28 maggio 2009

Grecia: Verdi terzo partito nei sondaggi

Il partito Ecologisti verdi (OP) e' ormai diventato in Grecia il terzo partito dietro al socialista Pasok e a Nuova Democrazia (ND) del premier Costas Karamanlis, E' quanto emerge da un sondaggio realizzato per le Europee, un voto che dovrebbe essere caratterizzato da una voto di protesta e da una forte astensione. La rilevazione pubblicata oggi dal quotidiano conservatore Kathimerini da' a OP l' 8,5% dei voti davanti all'Unione delle Sinistre (Syriza, 5,5%), al partito comunista (Kke,5%) e al partito di estrema destra Laos (4,5%). Tali dati confermano e rafforzano il trend gia' indicato dai precedenti sondaggi.

Fondato nel 2002, OP non ottenne nessun mandato ne' alle europee del 2004 ne' a quelle politiche del 2007 dove raccolse l'1% dei voti. Il Pasok, secondo gli ultimi dati e' al 33% confermando lo scavalcamento, per la prima volta dal 2004, di ND, fermo al 28,5%, penalizzato da scandali e crisi economica. Gli indecisi sono intorno al 20% ed il 59% degli intervistati dice di non essere interessato al voto europeo, facendo temere un'astensione piu' alta di quella delle politiche del 2007 (25,9%) e delle europee del 2004 (36,7%).
(da Econews)

26 maggio 2009

appuntamenti

Torino martedì 26 maggio ore 20,30 cinema KING KONG via Po 21 QUALE PERCORSO VERSO LA DEMOCRAZIA E I DIRITTI CIVILI IN IRAN? con Hamid Ziariati scrittore iraniano, Mimmo Candito, giornalista, Gianni Sartorio, presidente International Help Onlus * con proiezione del filmato Hamid sulla vita dello scrittore e presentazione del suo libro: Il meccanico delle rose promosso da International Help Onlus

Novara sabato 30 maggio ore 9-13 presso Fondazione Faraggiana,via Bescapè 12 convegno: Obiettivo rifiuti zero promosso da Unione Tutela Consumatori con A. Fregonara (UTC),C.Panizza (ISDE), R.Cavallo (Coop.Erica) V.Alfieri (ASSA),C.Poli (Centro Ric.Vedelago)
Interviene PAUL CONNETT (St. Lawrence University NY,USA)

Firenze 31 maggio ore 10 alle ore 18 Fortezza da Basso - La Rete per la Decrescita e le riviste Altreconomia, Carta, Valori e la Fondazione Banca Etica organizzano il seminario:
La crisi globale e la risposta della decrescita…affrontare la transizione relazioni: di Mauro Bonaiuti e di Marco Deriu
gruppi di lavoro: Crisi finanziaria e strutture economiche. coordina Mauro Bonaiuti Risorse, energia, agricoltura, uso del territorio. coordina Gianni Tamino, Lavoro e modello produttivo, economia solidale. coordina Mario Agostinelli, Concluderà tavola rotonda con i direttori delle testate: P. Raitano, P.Sullo, A.Di Stefano

Chivasso (TO) martedì 2 giugno dalle ore 15.30 "LIBERI LIBRI": Scambia&baratta i tuoi libri, fumetti, riviste, dischi, cd... (NO-euro!). presso la Cascina Rapella, in via Mandria 24 info 348.3002638 - 011.9187113

Novara martedì 2 giugno manifestazione nazionale dalle ore 15 davanti alla stazione ferroviaria in piazza Garibaldi. L’iter parlamentare per l’approvazione dell’insediamento, a Cameri (NO), della fabbrica della morte per l’assemblaggio degli F-35 è ormai definito. A partire dal 2010 inizierà la costruzione del capannone da cui usciranno delle macchine che verranno consegnate a diversi stati che li utilizzeranno per bombardare ed uccidere.Il riarmo come via d’uscita dalla crisi economica. Ci costeranno un sacco di soldi: circa 600 milioni di euro per costruire e attivare la fabbrica di Cameri, circa 13 miliardi di euro (a rate, fino al 2026) per l'acquisto dei 131 aerei che l'Italia vuole possedere.
adesioni:
adesione@nof35.org - informazioni: info@nof35.org

News da “STUDENTI INDIPENDENTI” di Torino

I risultati delle elezioni universitarie di Torino del 6-7 maggio, così come quelli di Pisa, Firenze, Cagliari, Siena e molti altri atenei italiani smentiscono definitivamente i ministri Gelmini e Brunetta, dimostrando che gli studenti che hanno a cuore l’Università pubblica e il suo futuro non sono una sparuta minoranza rumorosa ma una larga maggioranza.
A Torino la lista SI - Studenti Indipendenti, come dimostrano i risultati pubblicati su
www.studentiindipendenti.org ha sbaragliato le liste dei partiti sia di destra che di centrosinistra, conquistando una larga maggioranza sia agli organi centrali sia nella gran parte delle facoltà. ….hanno puntato sui contenuti di un programma elaborato e condiviso da mesi all’interno del movimento dell’Onda Anomala e nei collettivi delle facoltà, di cui SI è espressione. Gli SI sono così riusciti a far crescere l’affluenza dal 10 al 14% e hanno ottenuto più di 3000 voti (risultato record per una lista a Torino) agli organi centrali.

Con 2 eletti in Consiglio di Amministrazione su 3, 10 eletti agli organi centrali su 17 e la maggioranza in 8 facoltà su 13, gli SI avranno la maggioranza assoluta nel Senato Studenti, con almeno 18 senatori su 30. Questo voto ha spazzato via quella vecchia maggioranza che si era opposta alle elezioni e che per non aver partecipato al movimento non è riuscita ad eleggere nessuno agli organi centrali. Ma ha anche dimostrato che l’estrema destra è una realtà inesistente nel nostro ateneo se non per un’inquietante presenza a Scienze Strategiche …
Gli SI non si fermeranno di sicuro a questo risultato, stanno ormai da mesi partecipando all’organizzazione dello Sherwood Camp (http://sherwoodcamp.net), il campeggio sostenibile di 3 giorni con laboratori e workshop che si terrà in occasione del G8 universitario, con le modalità e i contenuti che li hanno sempre contraddistinti. La grande manifestazione nazionale “della degna rabbia” in opposizione al G8 dell’università del 17 maggio sarà la prima uscita pubblica della nuova rappresentanza studentesca dell’ateneo di Torino, una rappresentanza che non si ferma negli uffici dei baroni ma che trae la sua linfa vitale dal e nel movimento e da quegli studenti che sono pronti a impegnarsi per migliorare non solo la propria Università ma anche la società in cui vivono.
SI – Studenti Indipendenti



Comunicato in merito alla manifestazione nazionale
contro il G8 universitario del 19 maggio 2009
La lista SI - Studenti Indipendenti ritiene ingiustificato e fuori luogo l’eccessivo
dispiegamento di forze militari sul territorio in occasione della manifestazione nazionale contro il G8 universitario del 19 maggio. Altrettanto ingiustificata ed inquietante è apparsa la strategia messa in atto attraverso i mezzi di comunicazione, volta ad esasperare la tensione. E’ da tempo che i collettivi universitari rivendicano la loro distanza da una certa sterile ritualità che si ripropone ogni qualvolta si presenti un motivo di contestazione.
Con il lavoro dello Sherwood Camp, e dei mesi che lo hanno preceduto, si è voluto portare avanti concretamente una forma di contestazione diversa, pacifica e propositiva, sviluppando in modo realmente ampio e partecipato le stesse tematiche che un’oligarchia di rettori si è arrogata il diritto esclusivo di dibattere.

In merito ai disordini all’interno della manifestazione, condanniamo le spropositate reazioni della forze dell’ordine e contemporaneamente ci dissociamo ancora una volta da ogni pratica di violenza, da noi ritenuta inefficace e facilmente strumentalizzabile.

La marcia della Degna Rabbia di domenica 17 maggio, espressione della
piattaforma dello Sherwood Camp, è stata la dimostrazione di come sia possibile esprimere il dissenso e praticare conflittualità in una maniera creativa e pacifica, capace di conquistare visibilità e consenso.
L'Onda degli studenti, in grado di contrastare ed erodere dal basso questo sistema – di università, di società e di sviluppo - è soprattutto questo.
SI-Studenti Indipendenti

21 maggio 2009

Piemonte, successo della Petizione contro il nucleare. Consegnate 8520 firme

Sono state consegnate agli uffici della Regione Piemonte 8520 firme per una proposta di legge regionale che, fatte le verifiche,dovrà essere discussa entro 60 giorni (primi firmatari Nando Giarrusso, Orazio di Mauro, Bernardo Ruggeri, Gisella Fossat ).
Un SI forte e convinto ad una necessaria inversione di rotta energetica che porti il Piemonte alla guida di un paese che utilizzi maggiormente
FONTI ENERGETICHE SOSTENIBILI.
Il NUCLEARE è insostenibile sia economicamente sia per la sicurezza dei cittadini e la difesa dell’ambiente.

Questa iniziativa della Associazione Ecologista per la Sostenibilità intende rafforzare la scelta della Regione Piemonte di promuovere l’utilizzo di fonti energetiche pulite e sostenibili. Bisogna avere coraggio e fare scelte conseguenti come in altre parti del mondo si sta facendo.Superato l'obiettivo di 8000 firme richieste, necessarie per presentare al Consiglio regionale una proposta di legge che dice NO ALLE CENTRALI NUCLEARI IN PIEMONTE.

Referendum: Guido Ortona - Università Piemonte Orientale-Scienze Politiche

(publichiamo integralmente l'intervento malgrado sia lungo, per la sua utilità. Si invita gli interessati a farne copia e diffonderlo: verrà tenuto sul blog solo per alcuni giorni).

A proposito del prossimo referendum sulla legge elettorale
Guido Ortona, professore ordinario di Scelte Collettive, facoltà di Scienze Politiche, Università del Piemonte Orientale, già coordinatore nazionale dei Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale Confronto quantitativo di sistemi elettorali (2003-2005) e Uso di metodologie simulative per la scelta del sistema elettorale (2005-2007). Aprile 2009. Commenti e suggerimenti sono benvenuti. guido.ortona@sp.unipmn.it.
Si prega di fare circolare questo documento il più largamente possibile.


Il prossimo referendum elettorale non sta suscitando l'allarme che dovrebbe. C'è chi è convinto che non si raggiunga il quorum, e chi non si rende conto della gravità della situazione. Che il quorum non venga raggiunto è probabile ma tutt'altro che garantito, data l'adesione al si del partito democratico e dato l'interesse oggettivo di Berlusconi alla vittoria dei si; entrambi i fattori potranno produrre molta propaganda diretta e occulta. Alla gravità della situazione che conseguirebbe da una vittoria dei si è dedicato tutto il resto di questo testo.
1. Su cosa si vota. Come non è abbastanza noto, si voterà per tre referendum. Uno è un referendum civetta, finalizzato al raggiungimento del quorum per gli altri due; in esso si chiede di proibire le candidature di una stessa persona in più circoscrizioni. Con gli altri due, uno per la Camera e uno per il Senato, si chiede che l'attuale cospicuo premio di maggioranza, sufficiente a far raggiungere il 55% dei seggi a chi ha la maggioranza relativa, vada non più alla coalizione, ma alla singola lista che ottenga la maggioranza relativa.
Apparentemente cambia poco rispetto alla situazione attuale. Ma in realtà si tratterebbe di una sostanziosa riduzione della democrazia, come verrà argomentato più sotto.
2. Referendum e sistema maggioritario. A prima vista, ciò che il referendum vorrebbe ottenere è la struttura parlamentare tipica di un sistema maggioritario: meno partiti che nel proporzionale (tendenzialmente due), e una maggioranza con molti seggi e formata da una coalizione di pochissimi partiti, possibilmente anzi da uno solo. Ciò che i promotori del referendum dicono infatti di volere è che i partiti attuali si coalizzino in due (o eventualmente più, ma meglio due) partiti "veri", caratterizzati al loro interno da monolitismo decisionale. Questo ridurrebbe il peso dei do ut des interni alla compagine governativa, e quindi produrrebbe maggiore governabilità. Cito dal sito del comitato promotore: "il sistema elettorale risultante dal referendum spingerebbe gli attuali soggetti politici a perseguire, sin dalla fase preelettorale, la costruzione di un unico raggruppamento, rendendo impraticabili soluzioni equivoche ed incentivando una significativa ristrutturazione del sistema partitico. Si aprirebbe, per l’Italia, una prospettiva tendenzialmente bipartitica, con conseguente eliminazione della frammentazione dentro le coalizioni". Vedremo che ciò è falso; ma anche se fosse vero sarebbe tutt'altro che auspicabile.
3. Maggioritario, referendum e governabilità. E' possibile che ci siano degli elettori (e lettori, scusate il gioco di parole) che credono in buona fede che ciò che i promotori del referendum dicono di volere sia auspicabile. Si sbagliano: la ricerca politologica, sia empirica che teorica, smentisce che il risultato della riduzione del numero dei partiti corrisponda a una maggiore governabilità. Qui sotto riferisco molto brevemente, e schematicamente, i principali risultati di questa ricerca.
Quanto ad oggi sappiamo a proposito delle differenze di governabilità (fra paesi analogamente sviluppati) imputabili alla differenza di sistema elettorale è sostanzialmente quanto segue.
1. I governi dei sistemi maggioritari durano più a lungo. Questo è probabilmente l'unico vero vantaggio di un sistema maggioritario. Tuttavia, non è detto che una maggiore durata sia sempre un vantaggio. Una lunga durata può corrispondere a una scarsa contendibilità, e quindi a scarsi
incentivi a governare bene. In ogni caso, come vedremo altre caratteristiche desiderabili più sostanziali non sembrano essere associate alla maggiore durata.
2. Un sistema elettorale maggioritario è associato a una spesa pubblica inferiore rispetto a un sistema proporzionale. Naturalmente, non c'è nessun motivo né empirico né teorico (in particolare non c'è nessuna dimostrazione in questo senso nella scienza economica) per cui ciò corrisponda a una maggiore efficienza del governo; e del resto i guai prodotti da decenni di privatizzazioni e di riduzione dell'intervento pubblico in economia sono sotto gli occhi di tutti.
3. Il passaggio dal sistema maggioritario a quello proporzionale non produce un aumento della spesa pubblica. Inoltre, il caso opposto (forse unico) di passaggio dal proporzionale al maggioritario, e cioè l'Italia negli anni 90, non ha probabilmente propiziato una riduzione della spesa pubblica. Dico probabilmente perché le saltuarie riduzioni che si sono avute sono assai più facilmente ascrivibili ai vincoli europei, ma non si può escludere che in parte siano anche effetto del cambiamento di sistema elettorale.
4. La minore spesa pubblica di un sistema maggioritario è dovuta interamente alla minore frammentazione del sistema politico. Questo è un punto molto importante. Dato e tutt'altro che concesso che una riduzione della spesa pubblica sia auspicabile, essa si produrrebbe solo se il passaggio al sistema maggioritario corrispondesse effettivamente a una riduzione del numero di decisori. Non è affatto certo che ciò si verificherebbe davvero. Una ricerca in corso presso il mio dipartimento (scaricabile come working paper n. 138 del dipartimento POLIS dell'Università del Piemonte Orientale dal sito http://polis.unipmn.it) porta a concludere che probabilmente è sufficiente che i partiti coalizzati mantengano un'autonomia anche relativamente limitata perché la governabilità possa essere inferiore a quella di un sistema proporzionale. Sul piano empirico, un'altra ricerca ha dimostrato che nel caso dell'Italia la frammentazione non si è ridotta con il passaggio dal proporzionale al maggioritario nel 1993 (si veda il working paper n. 60, scaricabile dal sito di cui sopra). Alcune caratteristiche specifiche della struttura politica italiana implicano inoltre ulteriori difficoltà per questa ipotetica riduzione del numero di soggetti decisori; mi permetto di rinviare nuovamente a un working paper del citato dipartimento POLIS, il n.115. Mi scuso per queste autocitazioni, ma se intervengo sul referendum è perché da molti anni la mia ricerca verte proprio sui sistemi elettorali.
5. In un sistema maggioritario la spesa pubblica è più indirizzata a favorire interessi locali e particolari, mentre in un sistema proporzionale è più generalistica. Soprattutto nell'Italia di oggi, questa è una caratteristica negativa del sistema maggioritario ovviamente di grande importanza. E' lecito sospettare che alcuni sostenitori del maggioritario (e del referendum) siano tali appunto per questo motivo.
6. Se per efficienza intendiamo capacità di fornire beni e politiche pubbliche reali, allora non c'è prova di una maggiore efficienza del sistema maggioritario. E' questo il risultato del famoso studio di Lijphart del 1994, che a mia conoscenza nessuno ha osato mettere in discussione. Lijphart intende per efficienza la capacità di produrre servizi pubblici essenziali, come quelli destinati alla tutela della famiglia, o politiche pubbliche essenziali, come la difesa delle minoranze, o di ottenere buoni risultati nelle variabili nacroeconomiche, come la crescita del PIL e l'andamento della disoccupazione; e trova che "il senso comune ha torto quando ritiene che ci siano reciproci vantaggi e svantaggi nel maggioritario e nel proporzionale. La migliore prestazione del proporzionale per quanto riguarda la rappresentatività non è controbilanciata da una peggiore prestazione per quanto riguarda la governabilità [governmental effectiveness]."
2 Se quindi fosse vero che la vittoria dei si equivale all'introduzione di un sistema maggioritario, ciò sarebbe più che sufficiente per essere fermamente contrari. In realtà ci sarebbe una differenza significativa, e in peggio: e cioè che il maggioritario obbliga almeno a chiedere il voto sui singoli candidati, e quindi obbliga i partiti a presentare dei candidati almeno un po' credibili. Col sistema che si verrebbe a creare i nomi dei candidati sarebbero irrilevanti, e ciò apre alla strada al massimo di rappresentanza delle lobbies economicamente potenti e al minimo di rappresentanza dei cittadini.
4. Un "errore" fondamentale. Anche ammesso -erroneamente, come abbiamo visto- che (a) il referendum porti veramente a una struttura maggioritaria e (b) che tale logica sia auspicabile, rimane comunque un errore logico fondamentale nell'argomentazione dei promotori del referendum; talmente evidente da far ritenere praticamente impossibile che sia stato commesso in buona fede.
L'errore è il seguente: non c'è alcuna garanzia che la riduzione nominalistica del numero dei partiti corrisponda a una riduzione effettiva del numero delle fazioni e quindi dei decisori. Al contrario, la possibilità di condurre le trattative fondamentali prima delle elezioni, cioè al momento di scegliere le candidature, e del tutto al riparo dall'opinione pubblica, darebbe uno spazio enorme ai ricatti, ai do ut des delle diverse lobbies e soprattutto alla pura e semplice corruzione. Come scrivono in uno studio del 2007 Persson, Roland e Tabellini (autori probabilmente non simpatetici con le idee dell'autore di questo testo), "perché un partito che rappresenta diversi gruppi presenti nella società dovrebbe comportarsi in modo diverso da una coalizione che rappresenta gli stessi gruppi?" In effetti, i vari gruppi di pressione avrebbero tutto l'interesse a mantenere, e anzi ad aumentare, la propria autonomia, onde massimizzare il loro potere di ricatto, sopratutto quello occulto. Anziché avere molti partiti avremo insomma molte correnti; l'unica differenza è che oggi un elettore può scegliere che partito votare all'interno della coalizione, mentre se vincono i si questo potere gli sarà sottratto. I promotori del referendum sono coscienti di ciò; non a caso parlano di dare la maggioranza dei voti alla lista che ha la maggioranza relativa, e sostengono che ciò porterà "tendenzialmente" a un sistema bipartitico. In sostanza, assisteremo (o meglio, non assisteremo, perché avverrà al riparo della vista degli elettori) a una complicatissima rete di ricatti, manovre, accordi sottobanco, ecc., al termine della quale agli elettori verrà presentato un pacchetto "prendere o lasciare". La trattativa vera avverrà comunque prima delle elezioni; in aperto contrasto con lo spirito della democrazia, per cui gli elettori votano i loro rappresentanti e poi questi rappresentanti trattano per formare una maggioranza.
Questo nel caso che i partiti si coalizzino; se non lo fanno lo scenario è ancora peggiore.
5. Altri scenari. Sono infatti possibili tre scenari. Il più probabile, come abbiamo visto, è che i diversi partiti si uniscano in coalizioni. Questo scenario può facilmente evolvere in un secondo, molto più preoccupante. Le potenti lobbies rappresentate dai e al comando nei grandi partiti-coalizioni avranno tutto l'interesse a mettersi d'accordo per spartirsi il potere, invece di rischiare a ogni elezione di perderlo. La grande coalizione diventerà facilmente una coalizione di centro, che si identificherà sempre più con lo stato, anche perché sarà facilmente in grado di cooptare le frange necessarie a garantire la maggioranza. C'è quindi un rischio reale che il sistema evolva verso un sistema a partito unico, qualcosa a metà fra la Democrazia Cristiana e il PCUS.
Infine, è possibile che i partiti non si coalizzino, come auspicato da Veltroni. In tal caso un partito col 30 % dei voti o anche meno governerà con la maggioranza assoluta, grazie al voto di una maggioranza composta in buona parte da parlamentari che nessuno ha eletto; una situazione che si presta a ogni sorta di degenerazione, e sulla cui validità costituzionale è lecito nutrire seri dubbi. Sull'aspetto della costituzionalità torneremo più sotto.
6. Altri problemi. L'aspetto più propriamente liberticida di una possibile vittoria dei si è quindi la sottrazione agli elettori di gran parte del potere di scelta dei loro rappresentanti. Ma ci sono altri elementi pericolosi.
3 Il primo è l'ulteriore distacco che si creerebbe fra classe politica (o "casta"; il termine è sempre meno improprio) e popolo. Abbiamo visto che la segretezza delle trattative sulla formazione delle liste spiana la strada al controllo delle lobbies (fra cui quelle criminali) sulla politica. Ma un altro risultato sarebbe l'apertura di un abisso fra la società civile e i maneggi della politica. Si tratta di qualcosa di molto pericoloso per la democrazia. Come risulta dai sondaggi, fra tutti i paesi dell'Europa Occidentale l'Italia è già adesso quello in cui la democrazia gode del minore appoggio popolare. E' facile prevedere che quando le alleanze fra i partiti si faranno interamente all'oscuro oppure governerà da solo un partito col 30% dei voti questo prestigio scenderà ulteriormente. L'abolizione del voto di preferenza (che, è bene ricordare, non verrebbe reintrodotto se vincessero i "si") ha tolto agli elettori la possibilità di scegliere il loro candidato preferito, e ciò, a giudizio unanime, ha contribuito potentemente a far sì che i candidati vengano "calati dall'alto", e che vengano sentiti come estranei. Se vincono i "si", agli elettori verrà tolto anche il diritto di scegliere il partito preferito. E' ovvio che ciò farà ulteriormente aumentare il distacco fra elettori e candidati. Nel breve periodo, un corollario di quanto sopra è l'ulteriore indebolimento dell'opposizione; infatti è ovvio che la battaglia che il partito democratico avrà combattuto contro la democrazia gli farà perdere ulteriormente consenso. E un paese senza opposizione è un paese in cui la democrazia non funziona tanto bene.
Il secondo è la coerenza fra la proposta del referendum e la strategia berlusconiana. Berlusconi afferma che chi ha la maggioranza deve governare da solo, senza lacci e lacciuoli; i sostenitori del referendum dicono la stessa cosa: a chi ha la maggioranza relativa, anche molto limitata, bisogna dare la maggioranza assoluta, in modo che possa governare da solo. Il sostegno del "si" porta insomma molta acqua al mulino di Berlusconi; l'incoerenza fra l'appoggio al "si" e la critica al personalismo di Berlusconi è palese. Ciò tra l'altro rende la posizione del Partito Democratico nella migliore delle ipotesi incomprensibile.
Infine, a seguito della scomparsa del premio di maggioranza alle coalizioni, le soglie di sbarramento risulterebbero alzate: 4% alla camera e addirittura 8% al senato. La soglia al senato è ovviamente troppo alta, sia rispetto alla necessità di mantenere un'effettiva rappresentatività sia rispetto agli standard mondiali. Inoltre, questa differenza di soglie aggraverebbe il principale difetto della legge attuale, e cioè la possibilità di una maggioranza diversa fra le due camere.
7. Un po' di economia. Ma allora, perché? Perché c'è chi è favorevole al si? Naturalmente c'è chi lo è perché gli conviene: a molte lobbies politiche, economiche e mafiose conviene che ci sia meno democrazia. E ciò è ovvio: democrazia vuol dire in primo luogo "una testa un voto", e quindi in linea di principio, se funziona bene, è in contrasto con gli interessi di chi preferirebbe "un euro un voto". Ma credo che ci sia anche chi crede in buona fede che sia meglio ridurre (e di molto, come abbiamo visto) la democrazia per motivi non egoistici. Questi motivi sono economici; l'idea è che un sistema più decisionista contribuirebbe a togliere molti degli impedimenti che ostacolano la crescita economica del nostro paese.
Questo argomento ha apparentemente qualche fondamento, ma in realtà è sbagliato, per due motivi fondamentali. Il primo è che la democrazia è un valore in sé, anche economico. Come diceva a suo tempo Sylos Labini, e senza assolutamente volere denigrare i ragionieri, la differenza fra l'economia e la ragioneria è che la ragioneria considera solo i costi e i guadagni monetari, mentre l'economia considera anche quelli non monetizzabili. Ora, la pesante riduzione della democrazia che conseguirebbe alla vittoria dei "si" avrebbe ovviamente effetti deleteri sulla qualità della vita di tutti, in termini di emarginazione, di immiserimento, di corruzione diffusa, di perdita di cultura, di asservimento ai potenti. Questi sono tutti costi, per evitare i quali vale la pena pagare qualche decimo di punto di crescita del PIL.
Ammesso che lo si paghi; e vengo al secondo errore di chi pensa che meno democrazia equivalga a più ricchezza. E' vero che esistono esempi in cui la dittatura (al netto dei costi di cui sopra) ha portato a una maggiore crescita del PIL, come la Germania di Hitler o la Francia di De Gaulle, ma ce ne sono altri, come l'Argentina e la Grecia, in cui è avvenuto il contrario. Non esiste una
letteratura conclusiva su quando l'autoritarismo conviene e quando no (parliamo sempre solo del punto di vista ragionieristico); o forse esiste ma io non la conosco. E' certo però che molto dipende dalla capacità con cui i vari potentati economici e le varie mafie riuscirebbero a impossessarsi di quote di potere per usarle per i propri interessi, e da quanto questi interessi sono in contrasto con gli interessi dell'economia nazionale. Oggi in Italia entrambi i fattori opererebbero molto probabilmente contro lo sviluppo dell'economia. E' possibile che qualcuno, penso soprattutto nel PD, voglia in buona fede allontanarsi da un sistema bene o male democratico per avvicinarsi a un sistema più fascista (dando a questo termine il significato tecnico che esso ha), onde avere un miglioramento dell'economia; ma molto probabilmente si sbaglia.
8. Un po' di geografia e un po' di storia. E' utile ricordare che la maggioranza dei paesi democratici adotta un sistema proporzionale; che in Europa solo tre paesi adottano un sistema maggioritario, e cioè il Regno Unito, la Bielorussia e la Francia (quest'ultima però a doppio turno); e che la maggioranza degli studiosi di scienza della politica ritiene che il sistema proporzionale sia preferibile a quello maggioritario. (Chi fosse eventualmente interessato ai dati a suffragio di queste affermazioni li troverà in un mio articolo apparso nel settembre del 2007 sulla rivista elettronica Costituzionalismo, scaricabile dal sito http://www.costituzionalismo.it/articolo.asp?id=251). Soprattutto, è interessante notare che il premio di maggioranza è pochissimo usato; oltre che in Italia esiste solo in Grecia e a Malta. A Malta tuttavia il premio viene concesso solo quando un partito ha già la maggioranza assoluta dei voti, ma non dei seggi; e in Grecia per avere diritto al premio di maggioranza un partito o una coalizione di partiti deve avere almeno il 41.5% dei voti. La possibilità che si avrebbe in Italia di passare dal 30% dei voti o meno al 55% dei seggi non ha riscontro nella geografia elettorale.
Ha però riscontro nella storia. La legge elettorale che risulterebbe dalla vittoria dei "si" ricorda abbastanza da vicino la legge Acerbo del 1923, pensata per garantire una larga maggioranza a Mussolini; essa infatti prevedeva che per avere il premio di maggioranza (che avrebbe portato ai due terzi dei seggi) sarebbe stato sufficiente il 25% dei voti.
9. Un po' di diritto costituzionale. Il testo che risulterebbe dal referendum suscita fondati dubbi di costituzionalità; vedremo che la sua ammissione da parte della Corte Costituzionale non li inficia. L'articolo 56 per la Camera e gli articoli 57 e 58 per il Senato stabiliscono infatti che i deputati e i senatori sono eletti a suffragio universale diretto. Non si parla di parlamentari non eletti (ovviamente con l'eccezione dei senatori a vita) e quindi non sembra vi sia spazio per un premio di maggioranza. Il problema esiste anche con la legge attuale, ma se vincessero i "si" aumenterebbe il numero di parlamentari non eletti. Custodire la costituzione è un dovere anche dei politici, e quindi i politici che favoriscono il "si" tradiscono probabilmente il loro mandato.
Ma allora perché la corte costituzionale ha dichiarato il referendum ammissibile? Leggiamo nella sentenza (art.6): "Questa corte può spingersi soltanto sino a valutare un dato di assoluta oggettività, quale la permanenza di una legislazione elettorale applicabile, a garanzia della stessa sovranità popolare, che esige il rinnovo periodico degli organi rappresentativi. Ogni ulteriore considerazione deve seguire le vie normali di accesso al giudizio di costituzionalità delle leggi" (sottolineatura aggiunta). Questo passo è la conclusione di un lungo ragionamento che in sostanza significa: la Corte può solo verificare che la eventuale abrogazione non crei dei "buchi" nella legislazione. Non può invece valutare nel merito la costituzionalità della struttura risultante; perché possa fare ciò la legge risultante dovrà essere impugnata nelle forme dovute.
10. E' giusto non andare a votare. Bisogna quindi che i "si" non vincano. L'elettore contrario al "si" può scegliere se votare no o non andare a votare. Come è noto, se i contrari possono comportarsi in modo unanime conviene non andare a votare. Curiosamente, tuttavia, è diffusa l'idea che non andare a votare sia immorale. Questo penultimo paragrafo è volto a sfatare questa idea. Porto quattro argomenti.
a) Essendo in gioco la democrazia -perché questa è la posta in palio- non bisogna andare tanto per il sottile.
b) In uno stato di diritto esistono il lecito e l'illecito, non il "vale" e "non vale". Se la legge consente di trarre vantaggio dal non andare a votare, non c'è motivo di non farlo.
c) Se i contrari non vanno a votare, ciò equivale a dire che il "si" per vincere deve avere la maggioranza non dei votanti ma degli aventi diritto. Poiché il referendum è una garanzia per il caso che il Parlamento deliberi contro la volontà della maggioranza degli elettori, ciò non sembra sbagliato.
d) Non andare a votare non costituisce necessariamente una scelta tattica. Io per esempio sono molto contrario a che una norma così importante per la democrazia come una riedizione della legge Acerbo venga approvata da una platea di elettori disinformati sulla base di un testo elaborato a colpi di bianchetto. In altri termini, il rifiuto di votare può benissimo essere una scelta politica, di pari dignità che l'essere per il si o per il no. Stando così le cose, non è vero che la possibilità di non votare dia un indebito vantaggio al "no"; è invece vero che l'esistenza di due gruppi di contrari al "si" fa sì che se questi gruppi non si coordinano siano i "si" ad avere un vantaggio indebito. Mi spiego con un esempio numerico. Supponiamo che ci siano quattro gruppi di elettori: quelli che non vanno a votare perché si disinteressano, che sono il 24.9% degli elettori; quelli che non vanno a votare perché sono contro il referendum (e quindi a fortiori sono contro il "si"), che sono il 25%; quelli che sono per il no, che sono il 25%; e quelli che sono per il si, che sono il 25.1%. Se i due ultimi gruppi vanno a votare il "si" vince, nonostante che il "no" abbia l'appoggio di quasi due terzi degli elettori che hanno operato una scelta, e il "si" solo di appena più di un quarto degli elettori totali. Un risultato di questo tipo, palesemente ingiusto, può essere evitato solo se i contrari al referendum, in contrasto con la loro preferenza reale, vanno a votare per il "no", oppure se i fautori del "no", in contrasto con la loro preferenza reale, non vanno a votare. Non c'è alcun motivo per cui la prima alternativa sia più giusta eticamente della seconda.
La legge attuale è fatta male: contiene una grossa ambiguità, e cioè appunto che non considera che ci sono due tipi di elettori contrari alla proposta, quelli che sono per il no e quelli che sono contro il referendum. Fino a quando non sarà modificata -per esempio imponendo che il "si" per vincere debba avere il voto del 50% più uno degli aventi diritto, oppure che debba avere il 50% più uno dei voti espressi ma anche il voto di almeno il 25% più uno degli aventi diritto (che è la condizione minima attuale per la vittoria del si)- non c'è alcun motivo, né morale, né politico, né legale per lasciare che questa ambiguità avvantaggi i "si".
11. Conclusioni. la vittoria del "si" al referendum creerebbe un serio pericolo per la democrazia. Il raggiungimento del quorum è improbabile, ma possibile; molto dipenderà da quanto i partiti principali e i mezzi di informazione che a loro fanno riferimento si impegneranno. La strategia migliore per chi sia contrario al "si" è non andare a votare; non c'è alcun motivo per non farlo.

Referendum: per l’ Associazione Salviamo la Costituzione è incostituzionale

"La vigente legge elettorale espropria gli elettori del diritto di sceglierei propri rappresentanti e affida alle segreterie dei partiti il potere di nominarli dall'alto; rompe il rapporto tra gli eletti, il territorio e le comunità locali; riduce drasticamente il pluralismo politico e quindi la rappresentatività delle istituzioni; premia eccessivamente la lista o la coalizione più forte. Si tratta dunque di una legge che per molti versi contrasta con i principi e i valori di democrazia e libertà della nostra Costituzione repubblicana, come la Corte costituzionale ha rilevato nella motivazione della sentenza con la quale ha dichiarato l'ammissibilità delreferendum.

La legge che uscirebbe da una eventuale vittoria del SI nel referendum del 21 giugno non eliminerebbe nessuno di questi difetti dell'attuale legge elettorale. Anzi, aumenterebbe le distorsioni in senso ultramaggioritario da essa prodotte, rendendo più agevole l'approvazione di riforme costituzionali di parte. Dunque non ne ridurrebbe, anzi ne aumenterebbe i vizi di costituzionalità, come pure la Corte Costituzionale ha sottolineato nella ricordata sentenza. L'Associazione "Salviamo la Costituzione", in coerenza con i principi e i valori di difesa e attuazione della Costituzione, che la portarono a promuovere il vittorioso referendum costituzionale del giugno 2006, intende nelle prossime settimane concorrere a informare i cittadini sugli elementi di incostituzionalità della vigente legge elettorale e di quella che uscirebbe da un successo del referendum. Invita i cittadini a valutare queste informazioni nel decidere il proprio comportamento di fronte al referendum."
Comitato Esecutivo 13 maggio 2009

19 maggio 2009

Nei siti militari centrali nucleari?

E’ stato approvato al Senato, nell’ambito della discussione del ddl 1195 “disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, l'articolo 14 ( delega al Governo in materia nucleare ).La delega riguarda la disciplina della localizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare e dei sistemi di stoccaggio e di deposito.
Siamo di fronte non più al rischio, ma alla piena attuazione di un progetto che coinvolgerà anche il settore della Difesa. Sempre in Senato è infatti in discussione il ddl 1373 per la costituzione della DIFESA SERVIZI SPA, la quale ha tra le sue finalità principali quella “di permettere l'installazione di impianti energetici destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema nel quadro degli obiettivi comunitari in materia di energia e ambiente”.
Nuove centrali potranno essere costruite direttamente dalla Difesa Servizi SpA, o date in concessione e/o locazione, e realizzate in siti militari, infrastrutture e beni del demanio militare. Tutto ciò con l’obiettivo di sfuggire al controllo delle Autonomie Locali, della Magistratura e del Parlamento nonché delle popolazioni residenti nelle vicinanze dei siti prescelti, essendo questi “Zona Militare”

Intervento sul nucleare, dello scienziato e fisico Gianni Mattioli.
Parte1) http://www.youtube.com/watch?v=0ZEpPiOPcxU

Parte2)
http://www.youtube.com/watch?v=f5wJh0Mfp3M

Parte3)
http://www.youtube.com/watch?v=zgDHNhxeYvE

Carne?

In Italia siamo 60 milioni di abitanti e consumiamo circa un centinaio di chili di carne a testa, per lo più come in Europa e negli Stati Uniti. Tra qualche anno diventeremo 10 miliardi; si potrà produrre carne per tutti?

da Report RAI 3 domenica 17 maggio 2009

Prima parte http://www.youtube.com/watch?v=pcIT0UBKNDg

Seconda parte
http://www.youtube.com/watch?v=mfdCeRm0kqc


Riprende il processo farsa ad Aun San Suu Kyi

BIRMANIA La farsa è iniziata. Lo chiamano processo, ma è una messa in scena per una sentenza già scritta. Resta solo da vedere se Aun San Suu Kyi finirà in carcere o continuerà la sua esistenza di sepolta viva nella fatiscente dimora di University Road. Il generale Than Shwe e gli altri tiranni di Rangoon l’hanno, probabilmente, già deciso, ma il simulacro di processo nella vetusta galera inglese di Insein fa parte della liturgia. A subirla assieme alla «signora» ci sono mamma Khin Khin Win e sua figlia Win Ma Ma, le due fedelissime che l’assistono nell’odissea detentiva prolungatasi tra carcere e arresti domiciliari per 13 degli ultimi 19 anni. Accanto a loro s’angustia il mitomane John Yettaw, il 53enne mormone americano responsabile della nuova imminente condanna di San Suu Kyi. Senza di lui il Premio Nobel per la Pace tornerebbe libera il 27 maggio, allo scadere della precedente condanna. Senza di lui i generali non avrebbero pretesti per prorogarne la detenzione. Grazie a quel personaggio approdato alla casa di San Suu Kyi la notte del 3 maggio dopo aver attraversato a nuoto l’Inya Lake i generali hanno il cavillo tanto desiderato. È una colpa lieve, ma sufficiente a processare Aung San Suu Kyi per violazione della pena detentiva e togliersela dai piedi fino alle cosiddette elezioni multipartitiche del prossimo anno. Del resto quella donna minuta, risollevatasi dalla malattia che le impediva di mangiare e reggersi in piedi, rappresenta non solo gli ideali di libertà del Paese, ma anche le peggiori paure dei dittatori di Rangoon.Per capirlo basta l’oltraggio andato in scena all’inizio del processo quando i giudici chiamano alla sbarra l’imputata senza usare il nome di Aung San, eredità di un padre simbolo dell’indipendenza nazionale. «Se non mi potete chiamare con il mio nome, non mi muovo» – replica la piccola grande donna che alla fine costringe la corte a pronunciare il nome proibito.

Il finale resta però ineluttabile. La stessa ambientazione sembra scelta per cancellare qualsiasi illusione di clemenza. La galera di Insein è il luogo simbolo della cinquantennale repressione imposta da Ne Win e dagli altri dittatori succedutisi al potere dal 1962. Là dentro torture, stenti e malattie hanno piegato volontà e vite di migliaia di dissidenti. Lì dentro fanno capire Than Shwe e i suoi accoliti si consumerà anche la parabola terrena della grande nemica se continuerà ad intralciare il manovratore.E anche stavolta reazioni e sdegno internazionale sembrano destinati a contare poco o nulla. L’ambasciatore italiano Giuseppe Cinti presentatosi ieri mattina davanti ai cancelli di Insein è stato rispedito indietro assieme ai suoi colleghi di Regno Unito, Australia, Francia e Germania. L’unico ammesso in aula è stato il console americano arrivato ad assistere quell’impiastro di John Yettaw. I militari di Rangoon hanno del resto sviluppato un’inveterata indifferenza alle reazioni del mondo libero. E probabilmente neppure la proposta del responsabile della politica estera europea Janvier Solana d’inasprire le sanzioni e isolare il paese li smuoverà di un millimetro. Grazie alla collaborazione di Cina e India, le due grandi alleate madrine impegnate a saccheggiare e a contendersi le risorse naturali della Birmania, Than Shwe e i suoi generali hanno di che vivere, arricchirsi e garantirsi, grazie a consistenti aiuti militari, il contenimento di qualsiasi rivolta e qualsiasi dissenso.
( di Gian Micalessin, Il Giornale 19/05/09 )

Referendum, le bugie di Mariotto..


Un incredibile sequenza di bugie e mistificazioni in poche decine di secondi da parte di Mario Segni promotore dei referendum (insieme ad AN che ha contribuito a raccogliere le firme) ad oggi sostenuti solo da PDL e PD. (Intervista trasmessa su tutte le reti).

1) Fa intendere che il referendum (in realtà sono 3) sia contro la casta dei partiti mentre la vittoria dei sì segnerebbe il trionfo dei due partiti (PDL e PD) principali artefici delle degenerazioni in casta dei partiti: prenderebbero tutto:eletti, finanziamento publico, posti di governo e sottogoverno in maggioranza o all’opposizione, assoluto dominio di migliaia di nomine in enti, tv e informazione, cancellando, ci provano già adesso, la possibilità di comunicare liberamente nella Rete.
2) Afferma che già oggi (!!!) chi vince le elezioni prende il 55% dei seggi, assolutamente falso perché riguarda solo la Camera a livello nazionale e la coalizione che vince, non il partito che vince, senza neppure un quorum da raggiungere.
3) Parla di bipartitismo in Inghilterra (!) e nelle democrazie avanzate, tutto falso in quanto un sistema come quello proposto, per giunta con una informazione totalmente priva di autonomia e spartita fra i due principali partiti, non esiste in nessun paese d’Europa e dell’Occidente.
4) Accenna alle liste bloccate attuali invece del voto di preferenza facendo intendere che i referendum cambino la situazione: totalmente falso perché i referendum non toccano la questione.


Significativo che solo i due partiti PDL e PD (sempre meno votati dagli elettori) sostengano il SI!
L’Italia dei Valori, dopo un affrettato sì iniziale, ha rovesciato la posizione (meglio dopo che mai…!) ritenendo pericolosi i referendum. Anche tutti gli altri sono contrari.
Anche alcuni magistrati che li avevano sostenuto 3 anni fà hanno cambiato idea ritenendoli troppo pericolosi per la democrazia italiana (ignorati dall’informazione che non spiega ad oggi le vere conseguenze dei referendum ).
Incredibile la posizione dei Radicali che dopo aver sventolato per anni il bipartitismo affermano di voler costituire i comitati per il NO, una scelta sciagurata perché votare NO o SI è equivalente in quanto il vero problema è non far raggiungere il quorum il 21 giugno e cacciare una volta per tutti Mariotto e le vocazioni autoritarie che si addensano sempre più sul nostro paese.

18 maggio 2009

Kuwait: le donne per la prima volta..




Giornata storica in Kuwait dove per la prima volta quattro donne sono state elette nel parlamento del ricco e islamico emirato del Golfo persico. Dalle consultazioni svoltesi ieri le candidate hanno ottenuto i voti necessari per occupare 4 dei 50 seggi disponibili. In Kuwait, paese musulmano dove la politica è considerata un'attività da uomini, le donne hanno diritto di voto e di candidarsi solo da quattro anni ma nessuna aveva conquistato alcun seggio nelle precedenti elezioni del 2006 e 2008.
(da La Repubblicaonline)

guardate cosa può essere il mondo..

Dedicato al ministro Maroni, agli "amici" della Lega Nord, a tutti quelli che hanno paura del mondo..

http://www.youtube.com/watch?v=kHdJR6iUBFM&eurl=http%3A%2F%2Fwww%2Efacebook%2Ecom%2Fprofile%2Ephp%3Fid%3D1477993787&feature=player_embedded

15 maggio 2009

14 maggio 2009

Concerto per non dimenticare Anna Politkovskaja, Roma 15 maggio

“Voglio che conosciate la verità. Poi, se vorrete potrete sempre optare per il cinismo e per il razzismo in cui si sta impaludando la nostra società”

Anna Stepanovna Politkovskaja è stata una giornalista russa molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani, per i suoi reportage dalla Cecenia e per la sua opposizione al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.Nei suoi articoli per Novaja Gazeta, quotidiano russo di ispirazione liberale, la Politkovskaja condannava apertamente l'Esercito e il Governo russo per lo scarso rispetto dimostrato dei diritti civili e dello stato di diritto, sia in Russia che in Cecenia.
Il 7 ottobre 2006, Anna Politkovskaja viene assassinata nell'ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando. La sua morte, da molti considerata un omicidio operato da un killer a contratto, ha prodotto una notevole mobilitazione in Russia e nel mondo, affinché le circostanze dell'omicidio venissero al più presto chiarite.
Per non dimenticare che si può essere giornalisti senza padroni...

leggendo i giornali… Allegria, Allegria !!!


Opposizione timida.. così la descrive un blog amico riferendosi al voto di ieri del Senato sul DDL 1195 “Sviluppo ed Energia”, di fatto la legge con cui il governo tenta il colpo di mano sulle procedure decisionali riguardanti il ritorno alla sciagura del nucleare in Italia.Voto a favore di PDL e UDC e contrario di PD e IdV .Opposizione ma senza esagerare, tant’è che la Finocchiaro nell’intervento finale per il PD ha citato il no al nucleare dopo la class action, le polize assicurative e le liberalizzazioni senza disdegnare in commissione di presentare emendamenti “migliorativi”:uno prevede che i benefici compensativi ai cittadini che vivono in prossimità delle nuove centrali saranno a carico delle imprese e non saranno scaricati sugli utenti finali;qualcosa di simile ad una barzelletta in una procedura dove tutto è “segreto e secretato” come insegnò la Francia di 30 anni fa; si sospetta addirittura che la decisione sui siti venga presa dall’Impresa principale ( così le forze politiche pagano meno prezzi con i cittadini ) più o meno come ha insegnato Bassolino e soci in Campania sui rifiuti affidando tutto in gestione ad Impregilo con i risultati che pagheremo ancora per parecchi anni. “Decisive” le dichiarazioni di Roberto Della Seta, senatore PD, ex segretario nazionale di Legambiente ( con elezione garantita in Parlamento in funzione anti ecologista come il suo predecessore Realacci ), secondo il quale il voto contrario del PD in Senato è stato “più deciso “ di quello alla Camera.
Più prudenti i membri della maggioranza, con numerose assenze e ripetuta mancanza del numero legale; per niente entusiasti di votare simili schifezze a 3 settimane dallle elezioni: se non altro perché l’ultimo sondaggio rivela che negli ultimi 12 mesi l’opinione contraria degli italiani sulle centrali nucleari si è accentuata: secondo l’Ipsos i favorevoli sarebbero scesi dal 51% al 43%.

A proposito di sondaggi gli ultimi circolanti sulle elezioni europee del 7 giugno prima della loro sospensione, Digis,TP, Ipsos confermano mediamente il PDL a ridosso del 40% con la lega Nord quasi al 10% , e l’UDC attorno al 6% ( si segnalano nuove adesioni al sud provenienti dal PD ad esempio in Basilicata).
A ridosso del 26% il PD e dell’ 8% l’ IdV.
Le società di sondaggi, in gran parte “affezionate” ai 2 principali partiti, PDL e PD, evitano accuratamente di introdurre fra le possibili risposte quella che riguarda il vero partito emergente, ormai secondo solo al PDL, quello dei non votanti (non voto, bianche, nulle) la vera incognita di queste elezioni e del ben più importante referendum elettorale del 21 giugno .
Attorno al 3%, quindi al di sotto della soglia del 4%, oltre alla lista Destra-Autonomisti, sia la lista di Rifondazione e compagni che quella di Sinistra e Libertà: come era prevedibile e previsto dagli inconfessabili sostenitori della operazione di Vendola e colleghi che un risultato lo raggiungerebbero: quello di far saltare il quorum del 4% alla alleanza di Ferrero e Diliberto.
Con un risultato singolare: i 4-5 partiti al di sopra della soglia del 4% si spartirebbero almeno una dozzina dei 72 parlamentari europei da eleggere, sottratti prevalentemente a Verdi e Rifondazione; in particolare il PD con una perdita di 4-6 punti in percentuale potrebbe riconfermare lo stesso numero di eletti di 4 anni fà: potremmo chiamarlo: il miracolo di VVFF ( Veltroni,Vendola, Francescato, Fava).

E per finire.. Se pensate che la chiacchiera nei talk show su Berlusconi e le promettenti promesse del mondo di plastica abbiano messo in crisi il modello vi sbagliate, anzi.
Per lanciare l’avvio del digitale terrestre a Torino Mediaset mette a disposizione una delle sue stelle più affermate, Maria De Filippi, e una delle conduttrici più celebri, Barbara D’Urso. Dove, quando?. Sabato 16 e Domenica 17 maggio in piazza San Carlo, nel cuore di Torino. Due format di successo, Amici e Il Grande Fratello. Eccezionale la domenica mattina: provini aperti a tutti per le selezioni del Grande Fratello edizione numero 10 ! E’ la prima volta che la più grande azienda televisiva commerciale d’Italia organizza un evento del genere. Per celebrare il passaggio del Piemonte Occidentale al digitale terrestre, per due giorni, dunque, il cuore di Torino sarà trasformato in un villaggio digitale. Numerosi artisti e conduttori delle reti Mediaset si intratterranno con il pubblico. A 3 settimane dalle elezioni…..
E noi che siamo rimasti al progetto di una società più ecologica…

9 maggio 2009

Cicogne di Gassino: tutto ok

Le cicogne di Gassino Torinese si sono ambientate nel nuovo posto-nido attrezzato dopo l'abbattimento del vecchio albero: diventate ormai quasi delle star della TV (il TG3 ne ha parlato per due giorni di seguito) hanno anche quest'anno messo su famiglia: è nato un cicognino che per il momento sembra stare benissimo..

8 maggio 2009

Torino Elezioni all' Università L'Onda si presenta e sbaraglia tutti

La lista Studenti indipendenti conquista 2 dei 3 dei rappresentanti nel Consiglio d'amministrazione.

Una interessante novità all’Università di Torino:la lista nata dai collettivi di facoltà e dai giorni caldi della protesta. Che ha letteralmente sbaragliato la sinistra ufficiale dell'Udu ( Partito Democratico) che incredibilmente questa volta non conquista nemmeno un seggio negli organi centrali d'ateneo e si riduce al lumicino di soli 10 rappresentanti nei consigli di facoltà sui 135 eletti.

Si sono presentati per il Senato accademico e il Consiglio di amministrazione con il nome di Studenti Indipendenti e nelle diverse facoltà invece con le liste dei singoli collettivi. Sono ragazzi impegnati in politica già da tempo ma anche esordienti che hanno trovato la propria motivazione nei mesi dell'autunno caldo, dietro ai cortei dell'Onda anomala, nelle occupazioni. Distanti anche dal Collettivo autonomo e da Askatasuna, malati di estremismo e fuori da tempo dall’ Assemblea No Gelmini.


Obiettivo Studenti (Comunione e liberazione), invece, resta più come negli anni passati ( 28 % in consiglio di amministrazione). Il Fuan, la destra parlamentare, si è presentata con Forza Italia e con la Lega, raggiungendo solo l'11 % negli organi centrali.
Fallimento per la tanto discussa Arcadia, la destra fascista di Casapound ( circa 3 % concentrato a Scienze strategiche).

L'affluenza per la prima volta in tanti anni supera il 10 %, arriva a sfiorare addirittura il 14 %, con forti differenze fra le varie facoltà.
Alla chiusura dei seggi avevano votato 8.422 studenti su 61.348 aventi diritto, il 13,7 % contro il 10,2 % delle scorse elezioni del 2007.
La tendenza generale è chiara : nel consiglio di amministrazione di 3 consiglieri 2 saranno della lista Studenti Indipendenti, 1 di Obiettivo studenti. Fuori, senza eletti, Udu (PD) , Fuan (destra) e Arcadia (fascisti).

6 maggio 2009

Islanda, per la prima volta rosso-verde


Per la prima volta dall'indipendenza nel 1944, una coalizione di sinistra e verdi ha vinto in Islanda le elezioni parlamentari celebrate anticipatamente, conquistando la maggioranza assoluta dei seggi, 34 sui 63 del Althing. Il Partito socialdemocratico (ASD) del primo ministro ad interim Jòhanna Sigurdardòttir ed i Verdi, che hanno assunto il controllo del paese in febbraio, dopo che il governo in carica è stato costretto a lasciare per le forti proteste popolari legate alla crisi economica , hanno raccolto il 53,2 %, oltre 12 punti in più rispetto al voto del 2007 (41,1).
Il conservatore Partito dell'Indipendenza, tradizionalmente forza dominante nel paese, è crollato dal 36,6 % al 23,9 %. I veri vincitori sono in realtà i Verdi (ecologisti, socialisti, femministe) passati dal 14,3 al 21,7% in 2 anni ottenendo 14 seggi (+5) dei 63 seggi del parlamento islandese. Nel Parlamento europeo
sono iscritti, insieme a quelli del Partito della sinistra europea(SE), al gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica (GUE/NGL) e sono contrari all’adesione all’ Unione Europea, tema fortemente presente nella campagna elettorale. Solo i socialdemocratici, guidati da Johanna Sigurdardottir, attuale primo ministro social-democratico dichiaratamente omosessuale e prima donna a guidare l'Islanda, sono a favore della UE.

Rispetto alla crisi finaziaria che aveva portato al fallimento il paese, il precedente governo intendeva rilanciare l’economia attraverso l’industria pesante (l’alluminio in particolare) con gravi conseguenze di inquinamento ambientale; progetto a cui si era opposta fra l’altro la cantante Bjork che insieme ai Sigur Ros ed altri gruppi musicali e culturali aveva promosso il movimento Nattura che proponeva il rilancio del paese attraverso un ecoturismo rispettoso dell’ambiente facendo leva sulle bellezze naturali dell’ isola.
Quasi assente la notizia nell'informazione italiana. La battaglia comunque sembra vinta .. e l’Islanda vi aspetta !

Elezioni a Trento, prove di regime

Sulle elezioni comunali a Trento la lettura dei giornali ci dà una singolare interpretazione dei risultati:una vera lettura "di regime" nella logica del bipartitismo che si vuole imporre agli italiani con il referendum che era di Segni+ Alleanza Nazionale ed è diventato di PDL+ PD (come sempre d'accordo sulle questioni serie mentre ci propinano ogni mattina uno "scontro" su qualche banalità del giorno inventata per stare sulla scena ).
La Repubblica si distingue come al solito in questi frangenti: vittoria del PD, PD primo partito, PD e alleati vittoriosi..etc . Solo di sfuggita si accenna al crollo dei votanti e sopratutto si evita accuratamente di dare i votanti reali.In realtà il voto conferma in pieno l'analisi che abbiamo fatto sulle elezioni regionali in Abruzzo (novembre) ed in Sardegna (marzo); cioè conferma 2 tendenze di fondo:1) aumenta sempre di più il numero di persone che non votano più i partiti 2) aumenta sempre di più il numero di persone che non votano ne PD ne PDL (alla faccia del tentativo di imporre in Italia un regime bipartitico).Infatti su 89490 elettori solo 51955 (58%) hanno votato uno degli 8 candidati sindaci e solo 40516 ( 45%! ) ha votato uno dei 16 partiti presenti). Cioè 55 su 100 elettori non hanno votato nessun partito!In particolare gli elettori si rifiutano sempre più di votare PD o PDL che insieme hanno preso solo il 22% dei voti del totale degli elettori ( il PD 14455 voti e il PDL 5786)Per dare un idea alle politiche del 2008, perse dal centro-sinistra, il PD aveva 26628 voti ed il PDL 17977.

Insomma, appena si lascia "la libertà" agli elettori di votare più liberamente questi fuggono dai due partiti (ben 78 elettori su 100) e in molti si orientano addirittura verso il rifiuto del voto.Di questi dati non c'è alcuna traccia sull' Informazione da vero regime: ormai perfettamente orientata e selezionata per "nascondere " invece di informare.