23 aprile 2015

Grandi opere, nel Def solo 25 restano ‘strategiche’. In soffitta la Legge Obiettivo


Il nuovo programma per le infrastrutture taglia drasticamente l'impegno finanziario pubblico previsto: da 383 a 70,9 miliardi di euro. La parte del leone spetta all'alta velocità ferroviaria, a partire dal Tav Torino-Lione e dal contestato Terzo Valico dei Giovi, che le stesse Fs considerano economicamente insostenibile. Escono dall'elenco delle priorità la Orte-Mestre, la Tirrenica e la Pontina ma non la Tem e la Salerno-Reggio Calabria



Dopo lo scandalo Incalza e le dimissioni del ministro “ventriloquo” Maurizio Lupi, dal governo era atteso un forte segnale di discontinuità sul capitolo delle Grandi Opere. Segnale che è arrivato venerdì sera con l’approvazione del Def e del nuovo programma per le infrastrutture strategiche: non solo si perde ogni traccia dell’autostrada Orte-Mestre, al centro degli appetiti della cricca delle infrastrutture, ma saltano anche la Tirrenica e la Pontina e l’elenco delle opere strategiche viene drasticamente tagliato, passando dalle 419 previste dalla Legge Obiettivo alle 25 (in realtà 30, perché alcune sono accorpate sotto un’unica voce) su cui il governo Renzi ha deciso di investire. Una sforbiciata ben più radicale rispetto a quella attesa alla vigilia dell’approvazione del Def, quando fonti ministeriali indicavano in 49 le opere prioritarie. In termini finanziari significa aver ridotto l’impegno da 383 a 70,9 miliardi di euro, di cui 48 già disponibili e 6,9 miliardi di fabbisogno triennale. In termini pratici significa mandare in soffitta la Legge Obiettivo ed è questa la discontinuità più forte rispetto al passato di questo stesso governo e dei governi precedenti.

Il neo ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha infatti sottolineato di voler dare una “forte preferenza alla scelta delle procedure ordinarie, anziché straordinarie, per la realizzazione delle infrastrutture pubbliche” e ha annunciato che a settembre presenterà il Documento pluriennale di pianificazione che sarà appunto, d’ora in poi, lo strumento “che includerà e renderà coerenti tutti i piani e i programmi d’investimento nazionali per opere pubbliche a oggi presenti”. L’opportunità di un ritorno alle procedure ordinarie, del resto, nei giorni scorsi era stata al centro di un lungo incontro tra il ministro e il presidente dell’Authority anticorruzione, Raffaele Cantone. La straordinarietà – inaugurata nell’ormai lontano 2001 dal governo Berlusconi proprio con il varo della Legge Obiettivo e poi estesa anche alla gestione dei Grandi Eventi a cura della Protezione civile di Gianni Bertolaso – ha infatti rappresentato una vera e propria autostrada per il malaffare, come testimoniano decine di inchieste sulla corruzione e sulle infiltrazioni mafiose nei cantieri.

Guardando al passato torna alla memoria una fotografia: quella di Berlusconi che da Bruno Vespa indica su una cartina dell’Italia le Grandi Opere che prometteva di realizzare. Si trattava in totale di poco più di una ventina di infrastrutture tra strade, autostrade, ferrovie, metropolitane. All’epoca sembrava il libro dei sogni (e in effetti lo era visto che gran parte di quelle opere non sono state realizzate pur divorando fiumi di denaro pubblico), ma il sistema era talmente efficace che di anno in anno è stato replicato su grande e su piccola scala, passando per lo Sblocca Italia della scorsa estate e arrivando ai giorni nostri ad avere in programma ben 419 “opere strategiche”. Un meccanismo per il quale – come emerge dal rapporto annuale di Cresme e Servizio studi della Camera sull’attuazione della Legge Obiettivo – su 285 miliardi di opere previste, ne sono state ultimate appena l’8,4% (23,8 miliardi). E per effetto delle varianti in corso d’opera i costi di realizzazione sono cresciuti di oltre il 40%.

Tornando all’oggi, nel programma di infrastrutture approvato con il Def la parte del leone spetta alle ferrovie, che con 28 miliardi di investimenti preventivati si accaparrano ben 15 miliardi di risorse pubbliche già provviste di copertura finanziaria (il 36,5% della torta). Manco a dirlo, il grosso degli investimenti vengono destinati al Tav: la Torino-Lione (2,5 miliardi), seguita a ruota dalla Brescia-Verona, dalla Treviglio-Brescia e dalla Verona-Padova. Poi ancora viene coperta per un terzo (2,1 miliardi su 6,2) la spesa per la realizzazione del contestatissimo Terzo Valico dei Giovi, opera ritenuta da molti (comprese le FS dell’epoca Moretti) incapace di ripagarsi nel tempo a causa del modesto traffico potenziale. Insomma: è sostanzialmente inutile ai fini del trasporto di merci e persone. Per il traforo ferroviario del Brennero vengono stanziati 1,7 miliardi sui 4,4 previsti per la tratta italiana. A seguire la Napoli-Bari e infine viene coperta al 100% (739 milioni) la tratta Bicocca-Raddusa dell’alta capacità Messina-Catania-Palermo, i cui cantieri dovrebbero partire a ottobre.

Per quanto riguarda le strade e le autostrade, il programma del governo prevede un investimento complessivo di 25,2 miliardi, di cui 17,3 già disponibili (10,9 miliardi i fondi pubblici, 6,4 miliardi le risorse private). Ben 10 i progetti prioritari: al Nord la terza corsia della Venezia Trieste, la Pedemontana lombarda, la Pedemontana veneta e la Tangenziale esterna milanese (Tem), al Centro la Grosseto-Siena e il Quadrilatero Marche-Umbria, mentre al Sud – oltre alla statale Jonica e all’eterna Salerno-Reggio Calabria – sono ritenute strategiche la Agrigento-Caltanissetta e il potenziamento della Olbia-Sassari. Salta invece la realizzazione della Ragusa-Lentini-Catania.
Poi c’è il capitolo Mose, cui vengono destinati da subito 5,2 miliardi sui 5,4 di costo previsto. E la mobilità cittadina con circa 10 miliardi di fondi pubblici già disponibili per la realizzazione delle metropolitane di Milano (linee 4 e 5) e di Napoli (linee 1 e 6), la Circumetnea, il nodo di Palermo e, a Torino, l’interconnessione con il Passante ferroviario. Infine, nel pacchetto delle opere prioritarie rientrano anche la tranvia di Firenze e la metropolitana di Bologna.
Da segnalare che la lista continua a comprendere otto opere finite nelle carte dell’inchiesta Sistema: il Terzo valico dei Giovi, tre tratte dell’alta velocità tra Milano e Padova, la Tem, le Metro 4 e 5 di Milano e la Salerno-Reggio Calabria.

* da ilfattoquotidiano - 12 aprile 2015

16 aprile 2015

Berlino si mobilita: 700 appartamenti mettono a rischio il Mauerpark


di Giovanni Semenzato *

Allerta gentrificazione al MauerparkIl parco pubblico di Prenzlauer Berg, amatissimo da berlinesi e turisti che qui trascorrono le loro domeniche di sole, potrebbe infatti diventare vittima di un progetto edilizio di dimensioni colossali. Sulla superficie del parco, infatti, un investitore minaccia di costruire circa 700 appartamenti. Un progetto di cementificazione cui gruppi cittadini impegnati nella gestione si oppongono da tempo con iniziative. Le loro voci, tuttavia, sembrano destinate a rimanere inascoltate.




Il progetto di costruzione – presentato ufficialmente nel febbraio di quest’anno – riguarda un’area che si estende attorno al parco per una superficie di circa 3,5 ettari. La costruzione di 708 appartamenti, un asilo e una piazza per i condomini, premiata dal favore del consiglio comunale, è stata affidata al gruppo di sviluppatori immobiliari Groth che ha previsto un investimento di circa 150 milioni di euro. Per cercare di evitare il contrasto con la cittadinanza, che lamenta il drastico aumento degli affitti nella Hauptstadt negli ultimi anni, il gruppo Groth ha stabilito un prezzo d’affitto di 6,50 euro al metro quadrato e di 8,50 euro per gli appartamenti senza sovvenzioni. Inoltre, il prospetto prevede che alcuni appartamenti siano destinati agli studenti a prezzi ancora più vantaggiosi.    
Queste premesse hanno incontrato un particolare favore tra i politici: il Senato di Berlino, infatti, aveva annunciato nel giro di quest’anno di voler avviare la costruzione di 40.000 nuovi appartamenti per far fronte all’aumento dei prezzi dell’affitto e alla carenza di spazi abitativi. In questa direzione va anche la risposta di Carten Spalleck (CDU) alle iniziative del gruppo cittadino gli “Amici di Mauerpark”, che combatte contro la cementificazione del parco. Spalleck sostiene in una lettera aperta che la città ha urgente bisogno di nuovi appartamenti , questo allo scopo di combattere il generale aumento degli affitti. Tra i principali responsabili di tale difficile situazione il politico indica proprio il Senato cittadino, colpevole a suo dire di non aver gestito a dovere le possibilità di sviluppo edilizio nella città. Secondo Spalleck, infatti, un simile problema di spazio non può che risolversi nella vendita di appezzamenti comunali.


È prevedibile dunque che le iniziative dei gruppi cittadini, che pur si protraggono da lungo tempo, non avranno gioco facile nell’opporsi all’intesa instauratasi tra rappresentanti del consiglio e imprenditori. Tuttavia si dice ottimista il rappresentante della fondazione “Welt-Bürger-Park“, Heiner Funken. La maggioranza del consiglio comunale favorevole alla costruzione sarebbe, secondo lui, «piccola e fragile». Una petizione dei cittadini, continua Funken in un intervista a rbb, potrebbe aprire una nuova discussione politica riguardo al progetto.
La critiche della cittadinanza sono rivolte alla costruzione massiva, e principalmente alla natura stessa del progetto, avviato in una zona ritenuta non edificabile. «Non c’è alcun diritto di costruzione» ha ribadito Alexander Puell degli “Amici di Mauerpark” intervistato dal Berliner Zeitung «si vuole dare l’impressione che tutto sia già conforme a regolamento». Le iniziative cittadine non sembrano aver però sortito particolare influsso in merito a una rinegoziazione del progetto, il cui avviamento è previsto già per la seconda metà del 2015.

* da www.ilmitte.com   7 aprile 2015 – 


6 aprile 2015

Tetti verdi: la Francia li impone, in Italia mancano persino nei programmi elettorali



di Renzo Rosso *


A metà marzo del 2015, mentre Sarkozy resuscitava mettendo un freno alla resistibile ascesa della Le Pen e una lapide sulle speranze di recupero del presidente Hollande, la Francia approvava una legge che obbliga le nuove costruzioni in zone commerciali ad adottare coperture piantumate o pannelli solari. Insomma, i tetti verdi o anche solo energeticamente attivi guadagnano altro spazio in un importante paesaggio urbano, anche se si tratta di un provvedimento all’acqua di rose. Il governo socialista si è limitato, infatti, agli edifici commerciali e lascia una porta aperta e alternativa ai pannelli solari, mentre gli scienziati e gli ambientalisti avrebbero voluto una norma di più ampio respiro con un fuoco più preciso sui tetti verdi, applicabile a tutti i nuovi edifici. E un incentivo a modificare quelli esistenti in caso di manutenzione straordinaria.


I tetti verdi hanno un effetto isolante, contribuendo a ridurre l’energia necessaria per riscaldare l’edificio in inverno e raffrescarlo in estate, con risparmi tra il 20 e il 30% sugli oneri di climatizzazione. Hanno un effetto decisivo nel limitare le alluvioni urbane dovute a insufficienti reti di drenaggio, poiché riducono il ruscellamento fino all’80% durante i nubifragi, rispetto alle coperture tradizionali in laterizio, cemento o pietra. Aumentando l’evapotraspirazione, aiutano a moderare l’isola urbana di calore, che produce un’insana anomalia termica tra città e zone rurali circostanti. Conservando a lungo l’acqua piovana, favoriscono anche la biodiversità e offrono agli uccelli un sito per nidificare. Sui tetti verdi si può anche coltivare la verdura o la frutta. I tetti verdi migliorano l’acustica cittadina e, se ben inseriti, non peggiorano certo il paesaggio e lo skyline urbano. E un tetto verde dura assai di più di un tetto normale, come dimostra l’edificio dei laboratori universitari di Villa Cambiaso a Genova, progettato da Luciano Grossi Bianchi a fine anni ‘60: c’è stato bisogno di una manutenzione straordinaria del tetto verde soltanto dopo più di 40 anni!


I tetti verdi sono ormai popolari in molti paesi, dalla Germania (dove il 35% delle città li hanno integrati nei regolamenti edilizi) alla Danimarca e agli Stati Uniti (New York, Chicago, Seattle) all’Australia (Sidney, dove si promuovono anche i muri verdi). Sei anni fa, nel 2009, la più grande città canadese, Toronto, ha adottato una norma che obbliga gli edifici industriali, commerciali, istituzionali e residenziali ad adottare i tetti verdi. Non sempre la politica dei tetti verdi è stata un successo, come nel caso di New York, dove il sindaco Bloomberg intraprese nel 2010 la green roof initiative, ma si sta studiando come superare i problemi e si confida che le nuova generazione di queste coperture potrà offrire prestazioni più adeguate alle aspettative.


Molti dei candidati alla carica di governatore nelle regioni italiane, dove tra due mesi si vota, fanno altisonanti proclami di politica ambientale, assai difficili da attuare nel ristretto ambito ragionale. Perché nessuno di loro propone un’iniziativa così semplice e pratica, realizzabile proprio a scala regionale?

Da molti anni gli allievi ingegneri e architetti imparano a progettare e costruire tetti verdi ad alta efficienza ambientale, inserendoli nel paesaggio urbano per migliorarlo. Anni fa, ai tempi della giunta Albertini, proposi di inserire i tetti verdi nel regolamento edilizio all’allora assessore all’ambiente di Milano – il migliore che la città abbia mai avuto, giacché venne a capo con successo dell’annosa questione dei depuratori. Credo che un tentativo di attuare la proposta sia stato anche fatto, ma senza alcun seguito concreto. Se dall’inizio del millennio tutti gli edifici commerciali di Milano, sorti da allora come funghi, fossero stati coperti di verde, forse la città sarebbe migliore; senza dubbio in sintonia con l’Expo sui temi del cibo e dell’energia. E Milano avrebbe anche dato un minuscolo, infinitesimo, affatto marginale contributo alla riduzione delle emissioni di CO2; non trascurabile, però, sotto l’aspetto simbolico.


* Professore ordinario di Costruzioni Idrauliche e Marittime e Idrologia, Politecnico di Milano


          da ilfattoquotidiano – 6 aprile 2015

5 aprile 2015

ECOLETTERA 61 del Gruppo Cinque Terre



costruire la transizione: un nuovo ecologismo - democrazia - giustizia - nuovi lavori  
1 aprile 2015
           
editoriale 1: Stangata sulla bolletta dell'acqua: è aumentata fino a costare più della minerale

Aumenta la bolletta dell'acqua degli italiani, fino a costare più di quella minerale. Ad aumentare notevolmente (+74%), rileva l'Istat, è stata la spesa media mensile effettiva delle famiglie per "l'acqua nell'abitazione principale", da 12,16 euro del 2008 a 21,18 euro del 2013. La spesa media mensile delle famiglie per l'acquisto di acqua minerale, invece, si attesta nel 2013 a 11,42 euro, il 4,5% in meno del 2012. Si tratta quindi di quasi la metà di quella sostenuta per il servizio di acqua per l'abitazione. L'istituto statistico ha diffuso i dati in occasione della Giornata mondiale dell'acqua, istituita dall'Onu e celebrata ogni 22 marzo. Nel 2012 i gestori dei servizi idrici operanti in Italia sono 3.161: nell'82,8% dei casi si tratta di amministrazioni comunali, negli altri casi di gestori specializzati. Nel 2012 il prelievo nazionale di acqua a uso potabile ammonta a 9,5 miliardi di metri cubi, di cui l'84,8% proviene da acque sotterranee, il 15,1% da acque superficiali e il restante 0,1% da acque marine o salmastre. (da  www.lapresse.it  ) leggi
 
editoriale 2 : Regione che vai, «Porcellinum» che trovi - La babele delle riforme alla vigilia del voto 

Per eleggere il presidente degli Stati Uniti si usano le stesse regole da 211 anni, ma tanta leggerezza non può certo essere applicata quando bisogna scegliere i consiglieri regionali dell'Umbria. Da noi, il voto amministrativo in programma fra poco più di due mesi, oltre al balletto sulle date ha scatenato in questi mesi la creatività locale in fatto di leggi elettorali. Chi resisterà alle sirene dell'astensionismo andrà a votare in base a regole fresche di stampa, con la sola eccezione della Liguria: ma non perché a Genova abbiano pensato che cambiare la legge elettorale mentre si formano coalizioni e candidature non è il massimo, ed espone al sospetto di ritocchi a uso e consumo di questa o quella maggioranza. Più semplicemente, liti e veti incrociati hanno fatto cadere venti giorni fa il progetto di riforma, che prevedeva l'abolizione del "listino" e un nuovo premio di maggioranza. Altrove, invece, nulla ha frenato il desiderio invincibile di novità…( Gianni Trovati  da ilsole24ore) leggi

Missioni militari, dalla Bosnia alla Libia l’Italia ha speso 13 miliardi in 11 anni

Lo spettro dell’intervento militare sul fronte aperto dal terrorismo jihadista si agita sempre più nell’agitato scacchiere meridionale. Con l’ipotesi di una spedizione italiana che potrebbe comportare impegni economici elevatissimi. Ma c’è anche un altro fronte sul quale il nostro Paese sta spendendo tantissimo e da molti anni. Quello delle missioni internazionali che ci vedono impegnati in tante parti del globo. C’è stata la Bosnia, l’Albania, il Kosovo e la Macedonia, solo per restare ai paesi dell’ex Jugoslavia. Ma anche il Medioriente: dal Libano all’Iraq passando per l’Afghanistan. E non poteva mancare naturalmente neppure l’Africa: Somalia, Libia, Sudan e Ciad, giusto per citare qualche caso. Dal 2004 al 2015 sono state in tutto 31, molte tuttora in corso, le missioni che hanno visto l’Italia impegnata in vari teatri. E che, finora, sono costate ben 13 miliardi 365 milioni di euro ( Antonio Pitoni da ilfattoquotidiano.it ) leggi
 
Rifiuti: in Italia censite 188 grandi discariche abusive.

Dalle Alpi alla Sicilia, ci costano oltre 40 milioni ogni sei mesi. A causa della condanna inflitta dalla Corte europea che ha obbligato l'Italia a bonificare. Finora con scarsi risultati. Un elenco dettagliato di 188 siti inquinati e abbandonati al loro destino. La gran parte dei quali situati in sei regioni: Campania (48), Calabria (43), Abruzzo (28), Lazio (21), Puglia (12) e Sicilia (12). Sono le discariche abusive presenti sul nostro territorio e responsabili della pesante condanna subita dall’Italia da parte della Corte europea lo scorso dicembre. Una sentenza che costa al nostro Paese quasi 43 milioni di euro ogni sei mesi. Che al giorno fanno poco meno di 240mila euro. La denuncia del Movimento 5Stelle. ( Vincenzo Mulè su ilfattoquotidiano ) leggi  

San Mauro Torinese : un milione di euro all’anno buttato nei rifiuti 

La gestione dei rifiuti costa a San Mauro circa il 20% delle risorse del Comune, ben 3,1 milioni nel 2014 secondo le scarse informazioni diffuse dall’Amministrazione. Con il 61% di Raccolta Differenziata nel 2014 ( cioè tendenzialmente in lieve diminuzione ) e un aumento delle tariffe già deciso da Seta  per il 2015 di almeno il 5%. L’aumento è singolare considerato che gli obiettivi di RD, seppure non mantenuti per intero, dovrebbero portare ad una riduzione dei costi, tanto più vista la tendenza alla deflazione e il crollo dei costi del petrolio e derivati, quindi del trasporto che incide fra il 10 e il 15% a seconda dei materiali e della loro destinazione. Abbagliati da beghe di paese pochi sembrano attenti al problema. Va alla grande invece la polemica su alcune assunzioni in Seta, si dice politicamente connotate, quasi fosse una novità, per svolgere nuove mansioni di controllo. ( Massimo Marino ) leggi

Londra sempre più green: gli orti urbani sono diventati 350mila

 Esplode la tendenza dei “giardini tascabili” con finanziamenti da 5mila a 20mila sterline. Centomila richieste in lista d’attesa. È vero: la città è sommersa da gru, i cantieri sono aperti notte e giorno e ovunque si lavora a riqualificare e ristrutturare grazie alla domanda di un mercato immobiliare che non conosce la parola crisi. Ma non c’è solo questo nella capitale inglese. L’altra faccia della metropoli sempre aperta al cambiamento è quella green e riguarda l’esplosione degli orti urbani: ormai se ne contano più di 350mila. (Antonio Galdo su nonsprecare.it ) leggi

Grecia, quello che vorrebbero farti credere sul debito

Otto false idee sul debito greco solo per far interiorizzare l'ineluttabilità del debito ai greci e ai Sud-Europei. Un audit pubblico svelerebbe il ricatto ... Nonostante l'ingerenza e la pressione dei dirigenti dell'Unione europea (UE), il popolo greco ha deciso di prendere in mano con coraggio il proprio destino e farla finita con le politiche di austerità, che hanno sprofondato il paese nella miseria e nella recessione. Nei paesi vittime della trojka, ribattezzata ora "Istituzioni europee", ma anche in numerosi altri paesi europei, la vittoria elettorale di Syriza viene sentita come un incoraggiamento formidabile a battersi per porre fine a politiche che avvantaggiano i mercati finanziari e sono invece disastrose per le popolazioni. I nostri grandi mezzi di comunicazione, invece, non fanno che sostenere uno dopo l'altro l'assurda idea per cui l'annullamento del debito greco "costerebbe 600 euro a ogni singolo contribuente francese". Via via che si inaspriscono le trattative tra la Grecia e la trojka, la propaganda va intensificandosi e il nostro lavoro di educazione popolare sul problema del debito pubblico diventerà sempre più decisivo. Le seguenti risposte alle idee indotte sul debito greco vorrebbero fornire un contributo al riguardo. (da popoffquotidiano.it ) leggi

Tra unità a sinistra e populismo

Unire la sini­stra o costruire il popolo? Gli ultimi sette anni di lotta con­tro crisi e auste­rity in Europa hanno evi­den­ziato la pre­senza di due stra­te­gie orga­niz­za­tive con­trap­po­ste, che si sono mani­fe­state sia nel campo dei movi­menti sociali che nel campo della poli­tica di par­tito: l’unità a sini­stra o il popu­li­smo. Que­ste stra­te­gie riflet­tono dif­fe­renti dia­gnosi e inter­pre­ta­zioni sulla natura della crisi, e pro­pon­gono diverse ricette orga­niz­za­tive. L’unità a sini­stra punta su una logica di coa­li­zione, capace di alleare vari attori sociali e poli­tici pre-costituiti (movi­menti, par­titi, asso­cia­zioni); il popu­li­smo invece scom­mette su una logica di fusione. Sia la stra­te­gia di unità a sini­stra che la stra­te­gia popu­li­sta con­ten­gono poten­zia­lità e peri­coli. La prima offre la pos­si­bi­lità di costruire un fronte rela­ti­va­mente ampio ma al tempo stesso omo­ge­neo ideo­lo­gi­ca­mente. Tut­ta­via corre il rischio clas­sico della sinistra-sinistra di rin­chiu­dersi in un angolo. La logica popu­li­sta offre una stra­te­gia piglia­tutto che risponde bene alla pre­sente fase di crisi asso­cia­tiva e di appar­te­nenza. Ma al tempo stesso è molto espo­sta ai cam­bia­menti di umore dell’opinione pub­blica e alla insta­bi­lità delle emo­zioni col­let­tive. ( Paolo Gerbaudo su il manifesto ) leggi

Myanmar: La vendetta del Buddha 

Un tri­bu­nale bir­mano ha con­dan­nato a due anni e mezzo di pri­gione e lavori for­zati i tre gestori di un bar di Yan­gon, la più grande città del paese. Phil Blac­k­wood, bari­sta neo­ze­lan­dese, e due suoi col­le­ghi bir­mani, Htut Ko Ko Lwin e Tun Thu­rein, sono stati con­dan­nati per vili­pen­dio alla reli­gione, a causa di un volan­tino pub­bli­cato su Face­book per pro­muo­vere una serata del loro locale, il VGa­stro Bar. Il volan­tino raf­fi­gu­rava una testa di Bud­dha con cuf­fie da dj in colori psi­che­de­lici. L’immagine ha sca­te­nato l’ira di molti com­men­ta­tori su Face­book, il social media che per molti bir­mani è sino­nimo di Inter­net tout court; i gestori l’hanno quindi rimossa, chie­dendo scusa pub­bli­ca­mente sulla loro pagina. Ma di fronte al locale si era già for­mato un assem­bra­mento di per­sone, tra cui alcuni monaci dell’Associazione per la pro­te­zione della razza e della reli­gione, o ma-ba-tha. (Ilaria Benini da il manifesto ) leggi

La foto del giorno: Sicilia, affare “Gettonopoli ” nei municipi: ad Agrigento nel solo 2014 l'assemblea si è riunita 1.113 volte ( nella foto il Comune di Palermo )



VIDEO ARCHIVIO

Timbuktu è un film realizzato da Abderrahmane Sissako uno dei Maestri del cinema africano.
A poca distanza da Timbuktu, dove domina la polizia islamica impegnata in una jihad in cui divieto si aggiunge a divieto, una famiglia vive tranquilla sulle dune del deserto.
vedi e ascolta

A Reggio Emilia, ben 32 ettari di terreno ad uso residenziale/industriale sono stati trasformati in campi da coltivare o in pascoli: un cambio di rotta che punta a un uso del suolo nuovo e virtuoso. vedi

Buona Scuola ? … Torino, studenti occupano la biblioteca della Galleria Arte Moderna ( GAM ): “Ci vogliono ridurre le ore di apertura da 35 a 11″ vedi

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Il punto di vista  del Gruppo Cinque Terre


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ECOLETTERA del Gruppo Cinque Terre vi segnala ogni 15 giorni interventi, documenti, appuntamenti, rimandando ai siti del gruppo o ad altri link

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