30 settembre 2015

La famiglia che produce 2700 kg di cibo all’anno in 370 metri quadrati


( Marta Albè su greenme.it

La famiglia Dervaes vive a 15 minuti da Los Angeles in una zona di periferia. Calcolando la casa e il giardino, ha a disposizione 370 metri quadrati di spazio per coltivare e produrre il proprio cibo. Nel proprio appezzamento in un anno questa famiglia molto volenterosa riesce ad ottenere oltre 2000 chilogrammi di ortaggi a cui si aggiungono la frutta di stagione e le uova delle galline che allevano.  In questo modo la famiglia raggiunge una vera e propria autosufficienza alimentare e non solo. La loro produzione è così abbondante da generare un reddito di circa 20 mila euro all'anno (20 mila dollari effettivi). 

Coltivano 400 varietà diverse di frutta, verdura e fiori edibili. Sfruttando tutto lo spazio a prorpia disposizione, questa famiglia produce all'anno più di 2000 kg di verdure, 400 kg di pollo biologico, più di 450 uova, 12 kg di miele e frutta in abbondanza. Tutti i prodotti sono bio. La loro merce è considerata di ottima qualità e i prezzi di vendita ne rispecchiano il valore. Tutti i membri della famiglia danno una mano nella coltivazione dell’orto. Per ridurre i consumi elettrici e le spese, hanno deciso di installare dei pannelli fotovoltaici. Così gli attrezzi agricoli che necessitano di elettricità vengono alimentati grazie alle energie pulite. 


Grazie alle proprie coltivazioni, questa famiglia mangia sempre seguendo la stagionalità dei prodotti. La vendita degli ortaggi avviene a livello locale ed è rivolta soprattutto ai ristoranti della zona. Il denaro guadagnato con la vendita dei prodotti permette alla famiglia di acquistare quei cibi che non può autoprodurre nella propria residenza. Si tratta di un esempio davvero interessante che mostra come con molta buona volontà e con l’aiuto di tutta la famiglia sia davvero ancora possibile autoprodurre il proprio cibo coltivando la terra.
23 settembre 2015  Fonte foto: Urban Homestead

Se volete seguire il viaggio verso l’autosufficienza di questa famiglia, che è iniziato ormai dieci anni fa, potete visitare il loro sito web Urban Homestead e la loro pagina Facebook.  Guardate il video.    

29 settembre 2015

L’orto comunitario di Berlino




Il Prinzessinnengarten è un orto urbano di circa 6.000 metri quadrati in pieno centro a Berlino, nel cuore di Kreuzberg (a Moritz Platz), nato nel 2009 dal progetto dell’associazione Nomadisch Grün (Verde Nomade) che ha riconvertito un luogo abbandonato in un polmone verde all’interno della città. La zona dove è sorto il giardino era di proprietà pubblica ed è stata inizialmente noleggiata dal Fondo immobiliare Berlino. Nel giugno 2012, l’area doveva essere venduta al miglior offerente ma una lettera aperta al senato e il sostegno di più di 30.000 persone hanno impedito la privatizzazione. Attualmente il Prinzessinnengarten ha ottenuto l’estensione dell’utilizzo per ulteriori cinque anni.

Il nome dell’associazione (Verde Nomade) racchiude il concept del progetto: l’agricoltura mobile. Infatti le piante ornamentali, gli ortaggi e le erbe aromatiche vengono coltivati in cassette di plastica, in cartoni del latte o in sacchi di riso in modo tale che tutto sia facilmente trasportabile in altri angoli della città e le eventuali contaminazioni degli inquinanti con il suolo vengano evitate. In questo modo da un primo orto urbano si possono creare altre aree di coltivazione urbana. Come organizzazione non-profit, la Nomadisch Grün ha iniziato con la “guerrilla gardening” trasformando terreni inutilizzati in giardini dove coltivare biodiversità come strumento di interazione sociale. L’obiettivo dell’associazione era quello di creare un luogo di scambio e di apprendimento sui temi della coltivazione locale e biologica degli alimenti, sulla biodiversità (nel Prinzessinnengarten sono state impiantate cinquecento differenti tipi di colture), sul consumo sostenibile e sullo sviluppo urbano.

L’idea del giardino si è espansa diventando qualcosa di più complesso: all’interno di questo ampio giardino sono stati aperti infatti una caffetteria che propone bevande biologiche e un ristorante dove alla base delle ricette ci sono i prodotti freschi coltivati nell’orto stesso. Ci sono inoltre un’area per le api, una zona gioco sugli alberi, un piccolo circo, un mercatino delle pulci (Kreuzboerg Flowmarkt) e una biblioteca sulla sostenibilità ricavata all’interno di un container (per restare in linea con l’agricoltura dinamica). Chiunque può diventare giardiniere a Prinzessinnengarten (il giovedì dalle 15 alle 18 e il sabato dalle 11 alle 14) e per gli inesperti sono numerosi anche i workshop a cui partecipare per saperne di più. Altrimenti sarete i benvenuti ai festival, i concerti e le mostre che soprattuto in estate animano l’orto urbano considerato il più bello al mondo. Il funzionamento del giardino dipende esclusivamente dal volontariato e dalle donazioni. Se volete contribuire alla causa potete farlo donando anche una piccola quota sul sito a questo link. Oggi la storia di questo felice progetto è racchiusa in un libro che ben racconta tutti gli sforzi che sono stati necessari alla realizzazione di questo sogno.

Fonte: designplayground.it – 23 settembre 2015

22 settembre 2015

L’urlo dell’acqua ”Basta!”



(Alex Zanotelli da comune-info.net - 20 settembre 2015 )

Il 20 settembre, il vasto movimento italiano per la gestione pubblica dell’acqua si è ritrovato  a Napoli, capitale dell’acqua pubblica, per rilanciare con forza la difesa di questo bene fondamentale e sempre più sotto attacco dai poteri forti. E questo, nonostante che il Referendum (2011) abbia sancito che l’acqua deve essere sottratta alle leggi del mercato e che non si può fare profitto. A rafforzare l’esito referendario è venuta ora anche l’enciclica Laudato Si’ che afferma che “l’accesso all’acqua potabile è un diritto umano essenziale fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani” (n.30).

Ma nonostante il Referendum e le parole forti di papa Francesco, il governo Renzi (come i precedenti Berlusconi, Monti, Letta), sta perseguendo politiche di privatizzazione dell’acqua, perché i governi sono, oggi, prigionieri dei poteri economico-finanziari che guardano a questo bene come fonte di enormi guadagni.
L’unica grande città che in Italia ha obbedito al Referendum è stata Napoli. Il sindaco De Magistris nel 2011 ha trasformato la vecchia azienda Arin spa in Abc (Acqua bene comune), Azienda Speciale, che non ti permette di fare profitto. Ma quello era solo l’inizio di un processo ancora in atto. I comitati dell’acqua, coordinati da Consiglia Salvio, hanno fatto pressione sul sindaco perché affidasse con una convenzione l’acqua di Napoli ad Abc. Finalmente il 9 marzo di quest’anno, il consiglio comunale, con un voto unanime (le destre si sono astenute) ha affidato l’acqua per trent’anni ad Abc. Ed inoltre ha votato uno Statuto di Abc che prevede l’1 per cento degli utili vada a portare acqua a chi non ce l’ha e i comitati dell’acqua possano presenziare al cda di Abc.
De Magistris ha poi eletto come presidente di Abc, Maurizio Montalto, l’avvocato che in questi anni ha gratuitamente assistito i comitati. Siamo fieri di quanto è avvenuto a Napoli, capitale dell’acqua pubblica, che convoca ora il movimento dell’acqua ad opporsi alle politiche del governo Renzi, che, tramite la Spending Rewiew, lo Sblocca Italia e la legge Madia, sta spingendo il paese verso la privatizzazione dell’acqua. È ormai chiaro che il governo Renzi vuole affidare l’acqua del Bel Paese a quattro multiutilities: Iren (Liguria/Piemonte), A2A (Lombardia), Hera (Emilia Romagna, Marche, Veneto), Acea (Lazio, Abruzzo, Molise e il Meridione). Sono quattro piccole multinazionali

Ormai il controllo dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia vanno gradualmente nelle mani di poche multinazionali. I Comuni e con essi le comunità che rappresentano, perdono così la capacità di decidere sui beni fondamentali per la vita. Il processo di affidamento alle multinazionali è graduale: il primo passo è l’accorpamento regionale degli Ato (Ambiente Territoriale Ottimale) verso un unico Ato. L’idea di un unico Ato non ha nessun fondamento né scientifico né organizzativo. La Campania, per esempio, è divisa in cinque Ato idrogeografici. La giunta campana di De Luca, da poco eletto, sta riproponendo lo stesso piano di Caldoro: un unico Ato. 

Ma c’è un passaggio nuovo in questa guerra sull’”oro blu”. Non è più soltanto la questione gestione dell’acqua, ma la conquista delle fonti. In Campania le fonti e gli acquedotti sono in mano ad Acqua Campania che è una piccola multinazionale. Infatti il 47,9 per cento delle azioni sono di Caltagirone e il 47,9 per cento della più grande multinazionale dell’acqua , Veolia. Il resto delle quote sono di Impregilo International e di banche come Compagnia San Paolo e Cariplo. Di campano, Acqua Campania ha solo il nome. Tra qualche anno la concessione, data dalla Regione, cesserà e lo strumento che useranno sarà l’Ato unico che ha anche il potere di affidare le fonti. I comitati campani propongono ora una loro legge regionale. E continua la mobilitazione.
Ed è quanto sta avvenendo in tante regioni del Centro-Sud. È un piano criminale per accaparrarsi il nostro bene più prezioso. Ecco perché abbiamo ritenuto opportuno , in questo momento storico, di invitare tutto il movimento dell’acqua (insieme al Forum) a Napoli, capitale dell’acqua pubblica, per resistere a questo criminale disegno di consegnare non solo la gestione, ma anche le fonti in mano alle lobbies. In particolare, noi di Napoli invitiamo tutti i comitati del Centro-Sud per far fronte comune contro la potente multiutility Acea che agisce a nome di Veolia, la più potente multinazionale dell’acqua che vuole ora papparsi l’acqua del centro-Sud. 

Abbiamo invitato tanti sindaci da tutta l’Italia, in particolare i sindaci “resistenti”, quello di Saracena (Cosenza) e quello di Roccapiemonte (Salerno). In partiolare abbiamo invitato i sindaci di Messina e di Palermo, nella speranza che queste due città possano fare il passo fatto da Napoli. Potremmo così avere tre grandi città del Sud che ripubblicizzano l’acqua (e il mio augurio è che nasca una rete di sindaci per la gestione pubblica dell’acqua).
Questo nostro Sud deve rialzare la testa e dire: ”Basta!”. E mi auguro che sarà proprio il Sud, così escluso, emarginato e depauperato, a dare un esempio alle altre regioni. Dal basso e insieme si può!

20 settembre 2015

Elezioni in Myanmar: videomessaggio di Aung San Suu Kyi



Con un messaggio sui social in cui invita la comunità internazionale a garantire che le elezioni portino “un vero cambiamento politico e amministrativo”, la leader dell’opposizione birmana ha aperto la campagna elettorale per il voto dell’8 novembre prossimo. Oggi, a due mesi dalle elezioni generali, si apre dunque la sfida fra Aung San Suu Kyi e il partito emanazione dei generali birmani, oggi al potere, per la conquista dei seggi in Parlamento. Rispetto alle elezioni del 2010, boicottate dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld), la ex Birmania ha intrapreso un cammino di riforme che ha portato alcuni cambiamenti, sebbene il processo di democratizzazione abbia subito un brusco rallentamento negli ultimi mesi. 

Restano alcuni cambiamenti significativi, uno dei quali auspicato in passato dalla stessa Nobel per la pace. Cinque anni fa, quando era ancora agli arresti, Aung San Suu Kyi aveva detto di sperare - un giorno - di poter aprire un account Twitter e parlare con il mondo esterno. Oggi la “Signora” per dare il via ufficiale alla campagna elettorale ha usato la sua pagina Facebook, con un video messaggio in inglese in cui ha rilanciato l’auspicio di elezioni libere e giuste e un vero progresso del Paese. 
Saranno oltre 30 milioni i cittadini chiamati alle urne, molti dei quali per la prima volta, le prime in cui saranno da subito presenti i principali schieramenti politici del Paese, fra cui la Nld che aveva vinto le elezioni del 1990, ma riconosciute dai generali. In lizza vi sono circa 90 fra partiti e movimenti politici di varia natura ed estrazione, un numero impensabile fino a pochi anni fa nella nazione del Sud-est asiatico retta da una ferrea dittatura militare. 

Al futuro Parlamento spetterà il compito di eleggere il nuovo presidente del Myanmar, una carica cui non può aspirare la Nobel per la pace, a causa di una norma contra personam che la esclude dalla corsa. Tuttavia, il principale favorito per la vittoria finale resta il partito di governo Union Solidarity and Development Party (Usdp), emanazione della vecchia giunta, che assieme al 25% dei militari cui è riservato per legge un posto all’Assemblea, controllano la vita politica e istituzionale del Paese. 

Nel videomessaggio Aung San Suu Kyi sottolinea che il voto dell’8 novembre è un “crocevia” per la storia del Myanmar. “Per la prima volta in decenni - aggiunge - il nostro popolo avrà davvero la possibilità di portare un vero cambiamento. Questa è una chance che non dobbiamo farci sfuggire”. La “Signora” invita poi la comunità internazionale a vigilare sulle operazioni di voto e assicurarsi che “il nostro popolo senta che la sua volontà viene rispettata” e che essa sia foriera di “un vero cambiamento politico e amministrativo”. 
Infine, la leader della Nld ha auspicato che il risultato “sia accettato da tutti” e che per questo vi sia un “aiuto concreto” da parte di “tutti” nelle settimane successive al voto. “Ci auguriamo che il monto intero comprenda - conclude - quanto sia importante per noi avere elezioni libere e giuste”. A seguire Aung San Suu Kyi ha diffuso anche un messaggio in lingua birmana, invitando gli elettori a pensare alle generazioni future mentre si recano alle urne, aggiungendo che il suo partito può soddisfare le aspirazioni al cambiamento. 

da unimondo.org, 13 Settembre 2015