29 dicembre 2010

Il club dei Comuni virtuosi "Così tagliamo le bollette"


Dalla corrente agli imballaggi: come ridurre ai minimi la spesa pubblica


Colorno (Parma) - Passare una mezza giornata con Marco Boschini è, come diceva Guareschi che era di queste parti, «bello e istruttivo», perché impari un sacco di cose. Ma non è facile. Anche senza dirti nulla, Boschini ti mette un po’ in soggezione. Guai se, uscendo da una stanza, ti dimentichi di spegnere la luce. Se proponi di prendere l’auto per un tragitto che si può tranquillamente percorrere a piedi. Se poi ti capita di andarci a pranzo insieme, guardati dal lasciare qualcosa nel piatto, o di spezzare un panino senza finirlo.

Marco Boschini è il coordinatore nazionale dell’Associazione dei Comuni Virtuosi, una specie di mondo parallelo che ha deciso di combattere i guasti dell’era contemporanea – dall’inquinamento alla crisi economica – reintroducendo nella vita quotidiana pubblica e privata l’uso di quella vecchia e sana virtù dei nostri nonni: la parsimonia. Trentasei anni, educatore in un doposcuola, Boschini è assessore a urbanistica, ambiente e patrimonio del suo paese, Colorno, novemila abitanti.

La sfida dei più piccoli
Nel maggio del 2005 è stato uno dei fondatori di questa associazione di comuni virtuosi: «All’inizio eravamo in quattro – racconta –: noi, Vezzano Ligure (La Spezia), Monsano (Ancona), Melpignano (Lecce). Lo stimolo è stata la convinzione che il modello di sviluppo di oggi, oltre a provocare disastri a livello planetario, ha ripercussioni sulla vita delle piccole comunità locali». E così è partita la sfida: vivere non proprio come gli Amish, ma insomma.

Oggi l’associazione raggruppa 48 Comuni in tutte le regioni italiane. L’idea rivoluzionaria è di cambiare il mondo partendo dalle piccole azioni quotidiane. Un’utopia? «Potranno anche ridere di noi - dice Boschini - ma la storia spesso è stata cambiata da piccoli gesti di persone semplici. Le faccio un esempio che dimostra che la nostra battaglia non è affatto vana. Noi abbiamo cominciato da anni a dire a tutti: quando fate la spesa, siete sicuri di avere bisogno di prendere i sacchetti di plastica del supermercato? E se invece facessimo come si faceva una volta, e cioè se si portasse qualche sacchetto di tela da casa? Bene: ci davano dei talebani, ma adesso il governo ha finalmente messo al bando le borse di plastica. Lei ha un’idea di quante borse di plastica usiamo ogni anno in Italia?».

E’ in queste cose che Boschini ti stende: sui numeri, sui fatti. Perché non solo nessuno di noi sa quante borse di plastica vengono usate (e poi buttate, a inquinare l’ambiente) ogni anno in Italia: ma nemmeno se lo potrebbe immaginare.

Un mare di plastica
«Ventiquattro miliardi!», si auto-risponde Boschini con l’aria di chi sa di stupire. «Sì, ven-tiquat-tro-mi-liar-di! Ha presente il danno per l’ecosistema? Ecco, questo è un esempio di rivoluzione partita dal basso e arrivata in alto». Portarsi da casa una borsa di tela da riutilizzare migliaia di volte: è solo una questione di abitudine. «A Capannori, cinquantamila abitanti, il nostro Comune più grande, in provincia di Lucca, un anno e mezzo fa hanno inaugurato il negozio Effecorta. Sa che cosa fanno in quel negozio? Vendono solo prodotti senza imballaggio. Alimentari, detergenti, cosmetici eccetera. Tutto sfuso, offerto in una lunga fila di contenitori in vetro. Uno va là con una scatola, si prende la pasta e i biscotti e se ne va a casa. Chi compra in quel negozio non produce rifiuti, capisce? Adesso molti stanno seguendo l’esempio».

E l’ultimo spenga la luce
E’ solo questione, appunto, di abitudini. Come spegnere la luce quando non serve: «A Laveno Mombello, sul lago Maggiore, in un istituto tecnico un professore ha lanciato il progetto “I guardiani della luce”. A turno, ogni mese uno studente è responsabile del controllo degli sprechi. Se vede che c’è il sole, apre la tenda e preme l’interruttore. Così in aula, in palestra eccetera. Sa quanto hanno risparmiato sulla bolletta, senza modificare gli impianti? Il cinquantacinque per cento».

Il risparmio al camposanto
Si risparmia sui vivi e sui morti: «A pochi viene in mente quanto si spreca, ad esempio, per le luci votive dei cimiteri. Sono quasi tutte lampadine tradizionali. Noi a Colorno le abbiamo sostituite con quelle a led, spesso alimentate con l’energia solare, e risparmiamo il 90 per cento. E l’acqua minerale? In quasi tutte le mense scolastiche dei nostri Comuni l’abbiamo rimpiazzata con quella “del sindaco”, che poi è quella del rubinetto».

Acqua eccellente e controllata - garantisce l’assessore -, «che solo al nostro piccolo Comune permette di evitare l’acquisto di 200 mila bottigliette di plastica l’anno. Bottigliette che prima vengono trasportate da camion che inquinano, e poi finiscono nella spazzatura. Ecco, pensate a operazioni del genere a Milano e Napoli... pensate se così facessero tutti... provate a moltiplicare risparmi e benefici». Ma possibile che non ci abbia pensato nessuno, nei grandi Comuni? «Molti non lo sanno. E se qualcuno glielo dice, non cambiano per pigrizia».

L’obiettivo
Come tutti i rivoluzionari, anche Boschini ha un obiettivo che pare folle: «Vogliamo arrivare a produrre zero rifiuti». Zero rifiuti? Viene il dubbio che sia il caso di chiamare un’ambulanza. «Mi rendo conto che sembra impossibile – spiega – ma per esempio a Colorno abbiamo introdotto la raccolta differenziata porta a porta. Non ci sono più i cassonetti in giro, solo le campane per il vetro. Ogni famiglia ha almeno quattro bidoncini: per la carta, la plastica, l’organico e l’indifferenziata. Così si ricicla quasi tutto. I risparmi? Il cittadino è portato a non comperare ciò che ha sperimentato essere inutile, e paga anche meno tasse per i rifiuti. Il Comune risparmia sull’inceneritore e crea posti di lavoro per la raccolta porta a porta. Guardi: la principale obiezione che ci fanno è che un mondo che consuma meno ha anche meno posti di lavoro. Ma noi abbiamo calcolato che se tutti i Comuni facessero la raccolta differenziata porta a porta, si creerebbero trecentomila posti di lavoro. Lei dice: rifiuti zero è impossibile. Ma nel nostro Comune di Ponte nelle Alpi, nel Bellunese, la raccolta differenziata è già arrivata al 90 per cento. La media nazionale di produzione annua di rifiuti pro capite è 600-650 chili. In molti nostri Comuni, siamo sotto i 40 chili».

L’addio al Pd
Marco Boschini era del Pd: era perché se n’è andato poco fa. «Le nostre iniziative – dice – vengono boicottate da tutti i partiti, anche a sinistra». Non sarà che siete dei rompiballe? «Lo siamo sicuramente per una classe dirigente che è inadeguata, impreparata culturalmente per capire la portata della sfida. Pensi che Camigliano, in provincia di Caserta, è stato commissariato perché troppo virtuoso». Possibile? «E’ così. Aveva ridotto i rifiuti del 70 per cento, e non aveva bisogno di aderire al consorzio provinciale come la nuova legge prevede. Così hanno commissariato solo l’unico Comune che non aveva monnezza in giro. Siamo noi i pazzi, o qualcun altro?».

Intervista a La Stampa a cura di Michele Brambilla 27 dicembre 2010

27 dicembre 2010

Conclave ecologista e civico: 29-30 gennaio 2011

Dopo un lungo e difficile confronto si è avviato il percorso per lo svolgimento di un incontro nazionale per conoscersi e confrontarsi fra le centinaia di realtà del mondo ecologista e civico italiano, gettando le basi per l’avvio di un possibile processo unitario, aperto, inclusivo e partecipato, al quale tutti coloro che intendono aderire sono invitati a dare un contributo attivo. Pubblicheremo settimanalmente le adesioni pervenute ( fra le prime già pervenute ai promotori : Movimento Valledora-Piemonte /Cittadini ecologisti - Toscana )
Autoconvocazione INCONTRO 29-30 GENNAIO 2011
A tutti i movimenti e le reti interessate ad un progetto di aggregazione politica ispirata a criteri di sostenibilità ambientale, equità sociale, partecipazione democratica. Care Amiche e Cari Amici, Da alcuni mesi molte persone, associazioni e reti composti da donne e uomini di buona volontà stanno lavorando al sogno di costruire un processo costituente che raggruppi tutti i soggetti che vogliono portare il respiro della società civile nelle rappresentanze e nei luoghi della decisione, superando i limiti del sistema partitico attuale, con una visione ecologista, civica, democratica e sociale costruita dal basso. Ci sono stati diversi appuntamenti importanti in varie città d’Italia che hanno cercato di coagulare tali sforzi e che hanno portato centinaia di realtà a conoscersi e confrontarsi, gettando le basi, a nostro avviso, per l’avvio di un processo unitario aperto, inclusivo e partecipato al quale tutti coloro che intendono partecipare sono invitati a dare un contributo attivo. Le cose si stanno muovendo, in modo magari magmatico e incoerente, ma si stanno muovendo. Perciò vogliamo invitare tutti gli uomini e le donne di buona volontà, rappresentanti di associazioni, comitati e reti locali e nazionali, ad “autoconvocarsi” e ritrovarsi, tutti insieme, per discutere i percorsi da seguire per costruire il nuovo soggetto politico in maniera partecipata e condivisa. Sappiamo che per giungere ad un’aggregazione politica non basta la condivisione di alcune grandi affermazioni di principio, ma serve anche una certa chiarezza sulle politiche economiche e sociali da perseguire nel breve e lungo periodo, oltre alle modalità di fare politica e alle regole da darsi per evitare di ricadere nella vecchia politica dominata da caste. La sfida è come costruire questo percorso in maniera da permettere a tutti di esprimersi e di poter capire con chiarezza le posizionidegli altri in modo da evitare egemonie ed equivoci che sono l'anticamera della disgregazione. I modi per realizzare questo processo partecipativo sono vari e già mentre preparavamo questo invito sono emerse varie proposte che però vorremmo discutere con tutti voi. Pertanto proponiamo di incontrarci il 29 e 30 gennaio in luogo ancora da individuare, ma scelto in una posizione geografica centrale. Precisiamo che i firmatari del presente invito non hanno nessun altro ruolo se non quello di promotori all’autoconvocazione di questo “conclave” di avvio del processo costituente. Cari saluti a tutti e tutte. Per adesioni e riferimenti logistici contattare i soggetti che hanno dato le prime adesioni in ordine alfabetico: * Abbiamo un Sogno referente Marco Boschini: marcoboschini@alice.it * Centro Nuovo Modello di Sviluppo referente Francuccio Gesualdi: coord@cnms.it * Costituente Ecologista referente Giuliano Tallone: giulianotallone@tin.it * Gruppo delle Cinque Terre referente Maurizio Di Gregorio: ecoconclave@gmail.com E… ( l’elenco è liberamente aperto a tutti i movimenti che vorranno aderire )

23 dicembre 2010

La nonviolenza degli studenti romani


di Mao Valpiana

I giovani liceali e universitari che oggi hanno manifestato a Roma per contrastare la cosiddetta "riforma Gelmini", hanno offerto una bella lezione di pratiche nonviolente. Bravi davvero.
La zona rossa del centro cittadino, il salotto buono di Roma, era
presidiata dalla polizia, blindato e deserto, mentre loro sono andati a sfilare nelle periferie, lungo le tangenziali, lontani dai luoghi del potere, e hanno ricevuto gli applausi dei passanti (chissà se sono consapevoli di aver dato corpo alla visione capitiniana: "perché da una periferia onesta, pulita, nonviolenta, avverrà la resurrezione del mondo").

Le forze dell'ordine erano in assetto antisommossa, con caschi emanganelli, mentre gli studenti manifestavano a mani nude e imbiancate, visi sorridenti e scoperti, e hanno portato doni e fiori da offrire ai cittadini (e mi piace pensare che anche in questo abbiano voluto rifarsi a Capitini: "un tempo aperto per vivere la festa che è la celebrazione della compresenza di tutti alla nostra vita, al nostro animo"). Una gioiosa diciottenne, con il simbolo della pace dipinto sul volto, ha
dato la risposta più bella ai giornalisti: "Cosa chiedete al Governo?", "al Governo non chiediamo niente, solo che se ne vada". C'è molta saggezza in questa idea, la nonviolenza non aspetta la conquista dei palazzi del potere, ma esercita la sua influenza anche senza stare al governo. Non
penso che questa giovanissima abbia letto "Il potere di tutti" di Capitini, ma so che ne ha colto il senso profondo: "Ognuno deve imparare che ha in mano una parte di potere, e sta a lui usarla bene, nel vantaggio di tutti; deve imparare che non c'è bisogno di ammanettare nessuno, ma che
cooperando o non cooperando, egli ha in mano l'arma del consenso e del dissenso. E questo potere lo ha ognuno, anche i lontani, le donne, i giovanissimi, i deboli, purché siano coraggiosi e si muovano cercando e facendo".

Il Presidente della Repubblica ha fatto sapere della sua disponibilità a ricevere una delegazione degli studenti. Un'apertura indubbiamente positiva. Un giovane ha raccolto e rilanciato: "invitiamo il Presidente alla nostra assemblea alla Sapienza". L'eco del pensiero nonviolento è per
me assolutamente evidente: noi, scrive Capitini, amiamo l'assemblea come una parte visibile della compresenza. Per Capitini l’assemblea è quella che più di ogni altra cosa somiglia alla realtà di tutti: "Essa ha, perciò, qualcosa di sacro, di commovente, è una molteplicità che porta in sé l'unità, e perciò è il primum, la presenza del potere. Sull'assemblea passa il soffio della compresenza, quella convocata dal Discorso della montagna, l'assemblea degli esclusi, degli innocenti, dei nonviolenti". Oggi i giovani liceali e universitari romani hanno scritto una pagina magistrale, che può aprire un capitolo nuovo e certamente offre motivi di speranza per il loro futuro.

Nei giorni scorsi qualcuno aveva scritto dell'inefficacia della nonviolenza. Risposta migliore non poteva esserci. Gli scontri con la polizia avvenuti in qualche altra città, appaiono ora in tutta la loro grottesca insensatezza. L'immagine del giovane rabbioso che impugna la spranga per rompere i finestrini della camionetta della polizia, sbiadisce e lascia il posto ad una ragazzina sorridente, con in mano un fiore e sullo sfondo lo striscione "la vostra cultura è la forza, la nostra forza è la cultura". Le vie della nonviolenza sono infinite.

20 dicembre 2010

Sistema al collasso?

di Massimo Paupini*

In un incontro un paio di mesi fa diceva giustamente Nanni Salio (del centro studi Sereno Regis -si occupa di nonviolenza- di Torino ) a proposito dell'attuale situazione, che non è scontato che dal collasso di questo sistema derivi un sistema migliore. Forse però, ancora a monte di discorsi del genere, non dovremmo avere tanta fretta di recitare il "de profundis" per il suddetto sistema, che, dato molte volte in fase critica e oltre, ha invece sempre dimostrato una notevole capacità di adattamento. Possiamo pensare a come è finita con il contro -si fa per dire- sistema sovietico, che pure tante volte ne aveva preconizzato la fine, o a come ha riassorbito spinte potenzialmente disgregatrici, prevalentemente culturali, come quelle del movimento femminista e di quello studentesco del '68 o più materialmente concrete, a cominciare dalla prima crisi petrolifera (correva l'anno '73), alle varie "crisi" economico-finanziarie-ambientali che si sono succedute dagli anni ottanta in poi.


Secondo Andrè Gorz negli ultimi vent'anni si sono succedute sette crisi (fino alla penultima, dato che Gorz è morto tre anni fa), che lui per altro considerava praticamente una crisi unica, che mostrava che -e come - il sistema cercava una nuova stabilità, facendo pagare i conti di questa "ristrutturazione", come sempre anche in passato, ma questa volta in maniera più ampia e allargata, ai gruppi più deboli. Sappiamo tutti che nel frattempo la forbice paesi ricchi- paesi poveri si è abbondantemente allargata (tutto il problema dei paesi poveri debitori e gli scandalosi piani di aggiustamento
strutturali imposti dalla banca mondiale e dal fondo monetario....) ed altrettanto sta succedendo nei paesi più opulenti, con i ricchi sempre più tali ed i poveri sempre più numerosi.

Partendo quindi da queste premesse, andrei molto cauto a considerare l'attuale crisi come l'inizio della fine di un sistema ormai al collasso: se è vero che "ad una crescita infinita in un sistema finito possono credere solo i cretini e gli economisti" (detto da un economista, Building?) è anche vero che appare sempre più probabile che gli inviti a riprendere a crescere a a consumare in vista di un benessere ( = più merci) per tutti siano solo di facciata, e che la possibile soluzione nella continuità sia ben altra. Prima di proseguire credo sia necessaria una breve premessa: dagli inizi del sistema di produzione industriale, crisi periodiche ce ne sono sempre state, sonostate accuratamente studiate da diversi economisti a cavallo tra fine ottocento e prima metà del novecento, individuate delle periodicità (cicli di Kondratev, circa 7 anni, ma non solo) e da un certo punto in poi considerate inevitabili, quasi fisiologiche al sistema.

Nel dopoguerra c'è stato il fatto nuovo, praticamente dal '45 al '75 (i "trenta magnifici") vi è stata una crescita continua e senza interruzioni: probabilmente in quel periodo, in concomitanza con il
trauma della guerra, con l'euforia della ricostruzione, che non era solo materiale ma puntava a "ricostruire" appunto anche un mondo migliore, senza più guerre, si è pensato veramente che fosse possibile un benessere (sempre = più merci) duraturo per (quasi) tutti.C hiusa questa comunque relativamente breve parentesi, si giunge alla situazione attuale e tornando alle considerazioni di Gorz su quello che sta succedendo da vent'anni a questa parte, potremmo arrischiarci in alcune ipotesi di lavoro:
-Probabilmente è tramontata l'idea di crescita (comunque intesa) per tutti
-Per mantenere comunque il sistema più o meno come lo conosciamo si punta a consumi selezionati per super ricchi che compenserebbero la perdita di quantità (con però il necessario risparmio di materie prime, energia e quindi la riduzione dei problemi ambientali) con la
qualità ( = costi altissimi) delle spese.
-Necessita comunque un livello intermedio, indispensabile per produrre ciò che occorre e per i servizi al primo livello e tenere a bada l'ultimo, con situazioni più o meno stabili o più o meno precarie.
-Rimangono alcuni miliardi di persone che in questo schema sono letteralmente inutili, sia come produttori sia come consumatori: l'ideale sarebbe veramente che non ci fossero.
-Appare probabile che nell'ottica descritta quest'ultimo "problemino" possa essere di non semplice soluzione (ma con un po' di fantasia chissà...)

P.S. Questo vale anche per i cosiddetti paesi emergenti, Cina compresa: in ogni caso possiamo considerare altamente probabile che non più del 10-15% della popolazione raggiungerà il primo livello, il resto rimarrà più o meno intorno alla sussistenza.

Seguendo questo ragionamento, il sistema diventerà -nella nostra considerazione- sempre più disumano, ma potrà andare avanti benissimo (si fa per dire), superando -a modo suo- crisi ambientali e varie.Puntare ad evitare che questo scenario possa realizzarsi e costruire
invece una società costruita all'opposto sulla solidarietà e sulla equa condivisione di quanto disponibile in maniera armonica ed equilibrata è ovviamente un compito immane, di fronte al quale sarebbe necessario che tutti quelli che si sentono da questa parte unissero i loro sforzi senza badare troppo a inevitabili differenze, anzi: solo alcuni giorni fa, ad un incontro sulle buone pratiche tenutosi all'università di Roma uno, il filosofo Giacomo Marramao sosteneva che la chiave per stare insieme è il dissenso.
Se fosse vero, forse non saremmo messi troppo male....

*GCT (Lazio)

16 dicembre 2010

Europe Ecologie-Les Verts : Un nouveau parti de l’écologie politique est né


Ce samedi 13 novembre 2010, au centre des Congrès de Lyon, un nouveau parti de l’écologie politique est né. Europe Ecologie – Les Verts, puisque c’est son nom, nom choisi de façon démocratique par 53,19% des participants à la consultation, est né de la fusion historique entre le parti des Verts et les militants ayant rejoint le mouvement Europe Ecologie depuis les élections européennes de juin 2009.

Cécile Duflot, secrétaire nationale du nouveau mouvement, a déclaré, ovationnée, lors de ce moment historique :

« Il n’y a plus à partir de maintenant de Verts et de non Verts, nous sommes toutes et tous des militants de ce nouveau mouvement ».

Dans une salle comble, plus de 2000 personnes sont venus applaudir tout l’après-midi les principaux représentants de l’écologie politique française. Personne ne manquait à l’appel : Dany Cohn-Bendit, Eva Joly, Dominique Voynet, José Bové, Yves Cochet, Yannick Jadot, Jean-Paul Besset, Pascal Durand, Antoine Waechter, des militants associatifs, experts environnementaux, acteurs syndicaux, venus tout l’après-midi interpeller le nouveau mouvement sur les grands enjeux de notre temps.

Dany Cohn-Bendit a déclaré quant à lui que ce nouveau parti, désormais à vocation majoritaire, devait s’adresser à toute la société « au-delà de la droite et de la gauche traditionnelles », réaffirmant la nécessité de l’autonomie de l’écologie politique.

« Ca n’est pas anodin si je suis là … je vous dis chapeau et bravo ! ». Devant une salle conquise, Nicolas Hulot est venu partager l’enthousiasme des militants en provenance des quatre coins de France, sa présence constituant un des points d’orgue de ce jour qui fera date dans l’histoire politique française.

Désormais vous pourrez suivre toute l’activité du nouveau mouvement sur son site :

Europe Ecologie – Les Verts www.eelv.fr

( da www.europe-ecologie.fr/ )

11 dicembre 2010

La Rai poco amica degli animali


di Alessandro Polinori *

Condominio Terra, la trasmissione di Licia Colò, è stata cancellata. Secondo molti la conduttrice paga l’impegno anticaccia.

E' trapelata in queste ore la notizia che la trasmissione di Licia Colò “Condominio Terra” non farà più parte del palinsesto di Rai 3. La trasmissione, nata dopo sei anni di “Cominciamo Bene Animali e Animali”, godeva di un grande seguito (circa 2 milioni di telespettatori al giorno), aveva costi di produzione ridotti e rappresentava un punto di riferimento per le battaglie in difesa degli animali e dell’ambiente, dalle piccole iniziative locali, sino a battaglie di più ampio respiro, che difficilmente trovano spazio sui media nazionali. Proprio quest’ultimo punto sembrerebbe essere la causa della cancellazione di “Condominio Terra”.

In particolare, dopo alcune coraggiose dichiarazioni di Licia Colò sul tema caccia, la lobby dei cacciatori si è scagliata contro la conduttrice, con minacce nei forum venatori, richieste di allontanamento dalla Rai e persino interventi di parlamentari di centrodestra che si sono rivolti al presidente della Commissione di Vigilanza Zavoli, protestando per una presunta faziosità della Colò, colpevole di dare spazio, secondo loro, ad ospiti animalisti e apertamente anti-caccia, senza però considerare i contenuti tecnici di una trasmissione schierata soltanto (e per fortuna!) “dalla parte degli animali”.

Polemiche, quindi, infondate, dal momento che la Colò, come la maggioranza degli italiani, è contraria alla caccia e si esprime in questi termini, ma nella trasmissione l’argomento è sempre stato trattato partendo da situazioni oggettive, quale, ad esempio, la normativa che consente ai cacciatori di accedere ai terreni privati. Alla notizia dell’eliminazione di “Condominio Terra”, immediato è giunto l’intervento di Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi alla Regione Lazio e presidente del partito ecologista, che ha chiesto, «congiuntamente a milioni di telespettatori che trovavano in ‘Condominio Terra’ uno delle poche voci libere del palinsesto televisivo, che la trasmissione, considerato il successo e la qualità della stessa, venga confermata anche per il 2011, garantendo in tal modo anche i posti di lavoro dei professionisti impegnati nella sua produzione».

Sembra incredibile trovarsi a commentare una notizia del genere, in considerazione dell’equilibrio e della professionalità da sempre dimostrati da Licia Colò e da autori ed ospiti della trasmissione. Quel che è certo è che il mondo animalista ed ambientalista italiano non rimarrà immobile di fronte alla cancellazione di una delle poche tribune in cui i diritti degli animali trovavano rappresentanza. Sono in fase organizzativa iniziative, naturalmente pacifiche e civili, a favore di “Condominio Terra”, di cui daremo notizia attraverso queste pagine, a meno di improvvisi, quanto auspicati, ripensamenti da parte dei vertici Rai.

*Terra - Lazio


8 dicembre 2010

Un primo incontro fra i "sognatori", in marcia verso il futuro


Appello "Un Sogno" 28 novembre a Firenze

di Michele Dotti

Fino ad ora molti non si erano mai guardati in faccia, ma avevano semplicemente condiviso un "appello" per il futuro del nostro paese.

Invece domenica 28 novembre, a Firenze, si sono riuniti per un primo incontro di coordinamento i rappresentanti delle varie realtà che hanno firmato l'appello “Abbiamo un sogno”. L'obiettivo principale di questa riunione era proprio di far incontrare le molteplici realtà aderenti e riflettere tutti insieme sulla modalità con cui si intende organizzare il cammino futuro.

Nonostante le difficili condizioni metereologiche (pioggia in città e neve sull'appennino) e la città chiusa per una maratona, i partecipanti sono stati quasi un centinaio provenienti un po' da tutta Italia.

La prima parte della riunione è stata dedicata alla presentazione di ogni realtà presente; 5 minuti a testa per presentarsi e condividere le motivazioni che hanno portato a firmare l'appello e quindi a venire a Firenze. Le realtà intervenute, tra gruppi di acquisto, associazioni, liste civiche, comitati, sindaci virtuosi sono state numerose e a tutti è stata data possibilità di intervenire, a sottolineare la ferma volontà di un percorso realmente partecipativo e democratico. Sono stati portati anche i saluti di quanti, non potendo essere presenti, hanno voluto inviare un augurio e un contributo di idee all'incontro; fra questi Tonino Perna, promotore del Patto di Teano, Flavio Lotti della Tavola della Pace, Francuccio Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Mao Valpiana Direttore di "Azione nonviolenta", Antonio Vermigli promotore della Marcia per la Giustizia, i neonati Movimenti Civici della Sicilia che ho incontrato a Palermo nei giorni immediatamente precedenti all'incontro di Firenze e altri ancora...

Dalla prima parte dell'incontro è emersa una variegata partecipazione civica alla vita politica del paese, con numerose realtà dell'associazionismo che operano attraverso un impegno attivo ma esterno alle istituzioni, mentre altre hanno scelto di costituirsi in liste civiche per poter avere una rappresentanza diretta nelle istituzioni locali, spesso ottenendo anche importanti risultati alle elezioni locali. Il mio invito è stato quello a non farsi prendere dalla fretta per eventuali scadenze elettorali imminenti, perché la partecipazione richiede tempo, e a cercare di costruire partendo dai punti comuni, da ricercare insieme, più che marcare le specificità di ciascuno, legittime ma non utili a favorire questo difficile ma fondamentale processo aggregativo del "sogno".

La seconda parte della riunione è stata dedicata a discutere delle aspettative e fare alcune proposte concrete per l'avvenire.
Fra i tanti, mi ha colpito l'intervento di Paolo Cacciari, che ha invitato a muoversi fin da subito come una forza politica organizzata, a prescindere dalle scadenze elettorali, e ad organizzarsi per esprimere direttamente una nostra "autorappresentanza".
Si è concluso convenendo sulla necessità di sostenere anche economicamente il "sogno", perché l'autonomia economica è indispensabile per una reale autonomia politica, e stabilendo di lavorare alla promozione di un "conclave" aperto a tutte le iniziative costituenti che si stanno muovendo in questo momento nel nostro paese, per il 29 gennaio. Da questo dovrebbe nascere poi un'Assemblea costituente, verso fine febbraio, aperta a tutti i diversi percorsi costituenti, nella speranza che possano fondersi in un unico percorso condiviso.

Forse la maratona di Firenze era un segno: prepariamoci a percorrere un lungo cammino insieme!

I fenicotteri rosa della Puglia


Greenpeace: «Ecco i grandi inquinatori italiani»
( da greeenreport.it )

I Verdi lanciano class action per Taranto

Greenpeace pubblica la classifica dei grandi "produttori" di CO2 in Italia: «La centrale Enel a carbone "Brindisi sud" mantiene il primato dei grandi inquinatori italiani con ben 13 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 emesse nel 2009. Segue al secondo posto la centrale Edison di Taranto con 5,9 Mt di CO2 e al terzo la raffineria Saras di Sarroch con 5,2 Mt di CO2. In generale, cala la CO2 emessa nel 2009, complici la crisi economica e l'effetto degli interventi di efficientamento energetico: da 538,6 milioni di tonnellate del 2008 si passa a quota 502 milioni. Rispetto al 1990, quando le emissioni erano a 516,9 milioni, la diminuzione è pari al 3%, comunque meno della metà dell'obiettivo fissato dal Protocollo di Kyoto».

Nel 2009 la centrale a carbone Enel "Brindisi sud" ha emesso 13 Mt di CO2, che superano abbondantemente le quote e i limiti di 10,4 Mt di CO2 imposti dall' Emission Trading Scheme, la Direttiva europea sulle emissioni. La Puglia conferma di essere la regione italiana con le maggiori emissioni, visto che sul suo territorio ci sono tre delle prime quattro aziende della classifica degli inquinatori.

I dati di Greenpeace evidenziano la crisi economica di alcuni settori importanti: «Il crollo della produzione di acciaio e cemento ha avuto comunque un effetto concreto nella riduzione delle emissioni di gas serra: nel comparto cemento si è passati dalle 30,3 Mt del 2005 alle 23,3 del 2009; nell'acciaio dalle 13,9 alle 8,6 Mt». Domenico Belli, responsabile della campagna energia e clima di Greenpeace, sottolinea che «I dati degli ultimi cinque anni dimostrano una riduzione costante delle emissioni del settore termoelettrico, passate dalle 147 Mt del 2005 alle 122,2 del 2009. Il merito è anche della massiccia diffusione delle fonti rinnovabili il cui contributo sulla produzione totale di energia elettrica ha oramai superato il 20%. Esiste un ampio margine per aumentare questa quota di energie verdi, ma invece si continua a puntare sul carbone e in un futuro più lontano sul nucleare».

Infatti le centrali a carbone autorizzate o in corso di autorizzazione porterebbero con sé circa altri 40 nuovi Mt di CO2. «Se realizzate - dice Greenpeace - impediranno all'Italia di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni al 2020 e potranno gravare sui contribuenti per centinaia di milioni di euro». Secondo Belli «In particolare il piano di investimenti di Enel comporterebbe quasi il raddoppio delle sue emissioni di CO2: è questa la politica ambientale del maggior gruppo elettrico italiano?»

Invece gli ambientalisti pensano che questo sia «il momento giusto per orientare il nostro sistema economico produttivo verso soluzioni innovative, basate sulle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, capaci di generare occupazione sostenibile e durevole, migliorare la qualità dell'ambiente e della vita delle persone». Per questo Greenpeace considera un'occasione mancata la proposta di Decreto legislativo in attuazione della Direttiva rinnovabili, presentata dal Governo nei giorni scorsi: «La proposta del Governo, pur presentando alcuni aspetti innovativi, di fatto assesta un colpo mortale allo sviluppo dell'energia eolica e colpisce il comparto fotovoltaico, riducendo il meccanismo degli incentivi in maniera disordinata. Chiediamo al Governo - conclude Belli - una revisione della proposta, anche alla luce dei dati della nostra classifica».

Nella classifica al quarto posto c'è la centrale Ilva di Taranto per la quale il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli, nel corso di una conferenza stampa nella città pugliese, ha detto «Chiediamo giustizia per i cittadini di Taranto che da anni sono vittime di un inquinamento spaventoso». E per questo i Verdi lanciano una «'class action' per 3 miliardi di euro per il danni provocati dall'inquinamento e a cui potranno aderire tutti i cittadini».

«Oggi abbiamo presentato i moduli di sottoscrizione che verranno diffusi nei quartieri della città per la più grande class action italiana contro i danni da inquinamento - aggiunge Bonelli -. Ad occuparsi dell'azione legale sarà un pool di avvocati coordinato da Valentina Stefutti, già avvocato di parte civile nel processo Eternit di Torino, mentre i comitati ambientalisti di Taranto fra cui Alta Marea e Pecelink si sono resi disponibili a portare i moduli per l'azione risarcitoria nei quartieri della città».

«Chiediamo spiegazioni al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sul perché non abbia mai risposto alla nostra richiesta di un'indagine epidemiologica che spetta, per competenza alla regione e che potrebbe mettere in relazioni le morti e le malattie con l'inquinamento - spiega l'esponente ecologista -. Una volta realizzato questo screening ci sarebbe la prova del reato e finalmente si potrebbe fare giustizia nella città dove viene prodotto il 98% della diossina italiana e dove i bambini, per un'ordinanza del sindaco non possono giocare con la terra».

«E' ormai evidente che c'è una volontà di mettere il bavaglio ad una popolazione che chiede solo giustizia. Si vuole far credere che tutto va bene e che la situazione è migliorata come dimostra il "Rapporto Ambiente-Salute" presentato proprio all'Ilva di Taranto - prosegue il leader del 'Sole che ride -. Nel libro si vedono le immagini di fenicotteri rosa e colombe che volano: ma la verità è un'altra».

5 dicembre 2010

Germania, la sfida dei Verdi : Sono sempre più forti e puntano su Berlino














Al Congresso
Özdemir e la Roth rieletti leader.
Nei sondaggi primi in alcuni Länder

Nella galleria degli abbagli politici, questo di Helmut Schmidt ha un posto di rilievo: «I Verdi? – disse ai giornalisti nel 1980, quando era cancelliere e i Grünen avevano appena tenuto il congresso di fondazione -. Non sono un partito, sono solo idioti ambientalisti che presto saranno scomparsi». Trent’anni dopo, quello stesso partito sta tenendo, in questo fine settimana a Friburgo, un congresso dal quale guarda dall’alto la politica tedesca.

I Verdi sono il fenomeno del momento, i sondaggi li danno stabilmente sopra al 20%, qualche volta più forti della stessa Spd di Schmidt, in certe regioni dell’Ovest primi, davanti anche ai cristiano-democratici di Angela Merkel. Un caso unico che sta cambiando il panorama politico tedesco, introduce una novità non da poco per l’intera Europa e fa pensare che la Germania sia ormai un Paese verde.

Rispetto a 30 anni fa, il movimento dei giovani di sinistra, di hippie, di radicali ambientalisti ha del tutto cambiato pelle ed è ormai nel cuore del sistema politico. Decisiva per questo cambiamento è stata la partecipazione al governo, guidata da Joschka Fischer nella coalizione rosso-verde di Gerhard Schröder fino al 2005.

Oggi, i due coliade, Claudia Roth e Cem Özdemir, devono fare i conti con la possibilità concreta di prendere il potere, cioè di eleggere un cancelliere verde se alle prossime elezioni vincessero con più voti degli alleati della Spd. I sondaggi li danno al 23-25%, più o meno alla pari dei socialdemocratici.

In alcuni Länder sono il primo partito; ad esempio nel Baden-Württemberg. A livello locale governano con la Cdu ad Amburgo e nella Saar. Con i socialdemocratici nel Nord Reno-Westfalia, il Land più popoloso. Nelle città universitaria di Friburgo, Costanza e Tubinga il sindaco è verde. Di recente hanno eletto come giudice costituzionale una loro militante, lesbica.

Sono insomma la forza politica emergente e Berlino sarà il test di un nuovo salto di qualità, in attesa delle elezioni federali del 2013.

Nella capitale tedesca, nei sondaggi sono avanti ai socialdemocratici, che governano la città assieme all’estrema sinistra della Linke. Alle elezioni cittadine del prossimo autunno, una leader verde, Renate Künast, sfiderà il sindaco in carica, Klaus Wowereit: prova generale per decidere a chi spetti l’egemonia sullo schieramento di opposizione all’attuale governo tra cristiano-democratici e liberali.

Sono i soffi di un vento che attraverserà tutta l’Europa? La fusione, la settimana scorsa, in Francia, dei Verts con Europe Écologie fa pensare che qualcosa di nuovo stia nascendo: la trasformazione dei partiti verdi in organizzazioni che attraggono i consensi della borghesia urbana illuminata, di centro ma su contenuti nuovi. I Grünen, per dire, raccolgono i loro consensi tra la classe media, gli imprenditori, nelle città, nei quartieri benestanti dei giovani professionisti, nelle regioni dell’Ovest molto più che in quelle dell’Est. Poco tra gli operai e i pensionati.

Il successo dei Verdi in Germania, però, non è detto che sia replicabile ovunque. Ha una specificità unica: i tedeschi, terrorizzati dalle ideologie che hanno attraversato il Ventesimo secolo della Germania, nazismo e comunismo, ne hanno finalmente trovata una, l’ecologismo, di cui si sentono orgogliosi: per la prima volta sono dal lato giusto della storia. Al punto che tutti i politici, dalla signora Merkel in giù, sono felici di essere, direbbe Helmut Schmidt, «idioti ambientalisti».

Corriere della Sera, 21 novembre 2010

4 dicembre 2010

Report e il fotovoltaico: «Ignorati gli aspetti positivi del settore»


Le imprese del settore non ci stanno

A pochi giorni di distanza dall'inchiesta di Report sulle rinnovabili in Italia, arriva la replica del Gruppo imprese fotovoltaiche italiane, affidata a una lettera alla conduttrice Gabanelli. Secondo il Gifi, la trasmissione ha dipinto un sistema interamente «da buttare», mentre i lati positivi del settore sono innegabili, anche dal punto di vista economico e occupazionale. Anche Zanchini (Legambiente), intanto, contesta alcuni dati diffusi da Report

Una lettera indirizzata alla conduttrice Milena Gabanelli. È la reazione del Gifi (Gruppo imprese fotovoltaiche italiane) alla recente inchiesta di Report dedicata al sistema che incentiva la produzione di energia da fonti rinnovabili nel nostro paese. La trasmissione, andata in onda qualche giorno fa, denunciava irregolarità nella concessione di autorizzazioni per impianti eolici, ma anche presunte incongruenze e una mancanza di trasparenza nel meccanismo di incentivazione del fotovoltaico. Una tesi, quest'ultima, che non è piaciuta al Gifi, secondo il quale Report ha trattato l'intero settore alla stregua di un “meccanismo perverso succhia soldi”.

«La quasi totalità della forza lavoro impiegata nell’installazione e manutenzione degli impianti fotovoltaici, figure professionali di elevata specializzazione e vario profilo, è italiana – si legge nella lettera – In soli tre anni lo sviluppo del mercato fotovoltaico ha creato in Italia almeno 20.000 posti di lavoro lungo tutta la filiera e ne stimiamo ulteriori 70.000 per i prossimi 10 anni. Sono numeri importanti che ci permettono di osservare come, in un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo, l’industria fotovoltaica italiana, anche beneficiando dell’incentivazione, ha potuto fronteggiare la crisi e nel contempo creare nuova occupazione».

Secondo l'associazione, dunque, i giornalisti di Report non avrebbero dato il necessario rilievo agli aspetti positivi della filiera del fotovoltaico. Valerio Natalizia, presidente del Gifi, ha infatti dichiarato: «Report più volte in passato ha mostrato casi di altri paesi europei quali buoni esempi da seguire in tema di sviluppo delle fonti rinnovabili, denunciando l’arretratezza dell’Italia. La situazione oggi è finalmente cambiata, probabilmente grazie anche alle passate denunce di Report e di questo la trasmissione andata in onda lo scorso 28 novembre non ne ha tenuto conto, limitandosi a dare evidenza dei malfunzionamenti nei meccanismi di incentivazione e degli elevati costi per la collettività».

Intanto, anche Edoardo Zanchini, responsabile Energia di Legambiente, aveva criticato, in un'intervista a Greenreport, alcune affermazioni presenti nell'inchiesta di Report. In particolare, l'ambientalista contesta il dato secondo cui, a fronte del boom delle rinnovabili, la produzione di energia da fonti fossili non sarebbe calata: «L'energia prodotta da fonti rinnovabili ha, per legge, priorità di dispacciamento nella rete. Significa che tutto quello che viene prodotto va in rete e quindi toglie spazio a quella prodotta da fonti fossili. Del resto basta leggere i dati di Terna per il 2009, che sono riportati anche in molte bollette che arrivano a casa, le rinnovabili sono cresciute enormemente come produzione a fronte di una riduzione dell'energia elettrica prodotta da carbone, olio combustibile (petrolio), gas».

( da Eco dalle Città 2 dicembre 2010 )

3 dicembre 2010

Cancun – COP 16


di Fiorello Cortiana

Il 29 novembre si è aperto a Cancún, nel sud del Messico, il vertice Cop 16, la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici la "madre" del Protocollo di Kyoto. 194 paesi si confronteranno fino al 10 dicembre sulle politiche di contrasto del riscaldamento globale. Le Nazioni Unite hanno dato il via al confronto con le chiamate di impegno e di compromesso: un tono franco e pragmatico che rivela le difficoltà di cogenti decisioni comuni dopo le delusioni del summit 2009 di Copenhagen. All'apertura il presidente messicano Felipe Calderón ha ricordato l'uragano dello scorso anno in Messico, quello che ha colpito il Pakistan e gli incendi devastanti in Russia, esempi di calamità naturali in crescita a causa dei cambiamenti climatici. Un richiamo alla memoria consapevole dei 15.000 delegati presenti: dai governi, ai parlamentari, dalle imprese alle associazioni.

Per il presidente Cop Espinosa è possibile un accordo per azioni di adattamento, trasferimento tecnologico e forestazione, con la creazione di un nuovo fondo per il finanziamento per il clima a lungo termine. Ma Christiana Figueres, segretario esecutivo dell'Unfccc, ha detto che per questo risultato una serie di questioni politiche a partire dalle azioni di mitigazione, devono essere risolte. Nel 2010, a seguito degli accordi giuridicamente vincolanti del Protocollo di Kyoto, i 37 paesi industrializzati e i 42 in via di sviluppo, tra cui le maggiori economie emergenti, hanno sottoscritto un impegno volontario per azioni di limitazione dell'effetto serra attraverso la riduzione delle emissioni in atmosfera. Ora gli obiettivi di mitigazione promessi devono essere formalizzati come questioni di urgenza: i paesi sviluppati avevano preso impegni per 28 miliardi di dollari e manca la chiarezza sulla disponibilità di un fondo efficace.

L'Onu vuole evitare un vuoto politico dopo il primo periodo di impegno sul Protocollo di Kyoto, per fare chiarezza sul suo proseguimento, con il coinvolgimento del settore privato sulla definizione delle regole per i meccanismi di mercato oltre il 2012. L'obiettivo finale dei trattati è la stabilizzazione delle concentrazioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera a un livello tale da impedire che le interferenze con il sistema climatico continuino ad essere pericolose. La commissaria europea al Clima, Connie Hedegaard, avrebbe voluto portare a Cancun i 7,2 miliardi di euro promessi dai paesi Ue ai paesi in via di sviluppo per la lotta al riscaldamento globale nel triennio 2010-2012. Alla sua partenza da Bruxelles mancavano ancora 200 milioni per completare l'impegno 2010 (2,4 miliardi di euro). Sono i 200 milioni che aveva promesso l'Italia. Giulio Tremonti, il 17 novembre scorso, a margine di un Consiglio Ecofin a Bruxelles, aveva dato delle assicurazioni esplicite. «L'impegno è confermato, stiamo facendo dei calcoli, non è materia politica». Il governo si era impegnato per 600 milioni di euro per il triennio (200 milioni all'anno), la Spagna (300 milioni per il triennio) la Svezia 800, la Gran Bretagna 1,6 miliardi di euro, Francia e Germania 1,26 miliardi di euro. Il Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha confermato la disponibilità dell'Italia a impegnarsi per il futuro del pianeta, soltanto se anche le altre potenze mondiali faranno lo stesso, perché ritiene inaccettabile e inutile che l'Italia prosegua nella sua battaglia al riscaldamento globale quando potenze come Giappone, Stati Uniti, Cina, Russia e India hanno espresso l'intenzione di non aderire a un protocollo Kyoto 2 e non hanno sottoscritto il pacchetto europeo 20-20-20 ( ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili).Il ministro belga Paul Magnette ha proposto che «se i paesi che inquinano di più continuano a ostacolare l'adozione di obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni, l'Unione Europea deve considerare, come previsto dal rapporto del Wto 2009, una Carbon Tax sui prodotti importati dai paesi che praticano una concorrenza sleale nei confronti delle nostre imprese». Posizione caldeggiata dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.

L'Europa ha adottato il pacchetto 20-20-20 proprio a seguito del difficile accordo tra le sue ambizioni «ambientaliste» con quelle della Cina, dell'India, del Brasile, del Sudafrica che non vogliono vincoli per il loro "miracolo economico". L'uscita dalla recessione dentro la competizione globale già oggi, vedi Germania, parte da soluzioni capaci di coniugare lo sviluppo con la riqualificazione dei modelli produttivi e quindi con i cambiamenti climatici e costituisce una opportunità di crescita economica. Solo così, oltre ai contributi finanziari, l'Europa può mettere sui tavoli Onu know how innovativo, trasferimento di tecnologie avanzate, capacità di mediazione, per caratterizzare la natura dello sviluppo economico dei nuovi protagonisti mondiali e dei loro mercati.


Secondo Mariagrazia Midulla, della delegazione del Wwf, «vediamo una netta discrepanza tra l'obiettivo dichiarato per la limitazione del riscaldamento globale e gli impegni internazionali in materia di mitigazione e finanziamenti. Tuttavia, in molti paesi stiamo registrando una crescita di consenso attorno alla necessità di agire per il clima a livello nazionale». Per Greenpeace i paesi industrializzati devono ridurre le proprie emissioni tra il 25 e il 40% entro il 2020 rispetto al 1990, indipendentemente dai paesi emergenti. Con i tagli previsti oggi, il proposito di Copenaghen per limitare l'aumento della temperatura media entro i 2°C non sarà mai possibile. Questi i quattro punti chiave per il Wwf al summit, non sono desideri ma necessità per la nostra vita, per questo occorre una coscienza di specie:

«Creazione di un fondo globale per il clima e una dichiarazione chiara su come implementare le nuove e innovative fonti di finanziamenti per il clima che sono state proposte di recente dal Gruppo Consultivo di alto livello del Segretario Generale dell'Onu;

Completamento del testo sull'adattamento e decisioni sulle diverse opzioni per il Quadro Generale di Attuazione delle Iniziative per l'Adattamento. Le Parti dovranno affrontare il fatto che alcuni impatti climatici sono già irreversibili e che i Paesi e le comunità vulnerabili hanno il diritto di essere assistiti quando tali perdite si verificano;

Rafforzare il testo Redd-Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degrado forestale, per istituire efficaci sistemi nazionali che garantiscano la protezione delle popolazioni indigene e della biodiversità, e che le cause della deforestazione vengano affrontate dai paesi industrializzati e da quelli in via di sviluppo. L'azione di Norvegia e Francia su numerose foreste tropicali, comprese quelle del Messico, ha mobilitato 4,5 miliardi di $ per arrestare il processo di deforestazione;

Adottare formalmente gli impegni per il taglio delle emissioni presi nell'ambito dell'Accordo di Copenhagen e concordare in quale modo effettuare la misurazione, la rendicontazione e la verifica».

2 dicembre 2010

La favola dei Castelli e dell’Ecovillaggio


di Massimo Marino

Sento raccontare da molti ed in modi diversi la stessa breve favola: è la favola dei Castelli e dell’Ecovillaggio.

Noi abbiamo costruito un castello, raccontano, che però ha dei ponti levatoi dai quali, pagando il biglietto, potete entrare nel castello; poichè siamo "aperti " potete anche dare una pennellata qua e là alle pareti del castello che però sono già state costruite e dipinte nella forma e nel colore che il castellano ha deciso prima.

Quello che il castellano ignora o fà finta di ignorare , è che nella contea ci sono parecchi altri castelli uguali con altrettanti castellani altrettanto "aperti", che a loro volta fanno finta di ignorare la esistenza degli altri castelli.

Tutti i castellani immaginano di essere autosufficenti, magari si presentano alle elezioni della contea e scoprono che a nessuno interessa abitare nel loro castello perchè in realtà dall'esterno ha l'aspetto di una prigione dove, con il tempo, il castellano ed i pochi popolani che ha coinvolto e rinchiuso, moriranno di fame e di stenti.

Dobbiamo costruire un villaggio, pieno di casette basse, di tanti colori, luci e musiche diverse, con stradine e ponticelli che ne collegano le parti e una grande piazza al centro dove tutti possano incontrarsi e parlarsi; e dove insieme però tutti discutano su come tenere il villaggio unito e difenderlo dai cavalieri neri, magari insieme ai castelli ridipinti dei quali abbiamo abbattuto i ponti levatoi.

Qualcuno molto, ma molto tempo fa, provò a fare qualcosa di simile e la chiamò Polis e Agorà.

Tutti quelli che, come il Gruppo delle Cinque Terre, non vogliono prigioni camuffate da castelli ma ecovillaggi, dovrebbero abbattere questi castelli-prigioni e costruire i primi mattoni del villaggio, perchè non se ne può più di castelli-prigioni e di castellani-carcerieri.

E’ anche un modo per salvare i poveri castellani ed i loro popolani.

Anche perché senza di loro l’ecovillaggio non avrà difensori a sufficienza e sarà distrutto dagli orchi di Sauron.

*

Il termine Polis (pl. poleis) deriva dal greco πόλις, "città", ed è usato per indicare l'organizzazione politica greca dell'età classica, detta anche città-stato. Nello stesso senso la costituzione è detta politeia, mentre il termine che designa il cittadino è polites come se appunto la polis fosse l'unica vera forma di stato.

Agorà (in greco ἀγορά, da ἀγείρω = raccogliere, radunare) è il termine con il quale nella Grecia antica si indicava la piazza principale della polis.