21 gennaio 2024

Guatemala: Arevalo c’è, ma il suo governo giura solo all’alba

Guatemala. Insediamento del neo-presidente ostacolato fino all'ultimo. Destra scatenata al Congresso, i capi di stato invitati costretti a una lunga anticamera

di Gianni Beretta *

È successo di tutto domenica in Guatemala per l’assunzione a capo di stato di Bernardo Arevalo. Il suo predecessore Alejandro Giammattei, alla testa del cosiddetto pacto de los corruptos, avrebbe dovuto trasmettergli la fascia presidenziale, ma neppure si è palesato. Mentre a sovraintendere all’investitura doveva essere da protocollo il presidente del nuovo parlamento; a sua volta da nominare la mattina stessa.

Nella prima sessione della nuova assemblea legislativa è invece scoppiato il putiferio. La destra ha tentato di nominare un direttivo a propria immagine, con l’argomento che la legalità del Movimiento Semilla di Arevalo era stata sospesa un paio di mesi prima dall’autorità giudiziaria. I suoi 23 eletti avrebbero quindi potuto insediarsi solo come «indipendenti», senza assurgere alla guida dell’organismo.

LA DIATRIBA SI È PROLUNGATA per otto ore. Con i presidenti di Costarica, Honduras, Panama, Colombia, Cile, Paraguay, Belize e il re di Spagna a fare impazientemente anticamera. E incaricando però i loro ministri degli Esteri, con l’aggiunta di Josep Borrel per l’Unione europea e di Luis Almagro dell’Organizzazione degli Stati americani, di sollecitare il regolare proseguo della funzione. Pare persino che la delegazione giunta dagli Stati Uniti abbia indotto i deputati della destra a porre fine a quel boicottaggio.

Intanto cresceva la tensione per le vie della capitale fra i sostenitori di Arevalo che intendevano festeggiare il passaggio di consegne; con alcuni gruppi che tentavano di forzare il cordone della polizia intorno al congresso. A questo punto è giunta la votazione decisiva per la quale 92 deputati sui 160 totali hanno “riabilitato” la legittimità del partito Semilla arrivando ad eleggerne persino il 31enne Samuel Pérez al vertice dell’assise. Un’incipiente alleanza dove il partito di Arevalo seguiterà ad essere minoranza ma che ha impresso una svolta rispetto al golpe strisciante tentato in questi sei mesi di transizione, dove l’oligarchia guatemalteca e il suo braccio giudiziario hanno fatto di tutto per impedire che assumesse i poteri. E che fa sperare in bene per l’avvio della lotta alla corruzione e per un ristabilimento del pur fragile sistema democratico di questo paese, alla testa dei propositi del neopresidente.

STA DI FATTO che il martoriato Bernardo è riuscito a pronunciare il giuramento solo dopo la mezzanotte al Teatro Nazionale. Quando ormai re Felipe VI e il cileno Gabriel Boric se ne erano andati (pur essendosi con lui incontrati qualche ora prima). Con al contrario il colombiano Gustavo Petro a dichiarare «non me ne vado fino a che Arevalo non sia diventato presidente».

SOLO ALLE TRE DI NOTTE Arevalo e la sua vice Karin Herrera hanno potuto affacciarsi dal balcone del Palacio Nacional che dà sulla piazza della Costituzione per rivolgere il loro primo saluto alla nazione; esordendo con un sospirato «ce l’abbiamo fatta». Per poi recarsi all’esterno della sede della Procura Generale della Repubblica presidiata da ben 107 giorni dalle organizzazioni indigene che chiedevano le dimissioni della magistrata Consuelo Porras, inquisitrice di Semilla e del suo massimo leader. Invitandole a ritirarsi.

Il turno del giuramento dei ministri del nuovo governo è arrivato quando era ormai l’alba. Sette uomini e sette donne. Una sola indigena: Catarina Roquel Chávez al dicastero del Lavoro. Oltre alla correlazione di forze con l’oligarchia bianca, è proprio il rapporto con le popolazioni indigene che si gioca la presidenza di Arevalo. Etnie che non lo avevano esplicitamente sostenuto alle urne, ma la cui mobilitazione è stata decisiva per arrivare a questo 14 gennaio. La sua vice Herrera aveva portato il proprio sostegno il mese scorso all’insediamento delle nuove autorità originarie dei 48 cantoni di Totonicapán. Che Arevalo ha ringraziato collocando al centro del suo programma «non più razzismi, né discriminazioni», oltre che «rispetto dei diritti umani» e l’auspicio di «unità e dialogo».

«NON C`È DEMOCRAZIA senza giustizia sociale», ha concluso. Passando poi a riconoscere l’appoggio avuto dalla comunità internazionale, allertando sul «crescere degli autoritarismi nel mondo e in Centroamerica», con riferimento ai vicini El Salvador e Nicaragua che hanno inviato delegati minori. Assente il Messico, forse infastidito dal cenno di Arevalo alla «repressione» del transito dei migranti.

nella foto: Arevalo e la sua vice, Karin Herrera, salutano il Paese alle 3 di notte

* da il manifesto  - 16 gennaio 2024

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Il Guatemala dei popoli alla fine festeggia con Arevalo. La neo-deputata Marroquín: “La nostra una Via Crucis di resistenza”

Intervista. Eletta in parlamento con il Movimento Semilla: "Coloro che hanno messo i corpi nelle piazze del paese per tutti questi giorni ci hanno dato una grande lezione"

di Andrea Cegna *

Doveva iniziare domenica 14 gennaio 2024 il governo di Bernardo Arevalo in Guatemala, alla fine il giuramento è arrivato all’alba del 15. Dopo la sorprendente vittoria alla presidenziali di un candidato nemmeno quotato dai sondaggi nel paese centro americano si sono visti scomposti e terribili tentativi, al limite di ogni legalità e legittimità, di cancellare e negare il risultato elettorale. Tentativi che sono arrivati fino al momento della transizione. Il racconto della giornata e degli ultimi mesi di Laura Marroquín, neo parlamentare del Movimento Semilla, il partito del nuovo presidente del Guatemala.

Laura ci racconti che cos’è stata per te e per il paese la giornata del 14 gennaio?

Finalmente si è materializzata la volontà della popolazione, il voto che si è opposto in maniera netta al regime di corruzione che ha attraversato il paese per anni. Dopo il primo turno delle presidenziali è iniziata una sorta di Via Crucis fatta di battaglie campali, una sorta di battaglia tra il bene e il male. E di attentato alla democrazia. Domenica 14 gennaio, con difficoltà, il risultato elettorale è diventato realtà. Nonostante una novantina, tra ex deputati e deputate, abbiano rallentato le operazioni. La giornata è durata più di 12 ore, noi, eletti ed elette della decima legislatura, avevamo la convocazione alle 8,00 del mattino e abbiamo potuto giurare solo attorno alle 20.00. Sono state ore di grande tensione. A un certo punto abbiamo denunciato, uscendo dal palazzo, cosa stava accadendo, parlando a chi in piazza ci stava accompagnando. Attorno alle quattro del pomeriggio le persone in piazza hanno circondato il palazzo del governo: penso che anche questo abbia frenato l’intento golpista in atto.

Quanto è stato importante il supporto dei popoli indigeni e ancestrali in questi mesi?

Un fatto trascendentale e storico, che noi chiamiamo “sollevazione dei popoli”. I popoli indigeni e urbani si sono uniti per difendere la democrazia. Una mobilitazione durata più di 100 giorni. Non è stato certo facile per loro, e loro hanno tenuto a precisare che non si sono sollevati per sostenere un partito politico o Bernardo Arevalo in sé, ma per difendere il processo democratico. Per mesi il paese è stato in bilico. È stata una resistenza reale, non solo ideologica tanto che hanno messo i corpi nelle piazze del paese per tutti questi giorni. A me ha dato una grande lezione, mi ha ricordato che il Guatemala senza i suoi popoli è nulla. Le differenti popolazioni del paese sono il tassello fondamentale su cui poggiamo, sono esperienze di diversità che si parlano. In questo processo democratico i differenti popoli del Guatemala sono stati il centro di un percorso a cui il mondo accademico, studentesco e sindacale si è sommato costruendo un fronte anomalo e coeso.

L’ex presidente Giammattei non ha partecipato al momento del giuramento di Arevalo. Che significa questo secondo te?

Lui ha perso tutta la sua credibilità in questi ultimi mesi. E con la credibilità anche la legittimità. Sapeva che questo voto è il risultato del rifiuto netto di quel che è stata la sua presidenza. Si è vista tutta la sua fragilità. Un comportamento immaturo a dire il vero. Penso che tutto quello che è accaduto domenica non è successo casualmente nel giorno in cui il nuovo presidente ha assunto il suo ruolo, come non è normale che la piazza davanti al palazzo del governo fosse ancora piena di gente alle 3 del mattino, persone che aspettavano il discorso di Bernardo Arevalo. Giammattei ha capito tutto e per questo è scappato. Ma sarà la storia a giudicarlo, così come il popolo del Guatemala non scorderà cos’ha significato il suo governo. Anche perché credo che il suo gesto alla fine sia una prova di scarso rispetto verso le persone che ha governato per anni.

 Adesso i poteri che si sono opposti al processo democratico accetteranno il risultato delle urne?

Come Movimento Semilla avevamo ben chiaro che era fondamentale “vincere” la direzione del Congresso. E alla fine di una giornata che è parsa più una maratona  abbiamo strappato il risultato. Forse è stato solo un fatto simbolico, ma penso sia stato importante per dire alla popolazione “sì, si può fare politica in maniera differente”. Siamo riusciti a costruire un fronte ampio che ha capito che altro avrebbe legittimato nuovamente le ombre della politica tradizionale che hanno infestato il presente del paese. Guarda ieri attorno alle 12,00 si parlava chiaramente di tentativo di corruzione di neo eletti, con milioni di pesos offerti in cambio del sostegno all’opzione che non prevedeva la nostra Direzione del Congresso. Alla fine ha vinto la dignità e il rispetto per il voto popolare. Diciamo che avendo vinto questa battaglia parlamentare il primo anno di governo di Bernardo Arevalo dovrebbe svolgersi senza troppe complicazioni. E poi siano riusciti a ottenere il nostro riconoscimento come gruppo politico nonostante la sospensione del Movimento Semilla e così la nostra elezione, formalmente, è stata registrata come quella di candidati e candidate indipendenti. Ora non solo Arevalo dovrà continuare la sua battaglia per la giustizia ma anche noi dentro al parlamento. Per almeno due anni, fino a quando non ci saranno le nuove elezioni per la Procura Generale della Repubblica, per la Corte Suprema e per il Procuratore per i Diritti Umani, sappiamo che la battaglia continuerà. E nulla va dato per scontato. Difficile pensare che alcune persecuzioni legali smetteranno, facilmente continueranno a criminalizzarci e a usare allo stesso tempo il crimine organizzato contro il governo. Ieri hanno cercato con un colpo di coda di non perdere totalmente il controllo della gestione del denaro pubblico per scopi corruttivi “regalandolo” a privati. Sanno che con noi non sarà più così.

nella foto: La festa dei sostenitori di Arevalo nella notte - Ap

da il manifesto - 15 gennaio 2024

17 gennaio 2024

COP28: si è chiusa l’epoca della protesta ambientalista. Serve una alternativa per il Pianeta

 di Massimo Marino

- La Conference of parties di fatto non c’è più. Con la COP28 si chiude un epoca, iniziata a Rio 30 anni fa. Petrolieri e loro compagni di avventura negli Stati e negli Enti energetici e dell’ Automotive hanno invaso già dall’anno scorso a Sharm le Conferenze annuali sul clima e ne hanno svuotato definitivamente il ruolo (a Dubai 2600 presenti espressione delle lobby, il gruppo più numeroso, su 70mila partecipanti ai 14 giorni di incontri). Assenti Biden e Xi Jinping. Assente Greta Thunberg e le altre principali leader giovanili che dal 2018 hanno promosso le mobilitazioni del venerdì con l’obiettivo di convincere i principali governi del Pianeta ad abbandonare rapidamente l’uso dei fossili, smettere di impegnarvi risorse pubbliche a sostegno ( si indicano 7000 miliardi all’anno, circa  30 volte le risorse investite verso le Rinnovabili). Infine assente anche il Papa per malattia, una presenza che avrebbe almeno gettato un po’ di scompiglio in un dibattito dove le parole sono ormai separate dai fatti che risultano ormai evidenti: nella crisi ambientale e climatica degli ultimi anni non è cambiata la direzione suicida nella  quale stiamo spingendo il Pianeta.

Le emissioni totali annuali del Pianeta non scendono affatto alla velocità prevista nel 2015. Si cerca di attribuirne la responsabilità a Cina e India, le cui emissioni totali risultano consistenti solo perché la popolazione di riferimento (1,4 mld per ognuna) è di gran lunga maggiore di quella dei Paesi occidentali. In realtà prendendo come confronto  i 340 milioni di abitanti degli USA le loro emissioni pro-capite sono almeno 4 volte quelle di un cinese, 6 volte quelle di un indiano e almeno 2 volte quelle di un europeo.

Di conseguenza la concentrazione di CO2 in atmosfera continua a salire ( vicino ai 420 ppm rispetto ai 300 dell’era preindustriale. Era ancora 350 ppm all’epoca di Rio nel 1992).

Le emissioni totali di CO2 nel mondo  sono arrivate a circa 41 miliardi di tonn. (GtCO2) all’anno, con un aumento negli ultimi anni di 0,5-1% annuo mentre da almeno 10 anni sarebbero dovute scendere. Per arrivare all’obiettivo di zero nuove emissioni di CO2 entro il 2050, sarebbe necessaria una diminuzione progressiva tutti gli anni di circa 1,5 GtCO2, paragonabile alla riduzione delle emissioni nel 2020 dovuta al COVID.

La produzione di petrolio totale nel mondo invece di scendere  dal 2016 al 2022 è passata da 80,6 a 99,7 milioni di barili/anno e la stima per il 2023 è di almeno 102. I 5 primi produttori sono: 1) USA, saliti nel periodo dal 2016 al 2022 da 15 a 17,7 mil. di barili al giorno 2) Russia pressoché costante a 11,2 mil b/g 3) Arabia Saudita da 10,4 a 12,1 4) Iraq da 4,4 a 4,5 5) Canada passato da 2,5 a 5,6 mil/b/g e Iran sceso da 3,99 a 2,55. Per dare l’idea della produzione rispetto agli abitanti dei paesi più grandi (in barili al giorno/milione di abitanti  1) la Cina produce 2,8 barili al giorno/mil di abitanti  2) l’India 0,6 3) gli USA 35,9 4) la Russia 73,2.

La produzione di gas naturale, anche questa in costante aumento è data da USA per 766 mld di mc/anno  seguita  da Russia per 635 mld di mc/anno). Altri 150 mld totali provengono da 5 paesi (Iran, Qatar, Canada, Cina e l’intera UE). Nell’ultimo decennio nulla nei dati reali indica un vero cambiamento di tendenza: il modello energetico resta quello dei fossili e il boicottaggio delle fonti rinnovabili sembra aumentato ora che queste sono economicamente del tutto convenienti rispetto alle fonti fossili.

L’obiettivo di limitare a +1,5° l’aumento di temperatura entro fine secolo sembra ormai irraggiungibile. In molte aree metropolitane le isole di calore nei centri urbani sono già al di sopra delle medie previste fra 10 anni. Nessuno è davvero in grado di prevedere di quanto, forse già alla fine dei prossimi anni ’30, avremo superato l’obiettivo di Parigi 2015 e con quali reali conseguenze sulla vita in molte località del Pianeta. Nei documenti finali di Dubai si trova di tutto. Per primo l’impegno allo Stocktake, cioè la verifica quinquennale dell’andamento degli impegni presi nel 2015. ( In molti non li rispettano non essendoci comunque alcuna sanzione). Poi dichiarazioni d’intenti a triplicare la produzione di rinnovabili entro il 2030. Poi il finanziamento ( da molti paesi eluso) di un Fondo per i danni delle Comunità colpite dalla crisi (si discute di milioni quando tutti sanno che si tratterà in pochi anni di miliardi). La transizione dai fossili per la prima volta dichiarata “ necessaria” non è poi seguita da alcun impegno quantitativo stabilito di decarbonizzazione e, singolarmente, è di fatto circoscritta ai “sistemi energetici” trascurando  i consumi in agricoltura, trasporti, plastica. Ad esempio non è argomento di vera discussione della COP il numero, il tipo, le emissioni dei veicoli a motore endotermico nel mondo né il confronto fra le diverse forme di mobilità collettiva (auto, mezzi pubblici tradizionali, metropolitane). In particolare non è considerata la possibilità che reti di metropolitane nelle grandi e medie città sostituiscano milioni di auto dove è possibile, con tutti gli enormi vantaggi ambientali, di costi, tempo, emissioni.

In breve l’auto non si tocca. Si stima ce ne siano 1,2 mld circolanti nel mondo che potrebbero diventare 2 mld nel 2035. A quella data solo l’Unione Europea sostiene di voler fermare la produzione ( non la circolazione ) delle auto a motore termico e le auto elettriche, che in gran parte non andranno con rinnovabili ma con gas, gasolio, carbone alla fonte, stanno prendendo una fettina di mercato a condizione di impegnare consistenti bonus pubblici per l’acquisto. In Italia in particolare si erge un muro di boicottaggio e di silenzio che impedisce l’impegno di risorse significative per la costruzione di reti di metropolitane dove siamo praticamente gli ultimi.     

Si discute quindi  di impegni generici e circoscritti, già riconosciuti come inadeguati. Si accetta di fatto che prima della fine del secolo si arriverà ad un aumento delle temperature medie vicino ai 3°C. Il prossimo anno la COP29 si dovrebbe svolgere a Baku in Azerbaigian (scelta molto contestata). E’ un altro paese petrolifero, autoritario, in costante ostilità con la vicina Armenia. Nel 2030 l’incontro sarà a Belém in Brasile. Nella COP 28 la voce degli ambientalisti è stata messa ai margini con restrizioni che di fatto ne hanno impedito una presenza significativa. Per qualche mese  si era ventilata l’ipotesi di una Conferenza alternativa (in Pakistan ?) poi decaduta. Invece l’impegno  per una pre-conferenza annuale alternativa mi sembra assolutamente da perseguire. Il momento adatto è la fine di ottobre del 2024 in qualche paese dell’occidente dove ci sono gli interlocutori principali da coinvolgere.  Mi sembra evidente che sia necessario rivedere l’insieme degli obiettivi, dei comportamenti, soprattutto  dei contenuti stessi di un ipotesi di Conversione ecologica, di Giustizia Sociale e di Alternativa politica ( le tre basi per la battaglia sul clima), che oggi gli attuali e incerti  protagonisti non sembrano più in grado di portare avanti. La fase della protesta è finita. Le azioni di disturbo alla “Ultima Generazione” sono irrilevanti e in molti casi restringono invece di allargare il consenso. Perché la crisi climatica è già sotto gli occhi di tutti da anni. Serve proporre concrete alternative ( sulle quali in realtà le proposte ancora scarseggiano) che la maggioranza della società possa capire, condividere e sostenere.

- Si può ancora scegliere il destino delle generazioni che vivranno questo 21° secolo.

Alcuni scienziati, studiosi di varie materie, sostengono che la grande maggioranza dei bambini che oggi hanno 5 anni vivranno almeno 100 anni. Ovviamente è una affermazione un pò azzardata e forse insensata. Dipende in quale parte del pianeta nascono, in quale tipo di famiglia e ceto sociale, con quale educazione morale, sociale, religiosa.  Dipende da quali sistemi sociali prevarranno, quali sistemi elettorali, governi e leader, quali metodi prevarranno per risolvere le contese internazionali. Dipende da quanto sarà forte la resistenza al cambiamento dei vecchi padroni del pianeta e la volontà di alternativa delle nuove generazioni. Certo è possibile che sviluppo scientifico e tecnologia possano allungare la vita e può essere una buona idea cercare di vivere il più a lungo possibile, ma nelle condizioni migliori… e aggiungerei per il massimo possibile di persone. Le due guerre mondiali dello scorso secolo e quelle diffuse oggi qua e là nel mondo ci dicono però che scienza e tecnologia si possono utilizzare in tante direzioni diverse.

Penso alle condizioni ambientali, economiche, politiche, sociali, religiose, culturali di una quindicina dei più importanti paesi del Pianeta e ai loro mediocri leader (USA, Russia, Arabia Saudita, Iran, India, Messico, Egitto, Turchia, Congo, Somalia, Birmania, Francia, Gran Bretagna, Corea del Nord, Filippine .. ).

Penso all’andamento delle condizioni sociali e ambientali nell’intero pianeta cambiate in pochi decenni ( temperature ed emissioni in aumento, siccità e desertificazione crescente, squilibri evidenti nell’aumento demografico, migrazioni incontrollabili e non gestite.. ). E’ evidente che il futuro dipende da noi e dalle scelte e l’impegno che ci metteremo nel tutelare la sopravvivenza e il pianeta.

Mi permetto di dubitare che scienza e tecnologia comunque ci salveranno. Esclusa  l’ipotesi di fregarsene e comprare azioni della Shell come hanno fatto in molti quando il suo CEO ha dichiarato che non importa la crisi climatica, escluso tantomeno di crogiolarmi nel pessimismo di cui mi si potrebbe accusare facilmente, mi sembra  più che legittimo che ci si ponga una domanda su tutte. Come si costruisce una alternativa in particolare per rendere vivibile il futuro di questa che io chiamo da anni “ la generazione 100”, che in tutto il pianeta, a tutte le latitudini ha un destino incerto in questo secolo che avanza ?

Nell’ anno 2024 più di 3,5 miliardi di persone rinnoveranno i propri governanti in quasi settanta Paesi, dagli Usa alla Russia dal Bangladesh all’India, Indonesia, Bielorussia, Taiwan, Messico e molti altri. Comprese le elezioni del Parlamento Europeo.  E’ plausibile che molti elettori abbiano diversi tipi di difficoltà, di dubbi, di libertà, di consapevolezza. E’ abbastanza certo che forse la metà non sceglieranno nulla e nessuno  perché non ne hanno la possibilità, non saprebbero chi e cosa scegliere, non si fidano più di nessuno di quelli che sono in gioco. Ma prima di tutto perché hanno regole e sistemi elettorali che fanno schifo e sono incomprensibili. Percepiscono che sono truffaldini e incomprensibilmente non lineari. I vincitori in molti casi rappresentano abilmente  piccole minoranze. Non si preoccupano  di tenere insieme nel modo migliore le sorti di tutti quelli che dovrebbero governare, ma solo il loro ristretto gruppo di adepti. Facciamo, pur con grande sintesi e semplificazione, qualche esempio.

Negli Stati Uniti da 200 anni circa gli americani possono scegliere solo fra due partiti, quello Democratico e quello Repubblicano (poi identificati con l’Asinello e l’Elefantino). E’ pressoché impossibile, anche per un miliardario, presentare nell’intero paese un terzo candidato e un partito che abbiano qualche reale possibilità di prevalere. In quel paese la paranoia del sistema maggioritario e bipolare, poi dilagata negli ultimi decenni nel mondo in decine di versioni, considera ognuno dei 50 Stati un collegio uninominale (seppure indiretto). Di fatto in ogni Stato chi raggiunge un voto in più degli altri, ricevuto fra quelli che hanno chiesto l’iscrizione alle liste elettorali e poi hanno effettivamente votato, ottiene un “delegato”, tutti gli altri nessuno. Ad esempio se in California votassero tutti i 40 milioni di abitanti e un partito prendesse solo un voto in più dell’altro il voto di 20 milioni di elettori sarebbe nullo e regalato all’altro. Sembra incredibile ma la realtà è molto vicina all’esempio indicato. E’ consuetudine che le lobby potenti che hanno in mano il paese sostengano la costosa campagna elettorale di un manipolo di candidati di entrambi i partiti per difendere meglio i loro interessi. Inutile dire che, dato l’assenteismo strutturale conseguente, difficilmente il Presidente degli Stati Uniti e ancor meno il Congresso sono scelti da più di un quarto dei potenziali elettori maggiorenni. Cioè almeno tre americani  su quattro non li votano. In Francia il semi-Presidente Macron (noto anche come l’uomo politico più odiato di Francia) con il 20% degli elettori aventi diritto è andato al ballottaggio  con la Le Pen per pochi voti sul terzo ( Melenchon) ed al ballottaggio non ha comunque superato il 44% dei votanti totali, dei quali la metà non sapevano che altro fare se non mettersi le mani fra i capelli, turarsi il naso e votare Macron per fermare Le Pen. Stessa musica in Gran Bretagna dove la Camera dei Comuni è composta da 650 eletti in seggi uninominali. Chi prende un voto in più è eletto, gli altri voti contano zero, in pratica sono travasati al vincitore. Ovvio che in genere ai Comuni prevalgono due soli partiti: Laburisti e Conservatori. I verdi qualche volta ottengono un eletto se in un particolare collegio di Londra riescono ad avvicinarsi al 30%. In alcuni dei 15 paesi citati all’inizio il sistema è più sbrigativo: prevale il presidenzialismo di fatto. Con gli anni il numero di mandati presidenziali si allunga ( in pratica se non muore o non è abbattuto da un golpe il leader dura per decenni, i concorrenti scomodi vengono eliminati, arrestati o reclusi per frode fiscale, pedofilia, tradimento della moglie, sostegno ai terroristi o spionaggio verso qualche supposto paese nemico. In Turchia, paese membro della Nato, il presidente considera tutti i Curdi terroristi, di fatto considera Hamas come liberatori e con l’avvicinarsi delle elezioni numerosi intellettuali, giornalisti, esponenti dell’opposizione esercitano la loro libertà di parola e di movimento in qualche galera. In altri paesi vengono fatti a pezzi e riportati in patria  in una valigia diplomatica. Negli ultimi 10 anni più di 1700 attivisti ambientalisti sono stati uccisi nel mondo, in particolare in America Latina e Asia.

In Italia dalla metà degli anni ’90, con un particolare contributo nefasto di Pannella e Segni ed il consenso decisivo della sinistra post comunista e l’entusiasmo della destra, invece di correggere alcuni aspetti del sistema proporzionale in uso dal dopoguerra si sono inventati molteplici e fantasiosi meccanismi per rendere i sistemi di tipo maggioritario, sollecitare un forzato bipolarismo, inventare le coalizioni pre-voto e i premi di maggioranza, facilitare la continua migrazione da un partito all’altro, tutelare di fatto  partitini vassalli o inventati, garantire indennità agli eletti che non hanno paragoni nel mondo. Siamo veri artisti: abbiamo anche inventato la possibilità di votare il capo di una coalizione e uno dei partiti di un'altra. Tutto in nome della stabilità ( una clamorosa bugia) che i sistemi di rappresentanza proporzionale turberebbero. E così invece siamo il paese delle crisi permanenti, dei cambi di governo continui, dell’astensionismo crescente. La Germania ed alcuni altri paesi che hanno regole elettorali praticamente opposte alle nostre, sono perfettamente stabili e dopo il voto in base alle scelte degli elettori si definiscono le possibili maggioranze, il programma circostanziato di coalizione della legislatura, il nome del Cancelliere leader del governo. Incredibilmente l’unico sistema elettorale decente che abbiamo è quello delle imminenti elezioni europee. Ottimo sistema che con pochissimi aggiustamenti dovremmo usare per le elezioni politiche, regionali, provinciali, comunali e  di quartiere.

In Italia l’attuale governo di cdx grazie al Rosatellum piddino ed ai collegi uninominali governa con un ampio numero di seggi ( 228 su 400 alla Camera ) pur avendo una bassa minoranza di sostenitori ( 12,9 mil di voti su 50,9 aventi diritto), molto meno dei 17 milioni ottenuti nel 2008 ed anche mezzo milione in meno dei loro voti ottenuti alle poco frequentate elezioni europee del 2019. Cioè il cdx è una alleanza del tutto minoritaria che non ha avuto il voto di 75 elettori su 100. Il sindaco di Torino (csx) nel 2021 (doppio turno) ha ricevuto il voto di 20 elettori su 100 al primo turno e di 24 su 100 al  ballottaggio. Il Presidente di cdx della Regione Friuli VG (turno unico) è stato eletto con il voto di circa 28 elettori su 100. Con il gioco così truccato il vincitore del momento ottiene il 55 o 60 % dei seggi. Gli altri sono costretti al ruolo gregario o sparire a prescindere dai risultati ottenuti. Milioni di voti non portano così a nessuna rappresentanza e vengono girati agli avversari. Nelle politiche del settembre 2022 circa 22 mil. di elettori su 50,9 non hanno votato nessuno e più di 2 milioni di “voti a perdere” si sono diretti verso liste che notoriamente non avevano alcuna chance di ottenere dei seggi. Ho già sostenuto più volte che non c’è nessuna onda nera nel nostro paese. C’è invece una crescente onda di ostilità e di sfiducia, che non porta da nessuna parte, verso quelli che non mantengono i loro impegni. Altro che italiani “sonnambuli e addormentati”.

- L’ alternativa richiede un riformismo radicale fuori dal bipolarismo fittizio del sistema politico

Con questo scenario truccato i movimenti politici che pur inadeguati almeno negli intenti dichiarati suggeriscono una alternativa (in genere di sinistra non moderata o di dichiarata connotazione ambientalista) sembrano avere un destino predeterminato. Quello di essere cancellati dalla scena politica.  Facciamo qualche esempio di rilievo.

In Francia nel 2009 i verdi ( insolitamente aggregati in modo ampio) con la nuova denominazione di Europe Ecologie ebbero un significativo risultato alle europee ( circa il 16%). Gli stessi voti dei socialisti di Hollande con i quali poi fecero un governo di compromesso (ingestibile) con esiti disastrosi. I socialisti sparirono e nacque Macron, ma i verdi dimezzarono rapidamente i loro tanti  elettori delusi.

In Spagna nel 2015 la crisi di Popolari e Socialisti (travolti entrambi da scandali di diverso tipo) portò al grande successo del movimento di Podemos ( inizialmente distinto dai tradizionali schieramenti della destra, della sinistra e degli autonomisti). Nelle elezioni del 2016, con l’obiettivo di diventare il primo partito del paese e poter governare, Podemos  con il giovane Iglesias si coalizzò con il piccolo gruppo della sinistra comunista (serviva almeno un milione di voti in più). L’alleanza portò invece ad un milione di voti in meno e iniziò la china rovinosa di Podemos  (scissioni, difficoltà di leadership, perdita di identità..) che oggi pur al governo a lato dei Socialisti nel raggruppamento multiforme Sumar (20 sigle e siglette diverse)  ha più che dimezzato in pochi anni i propri sostenitori. Oggi il nuovo governo di Sanchez sopravvive con difficoltà solo grazie ai voti degli autonomisti ( che perlopiù non sono di sinistra) e la perdita di ruolo di Podemos e dei suoi obiettivi è evidente.

In Italia il clamoroso successo del Movimento5Stelle, rigidamente estraneo agli schieramenti tradizionali di cdx e csx, è durato meno di cinque anni, fra il 2013 e il 2018. Quando nacque il primo governo Conte nel giugno 2018, all’inizio con una buona egemonia grillina,  ottenne  risultati di rilievo solo nel primo anno, mettendo in evidenza, per quanto possibile, alcuni dei suoi  principali obiettivi ( RDC, Bonus edilizio del 110%, Riduzione costi della casta politica, Giustizia… ). Poi l’aggressione degli avversari ( di destra e di sinistra uniti), le difficoltà interne e il trasformismo di parte degli eletti e soprattutto i compromessi eccessivi, hanno disgregato il Movimento già in difficoltà con le  amministrazioni locali conquistate nel 2017 (Roma e Torino). Quando stravinse le politiche del 2018 stava già affondando da più di un anno.

In Germania i Verdi, che hanno ormai una storia lunga 40 anni e sono aiutati da un ottimo sistema elettorale proporzionale corretto da un ragionevole quorum del 5%, vivono una condizione difficile nel governo a tre con Socialdemocratici e Liberali rischiando di deludere parte rilevante del proprio potenziale elettorato che in vari momenti li aveva portati ad essere stimati nei sondaggi come primo partito del paese. Gli unici a resistere per il momento al successo della estrema destra di AFD ed alla ripresa dei Democristiani della CDU dopo l’era Merkel. Crisi energetica, guerra in Ucraina e  riarmo, vari conflitti sociali e ambientali locali di rilievo, difficile gestione dei flussi migratori mettono in crisi l’azione e soprattutto l’immagine tradizionale dei Grünen che sono stati fino a oggi il principale riferimento politico per qualunque ipotesi e speranza di alternativa a livello europeo.

Le quattro esperienze citate, per quanto apparentemente diverse fra loro, segnalano che movimenti che in qualche modo sembravano i più vicini ad ottenere cambiamenti radicali nel campo della conversione ecologica e della giustizia sociale hanno avuto significativi risultati solo fino a quando hanno accentuato la loro autonomia politica, organizzativa, elettorale dai tradizionali partiti di qualunque collocazione e soprattutto mettendo in primo piano una esplicita volontà di riformismo radicale fuori da qualunque schieramento o coalizione tradizionale predefinita ( la destra, la sinistra, il centrodestra o il centrosinistra, l’estrema sinistra o un centro moderato ). Entrando in coalizioni di governo con altri, sotto il fuoco di chi vuole impedire il cambiamento sembrerebbero non reggere lo scontro e il percorso riformatore viene arrestato (pagando il prezzo per il cambio di comportamento non per aver mantenuto i propri obiettivi ).  A mio parere questo riformismo radicale ha invece delle possibilità di prevalere, che vuol dire ottenere il sostegno di una parte consistente e maggioritaria della società. E’ cosa ben diversa dal fare gli interessi di questo o quel gruppo sociale, ricco o povero, bianco o nero, cristiano o islamico, orientato ideologicamente secondo i vecchi schieramenti del secolo scorso a destra o a sinistra. Il riformismo radicale dell’alternativa non può essere confuso né con le labili iniziative di estrema sinistra dove prevale la frammentazione, né con i partitini subalterni al bipolarismo prodotti da sistemi elettorali maggioritari. Tantomeno ha a che fare con il centrismo moderato ( oggi peraltro pressoché estinto e non solo in Italia ) che a secondo delle convenienze oscilla in tutte le direzioni. Il riformismo radicale al centro e fuori da schieramenti politici  scontati deve elaborare punto per punto una posizione indipendente ( che in certi casi  può apparire di sinistra estrema, in altri apparire conservatrice, a volte apparire nazionalista e a volte del tutto liberista…. ) ma sempre ricercando l’unità popolare nella società volta alla tutela delle nuove generazioni, alla difesa dei più deboli, al rifiuto della corruzione, della violenza e della guerra, alla tutela della solidarietà sociale ed alla tolleranza e convivenza sociale.

Sull’immigrazione siamo di fronte ai disastri che comporta la xenofobia presente a destra  e l’inconsistenza di idee a sinistra che al massimo lascia il campo alle ONG del mare a loro volta del tutto inadeguate a suggerire i percorsi di integrazione e dare risposte ai problemi di sicurezza che si presentano. Le ONG  non muovono alcuna proposta che porti ad una solida integrazione, che si opponga all’immigrazione illegale, garantisca la sicurezza e dia un futuro dignitoso a decine di migliaia di migranti. I corridoi umanitari direttamente gestiti da noi lasciando disoccupati trafficanti, scafisti e caporali del lavoro nero o illegale sono praticati, per quanto riescono,  solo da alcune associazioni cattoliche.

- Le Elezioni del Parlamento europeo preannunciano il futuro dell’Occidente

Le elezioni europee di giugno sono lo specchio migliore e più veritiero della realtà sociale dei 27 paesi membri. Non ci sono trucchi, trabocchetti, premi di maggioranza, doppi turni, voti disgiunti. C’è un “proporzionale ma limitato da un  quorum del 4%”. Io sono più favorevole al 5% che favorisce meglio serietà e aggregazioni stabili, rende più improbabili le finte liste e limita“ il voto a perdere” (di solito abbiamo 2-2,5 milioni di voti  dati a liste poco credibili che non eleggono nessuno).

Non tutti hanno chiaro che sistemi maggioritari vari ma anche il “proporzionale puro” senza una soglia di rilievo, creano distorsioni non sempre percepite dagli elettori e favoriscono frammentazioni a favore di un forzato bipolarismo in questa fase storica del tutto a vantaggio delle destre. Il proporzionale con una soglia decente, pur con gli stessi voti, avrebbe evitato l’attuale governo di cdx. E potrebbe probabilmente evitare il prossimo, che al momento temo sia scontato. Il proporzionale con la soglia è il garante della espressione democratica vera della rappresentanza degli elettori in qualsiasi livello di voto ( fino ai Comuni) e per  questo oggi ha un certo numero di nemici sparsi a destra, a sinistra  e nei partitini a gestione famigliare. Ma anche è malvisto dai gruppi mafiosi o clientelari che amano siglette, meglio con preferenze, che permettono da decenni infiltrazioni. Dal 1991  ad oggi sono quasi 400 i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Anche se io lascerei i primi due della lista indicati dal partito, per gli amanti delle preferenze alle europee ci sono anche queste (con la degenerazione di capilista da scegliere con un like, che il giorno dopo il voto ci fanno sapere che a Bruxelles non sono interessati ad andare).

C’è un alta probabilità che il nuovo parlamento Europeo abbia la  stessa composizione di sette gruppi come quello del 2019 e forse la stessa “ maggioranza Ursula” con l’alleanza tra Popolari (PPE), Socialisti (S&D) e Liberali (RE) di Macron e altri. Nel 2019 ottennero 444 seggi su 747 e nell’elezione della Presidenza della Commissione europea elessero la  tedesca Ursula von der Leyen con 383 deputati a favore (compresi i 5stelle), 327 contro e 22 astenuti.

Mi sembra incerta la futura collocazione dei Verdi (Greens), che hanno ormai perso lo storico obiettivo di diventare la terza forza in Europa e probabilmente, soprattutto se non confluirà nel gruppo europeo la componente dei  5Stelle, scenderanno dal quarto al quinto o sesto posto su sette.  Superati da entrambi i due raggruppamenti di destra: ECR (Meloni, Vox  e altri alleati  europei) e ID (Salvini, Le Pen e altri alleati europei). Insomma potrebbero diventare marginali.

Difficile, forse tragica,  la situazione della GUE cioè la sinistra considerata più radicale. In Francia la variegata componente aggregata da Melanchon ( Nupes) con socialisti e verdi sembra dissolta dopo i fatti di Gaza. In Germania la Linke si è scissa e dissolta come gruppo il 6 dicembre  in parlamento (Bundestag ) non avendo più i seggi sufficienti con la nascita del nuovo gruppo di Sahra Wagenknecht. Fra i motivi della scissione anche il caso della possibile candidatura al PE di Carola Rackete della  ONG della nave Sea Watch, considerata da alcuni (me compreso) “ un regalo alla destra di AFD”.

Una lettura falsata, suggerita dal solito “bipolarismo” inventato vorrebbe indicare le elezioni europee come un referendum pro o contro il prevalere dei diversi gruppi di destra  sovranisti, populisti, nazionalisti (così come in Italia si inventa come determinante uno scontro elettorale Meloni-Schlein che per fortuna non esiste). E’ praticamente uguale a zero la probabilità che nel PE possa nascere una maggioranza fra il gruppo dei popolari (PPE) e i due di  destra (ECR e ID), apparentemente qualcosa di vagamente simile all’alleanza che governa  l’Italia oggi. Non solo per ragioni politiche ma prima per la mancanza di numeri poiché alle europee  il sistema elettorale proporzionale non regala seggi a nessuno e dà i risultati reali espressi dai votanti.

La vera incognita è il livello che raggiungerà l’astensionismo. Di certo, a causa di questo, l’asse dell’Europa si sposterà verso un maggiore moderatismo destrorso, dove élite e lobby economiche e finanziarie aumenteranno la loro influenza, in particolare nell’impedire una vera transizione ecologica, qualunque riequilibrio della giustizia sociale, con il rafforzamento di un sempre più avventuroso atlantismo. Insomma è la mancanza di una Alternativa credibile, (di cui “ l’astensionismo militante” e “ il voto a perdere” sono una conseguenza rilevante), il tema che la realtà ci mette all’ordine del giorno di questa fase storica.  

di Massimo Marino leggi anche:

- Clima: I negazionisti non sono idioti - ottobre 2019

- Migranti: Serve una terza via. Ne porti chiusi ne porte aperte - agosto 2020)

- Europa: Podemos, 5Stelle, Grünen: i nodi vengono al pettine - maggio 2021

- Bipolarismo, astensionismo, presidenzialismo. Il rischio di un Italia immobile da cui non si tornerebbe indietro - marzo 2023

- Alternative senza Alternativi ? - luglio 2023

 

Bibliografia:

- Gli eredi del movimento ambientalista sono insoddisfatti - di Wolfgang Mulke  ( www.goethe.de - febbraio 2021)

- Consumo di energia primaria per fonte nell’Unione Europea e nel mondo (1965-2022) – ( www.grafici.altervista.org - agosto 2023 )

- I movimenti ecologisti nella congiuntura attuale - di Lorenzo Velotti ( www.gliasinirivista.org - settembre 2023 )

- Politica UE. Legge sul ripristino della natura, accordo finale tra Parlamento e Consiglio Ue  ( www.it.euronews.com - novembre 2023 )

- 2024: l’anno della democrazia - di Giulio Gambino  ( www.tpi.it - dicembre 2023 )

- Cop28: conclusioni e considerazioni  ( di Amnesty International - dicembre 2023 )

- Gas: gli USA sono i principali esportatori nel 2023 .. - di Giorgia Audiello ( www.lindipendente.online - gennaio 2024)