20 marzo 2019

La Nuova Zelanda cambierà la legge sulle armi


Lo ha annunciato la prima ministra Jacinda Ardern, in risposta all'attentato a Christchurch: anche chi prima era contrario ha cambiato idea

Il governo della Nuova Zelanda ha intenzione di riformare la legge sulle armi in seguito all’attentato in due moschee di Christchurch compiuto dal 28enne australiano Brenton Tarrant, in cui sono state uccise 50 persone. Dopo una lunga riunione la prima ministra Jacinda Ardern ha detto che il suo gabinetto «è totalmente unito» sulla questione, ma non ha ancora annunciato una proposta concreta: si prenderà il resto della settimana per discutere i dettagli dopo aver concordato di cambiare la legge «in principio». «Questi non sono territori legislativi semplici. Quindi semplicemente ci prenderemo il tempo per farlo nel modo corretto», ha spiegato. Nel frattempo nove persone ferite sono ancora in condizioni critiche.

Nell’attentato Tarrant ha usato cinque armi da fuoco, inclusi due fucili semiautomatici; Ardern aveva detto che nella sua auto erano stati trovati due ordigni esplosivi e che le armi usate nell’attentato erano state probabilmente modificate per essere ancora più letali. Tarrant aveva acquistato legalmente le armi grazie a una licenza di classe A, ottenuta nel novembre del 2017; per comprare quelle semiautomatiche bisogna possedere una licenza molto più complicata da ottenere, ma modificarle non è particolarmente difficile.
nella foto: Jacinda Ardern annuncia la riforma della legge sulle armi Wellington in Nuova Zelanda

da ilpost.it, 18 marzo 2019       continua ...

leggi anche: Tutto sulle armi in Italia. Quante ce ne sono? Come si comprano? Ed è vero che abbiamo regole molto più severe di altri paesi?

15 marzo 2019

Emergenza clima e ambiente, ne ‘Le tre ecologie’ la necessità di una ecosofia per superare la narrazione distorta dei media


Il libro dello psicanalista francese Felìx Guattari affronta la questione attraverso tre registri: ambientale, sociale e mentale. Altrimenti si rischia di non comprenderne la portata. Il testo è riproposto da Edizioni Sonda in una nuova edizione, curata dall’antropologo Franco La Cecla e sarà presentato a Milano, il 17 marzo, nell’ambito di Book Pride 2019



Inquinamento, disastri legati ai cambiamenti climatici, conflitti, smaltimento di rifiuti tossici, ma anche il continuo sfruttamento delle risorse del pianeta sono fenomeni che rappresentano una emergenza. Anzi, più emergenze spesso legate tra loro. Eppure alla resa dei conti non ci comportiamo come se fossimo in emergenza. E tuttora è poco chiaro che la questione ambientale non si riduce all’ecologia, come la conosciamo noi, ossia a una lettura riduttiva ‘materialmente’ naturalistica. Nel libro Le tre ecologie, lo psicanalista francese Felìx Guattari proponeva di affrontare la questione attraverso tre registri: ambientale, sociale e mentale. Altrimenti si rischia di non comprenderne la portata. Il testo è riproposto da Edizioni Sonda in una nuova edizione, curata dall’antropologo Franco La Cecla. Che aggiunge ai tre registri con i quali Guattari supera la visione antropologica del mondo, una quarta dimensione, la ‘pornoecologia’ che porta a scambiare una realtà con una sua rappresentazione, che realtà non è. Ma la natura si ribella: è “l’inafferrabile che umilia la nostra mania di previsione”. Resta il rischio legato ai media e, ancora di più, ai social media che possono alimentare il ‘mito della partecipazione’, l’illusione di essere sensibilizzati come mai prima.

L’EMERGENZA – Secondo l’autore così non è. E basta guardare ai fatti. Se l’ambiente fosse davvero una priorità, i Paesi si porrebbero obiettivi più ambiziosi. Troppo facile dare la colpa solo a Trump perché la verità, come dice il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è che finora per una decisiva risposta multilaterale sono mancate una leadership, un vero impegno e proprio un senso di urgenza”. Anche l’Europa ha le sue colpe. Un esempio su tutti: l’Ue ha approvato un pacchetto di misure per l’energia con l’obiettivo di raggiungere il 32% di energia da fonti rinnovabili al 2030. Target che però, ha denunciato tra gli altri Greenpeace, è troppo poco ambizioso. Eppure in emergenza siamo. Ce lo dice il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) che nel rapporto presentato a ottobre ha spiegato cosa accadrà se il riscaldamento globale dovesse superare l’1,5 °Celsius, soglia che – se si dovesse continuare a emettere la stessa quantità di CO2 che viene rilasciata nell’aria oggi – potrebbe già essere superata nel 2030 (ossia tra appena 11 anni).

I TRE REGISTRI PER SALVARCI – Per Felix Guattari la salvezza è nel passaggio dall’ecologia all’ecosofia, un nuovo approccio etico-politico che ci consentirebbe di superare la miopia con la quale guardiamo il mondo attraverso tre registri: l’ecologia ambientale, quella sociale e quella mentale. Un processo che vedrebbe gli individui diventare contemporaneamente solidali e sempre più differenti tra loro, tesi al dissenso più che al consenso. Senza articolazione fra tre registri, secondo l’autore, si va incontro a fenomeni come razzismo, fanatismo religioso e scismi nazionali.

LA PORNOECOLOGIA E IL RUOLO DEI MEDIA – La Cecla, a questo proposito, affronta un tema fondamentale, ossia quello del ruolo dei media. Che, secondo l’antropologo, rifiutano di guardare in faccia la degradazione ambientale, sociale e mentale. I pericoli più grandi sono due: “Che non ci si accorga del guaio in cui ci siamo cacciati” e che “non ci si accorga del peso che i media giocano in questa degradazione”, con una gestione generale dell’opinione pubblica che conduce alla perdita di responsabilità e di esperienza diretta dei singoli nei confronti dell’ambiente.

IL POTERE COMUNICATIVO DI GRETA – Proprio a questo proposito sono significative le parole pronunciate dalla 16enne svedese Greta Thunberg che a gennaio, a Davos, ha detto ai leader mondiali riguardo ai cambiamenti climatici: “La nostra casa è in fiamme. Non voglio che speriate, vi voglio vedere nel panico”. E li ha accusati: “Dite di amare i vostri figli, ma state rubando il loro futuro davanti ai loro occhi”. Invitandoli dunque alla consapevolezza e alla responsabilità. I #FridayForFuture, lo sciopero mondiale per il futuro e la mobilitazione partita dalla ragazzina svedese portano a una riflessione. Perché tutto ciò fa parte di una comunicazione, di un messaggio che i media contribuiscono a diffondere. Ma si tratta davvero di valori, convinzioni e atti concreti di cui ciascuno fa esperienza direttamente oppure basta mettere un like sui social alla foto di Greta per illudersi di dare il proprio supporto? Secondo l’autore, inoltre, c’è anche un altro rischio legato ai media, ossia quello che allarmismo e catastrofi annunciate, possano vaccinare il pubblico e renderlo indifferente. La Cecla si chiede, dunque, se i media non facciano solo male alla natura.

I PARADOSSI DELLA POLITICA – Il contributo dell’antropologo approfondisce anche il tema del ruolo della politica. Già in passato (il libro ripercorre la storia dei Verdi) l’ecologia “è stata ‘infilata’ in politica”, diventando “da disciplina dell’opposizione a disciplina della classe dominante” e, scrive l’antropologo, “svuotandosi di ciò che di più ricco aveva”, ossia “l’alienità dalla politica”. Oggi la politica si trova davanti a un paradosso: da un lato continua ad alimentare il problema dell’ambientale (mentre la natura viene utilizzata come miniera e come discarica) dall’altro deve essa stessa a trovare delle soluzioni per evitare il disastro. ‘Le tre ecologie’ sarà presentato a Milano, il 17 marzo, nell’ambito di Book Pride 2019, la quinta edizione della fiera degli editori indipendenti.

* da ilfattoquotidiano 15 marzo 2019

11 marzo 2019

Pesticidi, poter avere cibo senza veleni è una questione di democrazia


 di Patrizia Gentilini *

Il 7 marzo si è svolta presso la sala stampa della Camera una conferenza stampa, promossa trasversalmente da diverse forze politiche, alla presenza di Vandana Shiva che ha illustrato la campagna per un cibo e una agricoltura senza veleni e senza combustibili fossili entro il 2030.

Agricoltura e clima – argomento più che mai di attualità in vista dello sciopero mondiale del 15 marzo – sono due facce di una stessa medaglia, perché per ridurre l’emissione di gas serra e contrastare i cambiamenti climatici dobbiamo aumentare il sequestro di carbonio organico nei suoli, grazie a una agricoltura non fondata sull’agrochimica e non certo bruciare biomasse considerando “rinnovabile” l’energia prodotta. Su questo argomento di cruciale importanza la posizione di noi Medici per l’Ambiente è stata espressa con grande chiarezza.

A fianco di Vandana, il 7 marzo, invitati a portare le proprie testimonianze, anche agricoltori biologici, ricercatori, medici, associazioni, comitati che si battono per una agricoltura senza veleni  e per difendere la salute dei loro figli – come i genitori di San Giacomo preoccupati dalla piantumazione di un vigneto a ridosso dell’asilo frequentato dai loro bambini – e il Sindaco di Malles, cittadina dell’Alto Adige caratterizzata dalla coltivazione intensiva di meleti e diventata simbolo, non solo in Italia,  della lotta ai pesticidi perché  qui fu vinto con ampia maggioranza (76%) e con una partecipazione del 70% un referendum per la messa al bando degli agrochimici. Il referendum fu giudicato illegittimo e la Corte dei Conti, con sentenza giunta proprio lo scorso 8 marzo, ha condannato il coraggioso Sindaco di Malles – che altro non aveva fatto che difendere la salute e rispettare la volontà dei suoi concittadini – a una pesante sanzione economica.
Vorrei partire proprio da questa ultima notizia perché credo dimostri in modo inequivocabile la verità delle parole pronunciate da Vandana nella conferenza stampa: “È chiaro dalle evidenze che la questione dei prodotti chimici nel nostro cibo è una questione di democrazia. La libertà dei cittadini da ciò che è nocivo dovrebbe essere garantita. È ciò per cui le comunità lottano nel mondo. Ogni volta che i diritti democratici vengono messi al primo posto delle decisioni allora c’è una distorsione per silenziare le persone. La democrazia come ogni cosa vivente cresce dal basso verso l’alto, quando ciò non avviene tale principio viene violato”.

Non è più quindi in gioco solo il diritto alla salute e a vivere in un ambiente salubre, ma qualcosa di ancora più grande ed importante: il diritto stesso delle comunità di decidere del proprio destino, cominciando proprio dall’agricoltura per coltivare e vivere senza veleni. Da numerosi studi ormai sappiamo che l’alimentazione biologica non solo ha meno residui di pesticidi e cadmio, ma  è più ricca di nutrienti, antiossidanti, riduce il rischio di cancro e in gravidanza protegge il neurosviluppo. Indiscutibili i vantaggi dell’agroecologia su biodiversità e fertilità dei suoli, ma non solo: un recentissimo articolo della rivista Nature Substainability abbatte anche l’ultimo baluardo di chi difende il modello agricolo industriale, ovvero che i pesticidi proteggono i nostri raccolti e quindi garantiscono cibo per tutti. In questo studio, attraverso due distinte metanalisi, si è dimostrato, al contrario, che nelle coltivazioni biologiche vi sono minori infestazioni di patogeni e un miglior controllo dei parassiti grazie a una maggior presenza di erbe avventizie (malerbe).

Non ci sono più scuse quindi per non abbandonare il prima possibile un modello agricolo che ogni giorno di più si dimostra insostenibile, fallimentare e nocivo per la salute dell’uomo e dell’ambiente. L’esempio del Sikkim, primo stato 100% bio premiato dall’Onu, è il migliore incoraggiamento per le tante comunità che in tutto il mondo sempre più stanno lottando per perseguire questo obiettivo.

* medico oncologo ed ematologo, membro di Isde

da il blog su ilfattoquotidiano, 11 marzo 2019