27 febbraio 2014

Il golpe elettorale prossimo venturo di R & B



di Massimo Marino *

Pensavo che con il mattarellum , introdotto dopo il referendum di Segni , Pannella e altri  nel 1994 ( maggioritario attraverso collegi uninominali e liste bloccate nella quota proporzionale) e con il successivo porcellum nel 2005, sgradevole fin dal nomignolo, ( premio di maggioranza  55%, soglie differenziate per chi sta dentro o fuori coalizioni, singolare strabismo fra Camera e Senato ) la faccia tosta e il disprezzo della democrazia rappresentativa  avessero raggiunto il massimo. 

La Corte Costituzionale ci ha messo una decina di anni per dirlo: “mio Dio, come siamo caduti in basso”. Ha liquidato il porcellum lasciando qualcosa di simile ad un sistema proporzionale imperfetto, che solo con alcuni indispensabili ritocchi ( ad esempio soglia al 5% per tutti, reintroduzione almeno parziale delle preferenze, magari lasciando al partito la designazione dei soli capilista),  si riconcilierebbe con la democrazia rappresentativa. Ma il  partito a due poli della cosiddetta casta, che alcuni chiamano centrodestrasinistra, è terrorizzato dal sistema proporzionale limitato da un quorum . Con il quale, comunque vada, PD e FI dovrebbero restituire il maltolto a qualcuno ( se gli va bene 150 parlamentari ).

Con il proporzionale limitato ogni lista otterrebbe seggi in proporzione ai voti ottenuti, la frammentazione sarebbe eliminata facilmente e definitivamente dalla soglia unica e uguale per tutti  del 5%; il numero di partiti si stabilizzerebbe  probabilmente fra 3 e 6 e finalmente i governi nascerebbero ri-trovando un accordo di compromesso serio sulle diverse visioni del paese che ognuno , se ce l’ha, sarebbe costretto a spiegare agli elettori  invece di raccontare favolette nei talk show dei propri amici di cordata. 

E’ bene chiarire che il proporzionale limitato non ha nulla a che fare con il cosiddetto proporzionale puro ( cioè senza nessuna soglia di sbarramento) con il quale invece si arruolerebbero i soliti partitini  di contorno, oppure si inventerebbero, come avviene a volte nelle elezioni regionali che ben si prestano alla manovra. Per non parlare delle liste civetta anti scorporo già viste con il  mattarellum.
Il sistema elettorale proporzionale limitato da un quorum, che da tempo sosteniamo, che da anni è usato dalla Germania e da altri paesi, che  traspare dalla sentenza della Corte Costituzionale e che, miracolosamente,  è  il risultato emerso dalla consultazione in 5 fasi promossa dal M5Stelle  fra gli iscritti, porta a convergere su una conclusione: non si può praticare una democrazia compiuta se non si mette mano prima di tutto ad un sistema elettorale che preservi l’espressione libera del voto e  che salvaguardi la rappresentanza, che è “ la madre di tutte le battaglie “ per la democrazia.

Terrorizzati da un sistema elettorale proporzionale limitato da un quorum e magari con la possibilità degli elettori di “interferire “ con le preferenze sulla scelta degli eletti,  PD e FI-PDL dal settembre 2011, nel mentre i propri elettori reali calavano di volta in volta, si sono accordati progressivamente dietro le quinte per un sistema  elettorale truffaldino. Prima Finocchiaro, Bersani, Violante con Berlusconi, Cicchitto, Schifani , poi passando per la discussione nel gruppo dei saggi, infine oggi approdando al  superporcellum ( non vedo motivi per chiamarlo italicum essendo solo una versione peggiorata del porcellum)  direttamente concordato fra Berlusconi e Renzi.

Le conseguenze  dell’accordo sarebbero tre:

      1)   il premio di coalizione ed i quorum elevati ( fino al 12% ) hanno l’obiettivo di cancellare l’ autonomia di liste e partiti anche di media dimensione  scoraggiando eventuali fusioni fra i più piccoli; facilitano invece il proliferare di listarelle anche piccolissime ma gregarie, magari inventate, che inserite nelle due coalizioni principali portano “i voti degli allocchi “ cioè di elettori inconsapevoli del fatto che non eleggeranno nessuno di quelli che votano  ma contribuiranno esclusivamente al risultato dei due partiti che hanno inventato il marchingegno. Nelle recenti elezioni in Sardegna PD e FI hanno modificato le regole, inserito in coalizione 18 liste, composte da 23 gruppi o partitini diversi, mentre il nuovo quorum del 10 % sulle liste ha tenuto fuori dal consiglio regionale la Murgia che pure aveva ottenuto il 10,3%. Mentre 19 liste, a partire dallo 0,7%,  hanno ottenuto seggi.  Il nuovo superporcellum proposto va più in là: nessun seggio agli alleati ma, si può immaginare,  premi di consolazione successivi al voto ( un sottosegretario, una municipalizzata, una consulenza ministeriale….).  I partiti gregari,  incapaci a trovare progetti comuni, sono molti ma in fin dei conti fanno comodo: una ventina di sigle, molte delle quali usano le porte girevoli entrando e uscendo imprevedibilmente a destra o a sinistra, tanto ormai le differenze sono minime.

2)      tutto il sistema di partiti e partitini assuefatti alle logiche di casta, di destra, leghisti fino ai fratellini d'Italia da una parte oppure le innumerevoli  sinistre, i tanti  orfani dell’ulivismo, ( quando con il 2% si guadagnava il proprio gruppetto di eletti ed una aliquota sicura dal finanziamento pubblico per tirare avanti ma non si incideva su nulla di rilevante), chiederanno per favore di entrare in coalizione o più semplicemente cambieranno casacca o mestiere vista la mancanza di motivi per continuare. Nessuno aprirà più bocca su programmi, idee, progetti,  per non complicarsi la vita. Si renderà così  impossibile confrontare proposte e riferimenti sociali o culturali.  E’ già una realtà nei comuni , dove spesso partitini che prendono qualche voto dichiarandosi magari no tav, no inceneritori, no cemento, ambientalisti, di sinistra, civici  etc. , poi stanno tranquilli e silenziosi a guadagnarsi la pagnotta in maggioranze con quelli che mandano avanti tav, inceneritori e cemento, facendo prevalere il proprio tornaconto ( vedi la perfetta complicità sui contributi  nel caso del consiglio regionale del  Lazio). La chiamano: contribuire alla governabilità.  Incapaci di ripensamenti, in un lento processo di annichilimento politico fino a diventare infine del tutto subalterni e insieme  irrilevanti, si farebbe rinascere così dalle ceneri un nuovo caricaturale bipolarismo.   

3)  il M5Stelle,  che non si allea con nessuno ( teorizzarlo è una sciocchezza ma nella pratica è una insormontabile necessità data dalla mancanza oggi di altri soggetti di qualche peso davvero autonomi ), non deve avere alcuna possibilità di vincere le elezioni  e ciò che più conta , di governare, stante anche  l’insormontabile ostacolo del doppio turno a cui potrebbe arrivare nel caso di un clamoroso e improbabile successo ( cioè superare il 30% ). A quel punto si scoprirebbe che R&B sono i portavoce di un unico sistema di potere che farà tutto il possibile, nella legalità o al di fuori di essa, per non lasciare il campo ad un vero processo innovatore di riforma e risanamento del paese; e che non sono per nulla turbati, ma anzi ben favoriti , dal  potenziale astensionismo di metà  degli elettori.

Tutto nero quindi ? Solo scenari pessimisti ?

Non esattamente. Nell’immediato c’è da sperare che il M5Stelle, che non riesce ad uscire dalla precarietà organizzativa e decisionale dei movimenti nascenti , diventi adulto e si dia una organizzazione più funzionale e più diffusa nel territorio oltre che nell’etere. Che Grillo la smetta di urlare e farsi impallinare come un fesso dai media in agguato,  visto che sui contenuti  ha totalmente ragione ed avrebbe la possibilità di stravincere se parlasse con calma di quelli, comprendendo che c’è un diverso contesto e uditorio fra un comizio in piazza, una intervista in TV ed un incontro in Parlamento. Che gli eletti grillini ( ormai quasi 1500 ), che sono la vera risorsa in grado di allargare il consenso oggi bloccato, riescano a convincere una parte di quel 40% di elettori che con le più diverse ragioni non voteranno nessuno , a fare invece una scelta. Sono loro che decidono il futuro del paese ; se stanno tutti a casa vincono PD & FI e l’Italia non cambierà di una virgola. 

Il M5Stelle da solo non è ovviamente in grado di governare il paese, ( sarebbero auspicabili e necessari altri protagonisti che però non ci sono ) ma una sua parziale vittoria , a partire ad esempio dalle elezioni europee dove ci sono meno trappole,  manderebbe a pezzi il finto sistema bipolare e i cento partitini inutili che hanno sfinito l’Italia: solo  dalle loro macerie potranno emergere nuove energie, nuove convergenze, nuove alleanze. 

* Gruppo Cinque Terre

( testo base per la pubblicazione sul n.8 di BARRICATE di marzo )

26 febbraio 2014

Israele, una legge per separare i cristiani dai musulmani



di Michele Giorgio * 

Israele. La Knesset ha approvato una legge che distingue gli arabi cristiani dai musulmani. Il deputato Levin (Likud) vuole che nei documenti ufficiali i cristiani non siano indicati come arabi.

Gli scon­tri tra poli­zia e pale­sti­nesi sulla Spia­nata delle Moschee sono divam­pati men­tre la can­cel­liera Angela Mer­kel, in visita uffi­ciale a Geru­sa­lemme con tutto il governo, si affan­nava a ripe­tere che «La Ger­ma­nia sostiene le richie­ste di sicu­rezza di Israele in qual­siasi futuro accordo di pace» e il primo mini­stro Neta­nyahu si diceva «Pronto per un accordo che metta fine al con­flitto (con i pale­sti­nesi) una volta per tutte». Reto­rica di una diplo­ma­zia senza futuro, inu­tile. A sca­te­nare la rab­bia di doz­zine di gio­vani pale­sti­nesi — che hanno lan­ciato sassi e urlato slo­gan prima di essere dispersi dalla poli­zia entrata sulla Spia­nata (17 feriti, tra i quali due poli­ziotti, quat­tro arre­stati) – è stato il dibat­tito sul rie­same dello sta­tus della Moschea di al Aqsa (terzo luogo santo dell’Islam) al Par­la­mento israe­liano, la Knes­set. In discus­sione c’è un dise­gno di legge del depu­tato ultra­na­zio­na­li­sta Moshe Fei­glin del Likud, il par­tito di Netanyahu.

Il testo pre­vede l’applicazione della sovra­nità israe­liana sul biblico Monte del Tem­pio, la Spia­nata che ospita la Cupola della Roc­cia e la Moschea di Al-Aqsa . L’iniziativa non sem­bra avere pos­si­bi­lità di suc­cesso a causa di un soste­gno insuf­fi­ciente. Neta­nyahu non teme l’ira dei pale­sti­nesi, allo stesso tempo non intende entrare in con­flitto con l’alleata Gior­da­nia, che ha già minac­ciato ritor­sioni, e l’Egitto gui­dato dagli amici militari.

E’ sco­rag­giante per i pale­sti­nesi che il dibat­tito alla Knes­set e le ten­sioni per lo sta­tus della Spia­nata delle Moschee non susci­tino alcun inte­resse sulla scena inter­na­zio­nale. Eppure le pos­si­bi­lità che gli scon­tri si tra­sfor­mino in un incen­dio sono con­crete, come la sto­ria recente inse­gna quando si parla della Spia­nata. Così come è stata lar­ga­mente igno­rata un’altra legge, appro­vata lunedì dalla Knes­set, che con­tiene una miscela esplo­siva. Il testo vuole distin­guere tra musul­mani e cri­stiani nella mino­ranza pale­sti­nese in Israele (gli arabi israe­liani). Il pro­mo­tore Yariv Levin, sem­pre del Likud, ha ammesso in una recente inter­vi­sta al quo­ti­diano Maa­riv che il fine è quello di fran­tu­mare la com­pat­tezza della popo­la­zione araba. Levin vuole che i pale­sti­nesi cri­stiani siano indi­cati, in via uffi­ciale, solo come “cri­stiani” e non più come “arabi”, per distin­guerli dai musul­mani. «E’ una mossa sto­rica e impor­tante che può con­tri­buire ad equi­li­brare lo Stato di Israele, facendo atten­zione a non chia­mare più arabi i cri­stiani per­ché non sono arabi». I cri­stiani, ha aggiunto Levin, «saranno ammi­ni­stra­tori di società pub­bli­che, rice­ve­ranno una rap­pre­sen­tanza sepa­rata negli enti locali… Noi ebrei abbiamo molto in comune con loro, sono i nostri alleati natu­rali, un con­trap­peso ai musul­mani che», a suo dire, «vogliono distrug­gere il Paese». Con il pre­te­sto di aiu­tare quelle comu­nità che hanno un accesso ridotto al lavoro la legge inci­derà sulle pari oppor­tu­nità tra cri­stiani, musul­mani, drusi e circassi.

Debole per il momento l’opposizione a que­sto pro­getto. «Forse dovremmo divi­dere anche la popo­la­zione ebraica in polac­chi, yeme­niti e maroc­chini», si è limi­tata ad iro­niz­zare Zahava Gal–On, lea­der del Meretz (sini­stra sio­ni­sta). Jamal Zahalka (Tajammo) ha avver­tito che la mino­ranza araba in Israele non accet­terà di spac­carsi per aiu­tare Levin a rea­liz­zare il suo pro­getto. «Non esi­ste un pro­blema di impiego per i drusi o per i cir­cassi, piut­to­sto esi­ste un pro­blema lavoro che riguarda l’intera mino­ranza araba. Levin non riu­scirà a met­terci l’uno con­tro l’altro», ha aggiunto Zahalka. Il depu­tato del Likud pensa il con­tra­rio e afferma di aver l’appoggio di molti pale­sti­nesi cri­stiani che non si sen­tono arabi.

Non pas­sano inos­ser­vate solo le nuove leggi appro­vate o in discus­sione alla Knes­set che riguar­dano i pale­sti­nesi e gli arabi israe­liani, ma anche le deci­sioni dei giu­dici. Due giorni fa la Corte Distret­tuale di Geru­sa­lemme ha ridotto da 30 a 21 mesi di car­cere la pena per due poli­ziotti israe­liani, accu­sati di aver abban­do­nato un pale­sti­nese, Omar Abu Jari­ban, ferito in mezzo alla strada e di averlo lasciato morire per disi­dra­ta­zione. Lo scorso anno Jari­ban, di Gaza e da tempo in Israele senza per­messo, dopo avere rubato un’auto causò un inci­dente nel quale rima­sero ferite quat­tro per­sone. Anche lui venne rico­ve­rato in ospe­dale in gravi con­di­zioni ma fu con­se­gnato alla poli­zia dopo pochi giorni. Avrebbe dovuto essere por­tato nel cen­tro medico di una pri­gione, invece, man­cando posti letto, i poli­ziotti deci­sero di por­tarlo in Cisgior­da­nia e di abban­do­narlo lungo la sta­tale 443. Jari­ban morì di stenti. Il suo corpo fu ritro­vato dopo due giorni da un passante.

·         da greenreport.it ,  25 febbraio 2014

20 febbraio 2014

Elezioni europee: istruzioni per l’uso ( se possiamo usarle )



di Massimo Marino 
                                                       (versione estesa)

Le elezioni europee arrivano a fine maggio, forse insieme con le elezioni in Piemonte e comunque con il rinnovo di centinaia di amministrazioni locali e con la novità di un governo di “ larghe intese oscurate “, secondo il modus vivendi di R & B . I futuri 751 eurodeputati  in rappresentanza dei 28 Stati membri e teoricamente di 455 milioni di europei, tra cui 73 italiani, dovranno innanzitutto formare i nuovi gruppi a Strasburgo, che probabilmente saranno 7 come quelli di oggi, poi  eleggere il nuovo Presidente della Commissione europea in sostituzione del portoghese Barroso. Di Europa, in realtà di euro, di crisi e di austerità, probabilmente si parlerà un po’ più del solito e il previsto astensionismo di massa, oltre il 50% prevedibile oggi, potrebbe infine ridursi un pochino. D’altronde l’astensionismo è l’ultima speranza inconfessata con cui la casta, specie quella italiana, spera di salvarsi. Pochi conoscono esattamente la posta in gioco ( ma c’è una posta?) e molti si chiedono se il Parlamento di Bruxelles che si vota, a parte gli ambiti benefit offerti agli eletti, ha ancora un qualche ruolo; per capirlo procediamo con ordine, elencando i diversi organismi che si accavallano nella politica europea con peso e utilità ben diversa, poi vediamo cosa potrebbe succedere e cosa invece servirebbe che succedesse.

Il Consiglio Europeo, di fatto probabilmente l’organismo più significativo, è composto dai capi di stato o di governo dei 28 paesi membri. Fino a qualche anno fa lì si discuteva e decideva, a porte chiuse; dal trattato di Lisbona del 2009 il CE, specie nel concordare proposte di nomi per il Presidente della Commissione Europea, deve tener conto dei risultati del voto per il Parlamento, quindi del gruppo più numeroso che si è formato dopo il voto. L'attuale presidente del Consiglio Europeo è il conservatore belga Herman Van Rompuy. Dal 2011 è anche Mr. Euro, nome informale perché  presiede anche il vertice Euro.

La Commissione Europea è l’Esecutivo dell’Unione europea e detiene  il monopolio dell’iniziativa legislativa, quindi propone l'adozione degli atti normativi comunitari, la cui approvazione ultima spetta al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione Europea. E’ composta da 28 membri che non rappresentano i loro paesi, ma sono scelti  individualmente; gestiscono i programmi UE e i fondi di spesa di cui dispone. Il bilancio ammonta a 151 miliardi di euro nel 2013: una somma ingente in termini assoluti, ma pari solo all' 1% della ricchezza annuale generata dai paesi UE. Il personale di cui dispone è di ben 34.000 persone con uno stipendio medio mensile di molte migliaia di euro. Il fallimento del processo di ulteriore unificazione dell’Europa ( saltata l’ipotesi di una Costituzione europea, di una vera Federazione e tantomeno di una vera Unione politica dei paesi dell’Europa, ha accentrato nella Commissione e nel suo Presidente il peso maggiore. Il nuovo Presidente della Commissione che sostituirà il conservatore Barroso deve essere eletto dalla maggioranza assoluta dei membri del Parlamento ( cioè almeno 376 ) quindi è indispensabile l’accordo di diversi gruppi.

Il Consiglio dell’Unione Europea ( detto anche Consiglio UE ), è composto da ministri ( diversi a seconda dei temi trattati, quindi  nessuno fisso),  di tutti i paesi dell'UE; si riuniscono per adottare le normative e coordinare le politiche di settore. Si ha quindi un Consiglio dell’Ambiente, uno della Giustizia etc. Il Consiglio dei ministri degli Esteri ha invece un presidente permanente, l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'UE (oggi è Catherine Ashton). L'UE non ha un esercito, ma per conflitti internazionali o disastri naturali, alcuni paesi dell'UE possono fornire truppe per una forza di intervento rapido che si limita tuttavia a interventi umanitari, azioni di salvataggio e mantenimento della pace. Altre forme di intervento sono ovviamente delegate di fatto alla NATO che è un alleanza inter-atlantica.

Il Consiglio d’Europa invece non c’entra  nulla con l’UE ma è un organismo internazionale di 47 stati che si occupa di Democrazia e Diritti Umani.

Già le forme di rappresentanza indicano limiti e criticità di una alleanza fra paesi, diversi fra loro per lingue, culture, economie, che non sono stati in grado di costruire dopo 20 anni dalla nascita della UE con il trattato di Mastricht, un vero processo federativo utile agli Stati e sostenuto con convinzione dai popoli coinvolti. Con  gli accordi di Schengen si è garantita teorica libertà di movimento, lavoro e investimento all'interno degli stati membri. C’è faticosamente una politica agricola comune che trova forti elementi di dissenso in diversi paesi e una politica commerciale comune. 18 su 28 stati membri hanno adottato l’euro come moneta comune (Eurozona) .  La Corte di Giustizia della UE, alla quale Stati membri o istituzioni possono rivolgere ricorsi,  ha il compito di garantire l'osservanza del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati fondativi dell'Unione europea. In campo economico e finanziario i paesi membri hanno ceduto notevole sovranità ma il processo è diventato, specie negli anni recenti a partire dalla crisi mondiale del 2008,  opaco e sempre più etero-diretto da gruppi economici e finanziari.  Si parla di Troika ( nome derivato dalla storia dello stalinismo sovietico ) per indicare il triunvirato di esponenti del FMI ( Fondo Monetario Internazionale ), della BCE ( Banca Centrale Europea) , e della stessa UE attraverso Commissione e Consiglio. Alla Troika di fatto è stato affidata totalmente la gestione degli interventi nei 5 anni ultimi di crisi; in particolare con l’intervento diretto in 4 paesi: Grecia, Portogallo, Cipro e Irlanda. Tutto praticamente ben al di fuori dal Parlamento Europeo.

Va ricordato che la BCE ha la gestione esclusiva della quantità di moneta ( euro) circolante, della definizione dei tassi di interesse, del controllo dell’andamento dei prezzi e dell’inflazione. Le riserve della BCE ammontano a poco più di 5 miliardi di euro, solo per il 15% in oro e per il resto in dollari e yen. Dopo l’adozione del Fiscal Compact e del MES come è noto l’accusa insistente che viene fatta alla Troika è quella di aver favorito nella crisi più gli interessi di Banche, Istituti di Credito ed Enti finanziari che quelli degli stati membri in crisi; in particolare rispetto alle forme di eccessivo arricchimento e speculazione, al dilagare della disoccupazione, ad un utilizzo di politiche di austerità nella spesa pubblica inique, che hanno peggiorato il livello di vita di parti della popolazione, bloccato l’espansione della domanda interna senza aver rilanciato nuove attività produttive ( in realtà nessuno indica quali dovrebbero essere) e quindi bloccato la crescita. Tant’è che anche in alcune aree politiche della socialdemocrazia oltre che della sinistra europea più radicale si chiede, più o meno timidamente, il ridimensionamento delle tesi dell’austerità, fino all’ipotesi di un “ piano Marshall europeo” che rilanci “la crescita”: anche qui in genere senza indicare di che cosa, e questo è il grande guaio che rende la sinistra prima inconcludente e alla fine, non avendo un proprio riferimento saldo, sempre  trasformista . Solo alcuni economisti e le componenti ecologiste più radicali sottolineano la necessità di selezionare realisticamente che cosa si può far crescere di più e cosa è invece velleitario o addirittura negativo finanziare. I fautori della conversione ecologica si riferiscono in primo luogo al mercato delle energie rinnovabili, dei mezzi di mobilità collettivi e sostenibili sul piano ambientale, della agricoltura e degli alimenti di qualità, del riassetto idrogeologico dei territori ( che alla fine  è fonte di risparmi e non di spesa ), della ricerca nelle tecnologie di produzione a basso impatto ambientale e ad alta produttività. Infine adottare Terre ed Acque del Continente e tutelarle per le generazioni future insieme al clima. In qualche modo indicando, seppure indirettamente, quasi una distinzione  fra un PIL buono ed uno cattivo. 

Il Parlamento Europeo, per quanto abbia limiti di azione evidenti e circoscritti a direttive e regolamenti, è comunque l’unica Istituzione europea eletta dai cittadini in via diretta. In aggiunta il sistema elettorale su base proporzionale, da noi limitato con una soglia al 4%, è quello più garante della democrazia rappresentativa, lontano dai sistemi maggioritari  in forma diversa usati ad esempio in Francia o Gran Bretagna  e che R & B vorrebbero introdurre anche in Italia. Tant’è che in vari paesi il peso delle diverse opzioni politiche è rappresentato molto diversamente nel voto nazionale rispetto al voto per l’Europa.
Nel 2009 in Italia vennero presentate 16 liste e solo 5 ebbero degli eletti,  contraddicendo la favoletta che i sistemi che mantengono in modo proporzionale il rapporto voti-seggi diano frammentazione. Confondendo proporzionale puro e proporzionale limitato da un quorum che hanno effetti totalmente divergenti sul sistema di rappresentanza.

Nel Parlamento europeo uscente, a partire dalla regola che per costituire un gruppo sono necessari almeno 25 eletti appartenenti ad almeno 7 paesi diversi , sono presenti solo 7 gruppi politici diversi ( dei quali 2 formatisi più di recente). Come si vede dalla tabella e dai link i gruppi costituiti sono parecchio eterogenei  sia per ragioni di opportunità e convenienza sia perché i “Partiti europei” sono in genere dei coordinamenti più o meno labili di forze nazionali spesso diverse fra loro. Basti pensare ai partiti italiani aderenti al PPE che in Italia in più occasioni sono stati in coalizioni diverse;  o al gruppo Verdi-ALE che comprende anche parte di autonomisti e i Pirati svedesi; mentre altri ecologisti sono nella sinistra radicale del gruppo GUE-NGL dove sono presenti anche forze non particolarmente ecologiste ( ad esempio con posizioni sfumate sul nucleare) e varie tendenze socialiste o comuniste di matrice troskista e stalinista.   

La composizione attuale del Parlamento Europeo
Gruppi
Sottogruppi
Seggi
265
184
84
55
vari partiti conservatori ed euroscettici
55
Partito della Sinistra Europea
Alleanza della Sinistra Verde Nordica (NGLA)
altri partiti di sinistra non affiliati
35
vari partiti indipendentisti e nazionalisti
32
26
TOTALE

736

La novità del voto di maggio è che per la prima volta sarà il Parlamento europeo ad eleggere il Presidente della Commissione europea, anche se sarà comunque il Consiglio europeo  a proporre un nome "tenuto conto delle elezioni europee e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate". L’elezione  a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono, impone accordi in Parlamento e le possibilità non sono molte.
 La crisi dei Liberali (ALDE) in Germania e Gran Bretagna rende non probabile un apporto sufficiente per far eleggere  un conservatore del PPE. Lo stesso per un apporto della Sinistra del GUE-NGL non sufficiente e comunque non richiesto per l’elezione del tedesco SPD  Schulz ( che peraltro partecipa alla Grosse Koalition in Germania con la Merkel). Lo stesso per i Verdi, che dopo il “triennio verde 2009-2011” , hanno platealmente sbagliato la propria strategia sia in Francia che i Germania, sono pressoché scomparsi nei paesi mediterranei e,  in piena crisi d’identità , anche per quanto indicano i sondaggi, saranno probabilmente fortemente  ridimensionati nei numeri.  Restano poche altre opzioni fra le quali emerge come la più probabile un accordo fra conservatori e socialisti . Del tutto inattendibile  l’ipotesi di una cosiddetta Lista Tsipras europea  in grado di condizionare i socialisti; una favola che può essere raccontata solo nel disastrato arcipelago di frammenti della sinistra radicale italiana ( mentre Syriza, per quanto abbia subito una scissione interna, ha possibilità di successo nel voto nazionale in Grecia  che però a maggio è circoscritto alle amministrative). Di scarso peso in tutte le ipotesi sia i cosiddetti conservatori-euroscettici, sempre sovrastimati,  che gli indipendentisti-nazionalisti . 

Sembra scontata ad oggi una intesa non dichiarata fra conservatori e socialisti per la quale i socialdemocratici tedeschi con Schultz avranno la presidenza della Commissione ed i conservatori quella del Consiglio Europeo,  forse con Christine Lagard, attuale direttore del FMI. Insomma una gattopardesca soluzione per non cambiare nulla mentre si agita lo spettro degli euroscettici, comunque sempre inevitabilmente indicati come espressione di estrema destra.
Tuttavia il voto di maggio resta un rilevante megafono per i diversi raggruppamenti  tant’è che , per la prima volta, quasi tutti hanno indicato e presentato un proprio candidato di facciata per la presidenza della Commissione. Solo il PPE (Partito Popolare Europeo) deciderà il proprio candidato il 7 Marzo in congresso a Dublino ma sembra orientato, in prima battuta, verso l’ex primo ministro lussemburghese e attuale presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker. I socialisti europei hanno già deciso che punteranno sul tedesco Martin Schulz, attuale Presidente del Parlamento europeo. Il  belga Guy Verhofstadt, europeista convinto e firmatario dell’appello federalista con Cohn Bendit ed altri,  è il candidato per l'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa del cui gruppo, parecchio malmesso, è attualmente il presidente. La francese di destra  Marine Le Pen è la candidata per l'Alleanza Europea per la Libertà, forte del successo del Front National che in Francia i sondaggi darebbero addirittura come primo partito; nemica dell'austerity e della troika, euro critica, in Italia sarà appoggiata dalla Lega Nord. I Verdi di candidati ne hanno indicati due: il francese Jose Bovè e la giovane tedesca Ska Keller. La scelta , fatta svolgendo per la prima volta  le primarie in rete contemporaneamente in tutti i paesi dove sono presenti, si è rivelata però un clamoroso insuccesso, con solo 23.000 votanti complessivi, confermando tutti gli indizi degli ultimi due anni  su una profonda crisi di identità del vecchio ambientalismo dell’intera Europa che dopo la crisi economica del 2008 ha avuto per un breve periodo un grande momento , non solo in Francia e Germania, spentosi poi rapidamente non avendo colto i cambiamenti in corso nell’intera Europa. In vari paesi il voto di maggio avrà quindi un rilievo come test per misurare i rapporti di forza interni: Il peso della Le Pen in Francia, il peso reale di Syriza in Grecia, una presenza più visibile dei Verdi in Gran Bretagna, l’unico paese dove, in controtendenza, sarebbero in crescita.

Ma molti osservatori internazionali hanno gli occhi puntati sull’Italia. Non è un mistero che, malgrado la pesante campagna diffamatoria da diverse direzioni organizzata contro il M5Stelle, e malgrado forme di organizzazione e di leaderchip ancora precarie, il M5Stelle non è stato distrutto, comincia a non cadere più nelle trappole dei media, e sarebbe dirompente un suo possibile successo come primo partito nel voto di maggio, dove non ci sono coalizioni e dove voti presi e seggi conquistati sono corrispondenti ( i seggi potrebbero essere una ventina ). I sondaggi in circolazione, pochissimo pubblicizzati fino ad oggi , non escludono affatto questa ipotesi, come quella che alla fine solo tre partiti possano ottenere dei seggi a Bruxelles. Con qualche chance  per il gruppo di Alfano e per la Lega Nord, nessuna possibilità per i partiti minori del centro e centro-destra,  e praticamente nessuna anche  per l’ennesimo arcobaleno, sempre dell’ultima ora, con il quale i  vari frammenti della sinistra cercano un temporaneo collage, con il rischio di perdere ancora una volta il solito milione di voti ma mantenere e magari aumentare di numero i propri sgangherati partitini sempre incapaci di trovare una comune strategia. Si vedrà nelle prossime settimane se il gruppetto di intellettuali sceso in campo per l’occasione avrà idee e resistenza tali da ridurre le possibilità dell’ennesimo probabile disastro. 

Poiché il M5Stelle è un po’ un singolare amalgama, per il momento abbastanza riuscito, di tre aree diverse ( quella ecologista, quella sociale attigua alla sinistra radicale e quella  anticasta ) è evidente che il potenziale elettorato è in parte dato da queste aree ( mentre fra quelli più garantiti c’è anche una sconfortante ostilità ), ma soprattutto dilaga nei settori, in crescita, che stanno più duramente pagando la crisi economica. Per il momento almeno il M5Stelle è l’unica speranza di cambiamento, non manifesta il tipico trasformismo dei partitini,  quindi per il vecchio sistema di partiti è l’unico vero nemico da battere a cominciare dalla scadenza di maggio.

La repentina discesa in campo di Renzi  nasce proprio dalla irrilevanza del predecessore non solo sul piano mediatico ma su quello della reale azione per tamponare gli effetti della crisi, ( che anche parti della Confindustria ad esempio prevedono ancora in peggioramento nel 2014); infine inadeguato nel demolire il dissenso.  Un panorama critico per il PD che , malgrado la sceneggiata contro il populismo dei grillini, colleziona ogni giorno pessime figure in Parlamento e ultimamente anche in TV.  In realtà il passaggio dalle larghe intese, alle intese più strette, poi alle intese occulte con Berlusconi,  con cui si è concordata la resurrezione del bipolarismo sceneggiato che giova ad entrambi, sta facendo andare in confusione eletti ed elettori, iscritti, portaborse nei media, che non ci capiscono più nulla.

C'entra tutto ciò con l’Europa e le elezioni di maggio ? Certo che sì, stante la crisi evidente del vecchio sistema politico dell’intera Europa, da 20 anni basato sul bipolarismo asfittico fra conservatori e socialdemocratici, che in ben 11 paesi di fatto stanno approdando a larghe intese per sopravvivere al calo di consensi. L’interpretazione sanguinosa dell’austerità verso i deboli esaspera l’intero continente. Alla fine una nutrita pattuglia di grillini a Bruxelles ci finirà anche se non si comprende se sfuggiranno fino in fondo alla trappola di farsi mettere nell’angolo degli euroscettici, ne quali criteri e che qualità emergeranno per gli eletti , ne tantomeno come, e con chi, i 5Stelle costituiranno un gruppo a Bruxelles. Ma si aprirà comunque una fase storica nuova che potrebbe essere di grande rilievo se le tre aree non allineate alle larghe intese europee ( grillini, ecologisti e sinistra radicale) trovassero forme di convergenza  non episodiche. I temi ci sono tutti: chiudere la fase dell’austerità ma indicare la direzione della conversione ecologica come unico “sviluppo” possibile; garantire in tutta Europa le condizioni minime di reddito per una dignitosa sopravvivenza nel mentre si riconverte il sistema economico; chiudere definitivamente con l’era del nucleare che, è bene ricordare resta per tutti , anche per noi,  “il nemico alle porte” , con 150 impianti , che può colpire in ogni momento; uscire dall’era dell’auto e del trasporto privato  che brucia idrocarburi perché non possiamo più permetterci , da tutti i punti di vista, 150 milioni di auto in giro per il continente. Infine adottare Terre ed Acque del Continente e tutelarle per le generazioni future.  Se si aprisse un vero confronto su un progetto di diversa Europa, invece che guardare i propri interessi di sopravvivenza o di retrobottega, un' aria nuova spazzerebbe via le nebbie che stagnano sul nostro malmesso continente.