2 agosto 2014

Il governo Renzi va all’assalto dei beni comuni



di Alberto Asor Rosa *
Ambiente. La tutela del paesaggio e del patrimonio artistico sono a rischio dopo il riordino del Ministero dei beni culturali voluto dal governo Renzi

 Quando si scrive di poli­tica… quando io scrivo di poli­tica, man­tengo sem­pre, per quanto mi rie­sce, un atteg­gia­mento di dub­bio for­male e sostan­ziale. Sì, è così, mi sem­bra che sia così, però… Delle affer­ma­zioni e con­clu­sioni con­te­nute in que­sto arti­colo sono invece asso­lu­ta­mente certo. Ver­rebbe voglia di dire: allarme, cit­ta­dini, sono in peri­colo la vostra esi­stenza e il vostro futuro, e quelli dei vostri figli. Levate la testa prima che sia troppo tardi. 
Mi rife­ri­sco agli atteg­gia­menti e alle pro­messe che il governo Renzi dispensa a piene mani in mate­ria di ripresa eco­no­mica e, con­te­stual­mente, di ambiente, ter­ri­to­rio, beni cul­tu­rali, pae­saggi ita­liani. Non c’è in giro il minimo strac­cio di piano indu­striale. Ma in com­penso c’è, a quanto sem­bra, un piano ormai pen­sato ed ela­bo­rato, anche nei suoi par­ti­co­lari dispo­si­tivi di attua­zione, per quanto riguarda il già troppo mar­to­riato volto del nostro paese, cui si con­ti­nua a ricor­rere, in man­canza di altro, tutte le volte in cui si deve dare l’impressione di rimet­tere in movi­mento la mac­china. Qui il più spre­giu­di­cato nuo­vi­smo coin­cide con il più arre­trato vec­chi­smo: come, per l’appunto, rischia di essere sem­pre più natu­rale in que­sto nuovo contesto.
Il discorso potrebbe, anzi dovrebbe, essere assai lungo. Io invece mi lini­terò a dise­gnare una trac­cia del pos­si­bile, anzi, ormai facil­mente pre­ve­di­bile per­corso che ci sta davanti. Biso­gna infatti, in que­sto caso più che in altri, essere pronti a pre­ve­nire, piut­to­sto che aspet­tare, come sem­pre più spesso accade, che i gio­chi siano fatti. Le mie fonti sono esclu­si­va­mente quelle par­la­men­tari (dibat­tito, decreti legge e dise­gni legge, ecc.) e quelle rap­pre­sen­tate dalla grande stampa d’informazione: le une e le altre, mi pare, attendibili.
Si leg­gano, ad esem­pio, se ancora non lo si è fatto, gli arti­coli apparsi recen­te­mente in rapida suc­ces­sione su “la Repubblica”.
Già i titoli espri­mono con suf­fi­ciente elo­quenza di cosa si tratti: «Entro fine luglio arriva “Sbloc­caI­ta­lia”» (2 giu­gno); Renzi: «sbloc­che­remo 43 miliardi» (24 luglio); «Arriva lo Sbloc­caI­ta­lia: per­messi edi­lizi più facili e grandi opere acce­le­rate, fuori le imprese in ritardo» (28 luglio); le anti­ci­pa­zioni non fanno molta dif­fe­renza fra le opere in ritardo per motivi buro­cra­tici o altro, e quelle nei con­fronti delle quali si è mani­fe­stata la con­sa­pe­vole oppo­si­zione dei cit­ta­dini in nome di una vivi­bi­lità che fa tutt’uno con il rispetto del ter­ri­to­rio e dell’ambiente. Anzi: facendo inten­zio­nal­mente (ripeto: inten­zio­nal­mente) di ogni erba un fascio, si adotta la parola d’ordine dello svi­luppo a tutti i costi, lan­ciando ana­temi con­tro tutti i coloro che vi si oppon­gono in nome di sacro­sante pretese.
In un’intervista al «Cor­riere della sera» (13 luglio) il nostro lea­der tira fuori la parte più con­si­stente della sua per­so­na­lità etico-politica: «Nel piano Sbloc­caI­ta­lia c’è un pro­getto molto serio sullo sblocco mine­ra­rio… Io mi ver­go­gno di andare a par­lare delle inter­con­nes­sioni fra Fran­cia e Spa­gna, dell’accordo Gaz­prom o di South Stream, quando potrei rad­dop­piare la per­cen­tuale del petro­lio e del gas in Ita­lia e dare lavoro a 40 mila per­sone e non lo si fa per paura delle rea­zioni di tre, quat­tro comi­ta­tini.…». È noto che il disprezzo che cala dall’alto si esprime sem­pre attra­verso un ten­ta­tivo di ridi­men­sio­nare la por­tata degli even­tuali anta­go­ni­sti: «comi­ta­tini», appunto, come Min­zo­lini? ecc. ecc.

Il mira­colo della bozza
Ma le ultime anti­ci­pa­zioni indi­cano con chia­rezza ancora mag­giore in quale dire­zione si muove que­sto nuovo-vecchio grande piano di svi­luppo. Il gior­na­li­sta di Repub­blica (in que­sto caso Roberto Petrini, 28 luglio) spiega infatti che «secondo una bozza del testo… si andrebbe incon­tro a una pic­cola rivo­lu­zione nel rila­scio delle con­ces­sioni edi­li­zie…». E cioè: «Con la riforma ci si potrà rivol­gere diret­ta­mente allo spor­tello unico, muniti di auto­cer­ti­fi­ca­zione con le carat­te­ri­sti­che essen­ziali del pro­getto, rea­liz­zata da uno stu­dio pro­fes­sione, che testi­mo­nia il rispetto del piano rego­la­tore e delle altre norme urba­ni­sti­che. A quel punto lo spor­tello unico avrebbe trenta giorni di tempo per rispon­dere, nel caso con­tra­rio si potrebbe pro­ce­dere ai lavori…». Sem­bra di avviarci a stare nel paese di Ben­godi. Lo spor­tello unico! Trenta giorni di tempo per rispon­dere! Non sarebbe più sem­plice dire che in Ita­lia si potrà intra­pren­dere qual­siasi ini­zia­tiva edi­li­zia (e con­si­mili, natu­ral­mente), senza che vi sia più la pos­si­bi­lità di entrare nel merito? L’appello, con­tem­po­ra­neo e con­se­guente, che il Pre­mier ha rivolto ai Sin­daci affin­ché pre­sen­tino la lista delle loro opere incom­piute o non ini­ziate mira a costi­tuire una impo­nente galas­sia di inter­venti, mediante la quale pre­mere sull’opinione pub­blica per otte­nere il più largo consenso.
Paral­le­la­mente al pro­filo d’interventismo attivo deli­neato da pro­getto di Sbloc­cai­ta­lia si è mosso il dise­gno di legge «per la tutela del patri­mo­nio cul­tu­rale, lo svi­luppo della cul­tura e il rilan­cio del turi­smo» che di fatto è una vera riforma del Mini­stero dei Beni cul­tu­rali ed è stato votato dalla Camera dei Depu­tati il 9 luglio scorso. Le idee basi­lari mi sem­brano due: (1°. Innanzi tutto l’idea che il patri­mo­nio cul­tu­rale e arti­stico, di cui gode l’Italia, vada con­si­de­rato nei suoi aspetti di massa eco­no­mica poten­ziale da sfrut­tare fino in fondo più che come un bene uni­ver­sale umano, innanzi tutto da tute­lare e (2°, con­se­guente al primo, il ten­ta­tivo di sba­raz­zarsi il più pos­si­bile delle com­pe­tenze e, sì, anche delle resi­stenze del per­so­nale tra­di­zio­nal­mente inve­stito dallo Stato ita­liano del com­pito, innanzi tutto, di difen­dere e pre­ser­vare quel patri­mo­nio da ogni pos­si­bile offesa, com­prese quelle che potreb­bero pro­ve­nire da una pre­va­lente pro­spet­tiva di sfrut­ta­mento turistico-monetario.

Annien­tare le resistenze
La let­tura ragio­nata di que­sto dise­gno legge richie­de­rebbe quat­tro pagine intere del mani­fe­sto (ne ha ragio­nato a lungo Fran­ce­sco Erbani sul «mani­fe­sto» del 16 luglio).
Scelgo il punto che, secondo me, per le sue pos­si­bi­lità di gene­ra­liz­za­zione, pre­senta il valore sim­bo­lico più ele­vato. All’art. 12 della Legge sud­detta è stato inse­rito in Com­mis­sione un emen­da­mento (da chi? Non lo so), che suona in code­sto modo: «Al fine di assi­cu­rare l’imparzialità (!) e il buon anda­mento dei pro­ce­di­menti auto­riz­za­tivi in mate­ria di beni cul­tu­rali e pae­sag­gi­stici, i pareri, i nulla osta o altri atti di assenso comun­que deno­mi­nati, rila­sciati dagli organi peri­fe­rici del Mini­stero dei beni e delle atti­vità cul­tu­rali e del turi­smo, pos­sono essere rie­sa­mi­nati d’ufficio o su segna­la­zione delle altre ammi­ni­stra­zioni coin­volte nel pro­ce­di­mento, da appo­site com­mis­sioni di garan­zia per la tutela del patri­mo­nio cul­tu­rale, costi­tuite esclu­si­va­mente da per­so­nale appar­te­nente ai ruoli del mede­simo Ministero»…
Trovo stu­pe­fa­cente que­sto pas­sag­gio. Se lo si dovesse appli­care fino in fondo, e a que­sto mira il dise­gno di legge,  ver­rebbe affer­mato il prin­ci­pio secondo cui un altro fun­zio­na­rio dello Stato, e tale è il cosid­detto Soprin­ten­dente,  potrebbe legit­ti­ma­mente essere sospet­tato di svol­gere la pro­pria fun­zione non obiet­ti­va­mente e in vista d’interessi terzi. In base a tale visione del mondo, si potreb­bero allo stesso modo pre­ve­dere com­mis­sioni di garan­zia desti­nate a rive­dere ed even­tual­mente san­zio­nare i pre­sidi e i pro­fes­sori che por­tano a ter­mine uno scru­ti­nio sco­la­stico o un gruppo di medici e di sani­tari nell’atto di pro­nun­ciare una dia­gnosi o di com­piere un’operazione.
Allo stesso atteg­gia­mento (o ana­logo) va con­dotto il prin­ci­pio secondo cui i grandi poli museali del paese non pos­sono essere retti da Soprin­ten­denti col­lo­cati nelle strut­ture dello Stato, e andreb­bero invece deman­dati a mana­ger non pub­blici, la cui for­ma­zione e scelte dipen­de­reb­bero uni­ca­mente dalla capa­cità loro di fare frut­tare il patri­mo­nio cul­tu­rale, che si sono tro­vati a gestire (con cri­teri ine­vi­ta­bil­mente politici).

In difesa del Sistema
Ce n’è abba­stanza, insomma, sull’uno come sull’altro ver­sante, per pre­ve­dere e orga­niz­zare una vera e pro­pria guerra con­tro que­sta spro­po­si­tata pes­sima ten­denza. Osservo sem­pli­ce­mente, a que­sto pro­po­sito, che, al di là delle molto spesso troppo arzi­go­go­late discus­sioni in merito alle cosid­dette riforme isti­tu­zio­nali (Senato, e tutto il resto), qui, appare con evi­denza mas­sima che non c’è dif­fe­renza, non c’è dav­vero nes­suna dif­fe­renza su que­sto più con­creto ter­reno fra ideo­lo­gia e visione del mondo del Mini­stro Lupi e quella del pre­si­dente del Con­si­glio Renzi. Ambe­due appar­ten­gono a pieno diritto al par­tito unico della pre­sunta razio­na­liz­za­zione del sistema, la quale si rivela con­tra­ria, anzi anti­te­tica non solo alle buone idee della sini­stra ambien­ta­li­sta e demo­cra­tica ma per­sino alla per­pe­tua­zione del vec­chio sistema sta­tuale bor­ghese, imper­fetto ma in una certa misura garantista.
Le asso­cia­zioni ambien­ta­li­ste e i Comi­tati hanno abba­stanza voce per farsi sen­tire. Per­ché que­sto accada, non basta però la buona volontà. Biso­gna avere la con­sa­pe­vo­lezza che que­sta è una bat­ta­glia deci­siva, per orga­niz­zare la quale occorre pre­li­mi­nar­mente una con­cer­ta­zione pro­gram­ma­tica di grande serietà e intel­li­genza. Proviamoci.

* da il Manifesto  - 30 luglio 2014

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