30 aprile 2012

Un'altra Italia si muove….

di Massimo Marino *

Luoghi diversi, facce diverse, età diverse, accenti diversi, diverse e labili ideologie o assenza di ideologie, ma una Italia diversa si muove. Contemporaneamente, in una settimana qualunque, anzi in un week-end qualunque di fine Aprile, questa Italia divisa e non comunicante si muove inconsapevolmente nella stessa direzione.
A Montichiari di Brescia l’ennesima manifestazione animalista contro la fabbrica di beagle di Green Hill rompe gli indugi, supera barriere e reticolati, irrompe nella fabbrica di animali da laboratorio e libera decine di piccoli cuccioli e sotto la giacca se li porta a casa e alla libertà. Un episodio, con anche qualche elemento pericoloso di lettura, ma fortemente simbolico, irrompe sui media e cattura enormi simpatie. Perfino la Vittoria Brambilla, ex ministro berlusconiano ma anche animalista, oggi sembra un po’ più animalista e con qualche contraddizione nel partito azienda in restauro, esprime solidarità ai giovani animalisti, quanto sincera si vedrà. A poche ore di distanza  a Torino altri animalisti manifestano contro il solito tentativo bipartisan di impedire un referendum regionale che limita ( limita soltanto), la caccia per 24 specie di piccoli animali che sarebbero gli oggetti di un singolare divertimento chiamato sport. Sono animalisti diversi, mediamente con 30 anni di età e di storia che li differenzia, in gran parte neanche conoscendosi e magari volutamente ignorandosi, ma stanno sulla stessa strada che porta ad un comune visione del mondo che tutela tutte le specie viventi che lo popolano.

Contemporaneamente a Firenze un migliaio di reduci, ma non solo, delle diverse sinistre consumate dalle sconfitte e qualche importante vittoria, insieme a qualche ecologista e qualche civico, provano a discutere di un soggetto politico nuovo, senza immaginare in quale difficile ma importante percorso stanno provando a intentare i primi passi e, fino a prova contraria, vanno ritenuti sinceri, utili, importanti. Ci hanno già provato altri, negli ultimi due anni, nel frammentato e disperso mondo ecologista e civico e per il momento hanno ( abbiamo) clamorosamente fallito. Contemporaneamente altre migliaia e migliaia di persone riempiono le uniche piazze piene di una campagna elettorale per i comuni dove sembra che  solo Grillo e il suo Movimento 5 Stelle, abbiano qualcosa di serio e radicalmente nuovo da dire e da proporre. Naturalmente gli uni e gli altri si ignorano, in gran parte neppure si conoscono e, lo diciamo amaramente, almeno in parte fraternamente si odiano. Anche qui età, generazioni, culture apparentemente diverse; anche qui inconsapevoli di marciare nella stessa direzione.  

Nelle stesse ore a Roma migliaia di ecociclisti, anzi di #salvaiciclisti,  sfilano per la città. Alcuni parlano di 10.000 altri di 50.000 persone su due ruote che dicono basta alle città dell’automobile che svuotano le tasche degli utenti con una  mobilità ormai per tanti insostenibile; che arricchisce l’aria di veleni ma anche le tasche di una decina di manager dell’automobile e del petrolio impegnati a rendere noi più poveri e più ammalati e loro più ricchi e potenti; in grado di comprare, attraverso banche e accordi mondiali, governi, partiti, interi paesi del nord e del sud del mondo. Nello stesso luogo pochi giorni prima migliaia di persone, che delle rinnovabili hanno fatto non una ideologia ma un occasione nuova e una vincente possibilità di vivere senza inquinare ma anche di portare a casa uno stipendio ed una prospettiva per il futuro, hanno manifestato per contrastare un governo fantoccio che vorrebbe convincerci che la conversione alle rinnovabili, la più  importante conseguenza dello stop al nucleare dei referendum, è troppo conveniente e mette a rischio le centrali a carbone e il flusso di barili di petrolio delle multinazionali senza patria del settore energetico. Mettendo a rischio anche  i bonus dei loro  manager, dell’Enel, dell’Eni e simili.

In ognuno di questi luoghi se accennaste ad un mondo non inquinato, a città libere dalle auto, al diritto di vivere per tutte le specie viventi, alla idea della possibilità di coniugare il paradigma della conversione ecologica, ma anche alla difesa della democrazia sostanziale o addirittura della necessità di forme di democrazia diretta, ai diritti di base ed alla dignità del lavoro, oppure alla irrinunciabile difesa della giustizia sociale e della tolleranza, difficilmente qualcuno si alzerebbe ad esprimere la propria contrarietà.
Tante idee che infastidiscono e che si contrappongono al governo dell’abc, il governo con l’età media più alta dell’intera Europa, un abc che in questo caso sembrano  essere proprio non le prime ma le ultime lettere di un alfabeto che più nessuno comprende.
Ma tant’è: un po’ non conoscendosi, un bel po’ ignorandosi, un pochino anche odiandosi, con poca voglia di conoscersi e volersi bene, un'altra Italia tesse la sua tela un po’ sgangherata. Ma, incredibilmente, si muove…  

* del Gruppo delle Cinque Terre (Piemonte)



26 aprile 2012

La conversione ecologica e i soggetti politici dell’alternativa: non è tempo di girare in tondo


di Massimo Marino *

E’ opinione diffusa, e non più solo nella galassia dei  movimenti  che confusamente aspirano al cambiamento, che il sistema dei vecchi partiti sia arrivato alla fine, più per autodistruzione che per la presa di un palazzo d’inverno romano da parte di una rivoluzione in corso.

I partiti delle  Repubblica, che attraverso trasformazioni e riconversioni formali hanno dominato la scena della prima e di una identica seconda Repubblica, non hanno dimostrato nulla di nuovo, ma  di volta in volta sono stati una degenerazione dei precedenti. 
Voracità, trasformismo, corruzione, incompetenza, subalternità e complicità con poteri forti e  gruppi criminosi sono le accuse dilaganti. Anche se si sottovaluta la capacità di autoconservazione, pur  in una definitiva subalternità  a gruppi finanziari  e poteri sovrannazionali, la richiesta di cambiamento, di nuovi soggetti  politici e di nuove culture ha un oggettivo spazio in crescita,  anche se non ne sono fino ad oggi definiti i possibili contorni.
Nel ristretto ambito  delle forme organizzate e del confronto elettorale, che è solo un aspetto del conflitto sociale, l’Italia vive una singolare anomalia: 

- c’è una ricchezza di movimenti, gruppi, intellettuali,  comitati, associazioni, competenze, ed anche lotte, che hanno pochi eguali nel resto dell’Europa 

- c’è un eccesso di offerta  di partiti o movimenti politici che in qualche modo si candidano a rappresentare l’alternativa: dal movimento di Grillo, al partito personale  di Vendola e a quello di Di Pietro, ai quali oggi si attribuisce almeno un 25% potenziale della rappresentanza elettorale,  che però devono fare i conti con  sistemi elettorali “punitivi “. Vanno aggiunti i più piccoli, da rifondazione, ai verdi , alla composita area dei gruppi civici e ambientalisti , fino alla decina di micropartitini non dichiarati. Tutti insieme un “partito che non c’è”  che è (sarebbe) oggi  il primo partito del paese con più di un terzo della rappresentanza (ultimamente lo si stima al 35%). E che in particolari momenti, ad esempio in occasione degli irripetibili  referendum del 2011, ha mostrato per un attimo di poter esistere e di poter convincere la maggioranza del paese.

- c’è la richiesta di una diversa espressione politica delle forme organizzate e della progettualità dell’alternativa, considerate da molti  inadeguate le forze esistenti   che si portano dentro parte delle contaminazioni velenose del sistema politico al tramonto. Mentre la crisi economica , quella ambientale e non ultima quella morale, accentuano la radicalità delle richieste e l’ostilità all’intero sistema politico esistente. Non si sente il bisogno di un nuovo partitino della sinistra, degli ambientalisti, del mondo civico; sono già troppi, inefficaci, inutili. Serve sciogliere, unire, superare e coagulare su nuovi paradigmi unificanti. 
Periodicamente, almeno negli ultimi 2-3 anni, sono nati  appelli, manifesti, convegni, dichiarazioni ( almeno una decina quelli di qualche rilievo ) con l’obiettivo di fondare, o rifondare e superare movimenti e partiti dell’alternativa esistenti. Nessuno ha avuto un vero successo.

 Le sole  vittorie sono venute da movimenti di grande aggregazione. E’ il caso dei referendum, in particolare quello che ha fermato il nucleare ed insieme ha aperto una nuova prospettiva: economica, ambientale, occupazionale. E’ il segno che nessuno da solo  esprime un convincente progetto che avvicini alla realtà quel “partito che non c’è” che serve al paese.

E’ bene aver chiaro e non far finta di niente o esserne irresponsabilmente inconsapevoli, che se non si produce una svolta, se non si trova un percorso di aggregazione, se non si costruisce un progetto di cooperativa con i necessari compromessi  e le mediazioni possibili, pur mantenendo la radicalità di fondo necessaria, l’insieme dei movimenti verrà fatto a pezzi, si disgregherà ulteriormente in mille rivoli e frammenti  irrilevanti; stritolato dalla crisi, dal riflusso, magari anche dalle fughe in avanti, già altre volte  vissute amaramente nella storia italiana del dopoguerra: dal ’68 al ’77, dai movimenti per la pace  e per l’ambiente degli anni '80-'90, dai noglobal  fino ai girotondi e a mani pulite del ventennio scorso. La vecchia Italia ha resistito, anzi è peggiorata, esprimendo arroganza e pretendendo il diritto all’impunità,  fino all’idea di vendersi al miglior offerente.

La prima questione è che se andrà in porto  il percorso di riforma elettorale che stanno mettondo a punto  i tre partiti alleati a sostegno di Monti (  e le forze che li governano o li influenzano ), esiste la possibilità che non solo il movimento di Grillo ( che è il primo obiettivo), ma tutte le forze che non collaborano  o non si adeguano al “progetto Monti”, verranno tenute fuori o ridotte all’irrilevanza nel nuovo Parlamento. “Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori” abbiamo scritto; è  il nuovo paradigma della sovranità perduta e ceduta, al di sopra della favola del centro-destra e centro-sinistra , buona per i talk-show. 

Il  tema della riforma elettorale  non affascina, non è compreso, viene rimosso dalla gran parte dei movimenti. Ne è un segno la proposta-truffa  antiporcellum dell’agosto scorso, sostenuta all’inizio dagli stessi, ad esempio  Di Pietro e Vendola che con sei mesi di ritardo hanno compreso, almeno sembra, di aver svolto il ruolo di affrettati sprovveduti  e protestano per il tentativo di golpe in corso sulle regole. La riproposizione del maggioritario, magari nella nuova versione dei collegi, del quorum alto e del premio per uno o per due,  la cancellazione di qualunque forma di rappresentanza proporzionale, di scelta degli eletti, di limiti di mandato e di incompatibilità, non  è una questione fra le altre ne è pensabile che qualunque  “nuovo soggetto” possa evitare di metterla al centro di una proposta che la contrasti: perché riguarda il problema della democrazia rappresentativa  sostanziale che è il presupposto indispensabile di quelle forme di democrazia diretta e dal basso che ne sono l’altra faccia. A meno che si dia per scontato il ruolo di gregari.

La seconda questione è quella che riguarda la giustizia sociale; qualcuno, con un eccesso di semplificazione la chiama la questione del diritto al lavoro. Ma è ben di più: è intollerabile, ed incompatibile con un percorso di cambiamento, che il sistema economico, finanziario, industriale, della ricerca, nel privato ma anche nel pubblico, sia dominato da un gruppo di rapinatori che da decenni svuotano come sanghisughe le risorse dello stato, ne corrompano le scelte per progetti e grandi opere inutili, non essenziali  o  di costo esorbitante. Che si arricchiscano in Italia e reinvestano in altri paesi dove diritti, ambiente, tutele, sono ridotti ai minimi termini o inesistenti;  che considerino precarietà e licenziamenti  come base di un sistema industriale fasullo; che esortino alla flessibilità, ai sacrifici, alla cancellazione dei diritti, nel mentre si attribuiscono bonus economici e praticano metodi corruttivi che non  hanno eguali in nessun paese dell’occidente.  Mentre la parte di imprenditoria  più virtuosa, più innovativa, quella che paga le tasse, non collude con le mafie, non considera i lavoratori una variabile insignificante, è costretta  a smobilitare oppure, se ce la fanno, a portare all’estero le proprie capacità di innovazione.   

Ma il nodo di qualunque aggregazione, di un nuovo soggetto politico, dell’apertura di un percorso di transizione ad una società nuova, sta nella messa a fuoco della direzione  di un progetto di  cambiamento: economico, sociale, culturale.
La fine della illusione della crescita infinita, il precipitare dell’ equilibrio ambientale, l’entrata  in campo  dei paesi dell’altra parte del mondo, l’esaurimento delle risorse energetiche, la voracità della finanza internazionale  senza patria  che mangia nazioni, settori economici e lavoro per garantire la propria sopravvivenza, impongono un cambiamento radicale. Servono riforme, ma sono riforme rivoluzionarie.

La Conversione ecologica è un modello di riferimento su cui ragionare perché diventi un progetto unificante, convincente per la gran parte delle persone, adeguato a fermare la crisi ambientale;  utile per produrre ciò che serve ed è indispensabile  a invertire la crisi economica e finanziaria, a produrre nuovo e diverso lavoro, nuovi prodotti e diversa qualità della vita,  a garantire un futuro alle nuove generazioni, risolvere la crisi energetica uscendo dalla preistoria del petrolio e del nucleare verso le rinnovabili. Coniugare rispetto del territorio,  lavoro, benessere,  etica, utilità sociale; un progetto  esportabile in tutte le diverse aree del pianeta.  

Perché il cambiamento diventi un progetto unificante per gran parte delle persone servono nuovi  principi relativi alle abilità umane che dovranno regolare il progetto, oggi  quasi interamente scomparse dai rapporti tra le persone ma che risultano indispensabili affinchè le nuove regole diventino realtà e non rimangano un sogno. Gli scambi intessuti tra le persone debbono transitare da una competizione spietata in cui il più forte sottrae le risorse vitali al più debole, ad un nobile e generoso scambio reciproco finalizzato alla difesa  del bene comune. Si tratta di creare una vera rete di relazioni in cui il dare e il ricevere, la comunicazione, i principi della relazione, della comunicazione, dell’educazione, del rispetto per tutti gli esseri viventi siano humus e base della nuova realtà.  

Non si tratta di una nuova ideologia, da aggiungere a quella del liberismo e del capitalismo, ne a quella della lotta di classe e dell’economia di stato della sinistra del secolo scorso; ma pragmaticamente di afferrare l’unico salvagente che ci tolga dalle mani dei fautori dell’autodistruzione, dell’arroganza, della incompetenza vorace. C’è molto lavoro da fare e molto da inventare; e ci vuole il tempo che ci vuole; senza girare in tondo con vecchi paradigmi.

Costruire un progetto di transizione alla conversione ecologica, affiancato dalla riconquista della democrazia sostanziale e della giustizia sociale ( che non sono la storia di cento anni della sinistra del ‘900 ma da mille anni le basi del diritto naturale dei popoli) è un po’ più complicato che scrivere un programma di copia incolla in dieci punti, o decidere un nome o nominare nuovi leader,  che non ci sono e se proprio servono  verranno dopo. Serve unificare un passo per volta la gran parte del paese, comune per comune, settore per settore , fino ai nodi centrali dello stato e della convivenza sociale,  magari  insieme ad altri in Europa, per incamminarci fuori dal vicolo cieco in cui ci hanno trascinati.     

* Gruppo delle Cinque Terre                 www.gruppocinqueterre.it

25 aprile 2012

Italia sotto accusa Ue per l'efficienza energetica degli edifici


L'Italia sta per finire di fronte alla Corte di Giustizia Ue per il mancato recepimento della direttiva Ue sull'efficienza degli edifici. Andrea Zanoni (Eurodeputato IdV): “La sostenibilità continua a non essere una priorità di questo Governo

L'efficienza energetica non è un optional. Invito il governo italiano a mettersi quanto prima in regola con la direttiva sull'efficienza energetica degli edifici per bloccare sul nascere l'ennesima procedura d'infrazione ai danni dell'Italia”. E' il commento di Andrea Zanoni, Eurodeputato IdV e membro della commissione ENVI Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare, alla notizia dell'imminente deferimento dell'Italia alla Corte di Giustizia Ue per il mancato adeguamento della legislazione nazionale alle nome comunitarie in materia di consumi energetici degli edifici. “Ancora una volta la sostenibilità energetica nel nostro Paese resta al palo”.

Si tratta della Direttiva 2002/91/CE con la quale l'Ue cerca di migliorare l'efficienza energetica dei propri edifici e di aumentarne la sicurezza tramite ispezioni regolari di caldaie e impianti di condizionamento. “L'obiettivo finale è di obbligare tutti i Paesi membri a costruire edifici a sprechi vicino allo zero entro il 2021”, spiega l'Eurodeputato. Purtroppo, anche questa volta, come già successo per le etichette energetiche degli elettrodomestici e decine di altre norme ambientali, l'Italia resta indietro sul percorso green dell'Europa e finisce imputata di fronte alla Corte di Giustizia – attacca Zanoni – Al rischio di multe salate da parte di Bruxelles, si aggiunge l'occasione persa di risparmiare energia a vantaggio non solo dell'ambiente ma anche del portafogli dei cittadini”.

Zanoni ricorda infatti che l'efficienza energetica degli edifici è considerata dall'Ue come uno strumento fondamentale per centrare gli obiettivi Ue di riduzione di almeno il 20% (possibilmente del 25%) di emissioni ad effetto serra entro il 2020. “Proprio gli edifici consumano il 40% dell'energia europea e sono all'origine del 36% delle emissioni di anidride carbonica (Co2) di tutto il continente”.

Proprio a causa della non completa trasposizione della direttiva, l'Italia è stata messa sotto procedura di infrazione nel novembre 2010. Un nuovo avvertimento da parte della Commissione è giunto nel settembre del 2011. Allora la Commissione europea inviò alle autorità italiane un parere motivato, secondo passaggio nella procedura di infrazione europea, lamentando lacune nella legislazione italiana in merito alla certificazione dei consumi energetici degli edifici e riguardo ai controlli periodici sugli impianti di climatizzazione. “Insomma l'Italia ha avuto tutto il tempo di prendere le dovute misure ma evidentemente la sostenibilità non è una priorità”, conclude l'Eurodeputato.

Ufficio Stampa On. Andrea Zanoni   Email stampa@andreazanoni.it
Tel (Bruxelles) +32 (0)2 284 56 04   Tel (Italia) +39 0422 59 11 19   Sito www.andreazanoni.it


23 aprile 2012

Cohn Bendit: IL DESIDERIO DI CHIUDERE CON SARKOZY


«Credo che Francois Hollande abbia vinto», ha detto Cohn-Bendit, parlamentare europeo ecologista  a Canal Plus. «Si sente nella dinamica di questa campagna, dove non si dice granché, che c'è una volontà di chiudere con il mandato di Nicolas Sarkozy, che una maggioranza di cittadini e cittadine non lo vuole più. È la lezione della campagna».
«È evidente - ha poi aggiunto l'intellettuale sessantottino - che questa stessa campagna oggi non chiarisce esattamente il posizionamento di una nuova maggioranza per i prossimi cinque anni. Tutti si sveglieranno, il giorno dopo la vittoria di Francois Hollande, con la realtà davanti. E questa realtà renderà difficilissima la gestione economico-politica dei prossimi anni».
18 aprile 2012

I risultati del primo turno delle Presidenziali per dipartimento:

La dichiarazione di Eva Joly dopo la grave sconfitta della candidata di  Europe Ecologie:

nella foto: i principali siti nucleari francesi; saranno uno degli argomenti in ballo nelle elezioni politiche di giugno

19 aprile 2012

Arte e Riciclo: IL PALAZZO CHE SUONA QUANDO PIOVE


La facciata di un palazzo del quartiere Funnel Kunsthofpassage, a Dresda, in Germania. I tubi di scarico e il sistema di grondaie creano della musica quando piove. Progettati in modo da farli apparire come strumenti musicali.



Neustadt Kunsthofpassage di Dresda è una sorta di galleria a cielo aperto nel cuore di questa città che ha medicato le grandi ferite lasciate dalla Seconda Guerra Mondiale coltivando l’arte e la cultura.



Fonte:

http://www.bitrebels.com/design/gutters-drains-that-play-music-when-it-rains/

Piemonte: 3 giugno, referendum sulla caccia

VOTA SI' per proteggere 25 specie selvatiche

Viene richiesta la cancellazione dall’elenco delle specie cacciabili di 25 specie di fauna selvatica italiana con la conseguente istituzione del divieto di caccia.

Con il raggiungimento del quorum e la vittoria del SI’ sarebbe VIETATO CACCIARE:

Uccelli (17 specie):
◦ Quaglia (Coturnix coturnix) ◦ Tortora (Streptopeia turtur) ◦ Beccaccia (Scolopax rusticola) ◦ Baccaccino (Gallinago gallinago) ◦ Pernice rossa (Alectoris rufa) ◦ Starna (Perdix perdix) ◦ Cesena (Turdus pilaris) ◦ Tordo bottaccio (Turdus philomelos) ◦ Tordo sassello (Turdus iliacus) ◦ Germano reale (Anas platyrhynchos) ◦ Colombaccio (Columba palumbus) ◦ Cornacchia nera (Corvus corone) ◦ Cornacchia grigia (Corvus corone cornix) ◦ Gazza (Pica pica) ◦ Pernice bianca (Lagopus mutus) ◦ Fagiano di monte (Tetrao tetrix) ◦ Coturnice (Alectoris graeca)

Mammiferi (8 specie)
◦ Coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) ◦ Muflone (Ovis musimon) ◦ Lepre bianca (Lepus timidus) ◦ Volpe (Vulpes vulpes) ◦ Camoscio (Rupicapra rupicapra) ◦ Capriolo (Capreolus capreolus) ◦ Cervo (Cervus elaphus) ◦ Daino (Dama dama)



www.referendumcaccia.it