25 aprile 2010

Gli alberi di Abbado e il Comune di Milano

Già da mesi Claudio Abbado ha annunciato la disponibilità a tornare a dirigere l’orchestra della Scala di Milano, un annuncio straordinario dopo il suo abbandono nel 1986. Ha chiesto però come cachet la piantumazione di 90.000 alberi nel territorio comunale, quasi una dichiarazione d’amore per la sua città.

Proposta accolta apparentemente con entusiasmo dalla Moratti che con Chiamparino di Torino ha spartito qualche settimana la figuraccia della timida proposta di stop domenicale alle auto. Proposta semifallita nell’indifferenza di numerosi sindaci, equamente spartiti fra destra e sinistra, evidentemente meno preoccupati di loro di possibili interventi della magistratura visto che a due mesi dall’inizio dell’anno entrambe le città sono già “fuorilegge” per numero di sconfinamenti delle polveri sottili.

Renzo Piano, l’architetto che in giro per il mondo progetta, l’ultimo a San Francisco, edifici dove si dovrebbe arrivare alla totale autonomia e autoproduzione energetica per soddisfare i propri consumi, si è detto disponibile ad occuparsi del progetto a sostegno di Abbado trovando da subito alcuni sponsor significativi.

La proposta di Abbado, quasi una provocazione culturale, non è cosa da poco in una città che fra 5 anni dovrebbe ospitare l’Expo Universale sul tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita in un area fra Rho e Pero di più di un milione di mq di cui ad oggi non è ancora ben chiaro, rispetto al masterplan iniziale quanto sarà cemento e quanto sarà verde. Il master plan definitivo dell'area espositiva verrà consegnato al BIE (Bureau International des Expositions ) di Parigi il 30 aprile.

L’entusiasmo è stato, se c’era davvero, molto breve, perché ora il progetto di Piano pare essere stato definitivamente affossato dal Comune, adducendo motivi confusi, problemi tecnici e costi, che Abbado e Piano, insieme ad una parte della città, pensano si possano superare. Su azione diretta di Abbado 220 frassini sarebbero già disponibili per via Dante ma naturalmente ci vuole il consenso del Comune che al momento non c’è affatto ed il periodo adatto alla loro piantumazione stà passando.

In una lunga e appassionata lettera, di cui seguono alcune parti , pubblicata il 22 aprile sul Corriere ( Io, Abbado e la città: un sogno che finisce) Renzo Piano esprime il suo amaro commento per l’indisponibilità trovata:

“…Le città belle sono una delle più straordinarie e complesse invenzioni dell’uomo, veri monumenti allo stratificarsi del tempo. Ma sono gli alberi a scandire il tempo che ha reso belle queste città. Sono loro la finestra aperta sul ciclo della natura, che poi è anche il ciclo non eterno della nostra vita. E ci ricordano che anche noi facciamo parte della natura, con tutte le conseguenze del caso. …Piantare gli alberi in città è un gesto d’amore, ma è anche un gesto generoso che altri godranno dopo di te. Nel farlo sai che solo tra cinquant’anni quell’albero sarà adulto e svolgerà la sua straordinaria missione…


…Mi sono sentito dire che gli alberi in un contesto urbano hanno bisogno di terra per le radici, e gliela abbiamo data. Mi sono sentito dire che gli alberi in città soffrono, e abbiamo trovato il modo di farli stare bene. D’altronde, se soffrono gli alberi figuriamoci la gente e i bambini. Mi hanno fatto notare che alcuni alberi provocano allergie, e abbiamo selezionato piante che non emettono pollini. E poi che perdono le foglie, e bisogna raccoglierle: giusto. E poi che coprono le insegne dei negozi: vedete voi. E infine, che rubano spazio ai parcheggi per le automobili. E su questo hanno ragione: gli alberi prendono inevitabilmente il posto dei parcheggi e del traffico automobilistico. Ma è proprio quello che ci vuole…


Più parcheggi si fanno e più traffico si attira, come la fisica insegna. Alcune città più dotate di trasporti pubblici l’hanno capito: a Londra è vietato costruire parcheggi in centro, a Stoccolma per disincentivare l’uso dell’auto una fermata del tram non è mai più lontana di trecento passi, e se il mezzo non arriva entro venti minuti il passeggero mancato ha diritto al taxi gratis…


…Costruiamo una cintura verde come baluardo alla crescita scriteriata ai bordi delle città, rinforziamo i parchi urbani, cogliamo ogni possibile occasione di riconversione industriale o ferroviaria per aumentare gli spazi verdi e sfruttiamo ogni occasione ragionevole per dotare di alberi le strade, le piazze, i viali dei centri urbani. Così salveremo le città…”.

Alla notizia della sostanziale retromarcia ingranata da Letizia Moratti e dal Comune di Milano a caldo però il commento è stato netto e per nulla rinunciatario:

«Pensavo fosse più facile invece per nulla. Mi sono sentito dire di tutto, che la città è fatta di pietra e non di verde e castronerie varie, ma ci riusciremo».

( Massimo Marino )

22 aprile 2010

Movimento 5 Stelle: No ai soldi

Il Movimento 5 Stelle non vuole i contributi elettorali



I soldi trasformano la politica in una montagna di merda. Il MoVimento 5 Stelle RIFIUTA ogni contributo elettorale in caso di elezioni. I soldi devono rimanere alla comunità. La nostra campagna elettorale è stata finanziata da contributi spontanei. La spesa sostenuta in ogni Regione è stata di circa 15.000 euro più il lavoro immenso e non retribuito di tante persone. Se venisse eletto in Regione un candidato, lo Stato dovrebbe versare al MoVimento 2/300 mila euro. Questi soldi non li vogliamo. Non li vogliono i nostri candidati……

Se verranno eletti, riceveranno uno stipendio per la loro attività, se il MoVimento avrà bisogno di finanziare delle iniziative nelle singole Regioni li chiederà ai cittadini attraverso la Rete.
I
l costo della politica è un'invenzione linguistica dei politicanti per diventare ricchi, o almeno benestanti, con le risorse dello Stato. Io non conosco un solo politico povero. Le elezioni sono diventate un "Gratta e vinci", una lotteria di Stato, un'assicurazione per la vita dei partiti. Il tesoriere di un partito è spesso più importante dello stesso segretario. Lo Statuto del MoVimento non prevede un tesoriere. Il MoVimento è "altro", non vogliamo i soldi delle tasse degli operai, degli impiegati, dei pensionati, delle piccole imprese per finanziare i costi della politica.
Il MoVimento è "altro" anche per i telegiornali, per quella fogna della televisione pubblica che assorbe i soldi del canone, della pubblicità e fa debiti di decine di milioni di euro ogni anno. Il MoVimento 5 Stelle non è mai stato citato (tempo di antenna *) nei telegiornali TG1, TG2, TG3 e RAInews24 (dati al 20 marzo 2010, fonte Agcom) . Non esistiamo, siamo dei "non" cittadini per l'informazione controllata da Pdl e Pdmenoelle, la cancrena del Paese.
Il costo della politica ha generato mostri come Craxi, Berlusconi, D'Alema, Casini. I soldi sono uno strumento per regnare all'interno del partito, per premiare i più fedeli. La sete di soldi è senza limiti…..

( dal blog Grillo 28 marzo)


Il Movimento 5 Stelle “non piglia i soldi”


Se non puoi combattere le idee, diffama chi le diffonde. E' una vecchia tecnica, diffusa nei regimi.
Il giornale on line Il Tempo.it ha pubblicato un articolo a firma di Fabrizio dell'Orefice dal titolo: "Grillo si piglia i soldi", seguito da sottotitolo: "Ha combattuto il finanziamento pubblico, ora gli spettano due milioni. E Beppe si guarda bene dal gridare che li restituirà allo Stato". Il giornalista affonda il colpo: "E ora? Che fa? Che fa Beppe Grillo? Se li piglia o no questi maledetti soldi pubblici? E già il comico genovese accederà al finanziamento pubblico ai partiti. ... il movimento di Grillo che si chiama Cinque Stelle dovrebbe ottenere circa 1,7 milioni per la prossima legislatura (circa 340mila euro all'anno). E ora che fa? Riscuote l'assegno o lo restituisce?... Sui rimborsi elettorali va detto che è sempre stato piuttosto ambiguo. Beppe, per esempio, ha condotto campagne molto aggressive contro il finanziamento pubblico all'editoria. Battaglia che fu l'asse centrale del V-day seconda versione. Ma proprio sui fondi ai partiti o ai movimenti il leader del movimento anti-casta è sempre stato piuttosto vago. A tratti ambiguo. Non altrettanto i suoi... E adesso che faranno?"……
Ho fatto inviare da uno studio legale al direttore del Tempo.it, Mario Sechi, una lettera con richiesta di rettifica, in cui spiega:
- fin dal 26 marzo 2010 - prima, quindi, delle recenti consultazioni elettorali regionali - sono state pubblicate sul blog di Beppe Grillo, in particolare all’indirizzo http://www.beppegrillo.it/2010/03/i_soldi_trasfor/index.html, le dichiarazioni autografe dei cinque candidati del MoVimento 5 Stelle attraverso le quali essi esprimono con estrema chiarezza la volontà di non riscuotere ed, anzi, di “lasciare allo Stato”, i cosiddetti rimborsi elettorali….
…..I soldi li "pigliano" i partiti e i giornali che accedono ai contributi per l'editoria, non il Movimento 5 Stelle

(dal blog Grillo 2 aprile)


19 aprile 2010

Orti urbani per la rinascita di Detroit


Nella città, conosciuta come capitale statunitense dell'auto, la crisi economica ha portato una diminuzione del numero di abitanti e un vasto abbandono di molte aree residenziali. Il sindaco di Detroit lancia un piano innovativo di sviluppo urbano che prevede la conversione delle aree abbandonate in orti urbani

di Elisa Bianco

Come molte altre città americane, anche Detroit, capitale dell’industria automobilistica statunitense, è stata violentemente colpita dalla crisi economica, che ha portato, tra i vari effetti collaterali, una drastica riduzione del numero di abitanti e, di conseguenza, un vasto abbandono di molte aree residenziali. Secondo alcune stime, si calcola che gli edifici abbandonati siano circa 33.500, per un totale di 65 chilometri quadrati di proprietà inutilizzate.

Questa disponibilità di grandi appezzamenti di terreno e la crisi economica che impedisce di avere il denaro sufficiente per attuare investimenti importanti, ha fornito al sindaco di Detroit i presupposti per varare un piano innovativo di sviluppo urbano: i progetti proposti prevedono la conversione dei quartieri residenziali abbandonati in terreno agricolo da destinare ai cittadini rimasti. In altre parole, se le intenzioni si concretizzeranno, le case inabitate saranno sostituite da altrettanti orti urbani.

Tra i soggetti che potrebbero trarre maggiori vantaggi da questa proposta vi è un’associazione chiamata Urban Farming, nata proprio a Detroit nel 2005. Lo scopo principale della sua attività è la riconversione dei terreni inutilizzati in orti, per rendere più sostenibili le città e al contempo fornire cibo anche a chi non ha i mezzi per procurarselo. Urban Farming, inoltre, associa all’attività di coltivazione anche un importante ruolo sociale, poiché molti degli affidatari delle coltivazioni appartengono a programmi di riabilitazione di ex carcerati; il raccolto effettuato viene poi distribuito gratuitamente a chi l’ha coltivato e a quanti desiderano prendervi parte. L’attività dell’associazione si può sostenere in diversi modi, sia con donazioni economiche sia dedicando il proprio tempo alla cura degli orti.

Detroit looks at downsizing to save city - dal sito del The Washington Times

( da :Eco dalle città )

17 aprile 2010

ISPRA: Italia bocciata in Ambiente


Presentato l’annuario dei dati ambientali dell’Ispra. I numeri sono impietosi sull’estinzione delle specie animali e vegetali, dissesto idrogeologico, cambiamenti climatici e inquinamento acustico

Biodiversità a rischio, degrado del suolo e inquinamento acustico. Questi sono solo alcuni dei problemi del territorio italiano che emergono dall’edizione 2009 dell’Annuario dei dati ambientali, presentato ieri a Roma dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). In particolare, nell’anno della biodiversità, è allarmante che ci sia un grado di estinzione delle specie animali e vegetali «senza precedenti », che riguarda il 23% degli uccelli, il 15% dei mammiferi e addirittura il 66% di pesci d’acqua dolce, rettili e an- fibi. Tra i più a rischio ci sono i volatili, in particolare quelli degli ambienti agricoli, come allodola, balestruccio e rondine.

Oltre la fauna è in pericolo anche la flora, con il 15% delle piante superiori e il 40% di quelle inferiori in estinzione, mentre si espande di circa 5mila 500 ettari l’anno il patrimonio forestale nazionale; aumentano anche le Zps (Zone di protezione speciale) ormai pari al 14,5% del territorio e i Siti di importanza comunitaria (Sic), ben 2mila 228 sul 15% del territorio. Tra le cause che portano all’estinzione delle specie c’è il bracconaggio, e sono d’attualità i vincoli alla caccia, dopo che mercoledì la Commissione agricoltura della Camera ha approvato l’articolo 43 della legge Comunitaria, che prevede la possibilità per le regioni di posticipare i termini del calendario venatorio. Su questo, si è detto «perplesso » Roberto Caracciolo, capo del dipartimento Stato dell’ambiente dell’Ispra: se l’esito di questa modifica legislativa dovesse essere «una minaccia per le specie, può aumentare la probabilità di fenomeni illeciti, che invece andrebbero evitati».

Cambiamenti climatici e riscaldamento continuano la loro marcia: nel corso degli ultimi 27 anni, nel nostro paese la temperatura media è aumentata di un grado, e il subcommissario dell’Ispra, Stefano Laporta, ha confermato che il dato «ricalca un trend globale». Potrebbero essere inondati «circa 1400 chilometri di aree di piana costiera depresse, mentre 4mila chilometri di coste basse e sabbiose rischiano una forte erosione, con infiltrazioni di acqua salata nelle falde dolci». Secondo i ricercatori dell’Istituto, i principali settori che contribuiscono alle emissioni di gas serra sono i trasporti, con 25,47 milioni di tonnellate equivalenti e le industrie energetiche, con 20,61 milioni di tonnellate, cui si aggiungono il settore residenziale e dei servizi, che contribuisce per 3,71 milioni di tonnellate e i rifiuti. In calo le emissioni generali, con un trenddi decrescita partito nel 2005 che si accentua coi dati di 2008 e 2009, che l’Ispra presenterà il 22 aprile. nell’annuario c’è una finestra su dissesto idrogeologico e frane. nel periodo 2008 – 2009 ci sono stati diversi eventi sismici che hanno superato la soglia di magnitudo 5: non solo il terremoto dell’aquila, ma anche quelli della costa calabra e nell’area del Frignano, che hanno provocato danni minimi.

In realtà, considerando i piccoli sismi, in Italia c’è un terremoto ogni 30 secondi, come ha confermato il ricercatore del servizio geologico Luca Guerrieri, per il quale «è necessaria maggiore prevenzione, non tanto sul nuovo costruito, già soggetto a leggi antisismiche, quanto sulle vecchie costruzioni e i beni culturali». Forte in tutto il paese il rischio di frane, coi censimenti dell’Ispra che ne hanno individuato più di 485mila, in un’area di oltre 20mila 700 chilometri, il 6,9% del territorio della penisola. Ben 5mila 708 comuni italiani sono interessati da fenomeni franosi, percentuale che arriva addirittura al 70,5% del totale.

Infine, tra le cause di peggioramento della qualità della vita e dell’ambiente c’è sicuramente l’inquinamento acustico: nel 45,5% dei 3mila 645 controlli effettuati c’è stato un superamento dei limiti vigenti, contro il 47,7% registrato del 2007. nel 2008 le sorgenti più disturbanti sono state le attività commerciali e di servizio (43,2%), le attività produttive (28%) e le infrastrutture stradali (22,9%).

da econews 15 aprile 2010

16 aprile 2010

Ungheria: Politics can be different! Il nuovo partito Green in Parlamento


di Claudia Leporatti




Il nuovo partito verde ungherese, Lehet Más a Politika (LMP), è riuscito ad inserirsi in Parlamento alle elezioni di domenica 11 aprile, superando la soglia di sbarramento del 5% . Il partito vincitore delle elezioni, FIDESZ (56,36% dei voti), dovrebbe formare il nuovo Governo entro il 13 maggio. Insieme al partito conservatore, il nuovo Parlamento si compone del Partito Socialista MSZP (19,30% dei voti) e di altri due partiti, con presenza minore, uno di estrema destra (Jobbik, 16,70% dei voti) e l'altro verde (LMP, con il 7,78% dei voti).

Ne Il Sole 24 Ore di oggi, Piero Ignazi dedica un articolo ai movimenti di destra ed estrema destra in Ungheria. L'excursus storico parte dal fascismo di Julius Gömbös e dell'ammiraglio Horthy, al regime nazional-socialista con il Partito delle Croci Frecciate durante la Seconda Guerra Mondiale e la deportazione di 500mila ebrei ungheresi, per arrivare al dopo-rivoluzione del 1956, caratterizzato da sommosse e resistenza al regime comunista. Dopo il lungo controllo sovietico e l'instaurazione della democrazia a seguito dell'abbattimento della cortina di ferro, negli ultimi anni una nuova formazione di destra si è inserita nel panorama politico nazionale ungherese, il partito radicale Jobbik. Un organismo politico che fa sorgere timori ed opposizioni, soprattutto per la sua criminalizzazione degli zingari e per la creazione di una guardia paramilitare, dichiarata fuorilegge nel 2008. Nel suo articolo, Piero Ignazi scrive che certi movimenti non devono essere sottovalutati, specialmente se emergono in periodi di crisi e transizione. Potrebbe avere la sua importanza in questo senso anche l'affermarsi del partito verde LMP – dichiaratamente contrario ad Jobbik - , che ha costituito una gradita alternativa per un numero piuttosto alto di ungheresi ad un passo dall'astensione, scoraggiati dai governi socialisti degli ultimi anni e privi di fiducia in FIDESZ, che non si sono visti costretti a scegliere Jobbik o il Forum dei Democratici, il cui insuccesso era previsto da tempo.

A commento dei risultati di domenica, LMP mette in guardia dalla possibilità che FIDESZ raggiunga la maggioranza dei 2/3 dopo i ballottaggi del prossimo 25 aprile, richiamando tutti i privilegi di cui il nuovo Governo godrebbe in quel caso, primo tra tutti quello di poter modificare la Costituzione, e i rischi creati dalle supermaggioranze.


La storia di Lehet Más a Politika
Vediamo in dettaglio come si presenta il nuovo partito, nato nel 2009 da una ONG formata nel 2008 e definita “iniziativa sociale”. I temi principali attorno a cui ruota il programma di LMP sono la protezione dell'ambiente, lo sviluppo sostenibile e la lotta alla corruzione dell'attuale classe politica. Una formazione che si presenta promettendo di portare rinnovamento e freschezza in una politica poco gradita, accusata di essere corrotta e classista, formata da pochi eletti circondati dai loro amici, parenti e da persone con cui condividono interessi di qualche tipo. LMP si pone a rappresentanza dei cittadini, non dei politici, e promuove la carta del dialogo con i sostenitori e con gll oppositori, a sostituire la formula del monologo politico. Al primo posto nella lista di programmi che LMP intende portare avanti , troviamo la creazione di limitazioni in favore dell'ecologia, la tutela delle risorse energetiche e dell'ambiente. A seguire la cooperazione con i paesi vicini, la sicurezza alimentare abbinata alla promozione del food di alta qualità, la gestione sostenibile di trasporti ed energia e l'impegno per ridurre la povertà. Non mancano argomenti come la creazione di nuovi posti di lavoro, la cooperazione sociale, la distibuzione equa di bene e tasse, la trasparenza, e la garanzia di diritti umani e libertà fondamentali.

La performance di LMP alle elezioni di domenica scorsa ha ricevuto i complimenti dei Verdi dell'Unione europea: “Il risultato di LMP alle elezioni ungheresi conferma che le politiche verdi stanno prendendo terreno in Europa Centrale ed Orientale e che i partiti ambientalisti stanno diventando una presenza stabile e permanente nello spettro politico di queste regioni. Quello di LMP rappresenta il miglior risultato per un partito verde in un paese dell'ex blocco sovietico.”

da http://www.itlgroup.eu/magazine/ 15 aprile

14 aprile 2010

Elezioni in Ungheria:cancellati i socialisti, trionfo dei conservatori, per la prima volta entrano i Verdi


Clamorosa vittoria alle politiche in Ungheria dei conservatori del partito Fidesz dell'ex premier Viktor Orban, che tornerà con ogni probabilità a fare il premier dopo 8 anni e che ha incassato il 52,7% dei voti.
Tracollo del Partito Socialista, al governo finora, più che dimezzato al 19,3%.
Forte affermazione dell'estrema destra xenofoba del partito Jobbik (i migliori) che entra per la prima volta in Parlamento a Budapest con il 16,7% dei voti.
Fa per la prima volta il suo ingresso in Parlamento anche il nuovo partito verde, “Politica Diversa” (LMP), con il 7,8%.

Il 25 aprile si terrà comunque, in base al complicato sistema elettorale ungherese, un secondo turno nel quale si deciderà la sorte dei 121 seggi rimasti sospesi .Sicuro ormai un nuovo governo monocolore conservatore che avendo i due terzi dei seggi potrà anche modificare la Costituzione e fare tutte le riforme istituzionali che dice di voler varare.
Gli elettori ungheresi bocciano il Partito Socialista (MSZP), al governo da 8 anni. il Fidesz ha ottenuto 206 seggi in parlamento, mentre il Partito Socialista solo 28. Il partito ultranazionalista, tanto temuto da molti commentatori, Jobbik, è al terzo posto, con 26 seggi sicuri. Nel nuovo parlamento quadripartito ci sarà inaspettatamente anche il partito dei Verdi LMP presentatosi soltanto l’anno scorso sul palcoscenico politico ungherese, con almeno 5 deputati sicuri.

Secondo la costituzione del 1990, l'Ungheria è una repubblica parlamentare. Dal 1º maggio 2004 è Stato membro dell'Unione europea.
L'Assemblea Nazionale (Országgyűlés) è il Parlamento nazionale unicamerale dell'Ungheria. Consiste di 386 membri, eletti ogni 4 anni. Per poter accedere al Parlamento, i partiti devono superare la soglia del 5% dei voti popolari . L'attuale capo di stato è László Sólyom e il capo del governo è Gordon Bajnai.

Il 19 settembre 2006, la diffusione di una registrazione effettuata nel maggio precedente, durante una riunione riservata del Partito Socialista al governo (già Partito Socialista Operaio Ungherese, al potere durante il regime comunista), durante la quale il primo ministro Ferenc Gyurcsány diceva d'aver mentito e deliberatamente nascosto agli elettori la grave situazione del paese al fine di vincere le elezioni e di non aver fatto nulla, come governo, per rimediarvi, scatena una serie di manifestazioni contro il governo.Da questo episodio ed una lunga catena di scontri e tumulti popolari si è avviato il fallimento dei socialisti.

Il governo minoritario di Gordon Bajnai paga così anche la politica di rigore per sanare i conti pubblici e rendere stabile la moneta. La maggioranza degli otto milioni di elettori Ungheresi non ha voluto accettare il ticket sanitario, la cancellazione della gratuità dell’insegnamento universitario, la riduzione della durata del congedo di maternità, la riduzione delle tasse che toccava solo i datori di lavoro, la chiusura di una serie di linee ferroviarie e la costruzione di chilometri di autostrade nuove; non ha accettato che l’enorme debito pubblico, che ormai arriva all’80% del PIL nazionale, dovessero pagarlo loro al costo di rinunciare all’accessibilità di una serie di servizi statali finora più o meno disponibili. Insomma, il modello economico basato sulla diminuzione del ruolo dello stato e sulla libertà più grande possibile del capitale sembra che sia fallito in questo Paese.La stragrande maggioranza dei cittadini ungheresi non possiede oggi nessun tipo di capitale, al contrario, molti sono disperatamente indebitati. I governi socialisti degli ultimi otto anni, in realtà eredi del partito di regime fallito nel 1989, insiema a un piccolo Partito Liberale, rispondevano alla crisi in accordo con le aspettative dei circoli monetari internazionali rifiutando ogni protezionismo e qualsiasi ridimensionamento dei privilegi delle multinazionali e del settore bancario e di una ristrettissima casta di super-ricchi.


Il più grande tentativo di restrizioni e di ulteriori privatizzazioni, il cosiddetto “piano di convergenza” del governo Gyurcsány, avviato nella seconda metà del 2006 è fallito contro una passiva ma solida resistenza della società ungherese. Gli Ungheresi, non avendo un forte movimento sindacale e intimiditi anche dalla dura repressione delle loro proteste del 2006, hanno scelto forme di resistenza silenziose e poi hanno cancellato i socialisti con il voto con qualche apertura all’ ” Altra Politica” dei Verdi e contenendo comunque il successo dell’estrema destra di Jobbik. Decisiva la valanga di episodi di corruzione che hanno coinvolto funzionari e deputati socialisti che hanno lasciato mano libera alle aziende e multinazionali straniere specie nei settori dell’energia e dell’acqua che assorbono l’80% del salario medio (400-500 euro) dei lavoratori. Così la parola d’ordine di “far rendere i conti” ai dirigenti attuali, ha avuto un largo consenso nella società.

Di inaspettato c’è stato solo l’ingresso in Parlamento degli ecologisti di Miklos Gaspar Tamas che, presentandosi per la prima volta con il marchio MLP e lo slogan “ Ci può essere un’altra politica” in aperto contrasto alle ideologi destrorse di Jobbik, hanno conseguito il 7,8% dei voti.

12 aprile 2010

IO STO CON EMERGENCY


ROMA: SABATO 17 - ore 14,30
Appuntamento in piazza San Giovanni

Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.

Emergency è indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi EMERGENCY ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso.

IO STO CON EMERGENCY : Firma l'appello www.emergency.it

11 aprile 2010

Il Presidente del Costa Rica, Laura Chinchilla diventa ecologista ?

Laura Chinchilla, la vice-presidente uscente del Costa Rica e candidata del Partito di liberazione nazionale, è il nuovo presidente del piccolo Paese centro-americano; all’inizio di febbraio ha battuto Otton Solis del Partito dell'azione civica (Pac) e di Otto Guevara del Movimento libertario (Ml).
La prima presidente donna del Costa Rica ha chiesto ai suoi avversari e ai partiti politici di opposizione, così come ai media ed ai diversi settori sociali di aiutarla a fare un governo di prosperità per il Paese: «Il mandato popolare datomi mediante il voto implica la responsabilità di non fermare lo sviluppo del Paese. Spero in un lavoro fluido con il Congreso (il Parlamento, ndr), che mi permetta di prendere le decisioni. Il mio principale impegno con il popolo costaricense riguarda l'attacco alla sicurezza dei cittadini. La sfida più grande che abbiamo è la criminalità, la violenza e il narcotraffico; lo dico drammaticamente. Il Centroamerica potrebbe essere l'ultimo campo di battaglia della guerra in corso in Colombia e Messico, dobbiamo alzare la guardia e cercare di recuperare la tranquillità.
Il Costa Rica è una specie di miracolo "pacifista" e ambientalista nel turbolento istmo americano, un Paese anomalo, senza governo e senza dittature in un area frantumata in piccoli Paesi distrutti da dittature sanguinarie di destra e da eterne guerriglie di sinistra che sono arrivate al potere solo di recente. Una zone dove la criminalità spadroneggia e gestisce il flusso di droga e immigrati clandestini verso gli Stati Uniti.

La Chinchilla presenta la sua ricetta, anche questa volta diversa dai caudillo di destra e di sinistra che governano troppo spesso il Centroamerica con la demagogia parolaia: «Lavoreremo per rafforzare l'educazione pubblica e per fare in modo che i centri educativi abbiano accesso alle tecnologie», poi ha spiegato che punterà sul miglioramento del sistema sanitario nazionale e per mettere in piedi una rete di assistenza per anziani e bambini. Per quanto riguarda l'economia i punti forti della campagna elettorale della Chinchilla sono stati il miglioramento delle infrastrutture, l'istituzione di un'imposta progressiva sui redditi e soprattutto la creazione di nuovi posti di lavoro con l'iniziativa "empleos verdes".
Al centro del suo programma conferma soprattutto il suo «Impegno per la sostenibilità ambientale e per avanzare nella sfida del Paese per fare della Costa Rica la prima nazione carbon neutral nel mondo», solo così, ha detto, «Trasformeremo il Costa Rica nella prima nazione sviluppata dell'America latina».

(notizie tratte da Greenreport)

L'Ecuador si impegna a ridurre la sua impronta ecologica


La nuova costituzione dell'Ecuador approvata il 28 settembre 2008 e curata dall'Assemblea Nazionale Costituente, riconosce i diritti della natura; si tratta del primo Stato ad aver approvato un riconoscimento formale di questo tipo. I diritti della natura dovranno essere rafforzati dalle leggi e la nuova Costituzione ricorda l'obiettivo di ottenere il benessere (el buen vivir) in armonia con la natura, come obiettivo fondamentale della società.

Proprio in questi giorni il Global Footprint Network, la rete internazionale più autorevole che si occupa di diffondere, standardizzare ed applicare il metodo dell'impronta ecologica come indicatore di sostenibilità (www.footprintnetwork.org), ha reso noto la notizia che l'Ecuador è diventata la prima nazione a dotarsi di un concreto target relativo all'Impronta ecologica. La nazione si è data l'obiettivo di includere nel suo Piano Nazionale, il raggiungimento entro il 2013, di un' impronta ecologica (quindi un utilizzo pro capite di risorse derivanti dalle capacità bioproduttive dei sistemi naturali, dalle foreste alle aree agricole) che rientri nella biocapacità nazionale (quindi nella capacità della nazione stessa di produrre le risorse utilizzate) , con l'impegno a mantenere il trend nel futuro.

Questa decisione dell'Ecuador costituisce un ulteriore interessantissimo segnale concreto che va nella direzione delle riflessioni che, ormai in tutto il mondo, si stanno facendo sui limiti dei nostri modelli di sviluppo socio economici basati sulla continua crescita economica, materiale e quantitativa, che ci ha condotto ad un crescente e ormai ingente deficit ecologico. Il mettere finalmente "in conto" questo debito e il considerare nuovi indicatori di benessere, come elementi fondamentali per l'azione politica sta diventando, come abbiamo visto in numerosi articoli in questa rubrica, un impegno ormai ampiamente diffuso e ulteriormente incrementato in questo periodo di grave crisi finanziaria ed economica.

Alla fine di gennaio la New Economic Foundation britannica (un vero e proprio think-tank che si pone l'obiettivo di dimostrare il reale benessere dell'economia ) ha pubblicato un interessantissimo rapporto dal titolo "Growth Isn't Possible:Why rich nations need a new economic direction", che documenta come la crescita economica infinita sia impossibile a causa dei notevolissimi problemi ambientali e sociali che si trascina con sé. Esistono ormai troppi livelli "soglia" che sono o stanno per essere superati nei sistemi naturali, a cominciare dal sistema climatico, e che ci stanno dimostrando l'incompatibilità di una crescita economica continua. Per i paesi ricchi che hanno le maggiori responsabilità storiche (per essere stati i primi a devastare e distruggere gli ambienti naturali dell'intero pianeta) e di impatto sui sistemi naturali della Terra è ormai indispensabile una nuova direzione economica.

Negli ultimi anni il dibattito sul bisogno di trovare un indicatore o un insieme di indicatori comuni del benessere che possano diventare guida e obbiettivo delle politiche pubbliche è stato costantemente presente. L'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), insieme ad altre influenti organizzazioni internazionali, ha lanciato il progetto "Global Project on Measuring the progress of societies" (Progetto globale su come misurare il progresso delle società); il Presidente francese Sarkozy ha istituito la "Commissione Internazionale sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale", guidata dai premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen, di cui è stato pubblicato il rapporto finale nel settembre scorso; una nuova comunicazione della Commissione Europea dell'agosto 2009 ha illustrato cinque interventi chiave per integrare gli indicatori del progresso nei sistemi ufficiali di statistiche usati dalla politica, ecc. Se benessere, sviluppo e progresso sostenibili sono gli obbiettivi da raggiungere, allora devono essere supportati da un cambiamento degli indicatori utilizzati.

Chiudendo l'importante conferenza "Beyond GDP" (Oltre il PIL), tenutasi a Bruxelles nel novembre 2007, ed organizzata dalla Commissione Europea, dal Parlamento Europeo, dall'OCSE, dal Club di Roma e dal WWF, il Presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, sostenne, parafrasando una celebre frase di Albert Einstein, che "non è possibile affrontare le sfide del futuro con gli strumenti del passato: e` ormai tempo di andare oltre il Pil"

(notizie tratte da Greenreport /Gianfranco bologna)

5 aprile 2010

L’UE liquida il controllo interparlamentare sulla sua politica di difesa

( da www.voltairenet.org reseau de presse non-alignèe )

I dieci Stati membri dell’Unione Europea Occidentale (UEO), hanno annunciato, senza preavviso, il 31 marzo 2010, la dissoluzione di questa struttura. Tutti gli organi amministrativi saranno liquidati entro la fine di giugno 2011. Questa decisione è stata accelerata dall’annuncio, il 13 marzo, dell’imminente denuncia del Trattato di Bruxelles (1948) da parte del Regno Unito.
Constatando che il Trattato di Lisbona istituisce una clausola di mutua difesa, Germania, Belgio, Spagna, Francia, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito ritengono che l’UE prenda il posto della UEO e hanno, dunque, smantellato l’organizzazione.


In realtà, gli organi esecutivi della UEO erano inattivi da lungo tempo, solo l’Assemblea parlamentare operava. Contrariamente a molte raccomandazioni a questo proposito, il trattato di Lisbona non istituisce un organo di controllo interparlamentare sulla politica europea di sicurezza e difesa (PESD), o trasferisce i poteri dell’Assemblea parlamentare dell’UEO al Parlamento europeo.
Alla fine di questo gioco di prestigio, si va, senza un dibattito negli stati interessati, verso un nuovo quadro istituzionale, in cui il controllo della politica europea... sarà affidato all’Assemblea parlamentare della NATO. Nel frattempo, viene effettuato solo il controllo dei parlamentari nazionali, che è insufficiente e apre la porta ad abusi di potere.

A Bruxelles, l’Alto rappresentante Cathy Ashton gestisce il Collegio Europeo di Sicurezza e Difesa, l’Istituto Europeo per gli Studi sulla Sicurezza, il Centro Satellitare (CSUE) e l’Agenzia Europea di Difesa (EDA), cui deve essere aggiunto il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (un’agenzia di intelligence in via di creazione). Le truppe dell’Unione sono impegnate nel Golfo di Aden, Bosnia-Erzegovina e Ciad.

Nell’ultima conferenza di sicurezza, a Monaco di Baviera, il ministro degli affari esteri tedesco, Guido Westerwelle, aveva sostenuto la creazione di un esercito europeo. Il progetto, respinto dalla Francia nel 1954, è il modo migliore per subordinare la difesa europea alla NATO, come previsto dall’articolo 42 del trattato di Lisbona (che è testualmente l’articolo I-41 del progetto di trattato costituzionale europeo, che è stato respinto da francesi e olandesi).

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ecolettera 46 * 5 aprile 2010


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2 aprile 2010

Piemonte: come regalare una Regione in 3 mosse (sbagliate)

di Massimo Marino

Vale la pena fare una analisi sui risultati elettorali in Piemonte che hanno molto da insegnare a chi volesse pensare ad una fuoriuscita dal nostro “medioevo “ italiano ed alla costruzione di una alternativa.

In Piemonte si è dispiegata nella forma più larga possibile quella alleanza “postulivista”, autocentrata sul PD, che sta nei sogni di una parte del cosiddetto centro-sinistra italiano. Dodici liste alleate a sostegno della Bresso, dall’ UDC fino a Verdi, Radicali e Rifondazione, compresa qualche lista inventata dell’ultim’ora per raccogliere ( o far perdere) fino all’ultimo voto.
Un caso unico in tutta Italia.

Erano 29 le liste totali (record italiano), grazie in particolare a quel singolare comma scandaloso del regolamento regionale (molto più grave dei casi Polverini-Formigoni) per il quale qualunque consigliere regionale ( capogruppo o responsabile della proprietà del simbolo) poteva far presentare una lista senza la necessità di raccogliere le 17-18mila firme richieste (infatti è presumibile che solo la Lista 5 Stelle le abbia regolarmente raccolte).

Da 2 mesi praticamente tutti i sondaggi davano un testa a testa fra i due principali candidati, Cota e Bresso, con un lieve vantaggio della seconda (1% cioè meno di 20.000 voti), ignoravano la presenza del candidato 5 Stelle (Bono), ne tantomeno stimavano, come è abitudine dei nostri sondaggisti “embedded” la possibile dimensione e origine dell’astensione, delle bianche e nulle. Un singolare caso di giornalismo di regime bipolare che accomuna le due aree politiche che governano, come sezioni di partito, le principali redazioni dei giornali e TV, con una totale prevalenza PD nei tre principali strumenti informativi piemontesi, La Repubblica, La Stampa, RAI 3.

Per capire la dimensione di questo vulnus di democrazia è sufficiente dire che, a risultati acquisiti, dei 3,64 milioni di elettori piemontesi 1,44 milioni (il 39% degli elettori) non hanno votato il candidato di nessuna delle 29 liste presenti (di questi ben 134 mila hanno annullato la scheda o votato bianca ). I due partiti “maggiori” (PDL e PD ) hanno preso insieme 913.494 voti ( il 25% degli elettori ). Se si aggiunge gli alleati principali (Lega Nord 317.065 voti ) Italia dei Valori ( 130.649 voti) UDC ( 130.649 voti) e si aggiunge la lista personale della candidata presidente del centro sinistra si può concludere che le 5 forze politiche attualmente presenti in Parlamento tutte insieme sono state votate da meno del 44% degli elettori piemontesi. Le altre 23 liste hanno raccolto il voto di circa il 17% degli elettori. Il 39% come detto, non ha votato nessuno.

Una conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che da tempo non esiste in Italia nessun bipolarismo, ne tantomeno una vocazione al bipartitismo ma che anzi è crescente il rifiuto radicale delle principali forze politiche in particolare le prime due, che circa 7 elettori su 10, almeno nelle elezioni “locali”, non votano. Dati assolutamente analoghi avevamo segnalato riferendoci alle ultime elezioni regionali in Abruzzo ( caso Del Turco) e Sardegna (caso Soru ).

Non ci sono molti dubbi che sono 4 i “ temi “ prevalenti su cui si manifesta la disaffezione a questa politica e che nulla hanno a che fare con il cosiddetto “qualunquismo”: 1) la Precarietà sociale e del lavoro 2) i grandi temi dell’Ecologismo 3) il rifiuto dello strapotere della Casta 4) la Corruzione (quest’ultimo un po’ meno sentito in Piemonte, probabilmente l’unico record positivo di cui ci si possa con prudenza vantare).

La campagna elettorale, che di fatto i giornali hanno presentato come ed esclusivamente riguardante i 5 partiti suddetti, si è presentata oggettivamente inconsistente:

Sulla Precarità e la Corruzione il tema è limitatamente affrontabile dalle istituzioni regionali.

Sulle logiche della Casta, a parte qualche schermaglia inconsistente, era difficile identificare differenze: pessimo argomento comunque per il centro-sinistra locale, specie dopo la diffusione della notizia della doppia liquidazione ai consiglieri uscenti (ereditata dalla precedente coalizione di centro-destra e tranquillamente mantenuta, quasi tutti d’accordo, da quella di centro-sinistra ) e la diffusione ripetuta delle tabelle che indicavano i consiglieri piemontesi fra i più pagati, insieme a quelli della Calabria; (fino a 15 anni fa era esattamente l’opposto, tant’è che il Piemonte, all’epoca di Brizio, veniva definito, positivamente, come la regione “sabauda”). Da aggiungere una campagna elettorale spendacciona da entrambi i principali contendenti, assolutamente diversa dalle precedenti, con manifesti e faccioni (e slogan da barzelletta ), pagati salatamente, su tram ed autobus di tutta la regione, che hanno finalmente fatto conoscere le facce semisconosciute di un buon numero di consiglieri regionali uscenti già tre mesi prima del voto. Per non parlare del sontuoso enorme pulman bianco ( Avanti con Bresso) che ha girato mezzo Piemonte, osservato da molti con motivata perplessità.

Di corruzione e mafia poco si è discusso, tranne qualche afflollatissima e preoccupata conferenza, con Libera e Caselli, del tutto a lato della bagarre elettorale. Impossibile una discussione, complessa, sul grande problema della Sanità, (78% del bilancio regionale) , in particolare nomine, costi unitari, efficienza e liste di attesa su cui mancano, come è noto a chi se ne occupa seriamente, dati e procedure affidabili e neutrali, non essendoci, non casualmente, un Ente terzo che faccia le verifiche; problema italiano fra i più gravi e incredibili, tema che andrebbe rapidamente messo all’ordine del giorno se esistesse nel paese una forza riformista. Il tema ha affascinato per un pò i giornalisti, in difficoltà di argomenti, poi si è spento da solo, in mezzo ad un mare di numeri contraddittori perfino all’interno della stessa coalizione.

Sui temi che noi chiamiamo in senso ampio compiutamente ecologisti si è centrato il nocciolo della campagna elettorale e sono quelli che ne hanno deciso le sorti; con un problema: che sui principali argomenti, la TAV (che ha assunto un significato più generale che andava ben al di là della Val di Susa) , gli Inceneritori (uno in avvio ed altri 2-3 in progetto), la Tangenziale Est di Torino, l’Inquinamento delle città (Torino ed il Piemonte vantano da tempo un assoluto record negativo) i due competitors principali avevano assolutamente le stesse identiche posizioni, in qualche caso nessuna posizione formalmente espressa.

Ad esempio il cosidetto “programma” della coalizione Bresso, un faldone illeggibile di circa 70 pagine, che quasi nessuno ha letto, non conteneva fino a 3 giorni dalla scadenza una sola parola sul problema inquinamento (mentre falliva la domenica ecologica Chiamparino-Moratti nell’ indifferenza di molti comuni, meno di loro preoccupati da un possibile avviso di garanzia; un succedaneo insignificante per rispondere ai dati diffusi ampiamente che dicevano che a metà febbraio le due metropoli avevano già raggiunto i 35 “sconfinamenti” permessi nell’arco di 12 mesi dell’anno).

Sugli Inceneritori, a seguito di una timidissima richiesta dei Verdi di esprimersi contro, il Pd e la Bresso supplivano alla “dimenticanza” inserendo nella versione finale, nelle ultime ore, la conferma dell’Incenerimento come soluzione del problema.

Questione poco nota e divertente, come poco noto ma meno divertente è sapere se alla fine i Verdi hanno formalmente firmato il programma o se, chi lo ha fatto, lo ha fatto a nome della lista.

Sulla vocazione del PD a cancellare gli “ecologisti “ dalla scena, preoccupati dall’imminente risultato francese, si potrebbe scrivere un libro; sono noti solo alcuni dei modi attraverso i quali questa vocazione antiecologista si è manifestata: alcune figure marginali collocate nella lista Bresso, il veto assoluto a parlare dei Verdi nell’informazione locale, una lista “autonomista” nata negli ultimi giorni con la scritta Europa Ecologia a lato, risultato circa 4000 voti, 0 ,2%, ma forse sufficiente a far saltare un eletto dei Verdi perso per un migliaio di voti; assoluto rifiuto ad accettare con i Verdi quell’accordo tecnico fatto con Rifondazione (nessun assessore, presenza nel listino in cambio della non adesione formale al programma ).

Ma il vero capolavoro del PD riguarda la TAV e i Verdi Verdi.

Sulla TAV c’è poco da dire: mentre si susseguivano provocazioni, carotaggi inutili, botte e incendi di sconosciuti ai presidi, a cui il movimento dei NoTav rispondeva con ripetute manifestazioni , ( inclusa la presenza a quella torinese dell’ 8 marzo che confermava una attivissima presenza di donne nei No Tav ), fino alla più grande, per la quale si è parlato di 40.000 persone, gli esponenti del PD insistevano sull’ “isolamento “ dei No Tav. Fino ad inventare quell’incredibile autogol della manifestazione Si Tav ideata da Chiamparino al Lingotto: qualche centinaio di militanti e di sponsor confindustriali.

Ma il vero capolavoro è stato raggiunto dai due soliti parlamentari PD che in più occasioni hanno giustificato la repressione ( per fortuna solo in minima parte esauditi) contro i facinorosi che allignerebbero fra i “quattro gatti” NoTav. Una singolare tenzone non solo svolta con comunicati stampa ma proseguita a tutte le ore del giorno su Faceebook, dove la possibilità dell’insulto reciproco è più facile, in un confronto diretto con i nemici; un vero capolavoro per il quale Cota dovrebbe almeno spendersi in un personale ringraziamento con i due suddetti.

E’ finita così che a 10 giorni dal voto, anche in seguito ad un appello di cui pochi parlano, firmato da molte decine di No Tav e dilagato su FBK, il fronte No Tav è uscito dall’ “ isolamento” schierandosi apertamente a favore dell’unica lista apertamente No Tav , quella dei 5 Stelle. Risultato: 90.000 voti e due eletti da Grillo nella regione ( 10 volte i 9.373 voti mancati dalla Bresso), 20-30% ottenuto dai grillini in numerosi comuni della valle azzerando verdi e rifondazione, il dilagare del voto disgiunto in tutta la regione, molte migliaia di voti, fino al punto che, incredibilmente, nell’area torinese, i partiti del centro-sinistra hanno preso più voti della loro candidata.

Per ultimo i Verdi Verdi : dopo almeno una decine di incontri ( torinesi e romani) era pressocchè acquisito il possibile miracolo che con i Verdi, oltre alla Civica, oltre ad un gruppetto autonomista, ci fosse anche la lista di Lupi, consigliere uscente, da anni nel centro-destra con una superficiale connotazione ecologista, dopo una presenza nei Verdi fino ai primi anni ’90.Tutti apparentemente disponibili e interessati a partecipare al percorso avviato verso la Costituente ecologista. La possibile riaggregazione, data per acquisita perfino sui giornali, prevedeva come unica soluzione la presenza di un ecologista nel listino Bresso. Questione non di poco conto; non solo perché questa aggregazione avrebbe probabilmente dato ai Verdi due rappresentanti e magari una terza presenza in Giunta in caso di successo significativo; ma perché la nuova collocazione dei Verdi Verdi nel centro-sinistra, da anni accreditati all’1-1,5%, non era per nulla irrilevante in una competizione dove lo scarto fra i due contendenti era valutato in qualche decina di migliaia di voti. Questione ripetutamente segnalata e nota agli " addetti ai lavori".

Il rifiuto arrogante del PD, nel quale era stato sanzionato dall’inizio ( sponsor Bersani ) l’obiettivo di impedire nel nuovo Consiglio la presenza di eletti in qualche modo anti Tav o davvero ecologisti, a parole motivato dall’intoccabilità del listino, ha riportato all’ultimo momento i Verdi-Verdi nell’alveo del centro-destra, con 33.411 voti ottenuti (1,76 %), il doppio di quanto ottenuto dai Verdi (0,76%), un quinto dei quali sarebbe stato sufficiente a invertire il risultato ed a riconfermare la Bresso.

Questa telenovelas, tutta assolutamente vera e verificabile, insegna come un singolare cocktail di arroganza e incapacità politica può regalare in poche mosse sbagliate una Regione, che non si merita e poteva evitare cinque anni di Cota…

Agli ecologisti indica come la strada di un nuovo movimento politico che li unisca attraverso una nuova larga aggregazione non è più questione dei prossimi mesi, richiede il coraggio di cambiare e non permette improvvisazioni.