30 settembre 2012

Egitto, Morsi ‘ripulisce’ Piazza Tahrir e i graffiti della primavera araba


Una narrazione a suon di bombolette e spray che per gli attivisti va tutelata e protetta.“Vogliono cancellare la nostra memoria questo non è degrado urbano, quei muri rappresentano un museo a cielo aperto”, afferma Ganzeer, 30 anni, tra gli street artist più famosi


Tra le nuove operazioni di immagine del presidente egiziano Mohammed Morsi c’è anche il restyling dell’ormai storico luogo della rivoluzione, Piazza Tahrir. Nell’ultimo mese, infatti, la rotonda e i marciapiedi che portavano i segni delle diverse guerriglie urbane degli ultimi due anni sono in ristrutturazione. I lavori, però, prevedono anche la pulizia dei graffiti nelle vie vicino la piazza, anche loro ormai passati alla storia. Alcune settimane fa gli operai hanno ripitturato Mohammed Mahmoud, la strada nota per gli scontri dello scorso novembre e dello scorso febbraio dove rimasero uccise decine di manifestanti. La mossa in notturna ha mobilitato immediatamente in rete gli attivisti rivoluzionari che alcune ore dopo hanno immediatamente rigraffitato l’intera strada.

“Vogliono cancellare la nostra memoria questo non è degrado urbano, quei muri rappresentano un museo a cielo aperto”, afferma Ganzeer, 30 anni, uno dei graffitari più famosi e che i primi di ottobre terrà la sua prima mostra al Cairo. Per chi si trovasse a passare per le vie vicino a Tahrir, infatti, la sensazione è che in quei disegni sia contenuta la storia della rivoluzione egiziana. Dai visi dei martiri agli slogan, passando per i personaggi del vecchio regime rappresentati come dei mostri, una narrazione a suon di bombolette e spray che per gli attivisti va tutelata e protetta. Un’arte che dopo il 25 gennaio 2011 è diventata parte di quella cultura alternativa esplosa tra i giovani egiziani e che comprende anche la musica rap, la pittura e il cinema. Ganzeer, per esempio, ha iniziato a fare i graffiti proprio il primo giorno dell’occupazione di Tahrir, quando ancora nessuno poteva immaginare che quelle sommosse avrebbero portato alle dimissioni di Hosni Mubarak. “Quel giorno sono sceso in piazza e con una bomboletta ho scritto ‘Mubarak vattene” su un pannello pubblicitario al centro di Tahrir – ci spiega – da allora ho cominciato a raccontare con i miei stencil le proteste e i motti di rivolta sino a oggi”.

 
Così dai giorni della rivoluzione, il movimento si è allargato raccogliendo soprattutto i giovanissimi come Hussem e Ziad, studenti universitari.“Ci siamo conosciuti durante uno dei giorni più duri della rivoluzione – spiega Ziad – entrambi eravamo rimasti feriti e siamo stati portati in una casa di amici comuni. Così abbiamo iniziato la nostra collaborazione e, prendendo spunto da alcuni stencil in rete, siamo usciti con le bombolette e gli spray a graffitare durante le proteste”. Che i graffiti siano ormai un mezzo con cui raccontare la storia è confermato anche da un libro in uscita in questi giorni. Un tomo di 400 fotografie che raccoglie i murales più importanti della città prodotti dal gennaio 2011 a oggi. E il movimento, ormai, ha dimostrato di avere raggiunto un grande seguito e consenso nel paese. “Lo scorso inverno – racconta Hussem – abbiamo chiamato tramite i social network la gente a raccolta per pitturare i muri costruiti dalla polizia dopo gli scontri avvenuti a febbraio e abbiamo registrato una partecipazione enorme. Tante persone che non avevano mai fatto graffiti sono venuti muniti di bombolette e ci hanno chiesto di imparare”. Per gli addetti al restyling del centro ripulire i muri attorno, dunque, non sarà facile. Le storie di Tahrir, per ora, non si cancellano.

·         da ilfattoquotidiano.it                        30 settembre 2012

Che cosa è un ECOHUB ?

Che cosa è un EcoHub?
Un EcoHub è un ecocentro, un centro ecologico polivalente dove sono svolte le più diverse attività, per esempio terreni e fabbricati dove coltivare orti bio singoli e/o collettivi, laboratori artigiani, empori naturali, libreria specializzata, biobar, negozio e ristorante bio etc con spazi sociali per incontri, spettacoli, manifestazioni varie, conferenze, dibattiti, per ospitare nuove iniziative e la capacità di promuoverle.

Perché questo nome e non, per esempio, ecocentro?
Eco sta per ecologico o ecologista, hub, un termine inglese che originariamente significa “il mozzo della ruota”, dà più direttamente l’idea di cosa vuole fare essere e diventare un ecohub; come negli aeroporti e in altre strutture vi sono gli hub, così si vuole indicare la capacità di un centro di essere di servizio per i suoi soci ma anche per tutta la comunità e la bioregione in cui si trova.

Cosa vuole realizzare un EcoHub?
In primo luogo la promozione di attività, idee e prodotti sostenibili. Quindi creare lavori sani ecologici e responsabili rispetto al pianeta ed alla comunità umana stessa. Prodotti come alimentari bio, artigianato naturale e artistico, libri a tema difficilmente reperibili e/o visibili. Promuovere l’agricoltura bio, le alimentazioni naturali, salvaguardare la biodiversità, le energie rinnovabili e pulite, un’economia alternativa, una cultura ecologicamente responsabile, il raggiungimento di una coscienza globale. Ma anche attività di informazione e informazione, le varie arti, osservatori sul territorio, gruppi di studio specifici, eventualmente anche scuole alternative, varie associazioni culturali e cooperative e tutto quello che ancora può venire in mente riguardo questi temi. 

F.A.Q. (Frequently Asked Questions) n. 1 su  EcoHub Castelli Romani 

 continua su www.gruppocinqueterre.it

REPORT riparte: domenica 30 settembre, ore 21.30 RAI3


OGGI IN PARLAMENTO  Di Bernardo Iovene
Sono 13 anni che il Consiglio d'Europa chiede invano all'Italia di recepire e ratificare la Convenzione Civile e Penale di Strasburgo sulla corruzione. Secondo la Corte dei Conti, il costo della corruzione per il nostro Paese è di 60 miliardi l'anno. Una cifra impressionante, ma ci siamo mossi solo dopo l'ennesimo scandalo sui finanziamenti per la ricostruzione post terremoto de L'Aquila, quello che ha coinvolto la famigerata cricca, perché nelle Commissioni del Parlamento si discutesse per la prima volta un disegno di legge contro la corruzione nella PA.
Un cammino faticoso che dovrà fare i conti con i fantasmi di Tangentopoli che si aggirano ancora tra gli scranni e con la diffidenza verso la magistratura che rischia di ostacolare una legge che in un paese normale si approverebbe senza pensarci troppo con voto unanime. Ma il nostro Parlamento, per come è composto, è in grado di approvare una legge che consenta una lotta seria alla corruzione nella Pubblica Amministrazione, visto che molti dovranno in sostanza decidere sulla propria sorte? Tra Deputati e Senatori a oggi si conta un numero rilevante di indagati e condannati per reati contro la Pubblica Amministrazione, corruzione, concussione, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta, finanziamento illecito, associazione per delinquere e favoreggiamento alla mafia. Per molti, si è toccato il punto più basso della storia della Repubblica. Dal 1994 ad oggi solo la Giunta delle Autorizzazioni della Camera ha analizzato 500 casi di procedimenti giudiziari. Solo nell'ultima legislatura per la prima volta un Deputato e un Senatore sono finiti in carcere per reati non di sangue.
L'inchiesta ricostruirà, tra gli altri casi, come la Giunta si è comportata nelle vicende De Gregorio, Tedesco, Lusi, Nespoli, Margiotta, Cosentino, Papa. Bernardo Iovene ha inoltre intervistato il Presidente Vizzini e vari parlamentari che sono alle prese con problemi giudiziari di varia natura come Landolfi, Brancher, Farina, Grillo e Del Pennino.


OGGI NEGLI ENTI Di Luca Chianca
Dietro le vicende giudiziarie che hanno coinvolto la Regione Lazio, quelle della Lombardia e della Puglia, ce ne sono altrettante che interessano gli amministratori di province e piccoli comuni. Si calcola che solo per il reato di corruzione sono ben 400 gli amministratori coinvolti. Poi ce ne sono molti altri incappati in indagini, processi o condanne per vari reati. Ma sono accomunati da un vizio comune: nessuno si dimette, perché così fan tutti e soprattutto perché la legge glielo consente visto che in troppi casi non prevede, fino alla sentenza definitiva, nessuna sospensione dalla carica per tutelare l'interesse pubblico delle Istituzioni. E i partiti spesso stanno a guardare.
QUELLI DEL MASO CHIUSO Di Emilio Casalini 
I masi, le tipiche abitazioni dell'Alto Adige, quelle con le stalle annesse e i prati sempre curati, dovevano sparire. L'aveva previsto una vecchia Commissione Europea guidata dal commissario europeo Sicco Mansholt per consentire che le mucche scendessero a valle per poter produrre il latte a minor costo. Alle scelte europee però si sono opposti, hanno resistito per oltre vent'anni a differenza di altre regioni dell'arco alpino che invece hanno i crinali abbandonati. E alla lunga i fatti gli hanno dato ragione. Oggi ci sono ancora 18mila masi abitati, l'economia delle valli altoatesine è tra le più fiorenti d'Europa, la disoccupazione sparisce, il reddito cresce. Ed i finanziamenti pubblici qui servono davvero alla collettività. Un microcosmo che funziona e dove l'equilibrio tra uomo e ambiente è perfetto. 

I video e la trascrizione integrale dei testi di tutte le inchieste saranno online sul sito www.report.rai.it pochi minuti dopo il termine della messa in onda.

28 settembre 2012

Inceneritore, riunione a porte chiuse. La Regione trova l’accordo con Hera e Iren


 “Stop alla costruzione di nuovi inceneritori e chiusura graduale di quelli esistenti". L'assessore all'ambiente dell'Emilia Romagna, Sabrina Freda, dopo l'incontro coi vertici delle aziende conferma le parole di una settimana fa: "la linea è quella di tutta la giunta e le due multiutility si atterrano al piano”. Verifica entro il 2018



L’annuncio è di quelli importanti. “Stop alla costruzione di nuovi inceneritori in Emilia Romagna e chiusura graduale di quelli esistenti, a partire dai più vecchi”. A dirlo, dopo un incontro con i vertici di Hera e Iren, è l’assessore regionale all’ambiente Sabrina Freda. “Ci tengo a specificarlo, la linea è quella di tutta la giunta e le due multiutility si atterrano al piano”. Il piano di cui parla l’assessore è in lavorazione, ma è già disponibile un primo documento di indirizzo, approvato in estate.

L’obiettivo è dunque già chiaro, ed è la riduzione graduale di discariche e inceneritori fino a passare ad un ciclo dei rifiuti basato esclusivamente su “poli provinciali di recupero”.
Un obiettivo non certo facile, visto che nel 2010 i rifiuti urbani hanno superato le tre milioni di tonnellate, con un aumento che non hai mai visto rallentamenti ad eccezioni del 2009. Le percentuali parlano chiaro: dal 2001 al 2010 la produzione totale è aumentata del 22% mentre la popolazione solo del 9%. Le linee di indirizzo approvate dalla giunta invece puntano in primo luogo a prevenire la produzione dei rifiuti, prolungando quindi la vita utile dei beni. Da qui l’idea di una rete regionale di “poli di recupero”, per rimettere in circolo quello che altrimenti sarebbe destinato all’incenerimento o comunque alla discarica. Per fare questo, ha spiegato l’assessore, “servirà un patto con le aziende e il sistema produttivo, in modo che tutto quello che si produce sia riutilizzato il più possibile”.

“Impossibile per il momento dare delle date”, spiega Freda, che sottolinea come il prossimo nuovo Piano regionale dei rifiuti scadrà nel 2018, “e quindi le verifiche avverranno ogni sei anni”. Detto questo le linee guida sono ormai tracciate: chiusura delle discariche, stop alla costruzione di nuovi inceneritori e utilizzo di quelli già in funzione “per lo smaltimento finale dei rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale nel rispetto del principio di prossimità”. Poi, con la graduale apertura dei centri di recupero, chiusura di tutti gli inceneritori presenti in Emilia Romagna. L’esempio da prendere è quello di Reggio Emilia. “Quando hanno fermato il loro inceneritore – ragiona l’assessore all’ambiente – si sono fatti carico dei propri rifiuti attraverso un sistema misto discarica-trattamento a freddo mediante procedimenti meccanici-biologico”.

Domani Freda sarà a Parma per discutere con l’assessore all’ambiente Gabriele Folli del termovalorizzatore che Iren vuole attivare e che invece il sindaco Federico Pizzarotti ha promesso di chiudere.

* da ilfattoquotidiano.it  - 25 settembre 2012