28 giugno 2014

I berlinesi hanno deciso: Tempelhof non si tocca



di Massimo Marino

Ce l’hanno fatta. Incredibilmente. Il 25 maggio resterà una domenica storica per Berlino dove, oltre al voto europeo, il 64,3 % circa dei votanti al referendum cittadino ha deciso di rifiutare lo sviluppo immobiliare dell’ex aeroporto militare, imponendo la modifica dei programmi dell’amministrazione ( CDU/SPD)  della città. L’ex aeroporto, diventato parco nel 2009, resterà dunque com’è oggi: non saranno costruiti ne gli appartamenti, ne la biblioteca nazionale, ne tutto quanto previsto nella proposta del Senatore per lo Sviluppo Urbano Michael Müller (SPD), e immaginato nelle tre zone di urbanizzazione previste da uno studio di architetti scozzesi. Il piano di riconversione dell’area  prevedeva 4.700 tra abitazioni, uffici e infrastrutture su circa un terzo della superficie libera. 

La scelta non era facile, anche perché Berlino è in continua espansione, mancano abitazioni e servizi e l’enorme area dell’aeroporto fa gola a molti. Christian Ströbele dei Verdi, che insieme ai Pirati hanno una trentina di membri all’opposizione nella amministrazione comunale, ha definito il risultato un «bellissimo successo»; un altro Verde, Sebastian Walter, ha esultato perché «il paradiso resterà aperto»; per Mario Czaja della CDU, invece, «ha vinto la paura, che non è mai una buona consigliera».

L’iniziativa “100% Tempelhofer Feld”, che puntava a difendere la grandissima area verde situata tra Schöneberg e Neukölln dalle mire immobiliari, aveva raccolto più di 233mila firme per chiedere che fossero i cittadini a decidere delle sorti di Tempelhof. Per il referendum erano necessarie le firme del 7% dei residenti berlinesi, cioè 174.117 e la partecipazione di almeno il 25% degli elettori alle votazioni. Entrambi gli obiettivi sono stati superati. Per il sindaco Klaus Wowereit e i due partiti della grosse koalition cittadina  il risultato  è una sconfitta della loro amministrazione, ma l'esito è stato accettato e le abitazioni e i servizi previsti saranno forse cercati in altre zone della città.


L’episodio berlinese porterebbe ad approfondite riflessioni sul rapporto fra politica e cittadini in questo paese, da molti considerato il responsabile di molti aspetti della crisi europea. E’ evidente che la scelta di far coincidere il voto con quello europeo ha facilitato la partecipazione permettendo  ai berlinesi di decidere senza trucchi e mistificazioni. In Italia si sarebbe imposto l’esatto contrario. A novembre un referendum sulla rete dell’energia cittadina aveva fallito a causa della insufficiente partecipazione. La proposta per Tempelhof era apparentemente allettante: “ La città del futuro” del progetto prevedeva un grande lago, una nuova fermata del metrò, il mantenimento di una parte di verde attrezzato ma poi anche tanto, tanto, cemento. Si prometteva un quartiere con prezzi calmierati accessibile anche a chi appartiene alle fasce di reddito più basse. Promesse incerte, di certo insidiose, ma poco credibili viste altre esperienze passate. 

Per il Comitato che  dal piccolo centro di coordinamento di Neukölln ha esteso l’azione per il referendum in tutta la città il successo è grande, per il risultato e per la partecipazione diretta dei cittadini  alle decisioni imposta con la raccolta delle firme.  Gli esponenti di 100% Tempelhofer Feld non escludono un possibile sviluppo dell’area, specie nelle parti oggi totalmente abbandonate,  per le quali suggeriscono strutture per il gioco dei bambini o per avviare progetti collegati alla comunità locale, ma senza snaturare la natura di grande parco cittadino di Tempelhof.

Anche la musica ha fatto la sua parte negli avvenimenti berlinesi. Happy,  un brano del cantante statunitense Pharrell Williams, pubblicato il 21 novembre 2013, ma poi prodotto in diverse versioni in diversi paesi del mondo ha assunto un ruolo simbolico nella battaglia per il parco. Centinaia di berlinesi hanno girato un video personale di Happy nel Parco e poi lo hanno messo in rete su you tube. Il Parco è sede di numerosissimi appuntamenti musicali da anni, compare anche nell’ originalissimo  film Berlin Calling di Hannes Stöhr, con Paul Kalkbrenner, noto dj e autore di musica elettronica i cui appuntamenti annuali normalmente si svolgono nel Parco.

           

La battaglia per la tutela del Parco  iniziata nel 2008, dovrebbe consolidare un’oasi naturalistica di circa 386 ettari, dove sono già presenti varie specie di animali e vegetali, alcune a rischio di estinzione in Europa. Alcune parti saranno autogestite dai cittadini per la coltivazione biologica di orti urbani, in altre è possibile già da tempo fare picnic e sport, da jogging e pattini a bicicletta o sci quando nevica. Oltre ai concerti e alle manifestazioni culturali già consuetudine degli ultimi anni. Il parco al centro di Berlino è più grande di  Central Park di New York e nel 2013 è stato frequentato da circa due milioni di visitatori, cittadini o turisti, attratti dalla originalità del luogo. Attualmente, l'area offre un percorso di sei chilometri per andare in bicicletta, anche una superficie di 2,5 ettari per grigliate e una vasto prato per cani di circa 4 ettari. I tre ingressi (Columbiadamm, Tempelhofer Damm e Oderstraße) sono aperti dall'alba al tramonto.

Tempelhof, aeroporto militare dal 1923, prende il suo nome dai cavalieri Templari che nel XIII secolo si stabilirono per un periodo in questa area poi  il luogo fu trasformato in una zona militare di grande rilievo fino al 1948 quando, nella parte della città sotto il comando americano, rifornì Berlino Ovest di generi alimentari superando il blocco attuato dai sovietici.

Berlino è una città in cui le imposizioni dall’alto spesso non vengono accettate passivamente, soprattutto quando si tratta di tutela del territorio e qualità della vita cittadina. Il no al  programma edificatorio dell’ex aeroporto è un esempio di rifiuto del processo di gentrificazione (gentrification) con il quale un cambiamento radicale dell’uso di un territorio ne snatura totalmente la sua storia e la sua immagine, ne allontana i suoi abitanti originari sostituiti da una nuova classe omogenea e benestante, una nuova “gentry”. Scompare qualunque vocazione di tutela di una comunità mentre aree dismesse e abbandonate, su iniziativa e per interesse di privati, ma spesso con costi pubblici, assumono una nuova apparente vocazione turistica e consumistica ( hotel, centri commerciali, sfilate di moda, caricature urbanistiche alla Disney), una specie di land grabbing in occidente, che emargina definitivamente le popolazioni locali e distrugge le potenzialità originarie del territorio.

27 giugno 2014

Il segreto della Corte



 Andrea Fabozzi *                           ( da ilmanifesto,  22 giugno 2014)


Come clan­de­sti­na­mente e con lo stesso tasso di asten­sio­ni­smo degli elet­tori alle euro­pee, quat­tro su dieci, depu­tati e sena­tori stanno pro­ce­dendo all’elezione di due giu­dici costi­tu­zio­nali. L’ultimo scru­ti­nio si è con­cluso alle dieci di sera nell’aula vuota di Mon­te­ci­to­rio, invano per­ché il quo­rum è ancora molto alto. Per essere eletti ser­vi­rebbe il voto dei due terzi dei par­la­men­tari, cioè più di quanti nel com­plesso stanno rispon­dendo alla chia­mata. Si fa melina, nell’attesa di un accordo che è poi quello desti­nato a sbloc­care le riforme costi­tu­zio­nali e la legge elet­to­rale. I giu­dici sono due, uno lo vuole sce­gliere Renzi, l’altro lo chiede Berlusconi.
Nella Costi­tu­zione la Con­sulta è il primo degli organi di garan­zia della Repub­blica; nella realtà degli ultimi vent’anni di ran­co­roso regime mag­gio­ri­ta­rio lo è stata sem­pre di più. Norme pale­se­mente inco­sti­tu­zio­nali, tal­volta ad per­so­nam, appro­vate a testa bassa da mag­gio­ranze solip­si­sti­che, hanno tro­vato l’ultimo baluardo nel giu­dice delle leggi. Una riforma elet­to­rale che ha alte­rato il corso della sto­ria poli­tica del paese è stata alla fine argi­nata. Sen­tenze come le recenti su dro­ghe e fecon­da­zione hanno rime­diato alla cru­deltà del cen­tro­de­stra e all’incapacità del cen­tro­si­ni­stra. Deci­sioni corag­giose come l’accoglimento del refe­ren­dum sull’acqua hanno con­sen­tito la difesa di diritti fon­da­men­tali. Certo, non sono man­cati giu­dizi pes­simi, uno è quello sul segreto di stato nel caso Abu Omar, e quasi tutti sono arri­vati con pesante ritardo. Ma non per caso Ber­lu­sconi dipinge da tempo la Con­sulta come un covo di rossi (esclusi quelli che lo invi­tano a cena). Quanto a Renzi, si sa che ha preso come un affronto per­so­nale la rimo­zione del Por­cel­lum: gli tor­nava utile per minac­ciare le ele­zioni anticipate.

La Corte Costi­tu­zio­nale non può essere un affare segreto da rego­lare tra due con­traenti. Tanto più con le riforme costi­tu­zio­nali che si annun­ciano, con la legge elet­to­rale ultra maggioritaria che si pre­para in totale con­ti­nuità con la pre­ce­dente e,  aggiun­giamo,  con il giu­di­zio pen­dente sulla legge elet­to­rale per le euro­pee. I quo­rum costi­tu­zio­nali, peral­tro pre­vi­sti in regime di legge elet­to­rale pro­por­zio­nale, sono stati pen­sati per favo­rire la rap­pre­sen­ta­zione di tutte le cul­ture poli­ti­che del paese, non per ridurre le nomine della Con­sulta a uno scam­bio a due. Il pre­si­dente della Repub­blica non può restare spet­ta­tore di que­sta melina, tanto meno que­sto pre­si­dente che prima della fine dell’anno si tro­verà nella straor­di­na­ria con­di­zione di nomi­nare il suo quarto e il suo quinto giu­dice costi­tu­zio­nale. Avendo di fronte un man­dato ancora lungo (fino a quando vorrà), cosa che è capi­tata solo al pre­si­dente Gron­chi nell’anno di nascita della Corte. E non è neces­sa­rio insi­stere sulla deli­ca­tezza dei rap­porti tra Qui­ri­nale e Con­sulta: basta ricor­dare le vicende del pro­cesso di Palermo sulla trattativa.
Un’altra ele­zione dei giu­dici costi­tu­zio­nali è pos­si­bile. I par­titi espon­gano alla luce del sole i loro can­di­dati. I par­la­men­tari Grillini l’hanno già fatto. Per quanto con le solite moda­lità per ini­ziati, i 5 stelle hanno sele­zio­nato delle buone can­di­da­ture e quella ottima della costi­tu­zio­na­li­sta Sil­via Nic­co­lai.   Renzi, homo novus, può accet­tare la sfida?

·          °  immagine da ilpost.it 

23 giugno 2014

Anche i Greens fanno Harakiri ?



Secondo un sito europeo ben informato è quasi definitiva la composizione dei gruppi del Parlamento Europeo. La scadenza è il 24 giugno e la  prima riunione plenaria l’ 1 luglio. Sostengo da tempo che il mancato accordo fra M5Stelle e Greens, che ha trovato attivi  e geniali guastatori in un campo e nell’altro, avrebbe avuto conseguenze disastrose per entrambi.



I fatti sembrano darmi, ahimè, ragione e siamo appena all’inizio. Nel M5Stelle la lacerazione è abbastanza silenziosa ma profonda e pochi sembrano rendersi conto delle pesanti conseguenze. Per la prima volta Grillo non fa solo un errore tattico, succede a tutti, ma sbaglia, e clamorosamente, la direzione di marcia portandosi dietro l’intero Movimento. Più o meno silenziosamente centinaia, forse migliaia si sono già allontanati nello sconforto. Scanzi ha scritto che la scelta Farage sarebbe costata almeno un milione di voti  a Grillo, ma personalmente penso che le conseguenze saranno ben più pesanti e c’è da sperare che si apra, senza lacerazioni e abbandoni ma con coraggio, perché del M5Stelle l’Italia ha bisogno, un serio dibattito sulla inadeguatezza delle forme decisionali interne al M5Stelle che da sempre indichiamo come uno dei suoi punti deboli e non più sostenibili.


Ma il Harakiri non lo hanno fatto solo i grillini, come ho scritto, ma la sconclusionata gestione del problema da parte dei Greens, con l’eccezione di Bovè, l’unico che forse sembra aver colto per tempo in che angolino si andavano  a mettere, sta già dando i primi frutti velenosi.


Dal sito indicato emerge che i veri sconfitti dal mancato accordo con il M5S sono i Verdi che perdono ulteriori pezzi. Erano 58 nel precedente parlamento, 52 previsti in quello nuovo subito dopo il voto,  ma per la strada ne avrebbero  persi altri 2 e sarebbero 50 !!! .




Passerebbero dal quarto al sesto gruppo per dimensione e non raccolgono nulla dai nuovi movimenti sociali degli ultimi 5 anni  in Europa, anzi declinano. Se è vero l’ingresso di 4 belgi ecologisti a fianco dei grillini nell’ EFD, di cui non ho però conferme ufficiali, verrebbero superati anche dal gruppo UKIP-M5S dell’ EFD , una vera caporetto politica ).


Riusciranno la Frassoni e Bonelli ad esportare anche nel resto d’Europa l’opzione ZeroGreens, applicata da anni e con metodo da noi, ed affossare, dopo l’Italia,  anche il resto dei verdi europei ?



E’ da notare che uniti insieme i Greens e il gruppo del M5Stelle, con anche una forte potenzialità di attrazione verso altri eletti compatibili, sarebbero stati di gran lunga il terzo gruppo del PE  con una notevole possibilità di influenza sia nelle Commissioni che in aula, influenza che  entrambi non avranno affatto nella attuale collocazione. E con più facili possibilità di collaborazione anche con il gruppo della sinistra del GUE/NGL al quale hanno aderito ad esempio i 5 indignados spagnoli di Podemos, da sempre considerati amici da molti grillini nostrani. Difficile ricordare errori politici, sprovvedutaggine ed ingenuità di queste dimensioni nella storia politico-istituzionale di questa povera  Europa.  



( Massimo Marino )


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