30 maggio 2015

ECOLETTERA 63 del Gruppo Cinque Terre

costruire la transizione: un nuovo ecologismo - democrazia - giustizia - nuovi lavori    
      
editoriale 1: Spese militari crescono nonostante gli annunci: 13 miliardi in armi in 3 anni

Il Documento programmatico pluriennale della Difesa per il 2015-2017 smentisce gli annunci di riduzione di spesa. Quest'anno le forze armate - carabinieri esclusi - ci costeranno 17 miliardi, di cui 4,7 per acquisto di materiale bellico, aerei e navi da guerra, carri armati, missili e fucili: la stessa cifra spesa nel 2014. Per rinnovare l’arsenale bellico nazionale, il governo Renzi programma di spendere almeno 13 miliardi in tre anni, una cifra enorme che consentirebbe la restituzione integrale delle pensioni illegalmente decurtate da Monti. Nessun taglio agli F35. ( Enrico Piovesana su ilfattoquotidiano.it ) leggi

editoriale 2 : Fonti fossili: 10 milioni di dollari di sussidi al minuto. Lo studio shock del FMI

Le sovvenzioni a favore delle fonti fossili nel 2015 sono state superiori alla spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. Una cifra scioccante, pari a 5,3 trilioni di dollari pari al 6,5 per cento del PIL mondiale. Due anni fa, nel 2013 erano 4,9 trilioni. Si parla di 10 milioni di dollari di sussidi al minuto. Tutto questo accade mentre si parla di trovare soluzioni per salvare il clima e mentre si attende la conferenza delle Nazioni Unite di Parigi, alla fine di quest'anno. A rivelare le amare cifre è stato uno studio del Fondo Monetario Internazionale, dal titolo “How Large Are Global Energy Subsidies?”, secondo cui a favore di petrolio e carbone si spende più denaro di quello destinato alla salute. La vasta somma è in gran parte dovuta a chi inquina non pagando le imposte ai governi, legate alla combustione di carbone, petrolio e gas. Secondo Nicholas Stern, economista della London School of Economics “questa analisi è molto importante e frantuma il mito che i combustibili fossili siano a buon mercato, mostrando quanto siano enormi i loro costi reali..” ( Francesca Mancuso da   greenme.it  )  leggi

editoriale 3: Dalla Spagna all’ Italia ? : nuova musica vuole nuovi suonatori

Domenica 24 maggio si sono svolte le elezioni amministrative in Spagna, sia per le Comunità autonome ( tutte le regioni ad eccezione dell’Andalusia dove le elezioni si sono svolte il 22 marzo, della Catalogna che voterà il 27 settembre, dei Paesi Baschi e la Galizia che voteranno nel 2016 ), sia in centinaia di comuni fra i quali tutti quelli principali. Il movimento di Podemos ha guadagnato molti seggi a scapito dei partiti tradizionali come il Partito popolare e soprattutto il Partito socialista. Anche Ciudadamos, nuovo movimento anticasta ma di stampo moderato, ha avuto un discreto risultato. Hanno vinto insomma i nuovi suonatori che suonavano una nuova musica invece delle note stonate del vecchio bipolarismo di PP e PSOE. ( di Massimo Marino) leggi

Renzi: siamo al voto di scambio

Credo che non ci siano parole per definire e commentare quello che ha fatto il Presidente del Consiglio annunciando un “bonus” di 500 euro per i pensionati che hanno subito trattenute illegittime. O meglio, una parola c’è: voto di scambio. Il governo sostiene di non dover restituire gli arretrati ai pensionati. Un discorso che possiamo riassumere così: “Io non vi dovrei niente, ma siccome siete voi (e siccome fra due settimane si vota), facciamo così: vi do un bonus di 500 euro pro bono pacis, e chiudiamola qui (però ricordatevi di votare per me)”. .. Ridatemi la Monarchia Costituzionale, almeno lì il re non lo mette sul trono Renzi! Mi sentirei più garantito così. (    da  aldogiannuli.it leggi

Barbara Spinelli, addio a lista Tsipras un anno dopo il voto: “Progetto fallito”

A meno di un anno dalle elezioni europee Barbara Spinelli lascia la lista l’Altra Europa con Tsipras restando a Bruxelles come indipendente nel gruppo Sinistra Unitaria Europea-Ngl. “Non intendo contribuire in alcun modo a un’ennesima atomizzazione della sinistra fondando o promuovendo un’ulteriore frazione politica … in Italia non entrerò in nessun gruppo, se eccettuo la mia militanza nell’associazione Libertà e Giustizia”. L’Altra Europa - continua Spinelli - nacque come progetto di superamento dei piccoli partiti di sinistra; come conquista di un elettorato deluso sia dal PD che dal M5S, un elettorato non esclusivamente ‘di sinistra’. Ritengo che L’Altra Europa non sia oggi all’altezza di quel progetto: è quanto ho sostenuto assieme a molti ex garanti e militanti della Lista, in una lettera aperta di dissenso indirizzata il 18 aprile a chi la dirige” ( da  ilfattoquotidiano ) leggi   

Novità dai ballottaggi nelle elezioni amministrative del Trentino e Alto Adige. Al voto 7 regioni il 31 maggio 

Nelle elezioni in Trentino e Alto Adige  novità nei ballottaggi del 23 maggio. A Rovereto (comune di 40.000 abitanti del Trentino ) vince la coalizione di liste civiche +verdi contro PD e Patt. A Merano, seconda città dell'Alto Adige-Sud Tirol con 39.000 abitanti , vince il candidato dei  Verdi/Grunen della colomba bianca contro quello di SVP e PD. leggi  leggi  .
Qui tutti gli 800  comuni, di cui 108 sopra i 15.000 abitanti dove si vota in maggio insieme a sette regioni ( Liguria, Veneto, Toscana, Campania, Puglia, Umbria, Marche ) leggi
 

Elezioni in Gran Bretagna: davvero Cameron ha trionfato ? 

Come al solito la lettura dei media, specie quelli italiani, rende incomprensibile interpretare come si sono espressi  gli elettori del Regno Unito ( Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord ) nel voto di giovedì  6 maggio ( si vota sempre nella stessa data, il 6 maggio).  Il sistema elettorale inglese è uno delle varianti più imbrogliona dei variegati e fantasiosi sistemi maggioritari, come quello francese e il nostro novello Italicum. Ben congegnato per imporre un forzato bipolarismo di facciata e rendere improbabile qualunque possibile cambiamento, appellandosi al solito rito della governabilità a scapito di qualunque rispetto per la rappresentatività del voto espresso dagli elettori. (di Massimo Marino) leggi

Elezioni GB: Gli inganni del "Britannicum" 

Il sistema elettorale inglese è persino peggiore dell'Italicum: puoi prendere più seggi con 180.000 voti che con 4 milioni. Personalmente sono da sempre un proporzionalista e il meno peggio mi è sempre sembrato il sistema tedesco. Ciò detto, di fronte al "Britannicum", cioè il sistema inglese, l'Italicum sarebbe un modello di democrazia. Basta guardare l'esito delle recenti elezioni politiche per convincersene. (Carlo Clericetti su insightweb.it ) leggi

Spagna: Barcellona, una okupa al potere. “Sarà una rivoluzione” 

Ada Colau è il nuovo sindaco con le elezioni comunali di Barcellona del 24 maggio. Nel paese della più grande bolla spe­cu­la­tiva immo­bi­liare euro­pea, dove nel 2005 si costrui­vano più case che Ger­ma­nia, Fran­cia e Ita­lia assieme e si sti­mano più di 5 milioni di case vuote, mezzo milione di per­sone sono state but­tate fuori di casa ma man­ten­gono il loro debito con le banche. E, nel più asso­luto disin­te­resse delle isti­tu­zioni, sono state aiu­tate dalla «Piat­ta­forma vit­time del mutuo» (PAH, dalla sigla in spa­gnolo), nata dalle ceneri del 15M a Bar­cel­lona e dif­fusa in tutto il paese. Che li ha aiu­tati a affron­tare le ban­che e soprat­tutto ha dato un tetto, occu­pando le case vuote delle ban­che, a migliaia di per­sone. Colau ne è stata la por­ta­voce e oggi la sua Bar­ce­lona en comú (Bar­cel­lona in comune) è il par­tito più votato. ( Luca Tancredi Barone da ilmanifesto.it ) leggi

Spagna, ecco la fine del bipartitismo 

Nella poli­tica spa­gnola per la prima volta si pro­fila uno sce­na­rio com­ple­ta­mente diverso dal rigido bipar­ti­ti­smo che ha carat­te­riz­zato la vita poli­tica di que­sto paese. Le mag­gio­ranze asso­lute saranno l’eccezione. La poli­tica deve adat­tarsi a una realtà ine­dita: la neces­sità di scen­dere a patti con altri par­titi.Il 24 mag­gio si è votato in 13 delle 17 comu­nità auto­nome, e in tutti i più di 8100 comuni spa­gnoli, a pochi mesi dalle ele­zioni gene­rali di novem­bre. I semi get­tati dal 15M ( indignados) quat­tro anni fa ini­ziano a dare i primi frutti. I due sto­rici grandi par­titi, il PP e il PSOE, ven­gono ormai dati al 50% dei voti. Inte­res­sante osser­vare le comu­nità auto­nome (regioni) che in Spa­gna, come in Ita­lia, gesti­scono la gran parte delle spese sociali, dove entra­vano solo due o tre par­titi. Que­sto sce­na­rio sem­pli­fi­cato è finito per sem­pre. (Luca Tancredi Barone da ilmanifesto.it   ) leggi

Spagna: Possiamo sfidarli?

La stampa italiana ha proclamato in maniera unanime ed errata la vittoria di Podemos alle elezioni amministrative spagnole. Basta dare uno sguardo ai dati elettorali per capire che la notizia è semplificata al punto da essere falsa. Il Partito Popolare pur avendo perso due milioni e mezzo di voti si conferma il partito più votato, seguito a brevissima distanza dal partito socialista. Podemos si attesta, salvo poche eccezioni, come terzo o quarto partito a seconda delle regioni e delle città. Lo stesso Pablo Iglesias ha commentato domenica a urne chiuse che “la dissoluzione dei partiti tradizionali e la fine del bipartitismo si sta dimostrando un processo più lento di quello che speravamo”. Potrebbe sembrare una cattiva notizia, ma con uno sguardo più attento si scopre che il terremoto e il segnale politico che arrivano dalle urne di Barcellona e Madrid sono molto più profondi e dirompenti di quello che sembrano. Da domenica c’è grande cautela perché la situazione consegnata dalle urne è nuova e complicata, rompe le maggioranze assolute.  A Barcellona e Madrid, e non solo, ciò che esce vittorioso dalle urne è una nuova forma di coalizione di soggetti fortemente radicati nella società, con forme organizzative e strutture diversificate, che pretende di riappropriarsi di spazi decisionali e quote di potere sfidando le oligarchie politico-economiche. Non è un caso che nelle due città sia aumentata la partecipazione al voto nei quartieri più popolari  (Caterina Amicucci da comune-info.net  )  leggi

Spagna: Più di Podemos vince il modello Barcellona 

Il modello regionale (Podemos da solo) e il modello delle città (la coalizione di partiti e movimenti). Due strade diverse, ma è la seconda quella che ha la forza del consenso e dei voti. E il dato forse più impor­tante delle ele­zioni in Spa­gna: la dif­fe­renza tra le ele­zioni ammi­ni­stra­tive e quelle regio­nali. Pode­mos aveva scelto di pre­sen­tarsi da solo alle ele­zioni regio­nali, lavo­rando invece nelle città a “coa­li­zioni di unità popo­lare”, liste uni­ta­rie tra Pode­mos, altri movi­menti poli­tici (come Equo e Gane­mos) e i movi­menti sociali eredi della sta­gione degli Indignados. Il secondo modello è risul­tato deci­sa­mente più forte del primo. I risul­tati di Pode­mos e dei suoi alleati a Bar­cel­lona, Madrid, Cadice, Sara­gozza e La Coruna sono doppi rispetto a quelli che Pode­mos ha otte­nuto da solo alle regio­nali. Nelle regioni il risul­tato di Pode­mos oscilla tra l’8 e il 20%, con una media nazio­nale di circa il 10–12%. Le coa­li­zioni di unità popo­lare hanno otte­nuto il 25% a Bar­cel­lona, il 31% a Madrid, il 30% a La Coruna, il 28% a Cadice, il 25% a Sara­gozza. ( Loris Caruso da ilmanifesto.it ) leggi

Che succede in Arabia Saudita?

Dopo la morte di re Abd Allah, il 23 gennaio scorso, l’Arabia Saudita sembra entrata in una fase di fibrillazione. Le ultime notizie sono di pochi giorni fa: il re Salman ha dichiarato eredi al trono in successione il ministro dell’Interno Mohamed bin Najaef (figlio di un fratello suo predecessore) e il proprio figlio Mohammed bin Salman (”saltando” il suo più anziano fratello Muqrin), contestualmente ha esautorato Saud Al Feisal dal ministero degli esteri, che reggeva dal 1975 e che era uno storico alleato degli Usa, sostituito con Adel al Juber, un tecnico, non appartenente alla casa regnante e già ambasciatore a Washington. (   Aldo Giannuli  da aldogiannuli.it ) leggi
Ambientalisti uccisi: Quanti ancora?

Due omicidi a settimana. E’ il prezzo pagato per la difesa dell’ambiente. Secondo un rapporto recentemente pubblicato dal Global Witness sono almeno 116 gli attivisti ambientalisti che sono stati assassinati nel 2014, alcuni sono uccisi dalla polizia durante le proteste, gli altri abbattuti da sicari ignoti. Mentre le grandi compagnie cercano di impossessarsi di terreni sempre più vasti, ai danni delle comunità locali, delle foreste e di altri preziosi ecosistemi, gli ambientalisti pagano un prezzo altissimo per proteggere questi beni comuni. Lo scorso anno il numero di attivisti stati uccisi per aver difeso l’ambiente è raddoppiato rispetto all’anno precedente. Il 40% delle vittime erano indigeni, e in gran parte si opponevano a progetti energetici, miniere e piantagioni. Le aree più a rischio, secondo l’analisi di Global Witness, sono il Centro e il Sud America. ( da salvaleforeste.it  ) leggi

La foto del giorno: L’ISIS in Siria  è arrivato a Palmira, che ha 3000 anni di storia e rischia di essere distrutta. Quasi 1700 anni fa era dimora della regina Zenobia che si oppose, secondo la tradizione, tanto all’impero romano come a quello persiano. Secondo l’Unesco alcuni monumenti sono già stati distrutti e molte centinaia di persone nella zona sono già state uccise.
  

VIDEO ARCHIVIO

Spagna  Aria e protagonisti nuovi nelle elezioni amministrative del 24 maggio. Le alleanze popolari di Podemos con altri movimenti ha portato  alla conquista di comuni come Barcellona e Madrid vedi

Everyday Rebellion è un documentario uscito del 2104, di  Arash e Arman T. Riahi, nati in Iran e stabilitisi a Vienna. Nato nei giorni di  occupy e degli indignados  il film è  parte di un progetto per la comunicazione e l'informazione degli attivisti in tutto il mondo “per una rivoluzione quotidiana, creativa e non violenta”. vedi


Giraffada è un film del francese Rani Massalha  che racconta di un ragazzino e di una giraffa rimasta sola nello zoo di  una  cittadina palestinese dopo un bombardamento. Entrambi cercano di sopravvivere in un paese  dove è difficile avere la libertà di muoversi.  vedi

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Il punto di vista  del Gruppo Cinque Terre







in uscita in giugno il documento annuale del Gruppo Cinque Terre

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26 maggio 2015

Spagna: Più di Podemos vince il modello Barcellona



Il modello regionale (Podemos da solo) e il modello delle città (la coalizione di partiti e movimenti). Due strade molto diverse, ma è la seconda quella che ha la forza del consenso e dei voti


 di  Loris Caruso * 
Il dato forse più impor­tante delle ele­zioni in Spa­gna è la dif­fe­renza tra le ele­zioni ammi­ni­stra­tive e quelle regio­nali. Si sono con­fron­tati due modelli. Pode­mos aveva scelto di pre­sen­tarsi da solo alle ele­zioni regio­nali, lavo­rando invece nelle città a “coa­li­zioni di unità popo­lare”, liste uni­ta­rie tra Pode­mos, altri movi­menti poli­tici (come Equo e Gane­mos) e i movi­menti sociali eredi della sta­gione degli Indignados.

Si tratta di due modelli molto diversi, che riflet­tono anche il dibat­tito all’interno di Pode­mos. Da un lato, il par­tito inteso come mac­china mediatico-elettorale che, se può nascere e affer­marsi gra­zie all’azione pre­ce­dente delle mobi­li­ta­zioni sociali, pen­san­dosi come una loro tra­du­zione poli­tica, inclu­den­done istanze e riven­di­ca­zioni, tende però a con­si­de­rare il radi­ca­li­smo e l’«assemblearismo» (un eccesso di par­te­ci­pa­zione che ridur­rebbe l’efficacia deci­sio­nale) come osta­coli all’affermazione elet­to­rale. Un par­tito, quindi, che deve essere espres­sione della mobi­li­ta­zione sociale, ma deve nello stesso tempo assor­birla, spo­starla, tra­durla sul piano politico-politico della stra­te­gia elet­to­rale e rece­pirne selet­ti­va­mente solo gli aspetti fun­zio­nali a que­sto scopo.

È un approc­cio che acco­glie molto dei modelli poli­tici domi­nanti: mar­ke­ting, comu­ni­ca­zione, lea­de­ri­smo, mag­giore atten­zione ai media che al radi­ca­mento ter­ri­to­riale, un uso quasi “azien­dale” della Rete che allarga le pos­si­bi­lità di par­te­ci­pa­zione (a colpi di click) della base, ren­den­dola però quasi del tutto inin­fluente sulle deci­sioni del vertice.

Dall’altra parte, nelle città, si è costruito un modello che non rifiuta del tutto que­sti mec­ca­ni­smi, ma li inte­gra con ciò che essi esclu­dono: la mobi­li­ta­zione, il con­flitto, il radi­ca­li­smo, la cen­tra­lità del sociale, il coin­vol­gi­mento attivo e costante della base già mili­tante e di quella potenziale.

È un’alternativa, quella tra que­sti due modelli, che riguarda dav­vero il futuro delle forme dell’organizzazione poli­tica a sinistra.


Il fatto è che il secondo modello è risul­tato deci­sa­mente più forte del primo. Più effi­cace, più capace di coin­vol­gere l’elettorato e la società spa­gnola, più capace di vin­cere. I risul­tati di Pode­mos e dei suoi alleati a Bar­cel­lona, Madrid, Cadice, Sara­gozza e La Coruna sono doppi rispetto a quelli che Pode­mos ha otte­nuto da solo alle regio­nali. Nelle regioni il risul­tato di Pode­mos oscilla tra l’8 e il 20%, con una media nazio­nale di circa il 10–12%. Le coa­li­zioni di unità popo­lare hanno otte­nuto il 25% a Bar­cel­lona, il 31% a Madrid, il 30% a La Coruna, il 28% a Cadice, il 25% a Sara­gozza. Men­tre nelle regio­nali Pode­mos è riu­scito al mas­simo a risul­tare la terza forza, le coa­li­zioni popo­lari sono state la prima forza a Bar­cel­lona e La Coruna, la seconda a Madrid, Cadice e Sara­gozza. Ma il dato ancora più impor­tante è che men­tre nelle regio­nali Pode­mos arriva sem­pre die­tro al Psoe, nelle cin­que grandi città gli è sem­pre davanti, e spesso lo dop­pia. La vicenda di Bar­cel­lona, poi, farà scuola: Ada Colau, lea­der di un movi­mento rap­pre­sen­tato come anti-sistema (la Pah, movi­mento per il diritto alla casa), sarà il sin­daco della città.

Que­sti risul­tati dimo­strano che non sem­pre, non per forza, il radi­ca­li­smo spa­venta gli elet­tori (nem­meno quelli della mitica classe media, soprat­tutto quando que­sta è in crisi quanto le classi popo­lari), e non sem­pre l’apertura, la par­te­ci­pa­zione estesa, la resti­tu­zione di un pro­ta­go­ni­smo reale a mili­tanti, atti­vi­sti e cit­ta­dini sono un peri­colo per l’efficacia, la riu­scita e per­fino la com­pat­tezza di un pro­getto poli­tico. Dipende. Dipende dal fatto che la par­te­ci­pa­zione e l’apertura siano rea­liz­zate dav­vero e non solo enun­ciate (per essere magari poi tra­dite, nei fatti, da sem­pre attivi istinti poli­ti­ci­sti). E dipende dal fatto che il radi­ca­li­smo dei con­te­nuti non solo appaia razio­nale e rea­li­stico, ma sia riu­scito a incar­narsi in con­flitti con­creti e risul­tati tan­gi­bili, senza limi­tarsi ad enun­ciare all’infinito il disgu­sto per la poli­tica di par­tito e la rappresentanza.


Alla luce di tutto que­sto, si può dire che se Pode­mos ambi­sce, come ambi­sce, a vin­cere le ele­zioni poli­ti­che, dovrà pro­ba­bil­mente seguire più il modello delle città che quello delle regioni. Il modello per le ele­zioni gene­rali può essere quello di una grande alleanza nazio­nale tra Pode­mos, movi­menti poli­tici e movi­menti sociali, aprendo subito un pro­cesso costi­tuente in cui que­sta alleanza si formi nel paese. E, forse, per­fino imma­gi­nando che a rap­pre­sen­tarla possa essere una figura più simile a quella di Ada Colau che a quella di Pablo Igle­sias, che sia più espres­sione della «mag­gio­ranza sociale» che lea­der di partito.

Il punto è che ci sono ormai troppi segnali del fatto che, anche a sini­stra, solo ciò che risulta essere all’altezza dei cam­bia­menti sociali, poli­tici e sto­rici in corso può fun­zio­nare. È giu­sto, come ha fatto Pode­mos, inno­vare innan­zi­tutto la forma par­tito – con­ce­den­dosi, in qual­che modo, anche a lin­guaggi e forme che si potreb­bero defi­nire post-moderne. Ma nem­meno que­sto, da solo, basta. Così come, da sola, la mobi­li­ta­zione sociale (la “coa­li­zione sociale”) ottiene pochi risul­tati. I governi di tutta Europa si sono resi quasi del tutto imper­mea­bili a qual­siasi mobi­li­ta­zione sociale. Per dirla in stile ren­ziano: loro “vanno avanti”, qual­siasi cosa dica il paese, di qual­siasi ampiezza siano le mobi­li­ta­zioni e i conflitti.

Il potere capi­sce solo la lin­gua del potere, i voti cono­scono solo il lin­guag­gio dei voti, i numeri quello dei numeri, la forza quello della forza, i media quello del suc­cesso. Le mobi­li­ta­zioni sociali pos­sono otte­nere risul­tati se fanno paura anche sul piano elet­to­rale. I pro­getti poli­tici della sini­stra pos­sono essere effi­caci solo se sono inner­vati di azione sociale, movi­menti, con­flitti, attori col­let­tivi, lotte locali.

Qual­siasi forma di poli­ti­ci­smo, anche bril­lante, è deci­sa­mente votata alla scon­fitta. Sarà que­sto il futuro modello della sini­stra, visi­bil­mente in gesta­zione in que­sti anni e di cui le ele­zioni spa­gnole par­lano in modo chiaro: par­titi e movi­menti insieme, coa­li­zione sociale più coa­li­zione poli­tica. Ognuno, da solo, farà poca strada.

* da ilmanifesto.it – 26 maggio 2015