Il nuovo programma per le
infrastrutture taglia drasticamente l'impegno finanziario pubblico previsto: da
383 a 70,9 miliardi di euro. La parte del leone spetta all'alta velocità
ferroviaria, a partire dal Tav Torino-Lione e dal contestato Terzo Valico dei
Giovi, che le stesse Fs considerano economicamente insostenibile. Escono
dall'elenco delle priorità la Orte-Mestre, la Tirrenica e la Pontina ma non la
Tem e la Salerno-Reggio Calabria
di Paolo Fior *
Dopo lo scandalo Incalza e le dimissioni del ministro “ventriloquo” Maurizio Lupi, dal governo era atteso un forte
segnale di discontinuità sul capitolo delle Grandi Opere. Segnale che è
arrivato venerdì sera con l’approvazione del Def e del nuovo programma per le
infrastrutture strategiche: non solo si perde ogni traccia dell’autostrada Orte-Mestre, al centro degli
appetiti della cricca delle infrastrutture, ma saltano anche la Tirrenica
e la Pontina e l’elenco delle opere strategiche viene drasticamente
tagliato, passando dalle 419 previste dalla Legge Obiettivo alle 25 (in
realtà 30, perché alcune sono accorpate sotto un’unica voce) su cui il governo Renzi
ha deciso di investire. Una sforbiciata ben più radicale rispetto a
quella attesa alla vigilia dell’approvazione del Def, quando fonti ministeriali
indicavano in 49 le opere prioritarie. In termini finanziari significa
aver ridotto l’impegno da 383 a 70,9 miliardi di euro, di cui 48 già
disponibili e 6,9 miliardi di fabbisogno triennale. In termini pratici
significa mandare in soffitta la Legge Obiettivo ed è questa la discontinuità
più forte rispetto al passato di questo stesso governo e dei governi
precedenti.
Il neo ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha infatti
sottolineato di voler dare una “forte preferenza alla scelta delle procedure
ordinarie, anziché straordinarie, per la realizzazione delle infrastrutture
pubbliche” e ha annunciato che a settembre presenterà il Documento
pluriennale di pianificazione che sarà appunto, d’ora in poi, lo strumento
“che includerà e renderà coerenti tutti i piani e i programmi d’investimento
nazionali per opere pubbliche a oggi presenti”. L’opportunità di un ritorno
alle procedure ordinarie, del resto, nei giorni scorsi era stata al centro di
un lungo incontro tra il ministro e il presidente dell’Authority
anticorruzione, Raffaele Cantone. La straordinarietà – inaugurata
nell’ormai lontano 2001 dal governo Berlusconi proprio con il varo della
Legge Obiettivo e poi estesa anche alla gestione dei Grandi Eventi a
cura della Protezione civile di Gianni Bertolaso – ha
infatti rappresentato una vera e propria autostrada per il malaffare,
come testimoniano decine di inchieste sulla corruzione e sulle infiltrazioni
mafiose nei cantieri.
Guardando al passato torna alla memoria una fotografia: quella di Berlusconi che da Bruno Vespa indica su una cartina
dell’Italia le Grandi Opere che prometteva di realizzare. Si trattava in totale di poco più
di una ventina di infrastrutture tra strade, autostrade, ferrovie,
metropolitane. All’epoca sembrava il libro dei sogni (e in effetti lo
era visto che gran parte di quelle opere non sono state realizzate pur
divorando fiumi di denaro pubblico), ma il sistema era talmente efficace che di
anno in anno è stato replicato su grande e su piccola scala, passando per lo Sblocca Italia della scorsa estate e arrivando ai giorni nostri
ad avere in programma ben 419 “opere strategiche”. Un meccanismo per il quale –
come emerge dal rapporto annuale di Cresme e Servizio studi della
Camera sull’attuazione della Legge Obiettivo – su 285 miliardi di opere
previste, ne sono state ultimate appena l’8,4% (23,8 miliardi). E per effetto delle varianti
in corso d’opera i costi di realizzazione sono cresciuti di oltre il 40%.
Tornando all’oggi, nel programma di infrastrutture approvato con il Def la
parte del leone spetta alle ferrovie, che con 28 miliardi di investimenti
preventivati si accaparrano ben 15 miliardi di risorse pubbliche già provviste
di copertura finanziaria (il 36,5% della torta). Manco a dirlo, il grosso degli
investimenti vengono destinati al Tav: la Torino-Lione (2,5 miliardi), seguita a ruota dalla Brescia-Verona,
dalla Treviglio-Brescia e dalla Verona-Padova. Poi ancora viene
coperta per un terzo (2,1 miliardi su 6,2) la spesa per la realizzazione del
contestatissimo Terzo Valico dei Giovi, opera ritenuta da molti
(comprese le FS dell’epoca Moretti) incapace di ripagarsi nel
tempo a causa del modesto traffico potenziale. Insomma: è
sostanzialmente inutile ai fini del trasporto di merci e persone. Per il
traforo ferroviario del Brennero vengono stanziati 1,7 miliardi sui 4,4
previsti per la tratta italiana. A seguire la Napoli-Bari e infine viene
coperta al 100% (739 milioni) la tratta Bicocca-Raddusa dell’alta
capacità Messina-Catania-Palermo, i cui cantieri dovrebbero partire a ottobre.
Per quanto riguarda le strade e le autostrade, il programma
del governo prevede un investimento complessivo di 25,2 miliardi, di cui 17,3
già disponibili (10,9 miliardi i fondi pubblici, 6,4 miliardi le risorse
private). Ben 10 i progetti prioritari: al Nord la terza corsia della
Venezia Trieste, la Pedemontana lombarda, la Pedemontana veneta
e la Tangenziale esterna milanese (Tem), al Centro la Grosseto-Siena
e il Quadrilatero Marche-Umbria, mentre al Sud – oltre alla statale
Jonica e all’eterna Salerno-Reggio Calabria – sono ritenute
strategiche la Agrigento-Caltanissetta e il potenziamento della Olbia-Sassari.
Salta invece la realizzazione della Ragusa-Lentini-Catania.
Poi c’è il capitolo Mose, cui vengono destinati da subito 5,2
miliardi sui 5,4 di costo previsto. E la mobilità cittadina con circa 10
miliardi di fondi pubblici già disponibili per la realizzazione delle metropolitane
di Milano (linee 4 e 5) e di Napoli (linee 1 e 6), la Circumetnea,
il nodo di Palermo e, a Torino, l’interconnessione con il Passante
ferroviario. Infine, nel pacchetto delle opere prioritarie rientrano anche
la tranvia di Firenze e la metropolitana di Bologna.
Da segnalare che la lista continua a comprendere otto opere
finite nelle carte dell’inchiesta Sistema: il Terzo valico dei Giovi, tre
tratte dell’alta velocità tra Milano e Padova, la Tem, le Metro 4 e 5 di
Milano e la Salerno-Reggio Calabria.
* da
ilfattoquotidiano - 12 aprile 2015
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