di Andrea
Fabozzi *
Se c’è un argomento sul quale non si può dire che il
Movimento 5 Stelle abbia sorvolato è di certo la legge elettorale. Convinti
avversari del «Porcellum», i grillini hanno sostenuto con forza
l’opportunità di tornare al «Mattarellum», la legge con il 75% di uninominale
maggioritario e 25% di proporzionale con la quale abbiamo votato tre
volte tra il 1994 e il 2001 (due volte ha vinto Berlusconi e una Prodi).
Dopo
la sentenza della Corte Costituzionale di gennaio, quella che ha colpito
al cuore il «Porcellum», il M5S ha per la verità proposto di tornare a
votare con il sistema sopravvissuto, un proporzionale con soglie di sbarramento
e una sola preferenza che è conosciuto come «Consultellum».
Ripensandoci,
i grillini hanno successivamente individuato una terza via, un sistema
da loro stessi battezzato «svizzero-ispanico» a base proporzionale per il
quale l’intero gruppo dei deputati ha depositato, l’anno scorso a ottobre,
una proposta di legge che è stata già esaminata (ma solo per essere accantonata)
dalla maggioranza Pd-Forza Italia che ha firmato l’«Italicum».
Infine,
forse, hanno rimesso tutta la questione ai famosi iscritti certificati dal
blog, dove con una serie di voti-sondaggio hanno selezionato una proposta
sontuosamente battezzata «Democratellum» — che però non è mai stata sottoposta
per intero al referendum online.
Questo
elenco delle giravolte grilline sulla legge elettorale sarebbe però incompleto
senza ricordare che, sebbene per una sola estate (la scorsa), Grillo ha anche
sostenuto l’opportunità di tornare a votare con il «Porcellum», proprio
l’odiatissimo sistema che da lì a poco sarebbe stato fatto cadere dalla Consulta.
«La nuova legge la faremo noi», annunciò ad agosto 2013 il capo del movimento,
spiazzando ancora una volta i suoi parlamentari.
Parlamentari
— ma anche ex parlamentari grillini che nel frattempo sono usciti dal
gruppo — che ora sanno di doversi (potersi) confrontare con il Pd sulla legge
elettorale.
La loro ultima proposta è un sistema proporzionale dove la
soglia di sbarramento non è stabilita per legge, ma deriva dall’ampiezza
delle circoscrizioni (che eleggono in media 15 deputati) e dalla formula
matematica scelta per attribuire i seggi. A conti fatti è superiore al 5% —
che è la soglia prevista nel sistema tedesco — ma penalizza molto anche le
formazioni intermedie che non superano il 10%. Va bene insomma ai partiti
grandi, come il 5 stelle, male ai partiti medi e malissimo a quelli piccoli.
Prevede un sistema di preferenze assai complicato, che però assegna una
grande libertà all’elettore che può scegliere i candidati anche all’esterno
della lista che intende votare e può persino sottrarre voti a candidati che
considera «impresentabili», letteralmente cancellandoli dalla
scheda. La complicazione deriva dal fatto che nel seggio bisognerebbe portare
due schede diverse, una per la lista e le eventuali cancellazioni, un’altra
per le preferenze «positive», e che lo scrutinio comporterebbe
l’attribuzione ai partiti di decimali di voti.
Visto il gioco
delle convenienze, è improbabile che il testo grillino possa scardinare
il quadro delle alleanze in parlamento: né i centristi, né il centrodestra
di Alfano e neppure SEL avrebbero una convenienza particolare
dall’adozione del «Democratellum». D’altra parte è vero che quest’ultima proposta
grillina è arrivata quando l’accordo sull’Italicum tra Renzi e Berlusconi
era stato già stretto, ma nel frattempo quel sistema (ampiamente incostituzionale)
è stato superato dal risultato delle europee, per cui l’accordo andrà comunque
riscritto. E, rotto il tabù, i voti grillini potrebbero tornare in gioco. In
prima battuta Renzi ha detto che non intende allontanarsi dal maggioritario,
e quindi da un consistente premio di maggioranza. Ma ormai sa che con il
40,8% il PD potrebbe sfiorare la maggioranza assoluta dei deputati anche
con il «Consultellum», e persino superarla con il sistema che propone
Grillo.
*
da ilmanifesto.it - 17 giugno 2014
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