23 febbraio 2021

Come mettere a fuoco il Recovery plan secondo gli esperti

 Documento di Maria Grazia Petronio, et al

( con Proposta di revisione o sviluppo del PNRR) da scienzainrete.it *

La temperatura del pianeta continua a crescere e le proiezioni dicono che è molto probabile che tra il 2030 e il 2040 arriveremo ad un riscaldamento globale medio di 1,5°C. L’impatto del cambiamento è sempre più evidente, con gli eventi estremi che diventano più intensi e frequenti e con ulteriori rischi per la salute a cominciare da quello di pandemie. Non si può far finta di niente! Occorre definire politiche basate sulle evidenze scientifiche e sostenere la partecipazione alle decisioni che condizioneranno la nostra vita quotidiana sulla terra. Occorre un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ci faccia uscire dalla catastrofe attuale, eviti quelle prevedibili per il futuro e punti sui co-benefici per il clima e la salute derivanti dalle azioni che riducono l’inquinamento.

Giulio Betti (meteorologo LAMMA-IBE/CNR), Fabrizio Bianchi (epidemiologo CNR),  Antonio Bonaldi (medico Slow medicine), Roberto Buizza (fisico Scuola Superiore Sant’Anna), Mario Carmelo Cirillo (ingegnere già ISPRA), Daniela D’alessandro (medico Sapienza UNI Roma), Gianluigi De Gennaro (chimico UNI BA), Aldo Di Benedetto (medico Ministero Salute), Francesco Forastiere (epidemiologo CNR), Paolo Lauriola (epidemiologo RIMSA), Carmine Ciro Lombardi (chimico e tecnologo farmacologo Tor vergata UNI Roma), Alberto Mantovani (tossicologo ISS), Vitalia Murgia (medico CESPER), Francesca Pacchierotti (biologa ENEA), Maria Grazia Petronio (medico UNI PI), Pietro Paris (ingegnere, ISPRA), Paolo Pileri (docente PoliMI), Roberto Romizi (medico ISDE), Gianni Tamino (biologo già UNI PD), Raffaella Uccelli (biologa ENEA),  Sandra Vernero (medico, Choosing wisely Italy), Giovanni Viegi (pneumologo ed epidemiologo CNR), Paolo Vineis (epidemiologo Imperial College London).

Questo documento non esprime necessariamente la posizione delle istituzioni di provenienza degli autori.

 Qualsiasi tentativo di rendere il nostro mondo più sicuro è destinato a fallire a meno che non si affrontino l'interfaccia critica tra persone e agenti patogeni e la minaccia esistenziale del cambiamento climatico, che sta rendendo la nostra Terra meno abitabile.
Ghebreyesus T.A., DG dell'OMS.  Discorso alla 73a Assemblea mondiale della Sanità, 18 maggio 2020

Tutti gli organismi scientifici nazionali ed internazionali, governativi e non governativi concordano sulla gravità della crisi del clima che rappresenta già allo stato attuale una grande minaccia per la salute globale e nelle proiezioni future un rischio inaccettabilmente alto di eventi potenzialmente catastrofici.
Secondo l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, future pandemie emergeranno più spesso, si diffonderanno più rapidamente, arrecheranno più danni all'economia mondiale e determineranno la morte di più persone rispetto a quelle uccise dal Covid-19, qualora non si cambi l'approccio al problema passando dalla reazione - agire dopo che il problema si è verificato - alla prevenzione. Questo soprattutto considerando che: 

  • si stima esistano altri 1,7 milioni di virus ancora "non scoperti" nei mammiferi e negli uccelli di cui fino a 850.000 potrebbero avere la capacità di infettare le persone;
  • il contesto socio-ambientale (dall'inquinamento atmosferico, delle acque e dei suoli, alle diseguaglianze che si riflettono sui determinanti di salute come l'alimentazione e l'ambiente di vita e di lavoro) favorisce la vulnerabilità delle comunità, di fasce di popolazione e di singoli individui alle pandemie;
  • gli sforzi economici per la ripresa sono stimati essere 100 volte superiori a quelli per la prevenzione.

Disponiamo di prove scientifiche solide indicanti che le stesse attività umane che causano il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità causano anche il rischio di pandemia attraverso i loro impatti sull’ambiente. “La nostra impronta ecologica ci avvicina sempre di più alla fauna selvatica in aree prima inaccessibili del pianeta, il commercio, anche per collezionismo, porta questi animali nei centri urbani. La costruzione di strade con un ritmo senza precedenti comporta in molte aree una deforestazione senza seguire criteri di sostenibilità, al tempo stesso la bonifica e lo sfruttamento massiccio dei territori per fini agricoli, nonché i viaggi e il commercio ormai globale, ci rendono estremamente sensibili ai patogeni come i coronavirus” (Daszak 2020).
Per quello che concerne il nostro paese, occorre, pertanto, che il servizio sanitario, tutte le istituzioni che si occupano di ambiente e territorio e la società intera affrontino le sfide attuali e quelle dell'immediato futuro secondo approcci tipo One Health ossia un modello sanitario basato sull'integrazione di discipline diverse e sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema sono legate indissolubilmente.
È altresì necessario considerare che nei sistemi complessi, i singoli eventi possono diventare più altamente correlati tra loro quando l'intero sistema è sotto stress. In questo senso gli eventi meteorologici estremi, che si verificano più frequentemente con il cambiamento climatico, assumono sempre maggiore importanza per la loro capacità di interferire con la salute e la sicurezza del sistema globale, favorendo la diffusione delle malattie infettive e di agenti inquinanti. 
Le incertezze su quando e con quale entità i rischi su larga scala potrebbero materializzarsi implicano una necessaria, approfondita ed indipendente azione preventiva immediata e durevole.  
Noi possiamo prevenire le pandemie e la crisi del clima ma non lo stiamo facendo con la forza necessaria. L’Intergovernmental Science-Policy Platform afferma che fare affidamento sulle risposte alle malattie dopo la loro comparsa, adottando misure di salute pubblica e risposte tecnologiche, in particolare la progettazione e distribuzione di nuovi vaccini e terapie in regime di emergenza, è un "percorso lento e incerto", sottolineando sia la diffusa sofferenza umana sia gli enormi danni economici all'economia globale derivanti dalla reazione alle pandemie. Le attuali stime dei costi per COVID-19, pari a 8-16 trilioni di dollari a livello globale fino a luglio 2020, sono destinate ad essere aggiornate al rialzo, potendo raggiungere i 16 trilioni di dollari entro il quarto trimestre del 2021 nei soli Stati Uniti. Gli esperti stimano altresì che il costo per ridurre il rischio di pandemie è di 100 volte inferiore a quello necessario per le risposte.

Il tentativo di risparmiare denaro trascurando la protezione dell'ambiente, la preparazione alle emergenze, i sistemi sanitari e le reti di sicurezza sociale, ha dimostrato di essere un modello di economia fallace e il conto viene ora pagato molte volte (OMS Prescription for a healthy and green recovery from COVID-19, 2020).

Occorre una nuova consapevolezza della reale possibilità che si verifichino altri disastri, come altre pandemie o eventi estremi, che potrebbero avere un impatto su una scala di gran lunga superiore rispetto al COVID-19.
Nell’ottobre 2018, durante la Prima Conferenza Mondiale sull’Inquinamento Atmosferico e la Salute (First WHO Global Conference on Air Pollution and Health), è stato lanciato un allarme per le oltre 7 milioni di morti premature nel mondo causate ogni anno dall’inquinamento atmosferico. I partecipanti hanno preso l’impegno di agire per ridurre di 2/3 il numero di tali morti entro il 2030.

Non è possibile non modificare in modo radicale quello che è stato fatto finora.

Le decisioni prese nei prossimi mesi possono "bloccare" i modelli di sviluppo economico che arrecheranno danni permanenti e crescenti ai sistemi ecologici che sostengono la salute umana e i mezzi di sussistenza oppure, se presi con saggezza, possono promuovere un mondo più sano, più giusto e più verde (OMS Prescription for a healthy and green recovery from COVID-19, 2020).


Proposta di revisione (o sviluppo) del PNRR e di rimodulazione/adozione degli strumenti e delle riforme che ne rendano possibile l’attuazione, alcune note di carattere generale ed alcune proposte di intervento. 

Continua

 * pubblicato il 09/02/2021 Tempo di lettura: 18 mins

22 febbraio 2021

Un anno di Covid tra varianti e dintorni. Il punto del prof. Novelli


di Giuseppe Novelli *

 È trascorso un anno da quando un virus, un nuovo sconosciuto coronavirus è comparso nella popolazione umana attraverso un salto di specie, causando ad oggi oltre due milioni di morti e più 100 milioni di persone infettate in tutto il mondo. L’analisi di Giuseppe Novelli, medico genetista

Si è discusso molto sull’origine di questo nuovo virus, con ispezioni, analisi, indagini soprattutto in Cina dove erano stati segnalati i primi casi, ma non sono emerse spiegazioni diverse da una origine biologica casuale dovuta alla comparsa di mutazioni che hanno favorito il passaggio del virus dagli animali all’uomo.

ORIGINE DI UNA PANDEMIA

È molto probabile che questo evento (spillover) sia avvenuto dal pipistrello o da un pangolino (ospiti intermedi) nei quali sono stati trovati virus molto simili ai ceppi riscontrati negli esseri umani e in altri animali come i visoni. Recentemente, il riscontro di anticorpi anti-Sars-Cov-2 trovati in campioni di sangue umano prelevati al di fuori della Cina prima che l’epidemia di Covid-19 fosse scoperta, ha suggerito che Sars-Cov-2 esisteva da tempo prima che i primi casi fossero descritti a Wuhan.

Naturalmente questo dato deve essere confermato su campioni pre-focolaio prelevati a visoni e ad altri animali suscettibili, nonché sull’uomo, per identificare gli ospiti del virus progenitore diretto e per determinare quando il virus si è poi definitivamente riversato sull’uomo. Le infezioni da Sars-Cov-2 sono state evidenziate negli allevamenti di visoni in almeno otto paesi diversi (Paesi Bassi, Danimarca, Spagna, Francia, Svezia, Italia, Stati Uniti e Grecia) nei quali sono stati registrati casi di passaggio da animale ad uomo e viceversa.

Molti di questi passaggi possono essere avvenuti anche in modo indiretto attraverso la contaminazione di carni, pesci, frutti di mare che potrebbero aver favorito alcuni focolai in posti anche molto distanti tra loro. Oggi abbiamo evidenze che Sars-Cov-2 può “sopravvivere” fino a 3 settimane nella carne e sulla superficie degli imballaggi di cibo senza perdere infettività.

IL VIRUS MUTA E GENERA VARIANTI

Il genoma ad Rna di SarsCoV-2 sembra relativamente stabile durante la trasmissione all’interno delle popolazioni umane, ma certamente come tutti gli acidi nucleici (Dna e Rna) può accumulare mutazioni per errori durante la fase di replica. Per mantenere basso il loro tasso di mutazione, i coronavirus codificano diversi enzimi di elaborazione e correzione di bozze dell’Rna favorendo così la fedeltà di replicazione.

Fedeltà che viene “tradita” ogni tanto per adattarsi ad un nuovo ospite. Infatti, la proteina “Spike” ormai famosa, è incline ad avere più mutazioni perché è la prima proteina di interazione virus-ospite e quindi deve affrontare la più forte pressione di selezione. Le mutazioni che sono deleterie o addirittura letali per il virus verranno eliminate dalla popolazione e non dobbiamo preoccuparci di queste.

Molte mutazioni che sono essenzialmente neutre vengono mantenute nella popolazione: possono non influenzare la patogenicità, ma possono facilitare l’adattamento ai cambiamenti nell’ambiente esplorato dai virus. Tuttavia, altre mutazioni invece, possono essere benefiche per il virus perché favoriscono la trasmissibilità, l’infettività, e talvolta la virulenza che comporta quasi sempre una forma più grave della malattia. Al 19 febbraio 2021, più di 500mila sequenze genomiche di Sars-CoV-2 sono state inviate al Gisaid, il database principale utilizzato dai ricercatori sul campo.

Le varianti Sars-CoV-2 identificate sono distribuite in modo eterogeneo nelle aree geografiche del mondo e variare nel tempo e nella frequenza per poi stabilizzarsi in popolazioni differenti. È il caso della mutazione che ha portato alla modifica dell’amminoacido D614g (Asp614 → Gly) nella glicoproteina spike (S), che si trova oggi nella forma predominante di Sars-CoV-2.

I pazienti infettati con la variante D614g hanno spesso cariche virali più elevate nel tratto respiratorio superiore rispetto a quanto osservato con il ceppo ancestrale, ma non sembra esserci alcuna differenza nella gravità della malattia. La mutazione D614g determina un importante cambiamento conformazionale nella proteina spike che favorisce il legame al recettore umano Ace2 e quindi aumenta la probabilità di infezione, per questa ragione è diventata dominante a livello globale.

Molte mutazioni Sars-CoV-2 sono apparse e sono state selezionate più volte in modo indipendente: ad es. quelle che modificano il residuo di asparagina nella posizione 501 di spike (S: N501Y, S: N501T, S: N501S). Questo aminoacido si trova all’interno di una regione denominata Rbd (Receptor Binding Domain), che è importante sia per il legame con ACE2 che per il riconoscimento degli anticorpi.

Alcune delle varianti che ci preoccupano coinvolgono sempre questa posizione. Ad esempio la famosa variante inglese B.1.1.7 inizialmente individuata nel sud-est dell’Inghilterra il 14 dicembre 2020 è diventata predominante in poco tempo in Europa e anche in Italia con frequenze molto alte in Abruzzo (considerata più infettiva, ma sensibile agli attuali vaccini). Altre varianti che si stanno diffondendo rapidamente sono: la B.1.351,nota anche come Sud-Africana, ma già evidenziata in almeno 40 Paesi diversi, è certamente meno sensibile agli attuali vaccini e la variante scoperta a Manaus, in Amazzonia (B.1.1.28), che contiene una costellazione unica di mutazioni comprese alcune già note e di significato biologico.

Questa variante è stata identificata nel 42% dei campioni positivi e analizzati tra il 15 e il 23 dicembre 2020, ma era assente nei campioni studiati nel novembre 2020 nella stessa area, a dimostrazione della velocità di trasmissione. Questa variante è capace di re-infettare i pazienti guariti da Covid-19 e quindi sfuggire agli anticorpi generati da questi. Altre varianti sono state scoperte in California (B.1.429), in Italia (MB61, molto simile a quella inglese, e la variante B.1.525 già segnalata in Nigeria) e molte altre non ancora scoperte emergeranno nelle prossime settimane. Ma ciò deve preoccuparci solo se le varianti a) infettano persone che hanno già avuto il Covid-19, come sembra per quelle brasiliana e sudafricana; b) conferiscono un’immunità più debole verso i vaccini e anticorpi monoclonali (molti studi in corso su questo);

Ma queste due evidenze devono sempre essere confermate da dati di laboratorio ed epidemiologici accurati. Non basta trovare una variante dopo sequenziamento del virus per allarmarci. Le varianti hanno maggiore probabilità di emergere nei Paesi dove la pandemia è stata meno “sotto controllo”. Per questa ragione è necessario vaccinare molto e subito. Il virus più circola, più replica, e più muta. Nessuno conosce quali siano le implicazioni delle mutazioni. Il collega De Gascun (Dublino) afferma che il “virus sta solo trovando la sua configurazione ottimale”, e questo è dimostrato dal fatto che la stessa mutazione si sia verificata in tutte le varianti indipendentemente l’una dall’altra a suggerire che questa configurazione piace al virus e potrebbe accontentarsi. Almeno, noi lo speriamo! Ma dobbiamo stare allerta e monitorare l’emergere e la distribuzione delle varianti. I vaccini disponibili al momento sono stati sviluppati contro gli attuali ceppi virali prevalenti e rispondono abbastanza neutralizzando queste varianti, con qualche eccezione – come per il vaccino AstraZeneca – e la variante Sud-Africana.

I progressi scientifici raggiunti quest’anno debbono infonderci ottimismo anche sulla possibilità di intervenire efficacemente con nuovi vaccini o specifici anticorpi monoclonali sulle nuove varianti qualora queste si dimostrassero patogenetiche. Ma non dimentichiamo che misure preventive standard – come il distanziamento sociale, il lavaggio delle mani frequente e completo, e indossare le mascherine – ci aiuteranno a sconfiggere il virus e le sue varianti.

* da formiche.net – 21 febbraio 2021

Facciamo sì che la Transizione ecologica guidi l’Economia e non viceversa


di salviamoilpaesaggio  

Lettera del Forum “Salviamo il Paesaggio” al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, sulla necessità di delineare ora e subito le sfide presenti e del dopo emergenza e suggerire una visione per collegare economia, occupazione, benessere sociale e tutela ambientale.

 Illustre Presidente,
abbiamo apprezzato la Sua disponibilità ad ascoltare alcune Associazioni ambientaliste, le quali, pur essendo Associazioni importanti e rappresentative, non esprimono la completa visione dell’impegno nel settore strategico per la salvaguardia del paesaggio e della risorsa suolo.

Abbiamo deciso di scriverLe per farLe conoscere una realtà, il Forum Nazionale “Salviamo il Paesaggio – Difendiamo i Territori”, una Rete civica nazionale formata da oltre mille tra Associazioni e Comitati e da decine di migliaia di singoli aderenti. Un’aggregazione di Associazioni e cittadini di tutta Italia, che, mantenendo le peculiarità di ciascun soggetto, intende perseguire un preciso obiettivo: tutelare il paesaggio e il territorio italiano, arrestare il consumo di suolo, dare un nuovo e diverso impulso al settore dell’edilizia, in cui non debbano prevalere gli interessi economici a discapito della qualità urbana nelle pratiche di progettazione, nelle politiche urbanistiche e nella cura del territorio.

Il Forum desidera augurarLe, innanzitutto, buon lavoro per l’incarico ricevuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per l’azione di un nuovo Governo, le cui azioni prioritarie saranno inevitabilmente condizionate dalla necessità di affrontare la situazione di grande emergenza sanitaria ed economica che sta attraversando il nostro Paese.

Il nostro auspicio, in riferimento alla Sua dichiarazione: “Saremo un Governo per l’Ambiente”, è che il Suo Governo sappia operare per il Bene Comune e declinando le proprie scelte secondo quanto previsto dal New Deal della Strategia europea.

Per sostenere tale strategia, il Parlamento Europeo il 9 febbraio u.s. ha approvato il nuovo regolamento che pone gli obiettivi, le modalità di finanziamento e le regole da rispettare per il Recovery Fund, la parte più consistente e corposa del piano di ripresa “Next Generation EU”. 
I provvedimenti che si dovranno adottare per semplificare il nostro sistema, la nostra Pubblica Amministrazione, la nostra burocrazia, per dare impulso a investimenti pubblici e privati dovranno garantire un Sistema Paese sempre più preparato a sostenere situazioni di emergenza.
Se questi saranno gli obiettivi del Suo Governo, il Forum non potrà che condividerli e sostenerli.

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