27 maggio 2016

ECOLETTERA 75 del Gruppo Cinque Terre





costruire la transizione: un nuovo ecologismo - democrazia - giustizia - nuovi lavori

Gruppo Cinque Terre                ECOLETTERA  75 - 16 maggio 2016

Editoriale 1: Luoghi urbani in comune

Orti-giardini comunitari, mense sociali, servizi di assistenza sanitaria, educazione, sport e cultura, e ancora dopo scuola autorganizzati… Esperienze di auto-determinazione di comunità locali si diffondono in tante città. Qui raccontiamo quello che accade, ad esempio, ad Atene, Berlino, Liverpool e Rotterdam. Poco importa se queste esperienze hanno differenze e grandi fragilità, una cosa è certa: ovunque gruppi di cittadini hanno smesso di delegare e dimostrano che è possibile creare luoghi sociali ( D. Patti, L.Polyak e M.Baioni su  www.comune-info.net ) leggi

Editoriale 2: L’appello di Gianfranco Pasquino per il No al referendum costituzionale

“Macché efficienza e risparmi, 10 No a riforme da mercato delle pulci”. Appello del professore emerito di Scienza politica all’università di Bologna, già sottoscritto da Carlo Galli, Marco Valbruzzi e Maurizio Viroli. Non è vero che la riforma del Senato nasce dalla necessità di velocizzare il procedimento di approvazione delle leggi. La riforma del Senato nasce con una motivazione che accarezza l’antipolitica “risparmiare soldi” (ma non sarà così che in minima parte) e perché la legge elettorale Porcellum ha prodotto due volte un Senato ingovernabile. Era sufficiente cambiare in meglio, non in un porcellinum, la legge elettorale. Il bicameralismo italiano ha sempre prodotto molte leggi, più dei bicameralismi differenziati di Germania e Gran Bretagna, più della Francia semipresidenziale e della Svezia monocamerale. Praticamente tutti i governi italiani sono sempre riusciti ad avere le leggi che volevano e, quando le loro maggioranze erano inquiete, divise e litigiose. Le riforme costituzionali sono più importanti di qualsiasi governo. Durano di più. Se abborracciate senza visione, sono difficili da cambiare. Sono regole del gioco che influenzano tutti gli attori, generazioni di attori. ( da ilfattoquotidiano ) leggi

Editoriale 3: Il G7 promette bene e poi investe sul carbone

Ecco i dati da ricordare mentre si chiede una inversione di tendenza: dal 2007 al 2015 i paesi del G7 hanno fornito più di 42 miliardi di dollari in forma di finanziamenti diretti, garanzie, assistenza tecnica e aiuti per centrali a carbone, estrazione e progetti correlati. Nel solo 2015, gli stessi paesi hanno messo a disposizione 2,5 miliardi di dollari per la finanza del carbone, nonostante i nuovi impegni assunti per limitare i crediti all’export. Insieme ai privati, sotto accusa sono anche le banche e il settore pubblico. L’Italia non fa eccezione: secondo il dati del Wwf, nel 2015 ha aumentato, non diminuito, il finanziamento del carbone. Risale proprio alla seconda metà dell’anno scorso la garanzia per il finanziamento, pari a 632 milioni di dollari, da parte dell’agenzia italiana di credito alle esportazioni Sace, per un impianto a carbone nella Repubblica Dominicana. «I paesi del G7 e le istituzioni multilaterali dovrebbero fermare immediatamente i progetti di finanziamento di fonti di energia sporca e incoraggiare gli investimenti in energia pulita e rinnovabile», dice il Wwf. ( Antonio Sciotto su ilmanifesto.it ) leggi

Italia: triplica l’export di armamenti, crolla la trasparenza

Esportare materiali bellici fa bene all’economia italiana; la trasparenza invece può nuocere. E' ciò che si evince dalla “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” riferita all'anno 2015 inviata alle Camere lo scorso 18 aprile per conto del governo Renzi, dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti. Il documento in due volumi, che da oggi è disponibile sul sito del Senato, riporta cifre impressionanti sull’incremento delle licenze all’esportazione: nel 2015 i valori sono più che triplicati ed hanno raggiunto la cifra record dal dopoguerra di oltre 8,2 miliardi di euro (erano stati meno di 2,9 miliardi di euro nel 2014). (Giorgio Beretta su www.unimondo.org ) leggi

Comuni rinnovabili 2016. L’innovazione nei territori per un futuro energetico rinnovabile
Oltre 850mila impianti da fonti rinnovabili distribuiti in tutti i Comuni Italiani. Sono 39 i Comuni “100% rinnovabili”, dove le energie pulite soddisfano tutti i consumi e riducono le bollette di cittadini e imprese Premiati i Comuni di Val di Vizze (BZ) e San Lorenzo Bellizzi (CS)E cinque parchi per la spinta alle rinnovabili nei territori. Legambiente: “I successi dei Comuni rinnovabili dimostrano che l’obiettivo 50% da rinnovabili è possibile. Ma occorre liberare l’autoproduzione e spingere l’innovazione nei progetti e nelle reti”. Il rapporto Comuni Rinnovabili 2016 di Legambiente è stato presentato a Roma. L’Italia è il primo Paese al mondo per incidenza del solare rispetto ai consumi elettrici (l’8,1%, pari al fabbisogno di 9,1 milioni di famiglie), davanti a Grecia e Germania, e possiede alcune delle esperienze di innovazione più interessanti a livello mondiale che vedono protagonisti comunità, enti e imprese locali. ( da www.legambiente.it ) leggi
Trivelle: revoca delle concessioni se la compagnia produce sotto soglia di esenzione dalle royalties per 3 anni

Nel 2015 solo 18 delle 69 concessioni per le coltivazioni nel sottofondo marino hanno corrisposto royalties. Le rimanenti 51, che hanno “prodotto idrocarburi liquidi e gassosi sotto la soglia di esenzione”, la cosiddetta “franchigia” prevista dalla legge, non hanno versato un euro nelle casse pubbliche. Un dato tratto dall’e-book “Italia a rischio trivelle”, realizzato da Stefano Lenzi e Fabrizia Arduini, di Wwf Italia. Dal quale un gruppo di senatori del Movimento 5 Stelle prende spunto per tornare alla carica sul tema delle trivellazioni dopo il mancato quorum dell’ultimo referendum. La mozione a prima firma Gianni Girotto chiede al governo di intervenire su una norma che consente di fatto “alle compagnie titolari di concessione di coltivazione di produrre idrocarburi liquidi o gassosi senza obbligo di dover corrispondere alcuna royalties, determinando così minori entrate per l’erario dello Stato e degli Enti territoriali”. Basta, in altre parole, che le compagnie petrolifere si mantengano al di sotto della soglia di esenzione per evitare di pagare un solo centesimo pur realizzando profitti dagli idrocarburi estratti. (  Antonio Pitoni su ilfattoquotidiano.it ) leggi

Anche aprile è stato il più caldo mai registrato. Molti incendi, poco ghiaccio. CO2 già a 400 ppm

Un report della Nasa ha appena confermato  che l’aprile appena trascorso è stato il più caldo mai registrato e anche  il periodo gennaio-aprile è stato di gran lunga il più caldo da quando l’uomo registra le temperature. Secondo Stefan Rahmstorf, a capo dell’Earth System Analysis del Potsdam Institute for Climate Impact Research, «il margine con il quale aprile 2016 ha battuto il record precedente per aprile è tre volte più grande (0,24 ° C) rispetto a qualsiasi margine di un precedente record di aprile (il più grande è stato 0,08 ° C)». Invece, che il periodo gennaio-aprile sia stato il più caldo mai registrato non è una sorpresa: anche marzo aveva battuto ogni record di caldo e altrettanto avevano fatto gennaio e febbraio e tutti con grande margine rispetto ai record precedenti. «Possibilità superiore al 99% che il 2016 sarà l'anno più caldo mai registrato». ( da greenreport.it ) leggi
 
Francia: Cosa può fare davvero Nuit debout?

Cosa possono produrre le “Notti in Piedi”? Scatenare lo sciopero generale? Redigere una nuova Costituzione? Cambiare le strutture sociali? Si, sarebbe bello. Ma cosa potrebbe essere, davvero, il movimento Nuit debout (Notte in piedi) oggi? Da dove arriva e quale contributo originale può fornire al progetto di messa in scacco della legge sul lavoro e del suo mondo? Come fare perché Nuit debout liberi la sua potenza e cominci a cambiare la società, oltre alle piazza occupate? Ecco un contributo collettivo ai dibattiti che corrono nei movimenti, da parte di Annick Coupé (ex portavoce di Solidaires), Thomas Coutrot (Attac), Nicolas Haeringer (350.org) e Aurélie Trouvé (“économiste atterrée”)  ( Thomas-Coutrot, Annick Coupé, Nicolas Haeringer e Aurélie Trouvé su
www.comune-info.net  ) leggi

Austria: vince il verde Van der Bellen. Sconfitta la destra ultranazionalista di Hofer

È stato il voto per corrispondenza, circa 900.000  su poco più di sei milioni di elettori, a ribaltare l'esito delle presidenziali austriache .  Van der Bellen è il nuovo presidente del Paese: ha vinto con un vantaggio di 31.026 voti (50,3%), Hofer ha ottenuto il 49,7%. Per dieci anni a capo dei Verdi, sotto la cui guida sono diventati il quarto partito, è chiamato a diventare il primo verde ad essere eletto alla massima carica dello Stato austriaco e il solo in Europa attualmente. Accreditato con il 21,3% dei voti al primo turno, nettamente indietro rispetto a Hofer, Van der Bellen ha beneficiato dei voti dei partiti tradizionali che avevano subito una storica sconfitta al primo turno delle presidenziali ad aprile. L'affluenza è stata record, del 72,7%. L'appuntamento elettorale austriaco è stato seguito da vicino in tutta Europa. ( Alberto Custodero su www.repubblica.it ) leggi

USA: Bernie spinge a sinistra con il suo «comitato centrale» 

Fra due settimane le primarie politiche americane giungeranno al termine con la votazione nei Dakota, Montana, New Jersey, New Mexico e California. Per Donald Trump, ormai senza avversari si tratta di «finire i giri» e ottenere i 1237 delegati richiesti per l’investitura. Per i democratici la partita è ufficialmente ancora aperta. Il 25 luglio a Philadelphia si svolgerà la convention che dovrà sancire l’investitura della candidata e stabilire il programma con cui democratici si presenteranno alle elezioni. Dietro le quinte però rimane da giocarsi una cruciale partita politica destinata a rivelare l’effettivo peso della sinistra «resuscitata» dalla Bernie revolution. Questa settimana i 10 milioni di voti raccolti hanno dato i loro primi risultati concreti con la «concessione» a Sanders di scegliere 5 dei 15 integranti del platform committee incaricato di stilare il programma del partito (sei spetteranno a Clinton e quattro saranno «neutrali»).( Luca Celada su ilmanifesto.it ) leggi

La foto del giorno: Una primavera di referendum. Per respingere con un NO le modifiche costituzionali su cui si voterà ad ottobre 2016. Per respingere nel 2017 i punti più inaccettabili della legge elettorale Italicum ( premio e liste bloccate ). In aggiunta Scuola, Jobs act, Trivelle, Inceneritori, Beni Comuni. In tutta Italia si raccolgono le firme fino a fine giugno presso le sedi di tutti i Comuni o ai tavoli in piazza. 



VIDEO ARCHIVIO

TV Debout: La mobilitazione in Francia iniziata a fine marzo contro la legge sul lavoro non si ferma ed ha anche la sua TV che diffonde ogni giorno notizie sulle iniziative in corso. vedi
 
Land Grabbing è un documentario dell’austriaco Kurt Langbein  presente al Festival Cinemambiente di Torino. I terreni agricoli stanno diventando sempre meno e quindi più preziosi. Ogni anno si perdono dodici miliardi di ettari a causa del consumo del suolo e anche la finanza mondiale ha scoperto il valore economico della terra. Attraverso il land grabbing, i più ricchi del pianeta cercano di assicurarsi una delle più importanti risorse naturali. vedi

Beasts of No Nation ( Bestie senza patria ) è un film di Cary Fukunaga basato sul romanzo dello scrittore di origine nigeriana Uzodinma Iweala. In un paese africano la guerra incombe sul villaggio del giovane Agu. Tutti i membri della famiglia vengono uccisi e i ribelli lo costringono ad unirsi a loro e a diventare un bambino soldato. vedi
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Il punto di vista  del Gruppo Cinque Terre:

·                     Frammenti di riflessione politica per il nuovo anno ( Giovanni Chiambretto e Massimo Marino ) Gennaio 2016  leggi

 



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9 maggio 2016

Italia: triplica l’export di armamenti, crolla la trasparenza



di Giorgio Beretta *

Esportare materiali bellici fa bene all’economia italiana; la trasparenza invece può nuocere. E' ciò che si evince dalla “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” riferita all'anno 2015 inviata alle Camere lo scorso 18 aprile per conto del governo Renzi, dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti. Il documento in due volumi, che da oggi è disponibile sul sito del Senato, riporta cifre impressionanti sull’incremento delle licenze all’esportazione: nel 2015 i valori sono più che triplicati ed hanno raggiunto la cifra record dal dopoguerra di oltre 8,2 miliardi di euro (erano stati meno di 2,9 miliardi di euro nel 2014).

DECOLLANO GLI AFFARI

Valori di cui fanno parte i quasi 3,2 miliardi di euro relativi ai programmi di cooperazione intergovernativa che riguardano principalmente i paesi Nato e Ue: programmi che il Ministero degli esteri e della cooperazioni (MAECI) considera un tutt’uno insieme alle reali autorizzazioni all’esportazione (denominate “Esportazioni definitive”) contribuendo così a falsare le percentuali delle licenze all'esportazione per paesi e per zone geopolitiche: se non si conteggiano – come veniva fatto fino a qualche anno fa – i valori relativi ai programmi di cooperazione intergovernativa, la ripartizione nei grafici che il MAECI ha inserito nel Vol. 1 da p. 924 appare molto diversa. Per capirlo occorre leggere attentamente le cifre riportate nel Vol. 1 alla Tabella 16 (p. 833): come si nota, il principale paese destinatario delle autorizzazioni all’esportazione non è (come indurrebbe a pensare il grafico di p. 925) il Regno Unito (poco più di 130 milioni di euro), ma la Norvegia (389 milioni), seguita da Singapore (381 milioni), Stati Uniti (344 milioni) e Emirati Arabi Uniti (304 milioni). Piccoli trucchi contabili che servono a gettare un po’ di fumo negli occhi dei lettori frettolosi e inesperti e soprattutto a gonfiare le percentuali di ripartizione dei “paesi alleati” (Nato e Ue) rispetto a quelle delle zone a rischio (Medio Oriente, Asia, Africa).

Le autorizzazioni all’esportazione di sistemi militari, escluse quindi quelle per programmi intergovernativi di cooperazione, nel 2015 sono state di quasi 4,7 miliardi di euro (€4.699.362.476), valore che si avvicina alla cifra record del 2009 (4,9 miliardi, qui il grafico) alla quale aveva contribuito la torbida commessa e il via libera del Regno Unito all’esportazione di 72 Eurofighter Typhoon all’Arabia Saudita. Ma il dato più preoccupante sta in una riga della Relazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri: “l’Italia nel 2015 non ha emesso dinieghi all’export” (p. 8). In altre parole, nessun diniego e poche restrizioni pur di far cassa. Se si tiene presente che – come riporta la Relazione del MAECI (p. 21) – le aziende che hanno ricevuto le commesse più consistenti fanno parte del gruppo Finmeccanica (adesso "Leonardo"), che è controllato per il 30,2% dal Ministero del Tesoro, appare evidente l’interesse del Governo Renzi a chiudere più di un occhio sulle operazioni delle industrie del gruppo. E a non rendere troppo note nel dettaglio le operazioni che riguardano i paesi a rischio, in zone di tensione e soprattutto con i regimi autoritari che forniscono petrolio e affari all'ENI (dove ha trovato impiego l’ex viceministro agli Esteri, Lapo Pistelli, che aveva la delega per l’esportazione di armamenti).

CROLLA LA TRASPARENZA

Lo avevo già scritto lo scorso anno e purtroppo devo confermarlo. La Relazione che da due anni viene inviata alle Camere è ormai praticamente inutile per conoscere in dettaglio le operazioni autorizzate e svolte per esportazioni di armamenti. Tranne i valori monetari complessivi e i generici materiali militari suddivisi per paese (si veda nel Vol.1 la già citata Tabella 16, p. 883), la Relazione non dice nemmeno quest’anno quali siano i paesi destinatari dei materiali militari delle 2.775 autorizzazioni rilasciate e che sono tutte singolarmente riportate nella Tabella A1 del MAECI; ben 366 pagine di operazioni autorizzate di cui non si sa ciò che invece andrebbe saputo: il paese destinatario. Lo stesso vale per le operazioni effettuate, cioè le consegne di materiali militari (denominate “Esportazione Definitiva” e riportate nella “Tabella M” dell’Agenzia delle Dogane): 215 pagine di singole operazioni senza alcun riscontro del paese destinatario.
Mentre fino a qualche anno fa, incrociando le numerose tabelle fornite dai vari ministeri, era in qualche modo possibile ricostruire alcune delle operazioni autorizzate e svolte, oggi è praticamente impossibile. Tutto questo non solo rende gran parte della Relazione un mero esercizio burocratico e di facciata, ma soprattutto mina alla radice il controllo parlamentare e della società civile. Quella società civile che è stata la promotrice della legge n. 185 del 1990 dopo gli scandali delle esportazioni di sistemi militari degli anni ottanta, coperte in gran parte dal segreto di Stato che, in vigore dai tempi del fascismo, ha regolato per 60 anni questa materia.
A nulla sono dunque valse le reiterate richieste al governo Renzi delle associazioni della Rete italiana per il disarmo presentate, oltre che in uno specifico documento, in una conferenza stampa tenutasi alla sala stampa della Camera lo scorso luglio (il video è qui). E nemmeno le proposte presentate lo scorso settembre dalla Rete Disarmo al Sottosegretario agli Esteri, Benedetto della Vedova, intese a promuovere maggior trasparenza e controllo.

Il fatto “curioso” è che di questa mancanza di trasparenza stanno approfittando, oltre che le aziende del gruppo Finmeccanica, soprattutto le banche estere. E tra queste in modo particolare quelle banche, come Deutsche Bank e BNP Paribas, che non hanno mai emanato delle direttive per il controllo delle operazioni finanziarie sugli armamenti convenzionali e sulle armi leggere.
Nonostante tutto ciò alcune informazioni si possono ricavare dalla Relazione. E sono informazioni preoccupanti. Come le 5.000 bombe partite dalla Sardegna inviate in Arabia Saudita e utilizzate dalla Royal Saudi Air Force per bombardare lo Yemen. O gli oltre 3.600 fucili della Benelli inviati lo scorso anno alle forze di sicurezza del regime di Al Sisi e di cui l’Osservatorio OPAL di Brescia ha dato notizia. Ma migliaia di operazioni restano in una vaga nebulosa. Alla faccia della trasparenza sbandierata dal governo Renzi. A proposito: dopo la nomina del sottosegretario Vincenzo Amendola al MAECI, adesso chi ha la delega per il controllo dell’esportazione di armamenti? Guarda caso è l’unica delega che non è riportata sul sito della Farnesina.

*  4 Maggio 2016   giorgio.beretta@unimondo.org

5 maggio 2016

Cosa può fare davvero Nuit debout?


Cosa possono produrre le “Notti in Piedi”? Scatenare lo sciopero generale? Redigere una nuova Costituzione? Cambiare le strutture sociali? Si, sarebbe bello. Ma cosa potrebbe essere, davvero, il movimento Nuit debout (Notte in piedi) oggi? Da dove arriva e quale contributo originale può fornire al progetto di messa in scacco della legge sul lavoro e del suo mondo? Come fare perché Nuit debout liberi la sua potenza e cominci a cambiare la società, oltre alle piazza occupate? Ecco un contributo collettivo ai dibattiti che corrono nei movimenti, da parte di Annick Coupé (ex portavoce di Solidaires), Thomas Coutrot (Attac), Nicolas Haeringer (350.org) e Aurélie Trouvé (“économiste atterrée”)


di Thomas-Coutrot, Annick Coupé, Nicolas Haeringer e Aurélie Trouvé ( da www.comune-info.net  ) *


Riprendersi la parola e passare all’azione: queste le motivazioni principali delle migliaia di persone che, in questo momento, occupano le piazze di Francia. La parola, confiscata da una classe politica di professionisti fuori campo e di grandi media sotto chiave. L’azione collettiva, diventata così difficile in questi tempi di precarietà ancora offuscati dallo Stato d’Emergenza. Eppure, eccoci imbarcati allegramente in un movimento sociale totalmente inedito in Francia, la cui ampiezza e le cui conseguenze sono ancora imprevedibili.



La scintilla è stata quella Legge Lavoro (1) che ancora oggi ci si chiede come possa ricevere un certo sostegno sindacale. Perchè fa prevalere l’accordo aziendale, luogo privilegiato del ricatto salariale, sulla legge e le convenzioni di settore. E fa del licenziamento economico una decisione di routine, autorizzandolo in caso di “riduzione importante di liquidità” o di riduzione delle attività per qualche mese, circostanze banali nella vita aziendale. Svuotando di senso la nozione di “giusta causa di licenziamento”, precarizza brutalmente il Contratto a tempo indeterminato, rendendolo ben più flessibile di quello a termine.


Questa aggressione s’iscrive nello “stato di emergenza economica” decretato il 17 dicembre 2015 da Pierre Gattaz, presidente del ministero di economia e finanza, approfittando dello shock provocato dagli attentati a Parigi e Saint-Denis. Ma la Shock Doctrine (2) ha fallito e il corpo sociale ha reagito con forza. La petizione #LoiTravailNonMerci (Leggelavoronograzie, ndt), il sito web #OnVautMieuxQueCa (Vogliamo di meglio, ndt), le giornate di sciopero e le manifestazioni organizzate in marzo da organizzazioni sindacali combattive hanno espresso il rifiuto della maggioranza della società. Il movimento ha imboccato tuttavia una nuova direzione il 31 marzo, con l’iniziativa “Notte in Piedi”, a favore della “convergenza delle lotte”.


Da una lotta contro la nuova riforma neoliberista del lavoro si è passati oramai al rifiuto de “La Legge Lavoro e del suo mondo”. Il riferimento esplicito, ampiamente presente nel movimento, alla lotta di Notre Dame des Landes (3) – contro “l’aeroporto e il suo mondo” è significativa: l’ambizione del movimento non è solo mettere sotto scacco un progetto menzognero, inutile e dannoso, ma di rifiutare il mondo che l’ha prodotto e cominciare a costruirne un altro. In Francia, quattro anni di presidenza Hollande e di promesse non mantenute, fino all’infame progetto di nazionalità a scadenza (4) e la scandalosa legge sul lavoro, hanno prodotto una constatazione largamente condivisa: non c’è da aspettarsi più niente e non c’è più niente da negoziare. L’oligarchia che ci governa, di “sinistra” come di destra, non è più un interlocutore perchè ha operato una secessione. Con l’1 per cento non abbiamo più un mondo in comune.


Ma come si spiega la forma che ha preso Nuit debout? Certamente gli esempi stranieri, molteplici da cinque anni a questa parte, sono stati un’ispirazione. Come per gli Indignados/Occupy, di fronte agli abusi dei ricchi e al disprezzo dei governanti la rivolta si concentra sulle piazze, che diventano “zone liberate”, delle Zad (5) urbane dove si può barattare, resistere, sperimentare e costruire. Qui si riprende fiato, si mettono le parole in libertà, si scrivono nuove cronache, utopie concrete per rifondare un vivere insieme. Prima solo qualche centinaio, poi qualche migliaio, presto speriamo molti di più.

Un ruolo ha anche il ricordo potente dei movimenti del 2003 e del 2010 contro la riforma delle pensioni, e del loro fallimento nonostante il lungo succedersi di manifestazioni gigantesche, largamente sostenute dall’opinione pubblica. Era quindi necessario innovare.


Questo lavoro di riappropriazione della parola e della creatività costituisce un “noi” popolare. Ricostruisce qualcosa in comune tra individui finora separati dalla concorrenza; e tra lotte anch’esse impotenti poichè sparse. I salariati sparpagliati in contratti multipli, paralizzati dalla precarietà e dalla paura del declassamento, non riescono più a occupare le fabbriche o gli uffici: occupano le piazze. La potenziale forza politica di questa creatività popolare è evidente. Ma è ancora in fieri. Come fare affinchè Nuit debout liberi davvero tutta la sua potenza e cominci a cambiare la società, oltre alle piazze occupate?


Chiamare alla redazione di una nuova Costituzione o allo sciopero generale presuppone che la questione sia risolta. È chiaro che dobbiamo cominciare a pensarci, ma redarre una nuova Costituzione non diventerà d’attualità se non in risposta all’affermazione di un potere costituente. Ora come ora, Nuit debout non è che l’inizio di un potere destituente. Il blocco dell’economia per sciopero sarebbe un’arma preziosa, ma Nuit debout per il momento si costruisce senza scioperi. Bisogna quindi, senza indugio, immaginare obiettivi e forme di azione diverse che si appoggino sull’enorme energia già disponibile.


Nel 2010, alcune Assemblee generali interprofessionali avevano iniziato a bloccare i depositi di carburante e le piattaforme logistiche, il che avrebbe potuto cambiare i rapporti di forza se si fosse diffuso. Più in generale, questi ultimi anni hanno visto un aumento, inedito in Francia, di atti di disobbedienza civile, una tradizione di lotta fino a poco tempo fa poco radicata nel nostro paese. Notre-Dame des Landes, Sivens (6) e altri progetti inutili e fattorie industriali, gole profonde, azioni anti-pubblicità, mietitori di sedie nelle banche implicate con i paradisi fiscali, azioni nel corso di COP21 e ora contro le multinazionali petrolifere a Pau o a Parigi…


Di fronte a un’oligarchia trincerata nel suo bunker, da cui governa contro il popolo, il blocco o la disobbedienza civile diventano strumenti chiave. Lo scandalo dei Panama Papers si è aggiunto all’aggressione della Legge Lavoro per dimostrare il cinismo delle elite. Azioni di disobbedienza nonviolenta ma determinata contro il ministero di economia e finanza, le banche e le multinazionali possono oggi contribuire al rapporto di forza che consentirà qualche vittoria, sia sulla Legge Lavoro che sui paradisi fiscali e le energie fossili.


Contro la Legge Lavoro e il suo mondo, contro l’evasione fiscale e i crimini climatici, le petizioni, gli scioperi e le manifestazioni, le occupazioni delle piazze sono indispensabili ma non sono sufficienti: con la Piazza de la Republique e tutte le piazze occupate, con i sindacati e le associazioni, con i cittadini mobilitati, inventiamo quelle azioni di disobbedienza nonviolenta e risoluta che colpiranno le immaginazioni e rinforzeranno il potere cittadino.


Note

1.     Nuova legge sul lavoro in Francia, presentata nel marzo 2016, di contenuti simili al Jobs Act renziano e molto avversata dalla popolazione.

2.     The shock doctrine, libro di Naomi Klein in cui si sostiene che sia più facile far accettare leggi o progetti molto avversati dalla popolazione nel momento in cui questa sia colpita da una catastrofe o da un trauma.

3.     Notre-Dame-des-Landes è il nome di un progetto di costruzione di un aeroporto che ha incontrato una fortissima resistenza da parte degli abitanti del posto e di ampi strati della cittadinanza.

4.     A stretto ridosso degli attentati di Parigi del novembre 2015, il premier Hollande voleva far passare una legge per revocare la cittadinanza francese a immigrati naturalizzati che avessero problemi con la giustizia.

5.     “Per i pianificatori la Zad é la Zone d’Aménagement Différé (Zona di Pianificazione Differita); per noi é la Zona da Difendere: un pezzo di campagna a qualche chilometro da Nantes (Bretagna) che dovrebbe lasciare il posto ad un aeroporto internazionale”. Da http://zad.nadir.org/

6.     Sivens è la località dove avrebbe dovuto essere costruita una diga che avrebbe distrutto quaranta ettari di zona umida ad alto tasso di biodiversità. Le proteste sostenute dagli abitanti e occupanti della Zad nel corso di sedici mesi e la morte di un giovane nel corso di uno sgombero lo scorso marzo, hanno portato alla sospensione del progetto.


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* Annick Coupé (ex portavoce di Solidaires), Thomas Coutrot (Attac), Nicolas Haeringer (350.org) e Aurélie Trouvé (économiste atterrée). L’articolo è stato pubblicato su un blog di Thomas Coutrot ospitato su mediapart.fr e qui con l’autorizzazione dell’autore (titolo completo originale Occupazioni, blocchi stradali, disobbedienza civile, sciopero: cosa può fare davvero Nuit debout?).         Traduzione: Maria Pia Corpaci per Comune.