di percorrere molti chilometri in modalità elettrica, ma solo attivando il motore termico per ricaricare la batteria.
- infine le recenti  “Plug-in”, una via di mezzo verso le elettriche, le cui batterie possono essere anche ricaricate attraverso la colonnine di carica: ovvero, non è più indispensabile utilizzare il motore termico per ricaricare le batterie. Arriva adesso alla fase di lancio la Toyota Prius Plug-in.
Di ibride ne sono state vendute nel mondo circa 4 milioni ma nessuna prevede almeno l’uso di gpl o metano, un po’ meno inquinanti dei tradizionali carburanti. I prezzi vanno comunque dai 25.000 euro della piccola Toyota Auris ( circa 22-24 km/l) ai 107.000 della BMW X6 ( 10 km/l); insomma non proprio alla portata di tutti.. 

Lontanissima l’ipotesi dell’Idrogeno, intendendo sempre come numeri significativi per incrinare il modello tradizionale, inquinante e costoso, di mobilità. Ovviamente di sindaci che inaugurano costosi auto o  bus a idrogeno , specie in coincidenza di scadenze olimpiche o simili , ne abbiamo visti decine  ma finita festa e folclore quasi sempre le ritrovate dismesse dopo pochi mesi al fondo delle rimesse comunali. E in qualche centro città europeo qualcuna dura di più ma tutto ciò non scalfisce minimamente il modello tradizionale di mobilità. 

Il numero di auto, furgoni, camion e autobus circolanti nel mondo ha già superato il miliardo nel 2010 e le principali multinazionali del settore sarebbero soddisfatte di raggiungere l’obiettivo di 200 milioni di nuovi veicoli sul mercato all’anno, con particolare attenzione ai mercati da saturare di  Cina e India, oltre agli USA e Giappone. In realtà una prospettiva terrificante per il futuro del pianeta ed un bel salasso economico per milioni di persone costrette ad usare l’auto dove le altre forme di mobilità scarseggiano.

Per fortuna è crescente il numero di persone che anche nel nostro paese comincia a vedere, e dove possibile praticare, un modo più collettivo, più salutare, più economico e in fin dei conti più divertente e socializzante della solita scatoletta metallica mono o biposto: dal bike sharing al car pooling ad esempio; e in tanti vorremmo avere delle vere reti metropolitane articolate e diffuse in modo soddisfacente nel centro e fino alle periferie ed ai sobborghi delle grandi e medie città italiane. Ma praticamente dopo la parziale rete milanese avviata negli anni ’60 non si è mosso quasi più nulla.
La famosa linea C romana, che avrebbe dovuto collegare il centro storico da un lato alla periferia est, estendendosi oltre il Grande Raccordo Anulare e dall'altro all'area nord-ovest della capitale usando anche il tracciato superstite della vecchia ferrovia Roma-Fiuggi è praticamente fallita. I primi finanziamenti vennero stanziati nel 1995 e sulla vicenda si potrebbero scrivere libri divertenti.
 A Torino si procede a passo di lumaca, con un comune troppo impegnato a pagare debiti ed interessi dello spettacolo olimpico del 2006. Con questi tempi una teorica “rete” metropolitana la avremmo fra 100-150 anni. Governi e partiti ( oltre a banche e gruppi mafiosi), troppo impegnati nel garantirci il fondamentale collegamento con l’Europa con la TAV in val di Susa, non hanno tempo da perdere con la mobilità urbana e metropolitana. Per semplificare il quadro si chiudono tratte ferroviarie regionali storiche  importanti  e, ultima novità, in questi giorni persino l’ultima  corsa di mezzanotte fra Milano e Torino è saltata, dimenticandosi di avvisari gli utenti , allibiti di tanta fantasiosa creatività. 

Non si trova al momento un sindaco, neppure di quelli ”alternativi” che abbia il coraggio di tirare tre righe incrociate sulla carta della propria mappa cittadina  progettando, con i tempi necessari, la totale chiusura alle auto della parte prevalente di alcune direzioni di traffico cittadine per riservarle a bici, risciò, veri mezzi elettrici e metrobus a percorrenza delimitata. A chi pensa che sono cose da strampalati visionari va ricordato che gli esempi in Europa, dalla Germania all’Olanda,  sono realtà consolidate e che, per finire, nella caotica New York l’80% degli abitanti non possiede più un automobile.. e si gira benissimo. 

2 commenti:

  1. Sono completamente d'accordo con questo articolo.

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  2. Concordo con quanto esposto in questo articolo, vivissimi complimenti

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