- prima parte:
alternative, dopo ambientalisti e sinistra affondano anche i grillini.
di Massimo Marino
Un attimo dopo il voto dei
grandi elettori che confermava la rielezione di Mattarella e insieme la
continuità del governo Draghi e della legislatura fino al 2023, con in
contemporanea la comparsa di Amato a presidente della Corte Costituzionale,
sembrerebbe si sia aperta la nuova campagna elettorale. Un sistema di
partiti boccheggianti è alla disperata
ricerca di qualche motivo per segnalare le ragioni della propria esistenza. Ai
più attenti non è sfuggito il piccolo episodio del rinnovo di un seggio
parlamentare in un collegio di Roma con un’affluenza dell’11% (bianche e nulle
comprese) e un vincitore eletto con meno del 6% dei votanti.
La crisi viene da lontano
ed è stata ben percepita in tutto l’Occidente con la crisi economica del 2008
quando la debacle di alcune grandi banche e finanziarie è stata pagata da centinaia
di milioni di persone. Con la percezione diffusa che ne le forze conservatrici né
la socialdemocrazia, con i loro diversi nomi locali nei vari paesi, erano altro
che gregari non in grado di porre alcuna alternativa, come insegnò ben presto
il sostanziale fallimento dello Stato in Grecia ( Papandreu dichiarò che i
bilanci dello Stato erano falsi e che per entrare nella zona euro si era
dichiarato un deficit meno della metà di quello reale).
Credo come conseguenza proprio
nel triennio 2009-2011 in varie parti del pianeta nuove forze si affacciarono
alla ribalta. Io lo chiamai “il triennio verde” per il successo inaspettato
degli ecologisti in varie parti del mondo: in Francia il clamoroso successo di
Europe-Ecologie alle elezioni europee del 2009, in Germania il prevalere dei
Grunen persino in Lander “ricchi” come il
Baden Württemberg nel 2011, ma anche nel 2010 in Colombia dove il verde Mockus sfiora
l’elezione a Presidente della Repubblica dopo essere stato eletto sindaco della
capitale e in Brasile Marina Silva, ambientalista ex socialista, è la candidata
dei Verdi alla Presidenza. In parecchi paesi europei per un attimo i Verdi
vennero visti come la via di uscita dalla crisi del bipolarismo. Durò poco perché
l’insuccesso degli ambientalisti come terzo polo, non in grado di proporre
davvero un’alternativa di sistema li riportò ai margini ovunque.
In Italia le forze che in
qualche modo si candidavano a porsi come alternative, nel mondo della sinistra
radicale e dell’ambientalismo, erano da sempre particolarmente frammentate, fra
egocentrismo e trasformismo dei tanti leaderini e gruppi, privi di una vera
autonomia politica dalla cosiddetta sinistra moderata, osteggiate comunque dai
media, ammagliate dalla prassi del “capo politico” e del farsi eleggere da
qualche parte, invece che dalla costruzione di vere leadership plurali e di una
strutturazione stabile nel territorio. Nel 2012 era già finita l’era della
sinistra comunista di Bertinotti, delle fabbriche di Nicki di Vendola,
dell’Italia dei Valori di Di Pietro. Bertinotti al governo riduceva
l’alternativa al suo ruolo di presidente scampanellante della Camera con Prodi,
Vendola annunciava “il cantiere della sinistra” con Di Pietro e senza PD, un
mese dopo lo scaricava alleandosi con il PD e infine inciampava sull’ILVA. Di
Pietro affidava il suo partito nelle regioni a personaggi inaffidabili ( il più
noto fu però il caso Scilipoti) e infine veniva affondato da un articolo della
Gabanelli e alcuni suoi collaboratori.
Qualche mese fa mi ero
messo in testa di raccogliere la storia dei tanti partiti annunciati, fondati, rifondati
o falliti nel mondo ristretto della sinistra radicale e degli ambientalisti dal
2008 ad oggi. Sono arrivato al ventesimo, con in aggiunta una decina di
micropartiti, sigle e aggregati nati dalla disgregazione in corso del M5Stelle.
Così, arrivato a 30, mi sono arreso e ho rinunciato. Ne ricordo solo i più
noti: Sinistra Arcobaleno, Rivoluzione Civile, L’altra Europa per Tsipras,
Alba, Cambiare si può, Prima le persone, Possibile, Potere al Popolo, Sinistra
Italiana, Articolo1-MDP, LEU (che oggi esiste solo in Parlamento nel Gruppo
Misto), il partito del Brancaccio mai nato (Tomaso Montanari e Anna Falcone), almeno
cinque partiti più o meno comunisti fra i quali i due di Marco Rizzo e di Diego
Fusaro di cui non ricordo il nome. Per non parlare di DeMa, il partitino di De
Magistris e famiglia che in un eccesso di umiltà gli ha dato il proprio nome
prima di scomparire a cavallo dell’appennino fra Napoli e la Calabria.
Nel campo ambientalista la
situazione è stata per certi versi più semplice. Nell’ottobre 2009 la
Federazione delle Liste Verdi, dopo più di venti anni di vita stentata stava per scomparire. Un vero record riuscire
a tenere un partito verde in occidente per vent’anni sempre al 2%, dopo le
elezioni europee del 1989. Il Congresso previsto per l’11-12 ottobre si
preannunciava con una maggioranza, seppur minima, a favore dello scioglimento per
confluire nel partito di Vendola.
Nell’anno precedente si costituiva
un piccolissimo gruppo, il Gruppo Cinque Terre, di cui facevo parte dopo aver
partecipato fra i fondatori alla nascita dei Verdi più di 20 anni prima (Finale
Ligure). Era costituito da alcuni ex-verdi, alcune femministe storiche, singoli
esponenti di gruppi e movimenti civici, qualche animalista, alcuni grillini
delle origini dissidenti nel nascente M5Stelle. In tutto non più di 20 persone.
Con un intenso lavoro di discussione ed elaborazione durato quasi due anni
obiettivo del GCT era quello di suggerire ai tanti frammenti del mondo
ecologista proposte utili ad interrompere la frammentazione, elaborare alcune
basi culturali solide per un progetto unitario che unisse gradualmente tutti
gli ecologisti sciogliendo consensualmente tutti i gruppi organizzati esistenti
(presupposto obbligato per avere successo), darsi strumenti di comunicazione
nella società e nel territorio, concepire gli ecologisti come terzo polo
autonomo lontani dalle logiche del bipolarismo della destra e della sinistra. Convinti
che senza questi presupposti sarebbe fallita qualunque iniziativa per molti
anni.
Evitando accuratamente di
porsi come ennesimo partitino, per più di un anno il GCT incontrò con
discrezione decine e decine di esponenti e leaders di quasi tutto quello che di
significativo esisteva nel campo ambientalista e civico. Fra gli altri i Verdi
(Bonelli e Boato), i rappresentanti del nascente raggruppamento di Uniti e
Diversi ( Maurizio Pallante, Giulietto Chiesa, Massimo Fini, Monia Benini), la
Rete dei Cittadini (Mazzanti e Raduta), esponenti significativi del mondo
animalista e delle sue associazioni, alcuni
promotori di Abbiamo un Sogno (Michele Dotti), esponenti di Stop al
consumo di territorio (Domenico Finiguerra) e della rete Comuni Virtuosi (
Marco Boschini), alcune figure note di una fase precedente ( es. Fiorello
Cortiana), alcune decine di esponenti di gruppi locali significativi. Si
svolsero così decine di incontri riservati e alcuni seminari e incontri
nazionali da Roma a Firenze a Bologna per più di un anno e mezzo.
Nelle risposte a questo nostro
lungo percorso fatto di proposte anche articolate, il più gentile fu Guido
Viale, che ci ringraziò per i nostri sforzi dichiarandosi però non disponibile
ad impegni diretti. Qualche tempo dopo si impegnò invece nella nascita di L’Altra
Europa (con Marco Revelli e vari aggregati politici e gruppi di diverse regioni).
Ne uscì il solito sempre negato cartello preelettorale, privo di solide
fondamenta, che alle elezioni europee del 2014 superò di poco il 4%, elesse tre
parlamentari con poca omogeneità fra loro di cui si persero subito le tracce
(Barbara Spinelli, Eleonora Forenza, Curzio Maltese). L’Altra Europa si sciolse
pochi mesi dopo.
Anche Pallante e gli altri
di Uniti e Diversi furono gentili facendoci intervenire al loro “congresso” di
fondazione (qui).
Poi ci fecero sapere che essendo loro già avanti nel loro percorso apparivano
troppo vaghe le nostre proposte di scioglimento-aggregazione. Solo Giulietto
Chiesa si presentò come osservatore a nostri successivi incontri, in
particolare all’Ecoconclave di Bologna del 29-30 gennaio 2011. Sei mesi
dopo la sua fondazione Uniti e Diversi si sciolse. Invece il più indifferente e
diffidente di tutti, non ho mai capito perché, per quanto ricordi fu Michele
Boato.
Agli albori della nascita
del GCT si decise che sembrava utile sostenere attivamente la “ sopravvivenza”
dei Verdi di cui di fatto nessuno di noi faceva parte, favorendo la diffusione
dell’appello per una nuova Costituente
Ecologista “Il coraggio di osare” ( qui),
attraverso i blog ECO e FIORI GIALLI ( settembre 2009) non essendo ancora
attivo il sito del GCT nato un mese prima. Il congresso dei Verdi (ottobre 2009)
di cui si dava per scontato lo scioglimento, decise invece per un soffio di
continuare la storia dei Verdi, con pochissimi delegati di vantaggio e la
conseguente scissione dei perdenti (Loredana De Petris, Paolo Cento). Una nota
esponente in ambito europeo, il primo giorno firmataria della mozione per lo
scioglimento, il secondo giorno si dichiarò per l’altra mozione e poco tempo
dopo stranamente venne scelta come italiana nel vertice del partito verde
europeo, una specie di coordinamento dei diversi partiti verdi nazionali.
Il lungo impegno per una
nuova aggregazione che nascesse dal superamento graduale dei diversi frammenti (qui)
avviato due anni prima dal GCT si risolse a Bologna con l’Ecoconclave per la
Costituente Ecologista, promosso da quattro diverse sigle, Costituente
Ecologista, Abbiamo un Sogno, Centro Nuovo Modello di Sviluppo e GCT, al quale
non partecipavano però quelli che ho indicato. Circa 200 persone appartenenti
ad una trentina di sigle diverse, discussero intensamente il che fare (su Programma,
Organizzazione, Alleanze) ma alla fine del secondo giorno emerse evidente la indisponibilità
dei rappresentanti dei verdi con una particolare resistenza dei loro due leader,
a coinvolgersi in un reale percorso di superamento e rifondazione dell’ecologismo,
andando al di là dei Verdi e dei vari altri gruppi esistenti. La loro Costituente
galleggiò in acque stagnanti per qualche tempo e poi nella sostanza si spense.
Inutile cercare i responsabili del fallimento dell’Ecoconclave più nei presenti
o negli assenti.
Quando da più parti si
chiese che il GCT promuovesse direttamente la rifondazione (esattamente
l’opposto di quanto sognavamo) si decise di fermare il progetto mantenendo per
qualche tempo attivo il sito del gruppo, nel quale sono raccolti circa 2000
documenti e interventi, sui più diversi temi nazionali e internazionali
pubblicati nel corso di sei anni. Come la Costituente nei dieci anni successivi
periodicamente qualcuno convoca un po’ di amici e scrive un appello, specie a
ridosso di scadenze elettorali. Quasi una finzione che trova sempre qualche
centinaio di spettatori che raccontano da qualche parte il loro problema e come
lo affrontano. Solo negli ultimi otto mesi ho contato tre appuntamenti:
l’ennesimo ritocco al proprio nome dei verdi nel luglio scorso, altre due
assemblee di altri ecologisti, l’ultima due settimane fa. Si è persa non solo
la memoria storica dei fallimenti ma anche la capacità di riflettere su cosa
emerge dalla società e come lavorare con e per gli altri invece di osservare il
proprio ombelico.
Negli anni successivi, gli
ultimi dieci anni, il dilagante successo del M5Stelle ha di fatto prosciugato
qualunque spazio, forse in modo definitivo, per un progetto serio nel mondo
della sinistra radicale e in quello ecologista (che pure servirebbero),
assumendone almeno apparentemente molti dei potenziali contenuti. A parte
qualche leaderino disoccupato e qualche vocazione patologica è evidente che
siamo ormai in una diversa fase storica per
chi volesse porsi seriamente l’impegno alla costruzione di una alternativa. Anche
nel Movimento 5Stelle, la cui straordinaria vicenda ci insegna tantissimo,
sembra però che i nodi della crisi siano arrivati al pettine e non è facile
capire come ne usciranno. Dalla diaspora grillina sono già nati una decina di
nuovi gruppi e partitini: Italia in Comune (Pizzarotti), Italexit (Paragone),
R2020 ( Sara Cunial), Partecipazione Attiva ( dal gruppo Parola agli
attivisti), Alternativa C’è ( oggi Alternativa), altri frammenti locali dalla Liguria alla Sicilia,
a Napoli e dintorni, altri preannunciati ( dal Lazio alla Campania e alla
Puglia ). E naturalmente il partito che non c’è e probabilmente non ci sarà mai
di Di Battista.
Come dicono in Apocalypse
Now gli ufficiali americani che a Saigon devono convincere il capitano Willard
(Martin Sheene) ad uccidere il
colonnello Kurz, che ritengono ormai
impazzito nelle foreste della Cambogia, “ c’è qualcosa di insano in
questo comportamento”. E’ però difficile capire chi è impazzito per primo.
Almeno questo mi sembra il messaggio di questo bellissimo film.
Nella seconda e terza
parte di questo intervento si cercherà di capire se c’è un modo di uscire da
questa insana situazione.
allegati:
appello
del Gruppo delle Cinque Terre: UN'ALTRA ITALIA E’ POSSIBILE ( dicembre 2009)
appello
del Gruppo delle Cinque Terre: le prime 100 adesioni
Il
coraggio di osare ( 5 settembre 2009)
leggi anche:
Alternative in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (II)
- seconda parte: per fondare un’alternativa servono due anni di conclave, nuovi protagonisti e nuove idee.
Alternative
in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (III)
- terza parte: Movimento 2050
o altri protagonisti: L’alternativa è ecologista e solidale e non stà né a
destra né a sinistra.
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