- seconda parte: per fondare un’alternativa servono due anni di conclave, nuovi protagonisti e nuove idee.
di Massimo Marino
Della fase nascente del Movimento di Grillo ricordo
bene il primo affollatissimo incontro nazionale a Firenze dell’8 marzo 2009
dove venne definita la nascita delle “Liste Civiche - beppegrillo.it “. La Carta
di Firenze indicava in 12 punti l’impegno del nuovo movimento, per lo più
concentrato allora sull’azione comunale. Il documento, tanto importante e condivisibile
quanto superficiale, era per lo più un elenco di temi ambientalisti: acqua
pubblica, verde urbano, asili e depuratori invece del cemento inutile,
telelavoro con reti internet e wifi e tuttalpiù trasporti pubblici collettivi e
biciclette al fine ridurre l’uso dell’auto, ormai superata nel nuovo secolo, così
da risparmiare tempo, soldi e inquinamento. Poi rifiuti zero, abitazioni come
fonti di produzione energetica con rinnovabili, orti comuni e filiera agricola
corta. A tutto ciò si aggiungeva una forte connotazione antipartiti. Se nel 2008 si era scartata la partecipazione
alle elezioni politiche, nel 2009 Grillo sostenne attivamente alle elezioni
europee le candidature di De Magistris e Sonia Alfano nell’Italia dei Valori (entrambi
eletti con una valanga di preferenze). Nei 4 anni successivi il “Movimento
5Stelle-Beppe Grillo.it” si presentava qua e là in elezioni comunali e
regionali con risultati ancora modesti e in totale contrapposizione all’intero
sistema dei partiti, aggiungendo ai temi ambientalisti una forte vocazione anticasta
e anticorruzione e la connotazione di movimento per la democrazia diretta. Già
nell’ ottobre 2009 era nato il sito di Rousseau da parte di Casaleggio che dava
voce e diffusione alle centinaia di meet-up comunali nati; poi nel 2016 divenne
ufficialmente (purtroppo, aggiungo io), lo strumento operativo della democrazia
diretta interna al M5S.
Le elezioni politiche del febbraio 2013 segnano il momento più importante della storia del
M5Stelle che nella sua prima presenza al voto nazionale ottiene un risultato
ben al di sopra di qualunque sondaggio e aspettativa: il preannuncio del
formarsi di una vera aggregazione sociale popolare attorno al
Movimento (che avrà poi la sua espressione piena quanto momentanea, forse per
la proposta del reddito di cittadinanza, nelle elezioni del 2018). Nel 2013 il Movimento
ottiene 8,7 milioni di voti alla Camera ( 25,5% con 109 seggi) e 7,4 mil. al Senato (
23,8% e 54 seggi ). Un impressionante successo omogeneo in tutta la penisola
dal nord est al nord ovest, dal centro e sud alle isole. Dei 775mila euro
raccolti per la campagna elettorale (senza giornali o tv, praticamente senza
sedi, con una organizzazione precaria e discutibile) solo un terzo vennero
spesi mentre secondo quanto dichiarato gli altri due terzi vennero devoluti ai
terremotati, in particolare per la costruzione di una scuola. Nel marzo i due
novelli capigruppo (Crimi e Lombardi) nel noto incontro con Bersani escludono
una possibile alleanza (a mio parere giustamente, visti anche i numeri comunque
insufficienti) che tanto il PD non aveva alcuna intenzione di fare, ad esempio accettando
un Presidente del consiglio esterno ad entrambe le due componenti. Nacque così
il governo PD-PDL con Letta e poi il Renzi-Alfano. Poco tempo dopo Bersani
veniva abbandonato da 101 dei suoi eletti che non ambivano ad avere Prodi come
Presidente della Repubblica (aprendo al Napolitano 2) e si dimetteva da
segretario del suo partito.
Le elezioni comunali del giugno 2016 con la vittoria di Raggi e Appendino a Roma e Torino
e il successo al ballottaggio in 19 comuni su 20, caratterizzate dal trionfo
nelle periferie e nell’elettorato giovane e precario relegando il PD nei
quartieri alti dei due capoluoghi e svuotando il centrodestra, sembrano
indicare una vera e propria alleanza sociale consolidata di strati diversi e
larghi della società che affidano tutte le loro aspettative di alternativa
all’unico soggetto politico che apertamente le dichiara riferimenti del proprio
impegno nelle istituzioni. Temi
ecologisti, lotta anticasta e anti corruzione, impegno contro la precarietà
sociale uniti all’emergere di figure di riferimento come leader (Grillo-Casaleggio
G/D, Di Battista-Di Maio, Raggi-Appendino). È una leadership relativamente distribuita
su più persone e con ruoli diversi che rende più difficile affondarla da parte
del massiccio fronte di avversari, come avverrà più facilmente dopo con il
“capo politico”. Temi e leadership, pur confusamente si avvicinano alla
formula perfetta per ieri, oggi, domani per qualunque progetto di cambiamento
sociale di alternativa mentre manca totalmente un’idea su come organizzarsi,
come comunicare con la società e il territorio in modo stabile e come
collocarsi nel sistema politico. Solo apparentemente la formula viene confermata
dallo straordinario risultato delle elezioni politiche del 2018 dove il M5S
ottiene 10,7 mil. di voti alla Camera (32,7 % e 221 seggi) e 9,7
mil. al Senato (32,2% e 112 seggi). Il rosatellum, congegnato per fregare i
grillini con un terzo di seggi uninominali, viene travolto dal risultato. In vari
collegi uninominali del sud la lista grillina supera il 50%. Nelle sei regioni
del sud, dalla Campania in giù, alla Camera i grillini conquistano 70 su 73
seggi. L’equilibrio fra i tre poli porta, quasi incredibilmente al risultato
irripetibile di far funzionare il rosatellum ( che è un sistema elettorale
schifoso) come fosse un proporzionale: un terzo dei voti, un terzo degli
eletti.
Ma già un anno dopo il successo di Roma e Torino (metà
2017) c’erano già tutti i segnali evidentissimi che la durezza dello scontro e
tutti i problemi messi da parte (qui di seguito indicati) aprivano una
fase di profonda crisi appena nascosta dal successo del 2018 (del tutto
disomogeneo territorialmente) e dall’avvio pieno di affrettato entusiasmo dei
governi grillini:
1) tutti i media nessuno escluso, i partiti, i gruppi
di affari confindustriali e non, aprivano al loro interno un attività
quotidiana e permanente dedicata solo al lavoro di denigrazione e diffamazione
del Movimento, all’occultamento o deformazione di quanto fatto ed alla dilatazione
di ogni difficoltà interna. Il caso più noto riguarda la incredibile ed
efficace campagna di diffamazione quotidiana contro la Raggi, durata cinque
anni (dalla “patata bollente” al supposto clientelismo, dai rifiuti ai
cinghiali, dagli stadi alle olimpiadi, dalle buche nelle strade alle sedi delle
femministe e a quelle dei fascisti). Dopo i primi due anni di errori anche
gravi, la Raggi ha progressivamente corretto la sua azione mostrando una
sorprendente capacità di resistenza. E’ probabilmente l’unica figura di rilievo
che, nell’ambito del suo ruolo, mentre il resto del Movimento precipitava
gradualmente nella crisi, ha mostrato capacità di tenuta. Tanto da farmi
azzardare che insieme a Conte sia oggi l’unica che vedo in una leadership a due
all’interno di un gruppo di vertice a 5 o 6 come deciso negli Stati Generali di
fine 2020 ma non attuato fino ad oggi, dopo aver abolito la figura del “capo politico”.
2) il Movimento non è in grado di darsi una
organizzazione interna virtuosa e si ammala progressivamente di
iperparlamentarismo, abbandonando di fatto centinaia di gruppi locali ridotti all’isolamento,
negando qualunque possibilità di leadership collettiva su base regionale, trascurando
qualunque forma di attivismo volontario nel territorio (se si studiasse un po’
la storia delle società di mutuo soccorso nella seconda metà dell’800 agli
albori della sinistra popolare..), Tutto sostituito in qualche modo dai
banchetti preelettorali, l’attivismo da tastiera, le votazioni su Rousseau e i
V Day annuali. In molte realtà locali spesso senza sedi, assente qualunque
forma di campagne di adesione, si formano gruppi chiusi di fatto, a
volte in competizione fra loro nelle scadenze elettorali locali. Pessimo
declino e cose già viste nei decenni passati ma qui si parla di aspirare alla
conquista della maggioranza elettorale ed al governo in prima persona di
Comuni, Regioni e infine della Nazione).
3) il ruolo di Rousseau, strumento prezioso nato
dalla felice intuizione di Casaleggio sulla crisi dei media tradizionali e il
nuovo ruolo della rete, degenera progressivamente trasformandosi in un partito
dentro il partito, promuovendosi come unico luogo di dibattito
politico-culturale quasi in esclusiva, ben oltre l’utile strumento di espressione
elettorale interna degli aderenti. Il più clamoroso errore di valutazione fatto
da Grillo.
Singolare che il movimento della democrazia diretta
in quasi 15 anni di vita non abbia mai promosso iniziative di referendum
(tranne all’inizio proposte di iniziativa popolare) ed abbia ad esempio
sostenuto pochissimo la “primavera (fallita) dei 12 referendum” nel 2016, la
più importante occasione perduta per costruire un’alternativa negli ultimi 30
anni. In più si elabora una proposta sbagliata di modifica delle regole
referendarie tendente ad eliminare il quorum del 51%. Una radicalata per
fortuna mai andata in porto.
4) nel parlamento europeo con 17 eletti nel
2014 (21,1%) e 14 eletti nel 2019 (17,1%) i 5Stelle non riescono a
trovare una collocazione, oggettivamente difficile. Nel 2014 dopo qualche
ipotesi incerta, confusa e non apertamente sostenuta di confluenza nel gruppo
degli ecologisti, boicottata da dentro e da fuori (nei verdi europei e dal
partitino italiano), si arriva alla debolissima scelta di entrare nel gruppo di
Nigel Farage (UKIP) euroscettico inglese che dopo aver ottenuto la Brexit
sembra aver abbandonato nel 2021 qualunque impegno politico. La mancata occasione per una svolta storica
(dei grillini ma anche dei verdi europei) ha dei precisi responsabili nel
Movimento che, per quanto abbia capito, oggi neppure ne fanno più parte. Nel
2019 i 14 grillini eletti restano nei non iscritti e sembrerebbe che sia
possibile in futuro l’ingresso nel gruppo dei Socialisti e Democratici
(S&D). Un altro eventuale clamoroso errore di valutazione, non so quanto
condiviso da Conte e Grillo. Non si conoscono né la sede, né
i protagonisti né le ragioni per questa decisione se venisse confermata. Nel
frattempo il gruppo europeo si è quasi dimezzato perdendo nel 2020 6 eletti su 14 ( 4 verso il gruppo dei Verdi
europei, di cui solo uno, Eleonora Evi, entra anche nel partitino dei Verdi
italiani diventandone co-portavoce con Bonelli).
5) La mancata organizzazione di strutture decisionali
e di leadership collettive sia regionali che nazionali in grado di promuovere
la crescita culturale di qualche decina di migliaia di attivisti porta
all’ovvia conseguenza dell’ iperparlamentarismo (quello che conta sono i
parlamentari con l’inevitabile turbativa dei due mandati) e della conseguente
soluzione del “capo politico”. Sono convinto che la forma di rappresentanza più
efficace delle realtà locali possa essere anche semplice: come esempio l’elezione
annuale di 2 figure (uomo/donna) in ogni regione da parte di tutti gli
iscritti (4 nelle nove regioni più grandi), aggiungendo a questi 4 eletti fra i
Parlamentari, dedicando un mese dell’anno (es. settembre) al dibattito
“congressuale “per la loro scelta. Invece dal 2015, poi formalmente dal
settembre 2017 al gennaio 2020 ma anche oltre, Di Maio assume tutti i ruoli di
qualche peso: Garante, Responsabile degli enti locali, estensore di fatto delle
liste elettorali specie per i collegi uninominali, ministro dello sviluppo
economico e vice presidente nel Conte I, ministro degli esteri nel Conte II e
nel governo Draghi ma sempre Garante fino a pochi giorni fa. Neanche Spider Man
o Superman ce l’avrebbero fatta. Parecchi dei candidati ed eletti si rivelano debolissimi
e in poco tempo a decine si allontanano o vengono allontanati, quasi sempre con
ragione, verso i più diversi lidi di approdo. E’ mia opinione che nel giro di
un anno e mezzo la gran parte sparirà nel nulla.
In almeno due occasioni Grillo “scherzando” dichiarò
in pubblico che non è il Movimento ma i media ad aver scelto il capo politico
del Movimento.
La paura di “diventare un partito” ed altre
resistenze più inconfessabili, portano a complicate contorsioni da cui emergono
figure strane (il caso più noto è quello dei facilitatori o dei responsabili
settoriali che mi sembrano sostanzialmente fallite). Da notare che non c’è
nessun partito oggi in Italia che esprime in modo “semplice” una rappresentanza
regolamentata dei territori come gruppo dirigente, tantomeno con strumenti di
democrazia diretta.
Gli Stati Generali (praticamente il primo “congresso” grillino), che
avrebbero dovuto affrontare la palese disastrosa inefficacia delle forme di
azione del Movimento dal 2015 in poi, vengono decisi per l’inizio del 2020 ma,
causa covid ma non solo, vengono progressivamente spostati in diversi
appuntamenti. Gli incontri avvengono on line con Zoom fra l’ottobre e il
dicembre, con la partecipazione di 305 “delegati” scelti in tutte le regioni e
infine il voto su decine di punti di circa 17mila attivisti. I 23 punti delle votazioni finali del 10-11
dicembre (vedi qui) affrontano abbastanza positivamente la gran parte dei problemi. È da
notare che Casaleggio e il gruppetto di Rousseau non partecipano, mentre in più
occasioni Casaleggio aveva espresso l’obiettivo di arrivare ad un milione di
adesioni, che sono invece risultate al di sotto di 200mila, con alcune decine
di migliaia di partecipanti effettivi nelle numerose votazioni. Da notare
inoltre che già dalla metà del 2017 si era avviato il lento e progressivo
fenomeno degli abbandoni o espulsioni di parlamentari, eletti locali, attivisti
della prima ora, che si accentua paradossalmente dopo il successo del 2018,
mentre i nuovi tanti aderenti acquistano il diritto di voto on line, a mio
parere correttamente, dopo sei mesi dalla iscrizione. In realtà negli ultimi tre
anni chiudono o si riducono ai minimi termini numerosi gruppi di attivisti e
ovviamente crolla il consenso popolare oggi ottimisticamente valutato al 13 -
16%. Infine è singolare che i risultati del voto per scegliere i 30 nominati
per intervenire on line nella fase finale degli Stati Generali (una specie di
indiretto “gradimento” da parte della base) per quanto annunciati non verranno
mai resi noti provocando polemiche diffuse e in particolare da parte di Di
Battista che nel febbraio 2021, con la nascita del “governo di tutti” di Draghi,
abbandona il Movimento.
Alcuni dei 23 punti approvati sono di grande rilievo:
a)
Viene superata le
figura del “capo politico” trasferendone tutte le funzioni ad un organo
collegiale (punto 2 e 8)
b)
Si stabilisce un
altro organo più largo con rappresentanze regionali (3 e 9). Quello da me
indicato sopra fra i tanti possibili avrebbe un po’ più di 60 membri.
c)
Tutte le risorse
economiche vengono centralizzate e in parte utilizzate per necessità locali (11
e 12).
d)
La piattaforma on
line viene regolata con contratto di servizio (16)
e)
Possono essere
attuati accordi con altre forze (prima e dopo il voto), con
autorizzazione centrale per quelli locali. (22 e 23).
Per concludere non si può nascondere che la gran
parte delle scelte votate negli Stati Generali, a distanza di 13 mesi, non sono
state attuate per nulla o avviate solo in minima parte. Si è aperto invece, sotto
il fuoco concentrico dei media, un dibattito sotterraneo, rancoroso, per molti
versi ingenuo e sprovveduto ma anche pericoloso, che potrebbe portare lontano,
in direzioni tali da snaturare la natura originaria del M5Stelle, che ha
ottenuto significativi cambiamenti della società italiana ma non ha ancora
definito una sua adeguata collocazione nella scena politica.
Questa vicenda in ogni caso ci insegna che la
costruzione di un progetto di alternativa ha tempi lunghi e complessi, almeno
due o tre anni e una pluralità di soggetti che scelgono di unirsi superando la
loro singola ragione di esistenza e che non sono possibili scorciatoie e
improvvisazioni mirate solo a presentarsi agli appuntamenti elettorali. Ho l’impressione
che quelli che, a un anno dalle prossime elezioni politiche vi proporranno la
nuova immancabile rifondazione o costituzione di questo o quello, nel campo
della sinistra, degli ambientalisti o nell’apparente area di gestazione del
Movimento, sono culturalmente degli imbroglioni o degli sprovveduti che alla
fine allargano la frustrazione e producono risultati zero. La costruzione di un’alternativa
richiede tempi lunghi, larghe aggregazioni di soggetti diversi, una puntale
definizione di alcuni temi irrisolti. Serve un lungo conclave di diversi
protagonisti osservando prima di tutto se il vecchio/ nuovo Movimento di Conte
(“il 2050”) riuscirà a sottrarsi alla immancabile dissoluzione alla quale lo
porterebbe una organica collocazione nel cosiddetto “centrosinistra”.
Nella terza parte di questo intervento farò qualche riflessione
personale sulla costruzione di questo progetto, la cui collocazione e i punti
decisivi sono forse ancora da inventare e precisare. Stiamo parlando di offrire
un riferimento di alternativa alla grande maggioranza della società italiana
che oggi stenta a trovare interlocutori e purtroppo risponde inevitabilmente a questo vuoto con l’astensionismo elettorale
e la passività sociale.
leggi anche:
Alternative
in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (I)
- prima parte: alternative, dopo ambientalisti e sinistra affondano
anche i grillini.
Alternative
in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (III)
- terza parte: Movimento 2050 o
altri protagonisti: L’alternativa è ecologista e solidale e non sta né a destra
né a sinistra.
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