23 luglio 2019

Stati Uniti: niente default, trovato accordo per innalzare debito


Trovato l’accordo tra il Congresso statunitense e l’amministrazione Trump per sospendere il tetto del debito ed aumentare i livelli di spesa.



«Un vero compromesso». Così il presidente Trump ha commentato, come di consueto via Twitter, il nuovo accordo bipartisan che sospende per due anni il tetto del debito a stelle e strisce e incrementa i livelli di spesa per il governo.

Si tratta di un’intesa importante, la cui approvazione è stata particolarmente sofferta, che scongiura l’ipotesi di un default a settembre. Con la sospensione biennale, lo scontro viene rimandato a dopo le elezioni del 2020.

L’accordo ora dovrà essere ratificato nel corso delle prossime sedute del Congresso prima che inizi la pausa estiva (26 luglio). Dopo il via libera del Congresso, il provvedimento tornerà sulla scrivania di Trump per la firma finale.


Stati Uniti: accordo debito, Trump, non ci sono pillole avvelenate

«Sono felice di annunciare che tra il leader della maggioranza al Senato, Mitch McConnell, il leader della minoranza al Senato, Chuck Schumer, la speaker della Camera, Nancy Pelosi, e il leader della minoranza alla Camera, Kevin McCarthy, è stato raggiunto un accordo biennale sul bilancio e sul tetto del debito, senza pillole avvelenate», riporta il tweet del POTUS.

I am pleased to announce that a deal has been struck with Senate Majority Leader Mitch McConnell, Senate Minority Leader Chuck Schumer, Speaker of the House Nancy Pelosi, and House Minority Leader Kevin McCarthy - on a two-year Budget and Debt Ceiling, with no poison pills.... ( Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 22 luglio 2019 )

L’accordo permette di evitare i tagli automatici alla spesa che sarebbero dovuti scattare il prossimo anno in base a un’intesa del 2011 fra l’ex Presidente Obama e i repubblicani. 


Stati Uniti: accordo debito, più spese e meno risparmi

Al posto dei tagli, sono invece previste spese fino a 320 miliardi di dollari in due anni, 30 miliardi in meno di quanto sperato dai democratici.

I repubblicani avranno “solo” 75 miliardi di dollari di risparmi, la metà di quanto chiesto dall’amministrazione Trump. Nuove spese e minori risparmi nel 2020 spingeranno il deficit sopra quota mille miliardi di dollari.


Stati Uniti: accordo debito, mancanza di disciplina fiscale

Ovviamente si tratta di un provvedimento che, sommato ai drastici tagli delle tasse varati da Trump nel 2017, fanno tornare prepotentemente d’attualità la mancanza di disciplina fiscale nella maggiore economia mondiale. 


“Se questo accordo diventasse legge, il fatto che la questione del tetto del debito sia stata affrontata e risolta rappresenterebbe una fattore positivo”, ha commentato Shai Akabas, direttore della politica economica del Bipartisan Policy Center. “Ma l’irresponsabilità di sbloccare completamente il Budget Control Act del 2011 senza alcuna limitazione fiscale è sorprendente”.


( di Luca Fiore   23 Luglio 2019 – da www.money.it )

16 luglio 2019

Riforestiamo il Pianeta


di Pietro Greco *

Una buona notizia, finalmente. Possiamo abbattere con costi ridotti del 25% l’anidride carbonica di origine antropica che si accumulata in atmosfera negli ultimi due secoli e contribuire a raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura in atmosfera entro gli 1,5 °C, come suggerisce l’IPCC, il panel delle Nazioni Unite che studia i cambiamenti climatici. Lo sostengono Jean-Francois Bastin e un gruppo di suoi colleghi in un articolo, The Global Tree Restoration Potential, pubblicato sulla rivista Science a inizio luglio.

Il succo dell’articolo è questo. L’IPCC ritiene, come emerge dal report rilasciato lo scorso autunno, che per raggiungere l’obiettivo massimo di contenere l’aumento della temperatura media del pianeta entro gli 1,5 °C occorre il contributo delle foreste quantificato in un miliardo di ettari dove piantare alberi in aggiunta a quelli già esistenti. Il panel delle Nazioni Unite non ha specificato come raggiungere l’obiettivo e neppure se è possibile raggiungerlo.
La buona notizia che propongono Bastin e colleghi è che l’obiettivo, in buona sostanza, può essere davvero raggiunto. Il gruppo di studiosi ha infatti realizzato una mappa globale delle foreste: di quelle esistenti e di quelle potenziali. Giungendo a queste conclusioni: nelle attuali condizioni climatiche, la Terra potrebbe ospitare foreste per un totale di 4,4 miliardi di ettari. Oggi ne ospita 2,8 miliardi. Quindi il potenziale di ulteriore riforestazione è di 1,6 miliardi di ettari: il 60% in più di quanto richiede l’IPCC. Certo, dicono Bastin e i suoi colleghi, 0,7 miliardi di ettari insistono su aree urbane o intensamente coltivate. Le aree libere ammontano a 0,9 miliardi di ettari: praticamente quanto richiesto dall’IPCC.

Questa notizia ne contiene un’altra, subordinata. La metà di questo potenziale si trova in soli sei paesi. Nell’ordine: Russia, Stati Uniti, Canada, Australia, Brasile e Cina. Sono tutti grandi paesi che hanno la possibilità di dimostrare il loro senso di responsabilità. Basterebbe in particolare che la Russia aumentasse del 151 milioni di ettari la superficie delle sue foreste; gli USA di 103; il Canada di 78,4; l’Australia di 58; il Brasile di 49,7 e la Cina di 40,2 e più della metà del gioco sarebbe fatto. Se tutti questi paesi piantassero alberi per tutto il loro potenziale, avremmo un aumento della superficie planetaria delle foreste di 480 milioni di ettari.
Il resto del mondo dovrebbe riforestare per altri 420 milioni di ettari. Anche questo è un obiettivo realistico. Il costo totale di questa operazione, peraltro spalmabile in un decennio per rispettare l’obiettivo dell’IPCC, sarebbe di 270 miliardi di dollari. 27 miliardi l’anno: una spesa che il mondo si può permettere, visto che è poco più dell’1% dei soldi che, ogni anno, spende in armamenti. I risultati sarebbero davvero importanti. La riforestazione, al culmine del processo di crescita degli alberi che comunque dura svariati anni, consentirebbe di sottrarre all’atmosfera 205 miliardi di tonnellate di CO2: un quarto dell’anidride carbonica di origine antropica che si è cumulata in atmosfera negli ultimi due secoli. Oltre a questi benefici, ce ne sarebbero altri molto importanti. Uno per tutti, la conservazione e il rilancio della biodiversità.

Se questi dati verranno confermati – e certamente lo saranno, perché precedenti analisi erano giunte a risultati analoghi – la palla passa decisamente nel campo della politica. La partita è chiara nelle sue regole, facile da giocare e a costi decisamente accessibili. Bisogna però cambiare attitudine. Anche se il tasso di deforestazione nel mondo è decisamente rallentato, nell’ultimo anno sono andati deforestati qualcosa come 13 milioni di ettari. Da meno 13 dovremmo passare a più 90 milioni di ettari ad alberi ogni anno da qui al 2030. L’obiettivo, lo ripetiamo, è realistico. Anche l’Italia può fare la sua parte. Come ci rivela Lorenzo Ciccarese, esperto di foreste dell’ISPRA, ci sono 8 milioni di ettari nel nostro paese disponibili ad accogliere gli alberi.

Ma il nostro paese può fare anche qualcos’altro. Può contribuire ad accendere il motore della locomotiva Europa affinché traini il convoglio mondiale verso un pianeta, letteralmente, più verde.

*da www.rivistamicron.it - 9 luglio 2019

                    Improvvisa realtà   

15 luglio 2019

Italia: 10 falsi miti sull’economia del Belpaese


Crescita, investimenti, competitività: tutti i luoghi comuni sull’Italia sfatati a uno a uno.

di Francesca Caiazzo *

Non è competitiva e cresce meno degli altri Paesi europei. Parole che sentiamo spesso quando si parla dell’Italia, eppure non si tratta di affermazioni veritiere: sono solo luoghi comuni sul Belpaese.La spiegazione che confuta tali assunti è contenuta in 10 falsi miti sull’economia italiana, un volume tascabile realizzato dalla Fondazione Edison in occasione del ventennale della sua fondazione. Una iniezione di ottimismo che, partendo dai dati reali, mira a sfatare alcuni dei più diffusi pregiudizi sul nostro Paese.

I 10 falsi miti sull’economia italiana
Il volume si apre con una serie di dati sullo stato di salute dell’economia italiana, sulla crescita e sulla competitività.
Innanzitutto non è vero che l’Italia sia una delle economie più deboli d’Europa perché “vanta la seconda industria manifatturiera dell’Unione europea, il primo settore agricolo in termini di valore aggiunto e detiene il secondo posto per numero di pernottamenti di turisti stranieri” si legge nella pubblicazione. Inoltre, il nostro Paese, rispetto a qualche anno fa, non ha la crescita più bassa: negli ultimi anni non solo il PIL pro capite italiano è cresciuto ad un tasso maggiore di quello dei paesi del G7 ma anche il consumo pro capite delle famiglie è aumentato più rapidamente rispetto a molti altri paesi dell’UE. Tra le accuse che spesso vengono rivolte all’Italia, poi, c’è quella di non essere competitiva. Anche questa affermazione, secondo la Fondazione Edison, è falsa, in quanto il Belpaese genera il quinto maggior surplus commerciale al mondo per i prodotti manifatturieri ed è il leader o co-leader a livello globale per centinaia di manufatti.
Il volume chiarisce anche un altro punto: l’Italia non è troppo indebitata. “Considerando in aggregato il debito privato e il debito pubblico, l’Italia è meno indebitata di molti altri paesi avanzati. Il debito delle famiglie è uno dei più bassi a livello globale. Il debito pubblico è molto alto in termini di percentuale del PIL, ma risulta molto più sostenibile se raffrontato con l’elevato avanzo primario pubblico storico precedentemente menzionato nonché con la ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane, che è il doppio del PIL” è scritto nella pubblicazione.

Le imprese
Tra i 10 falsi miti sull’economia italiana, vanno sfatati anche alcuni che riguardano le imprese. È falso, ad esempio, affermare che non investano in macchinari e mezzi di traporto, settori in cui gli investimenti sono invece cresciuti il doppio rispetto ad altri Paesi come la Germania. Le nostre aziende inoltre, contrariamente a quanto si crede, riescono a competere con ottimi risultati nell’era della globalizzazione. Basti pensare che le PMI manifatturiere italiane esportano per oltre 170 miliardi di dollari, più di quanto facciano quelle di tutti gli altri paesi dell’OCSE.

E il Made in Italy? Le produzioni italiane sono ormai lontane da quelle dei Paesi emergenti e anzi si sono imposte come leader assolute nel mondo del lusso soprattutto nei settori della moda e dell’enogastronomia. Senza contare gli alti livelli di innovazione e tecnologia che caratterizzano il comparto della meccanica e la farmaceutica.
 
Un altro luogo comune sull’Italia è legato alle scarse risorse destinate a Ricerca e Sviluppo: in realtà il nostro Paese non solo è primo in Europa per entità di spesa delle imprese in ricerca e sviluppo nel settore tessile, abbigliamento, calzature e mobili ma anche secondo per maggior numero di disegni comunitari depositati presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale in UE.

Tasse e disuguaglianze
Ma come vivono gli italiani? Meglio di tanti altri cittadini dell’Unione. Tra i 10 falsi miti sull’economia dell’Italia infatti c’è anche quello che riguarda la disuguaglianza economica e sociale.  Come si legge nel rapporto della Fondazione Edison, “ solo il 38% delle vive in regioni con un PIL pro capite a parità di potere d’acquisto inferiore alla media dell’Unione europea, rispetto al 72% in Francia, al 67% nel Regno Unito e al 64% in Spagna”. Sì, ma paghiamo troppe tasse. Non è vero: la pressione fiscale in Italia è in linea con la media europea.

* da www.money.it - 9 Luglio 2019