31 agosto 2014

Sanità, sempre più italiani si curano negli ambulatori gratuiti di associazioni e ong




Da quando la crisi ha travolto i redditi delle famiglie, le visite specialistiche sono diventate un lusso. Nel 2013 la spesa sanitaria privata è scesa del 5,7% perché molti rimandano o rinunciano. E il Servizio sanitario nazionale copre solo in parte i trattamenti più richiesti. Le strutture nate per assistere i migranti si sono adeguate alla nuova domanda: nel poliambulatorio di Emergency a Mestre ormai il 20% dei pazienti è italiano, così come il 50% delle persone che si rivolgono al progetto di assistenza di Medici senza frontiere

Mentre il governo studia una riforma del ticket e prepara una riorganizzazione del sistema sanitario che punta esplicitamente sull’integrazione con le assicurazioni private, sempre meno italiani hanno accesso alle cure. Lo dicono gli stessi dati dell’ultima indagine condotta dal Censis per Unipol a supporto dell’ingresso delle compagnie nel settore: lo scorso anno la spesa sanitaria privata, che tra il 2007 e il 2012 era lievitata, è calata del 5,7 per cento. Segno che molti cittadini che pagavano di tasca propria le visite specialistiche ora, per arrivare a fine mese, ci rinunciano. Un assist che il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin ha colto al volo per annunciare come, incassato il via libera al Patto per la salute, il prossimo passo consisterà nel riorganizzare il sistema facendo della sanità integrativa il “secondo pilastro”. Peccato che nel frattempo una fetta crescente di popolazione sia già tagliata fuori. E non si tratta solo dei 6 milioni di italiani che l’Istat definisce “poveri assoluti”, ma anche di quelli che semplicemente perdono il lavoro e non hanno risparmi. Per loro da un giorno all’altro i trattamenti dentistici, che il Servizio sanitario nazionale copre solo in parte, diventano proibitivi. Così come le visite dallo psicologo o la fisioterapia. Lo sanno bene le associazioni di volontariato e le organizzazioni non governative, da Emergency a Medici senza frontiere a Intersos, passando per Opera San Francesco e Naga, che hanno messo in campo iniziative per tamponare l’emergenza cercando al tempo stesso di stimolare asl ed enti locali a farsi carico del problema. Il minimo comune denominatore è che le visite, anche specialistiche, sono totalmente gratuite.

Nell’ambulatorio Emergency di Marghera italiano il 20% dei pazienti - Emergency il primo poliambulatorio lo ha aperto a Palermo nel 2006 soprattutto per garantire assistenza ai migranti. Ma in breve l’ong di Gino Strada ha giudicato necessario avviare un vero e proprio “Programma Italia”. “I nostri utenti appartengono alle fasce vulnerabili della popolazione”, spiega il responsabile Andrea Belardinelli, responsabile del programma. “I migranti, certo. Ma negli ultimi due anni il numero di italiani è costantemente cresciuto: oggi rappresentano circa l’8% degli accessi. E a Porto Marghera la percentuale raggiunge il 20%”. Nel cuore del Nord Est la crisi della petrolchimica ha fatto schizzare il tasso di disoccupazione e i risultati si vedono: oltre 4.200 le visite fatte nella struttura nei primi sei mesi di quest’anno, contro le 4mila dello stesso periodo dello scorso anno. Ma ai residenti, soprattutto se senza mezzi, non pensa il Servizio sanitario nazionale? “In teoria sì”. In pratica, molte prestazioni prevedono un contributo proibitivo. Il caso di scuola è quello della “protesi mobile“, cioè la dentiera. “Chi si rivolge alle strutture pubbliche, anche se indigente, deve farsi carico del costo dei materiali. A Marghera chiedono circa 700 euro”. Non per niente questo è uno degli interventi più richiesti al poliambulatorio. Al quale nel 2013 si è affiancato quello di Polistena (Reggio Calabria), mentre un altro aprirà i battenti a Ponticelli, periferia di Napoli, entro fine anno. Belardinelli tiene però a chiarire che “tutto il programma si inserisce in un quadro di protocolli e convenzioni con le amministrazioni locali, le prefetture e le asl”, e l’obiettivo finale “non è rendere permanenti le strutture ma far sì che diventino inutili”. Sia facendo prevenzione e informando gli utenti su quello che possono ottenere dal sistema sanitario, sia “sensibilizzando le amministrazioni, mettendo in luce i problemi e le possibili soluzioni”. Ma per ora gli ambulatori, che si reggono sul lavoro di medici volontari e costano circa 160mila euro l’anno tutti a carico del bilancio di Emergency, sono tutt’altro che “inutili”. Così come le quattro cliniche mobili che girano per la Campania, la Sicilia e la Puglia per intercettare lavoratori stagionali e rom ma anche italiani in situazioni di disagio.

La struttura di Medici senza frontiere diventerà pubblica - Anche Medici senza frontiere punta a “rendere inutile” il suo progetto di assistenza medica ai senza dimora partito a Milano in collaborazione con Fondazione Progetto Arca. ”A fine anno contiamo di ritirarci lasciando che a gestire e finanziare la struttura siano Regione Lombardia e Comune”, racconta Gianfranco De Maio, medico volontario di Msf e coordinatore della struttura aperta a gennaio. “Se tutto va bene, insomma, diventerà parte dell’offerta pubblica, come accade in tutti i Paesi avanzati”. Oggi il 55% dei fondi arriva invece dalla ong, anche se ufficialmente è la asl ad avere la titolarità dell’intervento. Che si rivolge a chi viene dimesso dall’ospedale ma è ancora esposto a ricadute o peggioramenti, molto più probabili se si vive in strada. La soluzione sta in quei 20 posti letto con cure garantite 24 ore al giorno. “Circa metà degli utenti sono italiani, in media più anziani e in condizioni di salute più precarie rispetto agli homeless stranieri”.

Da Opera San Francesco farmaci e visite specialistiche – Opera San Francesco, onlus milanese creata dai frati Cappuccini, ha all’attivo 17 anni di gestione di un poliambulatorio. E, tra 1996 e 2013, ha visto crescere la domanda di quasi dieci volte. “Siamo arrivati a 200 visite al giorno e oltre 40mila prestazioni l’anno”, racconta la responsabile, suor Annamaria Villa. Gli stranieri sono ancora predominanti, ma il bisogno dei residenti è aumentato. “Non sono più solo persone appartenenti alle fasce a rischio tradizionali, come homeless, ex carcerati e tossicodipendenti e pazienti con fragilità cognitive. Negli ultimi anni a loro si è aggiunto chi ha “solo” un problema di povertà e ha bisogno di farmaci di fascia C oppure di cure odontoiatriche o psicologiche che anche nella sanità pubblica avrebbero un costo troppo alto”. Oggi a chiedere questi servizi sono “per il 20-25%” cittadini italiani. Che, per gli interventi dentistici urgenti, si mettono in fila dall’alba. “Per le prime visite non prendiamo appuntamento: solo così riusciamo a tener liberi spazi per poter rispondere alle emergenze”, spiega Villa. Il poliambulatorio conta su 178 medici di base e specialisti (dal ginecologo all’oculista) che lavorano come volontari più quasi 50 persone che gestiscono il servizio farmacia. L’attività vive grazie alle donazioni e ai medicinali messi a disposizione da privati e Banco farmaceutico. “Il Comune dà un contributo simbolico, mentre la Regione finora ha pagato un’infermiera professionale specializzata in malattie infettive, ma ci ha fatto sapere che dal prossimo anno non potrà più garantirla”. 

I Fratelli di San Francesco curano sempre più pensionati e disoccupati  – Si finanzia con le donazioni e con un contributo simbolico di 5 euro chiesto a ogni nuovo utente la struttura “gemella” dei Fratelli di San Francesco, nata dieci anni fa sempre nel capoluogo lombardo. Qui (zona Turati, nel centro di Milano) le visite sono oltre 50mila all’anno e tra gli utenti sono in crescita pensionati e disoccupati italiani. Sempre nel capoluogo lombardo un’altra struttura storica nel campo dell’assistenza medica, dove però non lavorano medici odontoiatri, è l’ambulatorio dell’associazione di volontariato Naga, aperto dal 1987 e rivolto soprattutto agli stranieri senza permesso di soggiorno. “Ma tra i pazienti schedati c’è anche un centinaio di italiani”, spiegano dalla sede. 

A Crotone intervento di Intersos per stranieri e residenti – Appena partito, infine, il progetto Mesoghios di Intersos: a fine giugno è stato aperto a Crotone un primo poliambulatorio rivolto a migranti, richiedenti asilo e italiani che vivono in condizioni di marginalità. Obiettivo, anche qui, “supportare e integrare” il sistema sanitario pubblico e “incidere positivamente” sulle politiche pubbliche stesse. L’intervento è infatti frutto di un protocollo di intesa con l’azienda sanitaria provinciale, la cooperativa Agorà Kroton, Kroton Community, Baobab onlus, la Lega italiana per la lotta contro i tumori e l’Auser. La scelta di Crotone come prima tappa non è casuale, spiegano dalla sede dell’organizzazione umanitaria che solitamente lavora in contesti di emergenza o di conflitto: “Questa provincia oggi registra un tasso di disoccupazione che supera il 25% e un numero di disoccupati che raggiunge i 15mila. In più ospita il secondo centro di accoglienza per richiedenti asilo d‘Europa, il Cara di Sant’Anna, in cui oggi sono presenti oltre 1.500 persone”.

* da ilfattoquotidiano.it -  31 agosto 2014

Grattacielo Intesa San Paolo, per Tripadvisor è la cosa più brutta di Torino



Il 60% degli utenti di Tripadvisor considera il grattacielo della San Paolo decisamente pessimo. L'opera è costata 300 milioni di euro ed ospiterà i dipendenti della famosa banca


Secondo gli utenti di Tripadvisor il grattacielo della San Paolo è la cosa più brutta che si può vedere a Torino. Il discusso progetto di Renzo Piano, iniziato nel 2008, ha da sempre scatenato migliaia di polemiche, tanto da dare vita ad associazioni come "No Grat" e "Non grattiamo il cielo di Torino", fino a sfiorare il referendum popolare. Alla base, l'inevitabile cambiamento dello skyline cittadino, fino a poco tempo fa, pulito da opere che s'innalzassero fino a toccare le nuvole.


La pensano così anche gli utenti di Tripadvisor, il portale web di viaggi che pubblica le recensioni degli utenti riguardo hotel, ristoranti ed attrazioni turistiche. Secondo il sito, infatti, che esprime le valutazioni dei visitatori, circa il 60% di questi considera il grattacielo della San Paolo decisamente pessimo. "Le città del mondo fanno a gara a chi costruisce l'edificio più bello e noi abbiamo un parallelepipedo di cemento e vetro con a fianco un radiatore", "Questo palazzo è un mostro", "Inguardabile, rovina completamente l'estetica della città". Sono questi i commenti che si susseguono sul sito di Tripadvisor e che evidenziano la contrarietà di cittadini e non nei confronti di quest'opera alta quasi quanto la Mole Antonelliana, vero simbolo della città sabauda. "Quando abbiamo bisogno di un punto di riferimento siamo abituati ad alzare la testa e cercare Superga o la Mole. Ora, quando alzi gli occhi al cielo, da ogni angolo vedi questo enorme mostro".

Il grattacielo della San Paolo è costato circa 300 milioni di euro, spesi per uso commerciale dato che l'opera ospiterà per la maggior parte dei suoi piani (39) i dipendenti della banca Intesa San Paolo.

da  www.torinotoday.it   29 agosto 2014

22 agosto 2014

“Qualcosa di tipicamente berlinese: un’idea folle!” A Berlino la Spree diventa una piscina




A Zurigo esiste già e si chiama Flussbad and Unterer Lette. Ma anche i Berlinesi potrebbero presto nuotare dentro ad un fiume come fossero in piscina. L’idea di uno Spreekanal balneabile sta infatti per divenire realtà.


750 metri di corso d’acqua tutti naturali: Berlino potrebbe vantare non solo la più grande piscina al mondo, ma anche la più ecologicamente integrata al territorio urbano. La Spree, fiume principale della metropoli tedesca, con un percorso urbano di 46 km, diventerà piscina: almeno questi sono i piani per il tratto di canale compreso fra Schlossplatz e Bodemuseum, proprio nel cuore del centro storico cittadino.
Questa stessa sezione di Spree, d’altronde, ha perso la sua originaria funzione di piscina appena cento anni fa. Le acque sono infatti state chiuse alla balneazione ed utilizzate per la navigazione “solo” nel XX secolo.
Il progetto della nuova piscina esiste al momento soltanto su carta e se ne sta verificando la fattibilità. Stando agli schizzi del progetto, il Flussbad Spree dovrebbe seguire la seguente struttura tripartita: un iniziale “old river bed” affiancato da un parco urbano terminerebbe all’altezza dello Jungernebrücke. Da qui, avrebbe inizio la sezione “depurazione e trattamento”, con varie dighe in cui l’acqua verrebbe filtrata attraverso canne e ghiaia. Il terzo ed ultimo tratto consisterebbe nei 750 metri di piscina vera e propria. Per agevolare l’accesso all’acqua da parte dei bagnanti, due ampie scalinate sarebbero costruite all’altezza del Lustgarten. Bagni con docce e spogliatoi, invece, sarebbero previsti nei seminterrati del Memoriale all’Imperatore a Schlossplatz.
Ossia, per capirne di più:

Non ci si vuole risparmiare, insomma. A maggior ragione se il primo ostacolo all’inizio dei lavori è già stato eliminato: il progetto sarà finanziato con i fondi della lotteria nazionale tedesca, che ha promesso un impegno di 110.000 €. “E’ il primo riconoscimento concreto che riusciamo ad ottenere”, commenta Jan Edler, l’architetto che, insieme al fratello Tim, ha ideato il Flussbad Spree già nel 1998, quando, sempre in coppia, lavoravano al Monbijoupark.
Nel 2011, il progetto dei due fratelli ha vinto il premio per il piano regolatore eco-sostenibile urbano, ed un anno più tardi è stata fondata la società Edler, che conta oggi 140 membri e dalla quale si aspetta di vedere le prime stime dei costi dei lavori entro 12 mesi. Nonostante queste premesse, la responsabile culturale e coordinatrice del progetto Ulrike Rose preferisce procedere con accortezza: “Bisogna innanzitutto chiarire esattamente quanta acqua può essere filtrata, quante dighe sono necessarie e in che misura la qualità dell’acqua sarà da queste migliorata”.

La società non sembra comunque avere di che temere. Alla Camera dei deputati berlinese infatti il Flussbad ha incontrato un’approvazione diffusa. Affettuoso e incoraggiante il commento di Gottfried Ludewig (CDU): “È qualcosa di tipicamente berlinese: un’idea folle! Intendo sostenerla ed esorterò il Senato affinché venga concesso uno spazio pubblico per la presentazione del progetto (al momento esistente solo alla Bauakademie, ndr)”. Favorevoli anche i Verdi, che affermano “Abbiamo sempre caldamente voluto un progetto di baldoria nella Spree”.

 da   www.berlinocacioepepemagazine.com  6 agosto 2014