4 ottobre 2021

Europa, Germania, Italia .. Non possiamo permettere il ritorno del bipolarismo, quello del partito unico degli affari.

di Massimo Marino

tre quadretti e una conclusione per un affresco autunnale

1 - Venerdì di passione

Venerdì 24 settembre, primo appuntamento mondiale in centinaia di città  promosso da FFF ( Friday For Future ) dopo un anno e mezzo di pandemia. In almeno 50mila ( per i promotori 100mila) si sono trovati in piazza a Berlino, quasi incredibile la partecipazione a Monaco, più di 600mila in tutta la Germania a 48 ore dal triplo voto: per il nuovo governo post Merkel, per il sindaco della città-stato di Berlino e le municipalità e per il referendum contro le immobiliari che hanno requisito decine di migliaia di alloggi della capitale. Duro l’intervento di Greta Thumberg e di due fra le organizzatrici del FFF ( Luisa Neubauer e Carla Reemstma)  «Nessuno dei candidati cancellieri ha un programma politico davvero in linea con l’attuale emergenza climatica. Anzi, la maggior parte di loro pensa alla costruzione di nuove centrali a carbone, gasdotti e autostrade. Noi invece pretendiamo azioni immediate per ridurre le emissioni di CO2 e smettere di finanziare i combustibili fossili». Il referendum berlinese ha vinto e dovrebbe impedire che dieci società immobiliari posseggano migliaia di alloggi nella città, moltissimi dei quali vuoti, mentre gli affitti vanno alle stelle e si vorrebbero costruire altri alloggi. Manifestazioni si sono svolte in numerosi altri paesi, Italia compresa, scarsamente citate dai media. Ma è solo l’inizio di un autunno “caldo” del clima in attesa di COP 26 a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre. Si preannuncia come la più grande mobilitazione sul clima e la crisi ambientale mai avvenuta nel pianeta, mentre alcuni affermano sottovoce che Glasgow, al di là delle chiacchiere e dei blablabla si profila come un fallimento ormai inevitabile. Dove in gioco ci sarebbe solo la battaglia mediatica, ben orchestrata, per attribuire a Cina e India invece che al modello di sviluppo dell’Occidente (USA ed Europa), la causa del disastro ambientale imminente. 

2 - Germania al bivio, rimanderà le scelte?

Secondo alcuni nelle elezioni politiche di una settimana fa avrebbe vinto la SPD per un soffio. Secondo altri avrebbe perso una CDU per la prima volta senza la Merkel. Per altri ancora sarebbe stata fermata l’estrema destra di AFD. Per parlare seriamente andrebbero prima visti i risultati, cioè cosa hanno votato i 65 milioni di elettori attivi confrontando i numeri dei sei partiti tedeschi con quelli del 2017. Ricordando che il sistema elettorale tedesco ( per me il migliore al mondo) è di fatto proporzionale con il quorum al 5%, vediamo con i numeri chi ha perso e chi ha vinto rispetto al 2017:

L’unione CDUCSU è passata da 15,31 mil. di voti a 11,17 perdendone 4,14 mil. La Linke ( sinistra) ha dimezzato i voti passando da 4,29 a 2,27 perdendo 2,03 mil. di voti e restando al di sotto del quorum ma ottenendo comunque dei seggi avendo in tre circoscrizioni ( dell’ est) il primo posto. La AFD (estrema destra ) ha perso 1,07 mil. di voti passando da 5,87 a 4,80 mil.

I Liberali hanno all’incirca confermato i loro 5 mil. di voti ( +0,3 da 4,99 a 5,31mil.)

I Grünen (verdi) hanno avuto uno straordinario successo, specie nelle grandi città, anche dell’est, dove in molti quartieri sono il primo partito (a Berlino, Amburgo, Monaco, Francoforte, Stoccarda ..) passando da 4,15 mil. di voti del 2017 a 6,8 mil. con un aumento di 2,69 mil. La SPD è passata da 9,54 a 11,94 mil. (+ 2,40 ) .

Quindi ognuno dei due partiti più votati, SPD (25,74 %) e CDUCSU ( 24,08%), ha due sole possibilità per governare ( servono almeno 378 seggi su 755): allearsi con Grünen e Liberali, ( ipotesi fallita con la Merkel nel 2017 dopo 4 mesi di confronto, avendo questi ultimi due posizioni divergenti su parecchi temi). Oppure allearsi nuovamente fra loro nella Grosse Koalition, ipotesi molto poco gradita fra gli elettori considerato anche che la somma degli elettori SPD+CDUCSU è passata da 24,85 a 23,12 mil (- 1,73 mil. ) e che nessuno dei due candidati alla Cancelleria (Olaf Scholz, SPD e Armin Laschet, CDUCSU)  sembra propenso a lasciare il posto all’altro.

Il successo degli ecologisti in realtà apre uno scenario complesso. Intanto perché è caduta la speranza che Annalena Baerbock  potesse portarli in testa, come in vari momenti degli ultimi 4 anni i sondaggi avevano indicato, ad esempio nel luglio 2019 e nel maggio 2021 ( foto). Negli ultimi 4 mesi invece nei sondaggi (che in Germania  sono particolarmente attendibili ) sono scesi di 10 punti ( dal 25 al 15% circa). Anche nel voto per il Sindaco della città-stato di Berlino la candidata dei verdi Bettina Jarasch con il 18,9% non ha superato il 21,4% del candidato SPD. Voto molto influenzato dai temi della crisi ambientale  oltre che della situazione economica, il risultato elettorale pone la Germania davanti al bivio: una vera svolta di transizione epocale, che aprirebbe la strada anche in altri paesi dell’Occidente, che la Merkel ha sempre sfiorato ma mai intrapresa, oppure il rinvio delle scelte. Rinvio che i verdi, se coinvolti nel governo, non potrebbero permettersi senza pagarne un duro prezzo. Qualcosa che assomiglia al bivio italiano del M5Stelle del 2018, che non avendo compreso la fase storica sembra essere avviato, con un confuso moderatismo per nulla obbligato, ad un consistente declino di quarto partito fuori dai giochi.  

3 – L’Italia arriva al voto chiacchierando d’altro

Un terzo degli elettori italiani in queste ore dovrebbe votare in più di 1100 comuni, una regione, due collegi parlamentari. Non percepisco una grande spinta al voto. Si vota in sei capoluoghi di Regione (Bologna, Milano, Napoli, Roma, Torino e Trieste), in altri 14 capoluoghi di provincia: Benevento, Carbonia, Caserta, Cosenza, Grosseto, Isernia, Latina, Novara, Pordenone, Ravenna, Rimini, Salerno, Savona e Varese, in 137 comuni in tutto con più di 15 mila abitanti. Abbondano, come avviene da anni specie nei capoluoghi, i candidati e le liste ma la cosa non è da prendere seriamente: almeno i due terzi delle liste non eleggeranno assolutamente nessuno per quanto in genere si abbia un quorum relativamente basso (3%) e pure il sistema (un finto proporzionale dove c’è sempre un premio oltre al doppio turno ) sembra fatto apposta per rendere il tutto non credibile. A Roma 21 candidati e 38 liste. A Napoli 7 e 31. A Milano 13 e 28. A Torino 13 e 30. Una sceneggiata irritante che secondo me allontana dal voto milioni di persone. Nelle elezioni regionali della Calabria i vari spezzoni del cosiddetto centro-sinistra (con il contributo 5stelle) hanno fatto proprio tutto quello che era possibile per lasciare la Calabria al centro-destra.

Nei principali comuni capoluogo la suspense è poca, davvero poco avvincente per i candidati che sono in ballo, desolante per il difficile tentativo di ridarci i brividi del vecchio bipolarismo che cerca di tornare in auge. Alcuni candidati sindaci del centrodestra sembrano capitati lì per caso, altri sono vecchi burocrati o funzionari di partito. Dovrebbero contribuire ad avviare una transizione ecologica epocale nelle loro città a partire dalla mobilità, collaborare ad una riorganizzazione territoriale della sanità, gestire con idee nuove il flusso migratorio e l’integrazione, garantire sicurezza sociale e impatto della povertà nella fase post covid e combattere mafie e clientele per quanto arriverà delle risorse europee attraverso il PNRR. Guardando facce e curriculum di parecchi dei candidati di destra e sinistra mi viene un brivido. Vedo una comune sottovalutazione, a volte quasi disinteresse, di fronte a questi  impegni che incomberanno.

Fa eccezione Roma: qui c’è un scontro vero, all’ultimo sangue. Qui si infrangono le balle sul nuovo campo progressista PD-5Stelle ( un'alleanza singolare che dove è praticata è a senso unico: i 5Stelle sostengono un candidato PD a loro gradito (?) mentre il contrario non si fa da nessuna parte perché bande e clientele interne al PD non mollano, tantomeno a favore di esterni grillini con velleità radicali. Impostata così l’alleanza è il modo sicuro per cancellare dalla scena il M5Stelle. La città, se andasse in porto il testo che si attarda nelle commissioni del Parlamento che la trasformerebbe all’incirca in una città-stato, progetto di cui nessuno parla, avrebbe fonti dirette e probabilmente rilevanti di finanziamento alle quali in molti sono in realtà attenti.   

A Roma la gran parte del sistema dei partiti, dei media, dei comitati di affari, delle clientele e delle mafie è coesa e unita nell’obiettivo: quello di spazzare via la Raggi, che dopo i primi due anni disastrosi è stata il migliore sindaco della città del dopoguerra nei tre anni successivi, esattamente al contrario della Appendino a Torino che è giustamente uscita di scena per tempo. La Raggi è quello che ancora resiste dell’originario progetto grillino che confusamente voleva attuare un cambiamento vero del governo del paese e delle città e naturalmente da sola è improbabile che sopravviva. Tutti vogliono tornare al vecchio, sano, imbelle ed eterodiretto bipolarismo ispirato dall’ inossidabile partito unico degli affari. Di centrodestra o centrosinistra è pressoché irrilevante. Se non per il particolare di chi fa il passamano per i soldi.

In realtà il partito della Raggi, che unisce provvisoriamente i Di Maio, i Grillo, i Conte, i Di Battista purtroppo non esiste, ma stante anche il ruolo in qualche modo già proposto alla sindaca uscente per il futuro, una ricomposizione sociale dei frammenti che hanno portato alla dissoluzione dei grillini è una possibilità che fa paura. Per questo la Raggi deve essere cancellata a tutti i costi rendendo così pressoché impraticabile la riorganizzazione di un nuovo progetto per Conte.            

Conclusione

Sembrerebbe che nell’intera Europa, e non solo, si stia chiudendo un decennio di novità ( belle e brutte) e che in attesa di nuovi protagonisti, che potrebbero anche non arrivare in tempi brevi, da più parti si tenti di far tornare indietro l’orologio al secolo scorso piuttosto  che affrontare sfide, crisi sociali e ambientali, tensioni che ci vengono incontro. Nel nostro paese il tentativo di tornare indietro ad un sistema politico di tipo bipolare dove dietro la finzione di uno scontro di idee e proposte si ripresenta l’egemonia del partito unico degli affari, delle caste, delle clientele e delle mafie è particolarmente grave perché potrebbe non avere da domani oppositori di rilievo.

La dissoluzione del vecchio M5S, cosa diversa da una divisione in due fronti, è nei fatti in corso e credo che da domani accelererà. E’ iniziata in realtà già prima del 2018 quando la conquista di grandi città come Roma e Torino ha consolidato un fronte unico che attraverso la guerra quotidiana dei media ha avviato la disgregazione e la diffamazione della nuova alleanza sociale che aveva trovato nei grillini un momentaneo strumento di espressione. Malgrado gli inviti di Grillo a mettere l’elmetto direi che ha vinto la guerra il fronte unico.

Il M5Stelle nella sua espressione “ministeriale” è praticamente “bollito”.

- Si attacca il Reddito di cittadinanza per ridimensionarlo quando sarebbe urgente allargarlo ad almeno altri 1-2 milioni di persone, compresa la componente di immigrati, nuovi italiani di fatto ( alcune centinaia di migliaia di persone) tenuti fuori dalla Lega nel Conte1. Andrebbero collocati tutti  i percettori del RDC in attesa di un lavoro ( ovviamente introvabile  nel biennio del covid) nella manutenzione e gestione del territorio degli ottomila comuni italiani. Cosa che oggi è praticamente impossibile, vera follia italica, con rischio denuncia per i sindaci che ci provano.

- Si è costruito un muro, confindustria e sindacati, sul Salario minimo, dal 2015 proposto dal Movimento, perché ridurrebbe lavoro nero, sottopagato, ricattato, per almeno 2-3 milioni di lavoratori ai limiti della precarietà.   

- PD e Lega insieme hanno chiuso nei cassetti delle Commissioni parlamentari la Riforma elettorale proporzionale con l’obiettivo di mettere ai margini un terzo polo popolare (solidale, ecologista, anticorruzione) che occuperebbe il centro della scena ridicolizzando la finzione del bipolarismo e dei sistemi maggioritari del passato.

- Si sta svuotando di qualunque progetto virtuoso l’appuntamento epocale della transizione ecologica, su cui il M5S ha mostrato sensibilità ma anche una inaspettata incompetenza, in linea con la debolezza dell’ambientalismo del nostro paese.  La presenza di un ministro come Cingolani nella  fase storica presente è imbarazzante. Non si tratta di blablabla. Questo non ha la minima idea sul che fare se non quella di compiacere confindustriali  e vecchi nostalgici del nucleare, dei fossili, del ponte e delle grandi opere fuoriepoca.

Il post grillismo ministeriale dei Di Maio, D’Inca etc. è elettoralmente di poco peso ( forse il 5%) e mi sembra che Giuseppe Conte ne stia diventando consapevole dopo aver visto in queste settimane decine di piazze sorprendentemente affollate che chiedono tutt’altro. Non è detto che dalla piazza si rechino al voto così facilmente. Credo che i risultati delle prossime ore aumenteranno questa consapevolezza a partire dalla possibilità che si abbia una consistente astensione al voto. Forse il risultato di un ceto medio garantito che si volta indietro nelle grandi città scegliendo i partiti del secolo scorso per evitare le incognite di un futuro preoccupante e invece le componenti più fragili o deluse della società che abbandonano il voto o lo sprecano in listarelle inesistenti.

Fuori dal M5S, a parte una decina di micro partitini o listarelle prodotti dalla diaspora grillina che si aggiungono o confondono con gli innumerevoli frammenti vaganti nel nulla della sinistra radicale e del vecchio ambientalismo, non c’è nulla.

Per evitare di parlare di cose serie, se non ci fossero stati qualcuno avrebbe inventato i gruppi novax, che in qualche modo sono stati digeriti nel grande circo mediatico insieme alla cocaina degli amici di Salvini, dei video di Fanpage sgraditi alla Meloni, dei referendum lego-radicali, del dilemma del Presidente della Repubblica in arrivo.

La discussione su dove vanno, a chi vanno e per fare cosa i 240 mld del PNRR è invece praticamente scomparsa. Mistero capire cosa avrebbe da proporre l’Italia a fine mese alla COP 26 di Glasgow di cui è pure co-promotore organizzativo con UK. Raggelante che pure il sempreverde Bonelli, in buona compagnia con Di Maio e la Appendino mettano in rilievo il tema (privo di rilievo) delle auto elettriche ( che in fin dei conti vanno prevalentemente a petrolio) e solo le sparate di Cingolani sul nucleare ci mettano una volta tanto tutti d’accordo ( ed è davvero poco..).

Anche in altri paesi sembra chiudersi una fase storica. Ridimensionati i sovranisti, in Francia dopo l’onda dissolta dei gilet gialli,  viste le recenti elezioni regionali, si prevede nelle elezioni del  2022 forse una difficile sopravvivenza di Macron e un incredibile ritorno dei gollisti ( La destra gollista di Les Republicains è stata di fatto il vincitore delle regionali di giugno).

In Spagna sia Podemos sia i nuovi moderati di Ciudadanos, nati entrambi meno di dieci anni fa dalla crisi del dualismo Popolari-Socialisti, sono in profonda crisi e si profila un ritorno al bipolarismo dei due vecchi partiti affossati da scandali e crisi interne negli anni passati, mentre permane la tendenza disgregante dell’autonomismo e dell’indipendentismo regionale.

Dunque il problema, con le tante ovvie varianti locali è lo stesso in tutta Europa e nell’intero Occidente: quali forze, con quale cultura, con quali proposte e progetti, veri ed efficaci, affronteranno la crisi ambientale incombente e la crisi sociale, migratoria e sanitaria che la accompagna.

Davvero possiamo immaginare di accollare tutto a Greta Thumberg lasciando solo alle giovanissime generazioni questo inquietante scenario ?    

 domenica 3 ottobre 2021

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