31 luglio 2013

Bari, dalla stazione all'aeroporto in 14 minuti. In treno come nelle grandi città europee

Non è una metropolitana e nemmeno una tratta dedicata (punto -punto) come a Roma e Milano. Il nuovo collegamento ferroviario è un "passante" e collega l'aeroporto con le stazioni di Barletta e di Bari. Nel futuro, si potrà arrivare in aeroporto direttamente da Foggia e da Brindisi

Il passante ferroviario collegherà l'aeroporto di Bari alla stazione centrale e grazie al sistema di interoperabilità della rete connetterà il Karol Wojtyla al Nord e al Sud della Puglia. Il giornalista Paolo Ruscitto ha realizzato nel dicembre scorso per Controradio un'intervista (ascolta qui) all'ing. Massimo Nitti direttore generale della Ferrovie del Nord Barese. Nell'intervista si prevedeva che entro l'estate del 2013 ci sarebbe stata la consegna dei lavori. Rispettati dunque i programmi. L'ing. Nitti spiega che le stazioni di Fiumicino (Roma) e di Malpensa (Milano) sono stazioni di testa, cioè stazioni terminali. Il nord (Foggia) e il sud della Puglia (Brindisi e Lecce), invece quando saranno terminati i lavori di interoperabilità, saranno direttamente collegati all’aeroporto senza operare nessun interscambio anche con l'utilizzo dei Treni veloci di Trenitalia. Questo dunque è solo il primo passo. In questo primo step il collegamento con frequenze di 40 minuti avverrà da Barletta e da Bari con le Ferrovie del nord est barese.

Oggi presso la stazione delle Ferrovie del Nord Barese (piazza Moro), il presidente della regione Nichi Vendola, il sindaco Michele Emiliano e il consigliere per i Trasporti Antonio Decaro, hanno presentato la nuova linea ferroviaria che collega la stazione centrale con l’aeroporto di Bari Karol Wojtyla. Inaugurata anche la fermata di viale Europa (vicino alla cittadella della Finanza).

Chi vorrà acquistare i biglietti potrà farlo anche attraverso il sito di Aeroporti di Puglia (www.aeroportidipuglia.it). Quella della biglietteria ferroviaria è infatti una nuova sezione del servizio Pugliavola biglietteria online di Aeroporti di Puglia, grazie al quale gli utenti possono effettuare gli acquisti di biglietti aerei, del servizio Pugliairbus, oltre a quelli della nuova tratta ferroviaria.

Gli utenti interessati potranno – previa iscrizione - accedere ad un’area riservata del sito dove procedere all’acquisto di tutte le tipologie di biglietto. Ad iscrizione effettuata riceveranno una email di conferma della registrazione e un Sms sul proprio cellulare con la relativa password di accesso.

Per quanto riguarda l'acquisto di biglietti per i collegamenti di Ferrotramviaria Spa in partenza o in arrivo dall'aeroporto di Bari, si ricorda che il biglietto emesso sarà valido per una corsa semplice nella data indicata. Il sistema consente l’acquisto di biglietti per singola tratta sino ad un numero massimo di 6 passeggeri. I biglietti emessi sono consegnati in modalità elettronica ed inviati anche via email.


               da ecodallecitta.it ,  19 luglio 2013

30 luglio 2013

Gli irriducibili del nucleare

di Mario Agostinelli *

Prima di una sospensione ad agosto, in questo e nel prossimo post vorrei aprire una riflessione sugli scenari energetici futuri su cui agiscono potenti forze e che, nonostante i 27 milioni di voti del referendum antinucleare, continuano ad essere sottratti all’informazione e alla volontà popolare.


Hermann Scheer già alla fine del secolo scorso, riteneva che in seguito all’esaurimento dei fossili il futuro energetico fosse ad un bivio: atomo o sole, tra loro in conflitto come alternative, sociali, ambientali e economiche, prima che tecnologiche. L’accelerazione della crisi climatica (l’Agenzia Europea per l’Ambiente valuta in 15.000 miliardi di euro i danni per eventi catastrofici nel sud dell’Europa nel prossimo quinquennio); la diffusione di tecnologie estrattive rivoluzionarie per gas e petrolio (shale gas e trivellazioni in condizioni ambientali estreme); il rapido avvicinamento alla grid parity da parte delle fonti naturali e i progressi nell’efficienza energetica, hanno reso più articolato lo scenario previsto da Scheer. È comunque rimasto il discrimine tra un sistema sempre più accentrato e basato su fonti ad alta densità energetica ed elevatissimo impatto ambientale e un sistema diffuso, a matrice territoriale, decarbonizzato e senza una rigida distinzione tra produttori e consumatori. In effetti, con il lento declino del sistema tradizionale (v. anche i post precedenti e l’affermazione di Bloomberg secondo cui il 70% della nuova potenza elettrica che verrà installata nel mondo entro il 2030 sarà alimentata da fonti rinnovabili) sono i dati che annunciano un passaggio storico rispetto al quale la politica evidenzia tutto il suo deficit progettuale, per piegarsi agli interessi poco lungimiranti di un potere economico-finanziario-industriale che ha portato alla crisi attuale. 

Non c’è segno di svolta a livello mondiale ma, a parte rare eccezioni (la Germania in particolare), solo esitazione. In questa irresponsabilità diffusa, il governo e la classe dirigente nostrani si distinguono nel ripercorrere con baldanza le strade antiche, mentre mistificano – per lo più con affermazioni e dati opinabili – i progressi sul versante delle energie verdi.
È utile cominciare a fare il punto sulla direzione di marcia del sistema energetico da qui alla seconda metà del secolo e sulla effettiva praticabilità di nuove strade che le lobby non ci vogliono far scoprire. Eppure qui si gioca una parte rilevantissima dell’uscita dalla crisi. Pertanto irritano le affermazioni un po’ volgari di Paolo Scaroni (Eni): “Abbiamo investito in modo dissennato nelle energie rinnovabili, vecchie, costose e inefficienti: eravamo ubriachi? Sul fronte energetico l’Europa non ha molta scelta: o creiamo le condizioni per lo shale gas o dobbiamo pensare ad altre opzioni, tra le quali il nucleare”. E di rimando Chicco Testa (Assoelettrica): “Dal 2005 abbiamo fatto errori enormi: i lavori verdi non sono mai stati sviluppati, non abbiamo mai costruito una filiera, non ci sono lavori qualificati. Ci sono solo giardinieri e lavoratori che puliscono gli impianti fotovoltaici”. L’arrogante sicurezza tradisce il disegno di fondo: contrastare la diffusione degli impianti alimentati da rinnovabili deridendoli come economia di nicchia e assistita e penalizzandoli, evitando di riprogettare la rete e le reti per funzioni di accumulo, di scambio locale multidirezionale e di flessibilità nell’allocazione dell’offerta programmata.

Ma ciò che più preoccupa è l’incertezza di tutto il sindacato e in particolare della Cgil nel sostenere con fermezza il modello vincente in base all’occupazione, alla salute e alla stabilizzazione del clima. In un recente convegno, il segretario generale degli elettrici ha sostenuto che occorre “gestire la transizione per uscire dal fossile, con una posizione comune dell’Europa sull’atomo, difendendo i posti di lavoro e rafforzando la competitività delle imprese”. E l’Ires-Cgil afferma che: “i due sistemi energetici, vecchio e nuovo, devono convivere perché ognuno serve all’altro”. Ancora, nelle conclusioni del convegno, si è detto che “va gestita la fase di transizione per uscire dal fossile, cercando di farsi meno male possibile e difendere i posti di lavoro”.

Di conseguenza, dopo aver apprezzato le “tecnologie innovative di cattura e stoccaggio della CO2, della gassificazione e idrogenizzazione dei combustibili” ed aver approvata la costituzione dell’Italia come Hub europeo del gas, l’attenzione del sindacato sembra concentrarsi soprattutto sul prezzo di questa materia prima, vero dominus delle politiche energetiche e tariffarie del futuro. Insomma, il mondo del lavoro, decisivo per il governo della riconversione, si pronuncia in definitiva per la convivenza del sistema dei fossili con quello delle rinnovabili. Non rendendosi conto che è quanto le grandi utilities e il mondo della finanza perseguono, ben sapendo che il primo è cento volte più potente del secondo.
Ripeto: l’alternativa è tra due prospettive organizzative della società e tra due diversi approcci al rapporto tra scienza, tecnologia e democrazia. Chi sostiene che esse possano e debbano convivere nel tempo medio-lungo, ora che si cominciano a confrontare anche sotto il profilo economico e industriale, prende un abbaglio. È proprio su questo che la politica energetica nazionale si discosta dalla prospettiva assunta dalla Ue! E lo dimostra il dibattito in corso sugli incentivi alle diverse fonti (non solo le rinnovabili) e le contraddizioni che si stanno aprendo nella gestione dell’attuale rete elettrica ed energetica, impraticabile, così come è stata progettata, al modello decentrato e cooperativo delle rinnovabili. Sono convinto di una precisa strategia delle corporation e delle grandi utility per mantenere legata al modello ereditato dal gas, dal carbone e dal petrolio tutta la fase di transizione imposta dall’emergenza climatica. Questa strategia ha due punti fermi:

1) mantenere il sistema energetico all’interno del sistema speculativo-finanziario che domina le grandi opere e del sistema industriale multinazionale garantito dalle strategie militari e dai blocchi geopolitici;

2) mantenere a tutti i costi, anche con il sussidio degli stati o la creazione di bolle speculative, la profittabilità di grandi centrali a combustione o a fissione anche nel caso in cui i costi dei combustibili o i bilanci energetici diventassero proibitivi.
È in questa prospettiva che si può realizzare un rientro del nucleare su scala continentale e mondiale e che si alimenta nel frattempo con la bolla dello shale gas, il miraggio del sequestro di CO2 in caverne impenetrabili, nonché la favola dell’Italia hub del gas in Europa. Anche se le popolazioni continueranno ad avversare una prospettiva come quella dell’atomo, le lobby e gli interessi militari potrebbero renderla difficilmente evitabile, inchiodando la direzione della transizione sui loro schemi.

 * da  ilfattoquotidiano.it, 30 luglio 2013


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L’energia di Monti sotto il segno della Bce

28 luglio 2013

Afghanistan, altro che ritiro. L’Italia si prepara per restare fino al 2017

Da gennaio 2015, conclusa la missione Isaf, nell'ambito della nuova missione Nato Resolute Support rimarranno in Afghanistan 1.800 militari italiani. Anche se già si parla di prolungamento fino al 2020. Ci costerà 600-800 milioni di euro in tre anni. A cui aggiungere altri 360 milioni come contributo nazionale al fondo Nato che finanzierà le forze governative afgan

Mentre giovedì a Roma il presidente Letta e i ministri Bonino e Mauro rassicuravano il segretario generale della Nato Rasmussen sulla prosecuzione dell’impegno militare italiano in Afghanistan, fuori città, nelle campagne laziali di Monte Romano, truppe aviotrasportate dell’esercito e forze speciali si addestravano in azioni di combattimento in vista della partenza per il fronte e altri soldati, sulle montagne friulane sopra Gemona, si esercitavano con il supporto di elicotteri da attacco Mangusta “simulando un tipico scenario afghano”.

Uno scenario sempre più caldo dove, per far fronte al moltiplicarsi degli attacchi della guerriglia contro le nostre truppe e le nostre basi, il contingente italiano a Herat – dove Letta sarà in visita il 12 agosto – sta rafforzando le misure di sicurezza anche nel quartier generale di Camp Arena, in cui nei giorni scorsi è entrato in servizio un piccolo drone soprannominato ‘la civetta’ che veglierà dall’alto 24 ore su 24 sulla sicurezza delle nostre truppe e che nei prossimi mesi sarà affiancato sul terreno da robottini-sentinella da combattimento. Da gennaio 2015, conclusa la missione Isaf (che anche quest’anno ci è costata all’incirca 750 milioni di euro, di cui 300 ancora da stanziare a settembre), nell’ambito della nuova missione Nato Resolute Support rimarranno in Afghanistan 1.800 militari italiani, destinati a ridursi progressivamente a meno della metà, circa 800, e ci rimarranno almeno fino al 2017, anche se all’estero già si parla apertamente di un probabile prolungamento della missione fino al 2020.


Ufficialmente, come hanno ribadito Letta e Rasmussen durante la conferenza stampa congiunta a Palazzo Chigi, la futura missione non sarà più “combat”, ma solo di addestramento e supporto alle forze armate afgane. In realtà, negli ambienti militari si dà per scontato che con il deteriorarsi della situazione conseguente alla riduzione delle truppe Nato e vista la pessima condizione reale dell’esercito locale, “gli afgani avranno bisogno di molto più del semplice addestramento”. Le truppe italiane schierate sul fronte ovest (di cui manterranno il comando dalla base di Herat) assisteranno le truppe afgane in azione e all’occorrenza interverranno direttamente con una forza di reazione rapida e con supporto aereo.

Come spiega l’esperto di affari militari Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it, “a protezione dei nostri addestratori e consiglieri militari rimarrà necessariamente una componente di forze speciali italiane in grado d’intervenire in caso di emergenza, magari sarà numericamente ridotta rispetto a oggi, ma ci sarà sicuramente”. Oggi la Task Force 45 italiana conta duecento uomini: parà del Col Moschin, incursori del Comsubin e del 17° Stormo, Ranger del 4° Alpini e Gis dei Carabinieri. Anche i tedeschi, del resto, continueranno a schierare sul fronte settentrionale la loro Task Force 47 di forze speciali.  “Per le stesse esigenze di protezione del contingente – prosegue Gaiani – manterremo in Afghanistan anche una componente aerea formata da droni ed elicotteri da attacco, e non è detto che basteranno: dato che le forze aeree afgane non dispongono di cacciabombardieri, non è escluso che dovremo lasciare là anche i nostri Amx. Insomma, altro che ritiro…


Ma quanto ci costerà il prolungamento dell’impegno militare sul fronte afgano? Nei prossimi tre anni almeno 600-800 milioni di euro: 300-400 milioni nel 2015 e la metà nei due anni successivi. A questi vanno aggiunti, per lo stesso periodo, altri 360 milioni (120 l’anno) come contributo nazionale al fondo Nato che finanzierà le forze governative afgane per consentire loro di proseguire la guerra contro i ribelli talebani: un impegno finanziario preso l’anno scorso al vertice Nato di Chicago dall’allora ministro Terzi. Per la cronaca, la Francia, che ha già ritirato tutte le sue forze di combattimento, non solo ha deciso di uscire completamente dall’Afghanistan entro la fine del 2014 chiamandosi fuori dalla futura missione Resolute Support, ma per ora non sembra nemmeno intenzionata a partecipare alla colletta di guerra a sostegno dell’esercito afgano che Washington e Nato le hanno chiesto a compensazione del ritiro anticipato. 

La zelante Italia, invece, sarà la prima a pagare e l’ultima a uscire dall’Afghanistan sulla base di impegni presi dal governo senza mai consultare il Parlamento, che invece avrebbe pieno titolo di esprimersi su una scelta così importante come quella di impantanarci per altri anni nell’infinita guerra afgana. Una guerra che in dodici anni ha tolto la vita a oltre 75mila afgani (quarantamila talebani, quindicimila civili e ventimila militari) e a 3.350 soldati occidentali caduti sul campo, di cui 53 italiani, più altre centinaia suicidi al fronte o in patria

*   da ilfattoquotidiano.it ,  28 luglio 2013

22 luglio 2013

ECOLETTERA 26/16 luglio 2013 del Gruppo Cinque Terre



costruire la transizione: un nuovo ecologismo - democrazia - giustizia - nuovi lavori

Gruppo delle Cinque Terre                             ECOLETTERA   26/16 luglio 2013

Editoriale: Invece degli  F35

I Canadair in Italia - Ormai l’estate torrida è arrivata, in gran parte dell’Italia le temperature sono già vicine, se non oltre, i 30 gradi. Come ogni anno, quindi, si preannunciano mesi critici per gli incendi nei nostri boschi, soprattutto ad agosto. E quando questi incendi accadono, è necessario avere tutte le risorse a disposizione per poter rapidamente arginare il propagarsi delle fiamme. Oltre a personale a terra, molto utili sono da sempre i Canadair, gli aerei che trasportano e gettano acqua sulle fiamme, per intenderci. Sui Canadair in Italia la questione è poco chiara: io stesso avevo scritto di una flotta di Canadair dimezzata, notizia che al momento non ha una conferma (anzi Il Mondo la smentisce).
 
Resta il fatto che 15 Canadair per una nazione come l’Italia, flagellata dagli incendi, sono pochi, meno di uno a regione, che – come appare ovvio – è una cifra davvero molto bassa. Oltre che il numero esiguo, un altro problema sembra essere legato al loro impiego, come dimostra questa lettera di un comandante Canadair al Presidente del Consiglio, in cui si parla di solo 6 velivoli effettivamente usati. Purtroppo a queste scarse risorse, lo sappiamo, corrisponderà invece un aumento, non certo una diminuzione, del numero di incendi estivi. Ci sono moltissime zone del nostro paese – dalla Sicilia alla Campania, passando per la Sardegna, la Toscana, la Puglia e la Calabria – che d’estate diventano dei veri e propri roghi continui, con fiamme difficili da domare. Ed è solo di qualche settimana fa la notizia di un incendio di dimensioni vastissime che ha ucciso una squadra di 19 vigili del fuoco in Arizona. Non si prenda dunque sottogamba la questione incendi, come se fosse necessario sottolinearlo. Qui in Italia, forse, ci piace scherzare con il fuoco. Ma rischiamo di farci male. (Antonio Benforte su econote.it )

Picco dell'Uranio nel 2015 secondo uno studio svizzero

Un interessantissimo e recente articolo del fisico svizzero Michael Dittmar dall’eloquente titolo La fine dell’Uranio a buon mercato  gela brutalmente le aspettative di chi sogna una rinascita nucleare nel 21° secolo. Sulla base della velocità di esaurimento delle miniere esistenti o in programma, lo studio stima che il picco della produzione dell’Uranio verrà raggiunto nel 2015 a 58000 t, per calare successivamente a 54000 nel 2025 e a 41000 nel 2030 (linea tratteggiata nel grafico in alto). L’Uranio estratto e arricchito non basterà quindi a soddisfare la domanda dei reattori esistenti (linea nera), nemmeno se questa calasse dell’ 1% o del 2% all’anno ( da Ecoalfabeta ) leggi

L’Italia non è un più un Paese per agricoltori

Cemento, burocrazia e costi alle stelle allontanano i giovani dalla terra. Mentre aumenta la nostra dipendenza alimentare da Cina ed Est Europa sono molti i casi raccontati di operai lasciati in cassa integrazione, lavoratori licenziati da aziende in crisi, di suicidi fra imprenditori; ma c’è un aspetto di questo impasse economico che viene poco trattato: la strage silenziosa delle aziende agricole di cui non si hanno stime numeriche affidabili. Siamo passati da avere 4 milioni di aziende agricole negli anni ‘60 a 1,5 milioni nel 2012. Un fenomeno che si è intensificato negli ultimi decenni: dal 1990 al 2000 si sono perse oltre 400mila aziende e nel decennio successivo 775mila. ( Maurizio Bongioanni da lanotiziagiornale.it ) leggi

Milano: metro linea 4, approvazione definitiva dalla Giunta per l’intera tratta Linate-Lorenteggio

Via libera dalla Giunta milanese al progetto definitivo per l’intera tratta della nuova M4, 22 fermate. Al momento il costo totale previsto per la realizzazione della Metropolitana 4 è di 1.819 milioni di euro. L’approvazione ha riguardato il piano definitivo della prima tratta, Lorenteggio-Sforza Policlinico e il definitivo aggiornato, con la “variante Expo”, della seconda tratta, Sforza Policlinico–Linate. Solo il pezzo Linate-Forlanini FS però sarà pronto per Expo 2015.  (da:ecodallecitta.it) leggi

Roma: metro C: problemi e ritardi, l'apertura slitta al 2014

Ancora nessuna buona notizia per la terza metropolitana di Roma: la metro C continua ad accumulare ritardi. L'apertura del tratto Pantano-Centocelle della nuova linea C della metropolitana di Roma slitta a giugno 2014. E' quanto ha annunciato l'assessore capitolino alla Mobilità, Guido Improta, al termine della seduta della Giunta del 12 luglio presieduta dal sindaco Marino. La notizia fa sorridere, ma anche piangere, i romani dovranno aspettare ancora un bel po’. La talpa necessaria per scavare le gallerie è ferma sotto San Giovanni dall'ottobre 2011, dovrà essere smontata e rimontata a via Sannio per la tratta successiva ( Giorgia Fanari da ecodallecitta.it ) leggi
 
Torino: La metro è appaltabile, destinarle i 3 miliardi dirottati

La metropolitana di Torino è indispensabile. Ne è convinto l'onorevole D'Ottavio, che a proposito del "Decreto del Fare" del governo Letta ha raccolto un appello già lanciato dal consigliere provinciale del suo stesso partito Sammartano: "Bisogna destinare al prolungamento della linea 1 della metropolitana di Torino quei 3 miliardi che il decreto del 'Fare' del governo Letta ha dirottato dal Piemonte ad altre opere pubbliche immediatamente cantierabili. Appelli, documenti, manifestazioni e marce dei cittadini della zona ovest, odg votati nei consigli comunali e nella Provincia di Torino, una raccolta firme sottoscritta da più di 25 mila cittadini, sottolineano quanto la Metropolitana sia un investimento necessario per lo sviluppo sostenibile del nostro territorio". (da torinotoday.it ) leggi

TAV, per la Francia non è una priorità, Italia sempre più isolata

La Francia si è di recente espressa in termini chiarissimi, la TAV Lione-Torino per i cugini transalpini non è una priorità. Prima del 2030 non se ne parla nemmeno. Ormai la volontà dell’Italia di procedere con questa opera dall’altissimo impatto ambientale, costosissima e dai vantaggi a lungo termine a dir poco dubbi, appare sempre più isolata. Tenendo conto delle incertezze sul calendario del tunnel di base, non può essere certo che i rischi di saturazione e le sovrapposizioni d’uso che giustificano la realizzazione del progetto si verifichino prima degli anni 2035-2040. Sarà sufficiente questa frenata francese per convincere gli imprenditori ed i politici coinvolti nel progetto che questa opera dall’impatto ambientale enorme può benissimo essere ridiscussa? ( Matteo Carriero  da ecologiae.com ) leggi

Di Battista shock !

 Il deputato del Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista ha scritto uno sconvolgente messaggio su Facebook. Invitando tutti a condividerlo. Sono numeri tragici quelli messi nero su bianco dal deputato. Napolitano blinda il governo e nasconde i conti sotto il tappeto. Per la prima volta nel suo mandato, il presidente della Repubblica ha incontrato il ragioniere generale dello Stato. Perché? Ve lo diciamo noi.. ( da tzetze.it ) leggi

Conversione ecologica e sociale

Quando si parla di riconversione si pensa quasi sempre ad interventi che trasformano processi produttivi in senso ecologico. In realtà riconversione oggi vuol dire molte cose. Innanzitutto, come diceva Alexander Langer, la riconversione ha a che fare con una sorta di conversione, nell’accezione anche spirituale che questo termine evoca. La conversione ha a che fare con «il nostro stile di vita, i nostri consumi, il modo in cui lavoriamo, il fine per cui lavoriamo o vorremmo lavorare, il nostro rapporto con gli altri e con l’ambiente». ( Laura Greco di Asud/Reset su  comune-info.net ) leggi

La cooperazione in Afghanistan? Oppio e aiuti internazionali

Oppio e aiuti internazionali. Sono queste le basi dell'Afghanistan liberato, dove la cooperazione occidentale ha portato con se, oltre agli immancabili interessi delle grandi società, anche un ben avviato traffico di droga dei contingenti occidentali, come scrivevamo ieri. La domanda da cui partire oggi è quella che, dopo 53 morti, in Italia ancora pochi si fanno: che ci siamo andati a fare in Afghanistan?(  Andrea Intonti da  senorbabylon.blogspot.it ) leggi

Le armi non sono soltanto fucili

  Dato che gli Stati Uniti vogliono armare “i bravi ribelli siriani”, dobbiamo ricordarci che le armi non sono soltanto fucili. Sono denaro. Stupidaggini! Questa è stata l’unica reazione sensata all’annuncio della Casa Bianca che l’ America la Coraggiosa sta per fornire armi ai ribelli siriani. Le mandano soltanto ai ribelli buoni, i disertori dell’Esercito Siriano Libero che combattono le forze del male di Assad nell’interesse della libertà, dell’autonomia, dei diritti delle donne e della democrazia. Chiunque crede a questo non sa nulla della guerra, delle uccisioni, della barbarie, e, specialmente, dell’avidità. Perché le armi non sono soltanto fucili. Sono denaro. Sono beni vendibili nel momento in cui si spediscono oltre qualsiasi confine. Passeranno rapidamente ai ribelli orrendi che ne venderanno ad al-Qa’ida, agli insorti iracheni, alle truppe governative siriane, alle milizie del Mali, ai combattenti talebani e ai sicari pachistani. ( Robert Fisk da znetitaly.altervista.org ) leggi

Greenpeace assalta centrale nucleare francese, fermati 21 attivisti
Tornano gli attivisti di Greenpeace a ricordare come il nucleare non sia sicuro e come, con grande facilità, è possibile entrare nelle centrali nucleari in Francia, così come in Europa. A dimostrarlo è l’ennesima prova dell’associazione ambientalista che ha preso d’assalto la centrale di Tricastin, nella Francia del Sud aprendo sulla cima dell’edificio manifesti e striscioni contro l’energia atomica. Con quest’azione Greenpeace chiede a François Hollande di chiudere la centrale di Tricastin, che è tra le cinque più pericolose della Francia. Tra i fermati vi sono anche attivisti di provenienza italiana e spagnola perché la sicurezza nucleare della Francia non riguarda solo lo Stato francese, ma tutta l’Europa. (Valentina Ierrobino da  ecologiae.com ) leggi

In Germania nuovo record di energia prodotta col sole

In Germania nuovo impressionante record di energia elettrica prodotta col sole. Secondo la SMA Solar Technology AG (società specializzata in impiantistica solare) la produzione di energia elettrica grazie al sole è salita dal già impressionante record di 22,4 GW fatto registrare nel mese di giugno, al ragguardevole 23,9 GW nei primi giorni di luglio. Un risultato che è stato possibile grazie ai milioni di impianti fotovoltaici installati in tutto il Paese; in particolare si parla di una cifra compresa tra gli 1,3 e gli 1,4 milioni! (da improntaecologica.it ) leggi

Le biciclette di Londra
A Londra le bici rappresentano un quarto del traffico nelle ore di punta, un sesto circa in tutta la giornata. Il numero di cittadini che scelgono la bicicletta è raddoppiato nell’ultimo decennio, passando da 290.000 a 570.000. Una vera rivoluzione è in corso, ma secondo il commissario per la ciclabilità Andrew Gilligan, molto resta da fare. Il sindaco di Londra Boris Johnson ha messo in budget quasi un miliardo di sterline per migliorare la ciclabilità, che si spera passino indenni per la spending review del governo conservatore. ( di  Città invisibile ) leggi
                                                    VIDEO ARCHIVIO

 La settimana delle attività dei parlamentari del M5S. In questa puntata del 18 luglio: 00:06 - Svuotacarceri? Un bluff  00:59 - F-35: un aereo d'attacco comprato dalla difesa... 06:51 - Approvata la mozione del cittadino Segoni: più fondi per i comuni dissestati 07:56 - Schiavi dell'EURO 12:27 - Contro le lobby della RCA 16:00 - Il ponte della Casta 17:32 - Un dramma annunciato 18:47 - Reddito minimo contro la povertà 22:38 - Attenzione: pericolo 'fracking'  24:14 - Inceneritori? No, grazie     vedi qui

 Per Mandela compleanno in ospedale ma " le condizioni di Madiba migliorano". Il Sudafrica festeggia i 95 anni del suo leader ancora ricoverato per un'infezione polmonare. Il presidente Zuma: "La sua salute va meglio di giorno in giorno". Asimbonanga  è una famosa canzone a sostegno della lotta contro l’Apartheid: vedi qui

 Violeta Parra-Went to Heaven ( la storia di Violeta Parra ) è un film di Andrès Wood sulla cantante, autrice, poetessa,  icona della cultura popolare cilena che ha salvato la cultura tradizionale dimenticata, viaggiando attraverso il Cile da nord a sud. Violeta attraverso la sua chitarra ha protestato, denunciato e condannato l'ingiustizia. Le sue canzoni a contenuto sociale e politico hanno conquistato il cuore dei giovani. Il trailer del film: vedi qui


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