29 dicembre 2024

Ombre scure sull’ Occidente: da destre e sinistre poche idee su come fare luce

di Massimo Marino

Si è calcolato che nell’anno che è al termine circa 4 miliardi di persone sono state coinvolte in scadenze elettorali di rilievo. Difficile fare una sintesi dei risultati e dei cambiamenti più rilevanti per il futuro del pianeta.  Azzardo tre conseguenze di questa travagliata annata, che possono avere effetti di lungo periodo per noi e per le future generazioni. Conseguenze che rendono evidente la inadeguatezza delle forme della politica ereditate dal secolo scorso: sia fra destra e sinistra in affannato bipolarismo in tutto l’Occidente ed in alcune altre aree del pianeta, sia fra bande etniche o religiose in competizione in molti altri paesi. Forme che sembrano inadeguate  per molti  e ci impongono di trovare nel nuovo secolo  strade virtuose per costruire una  alternativa riformatrice:

1) La forma prevalente di soluzione dei dissidi o delle tensioni fra nazioni,  gruppi etnici o religiosi, soggetti economici multinazionali, correnti politiche organizzate, sembra orientarsi sempre più verso l’uso dell’ insulto, della violenza e della forza, fino all’estremo delle guerre e guerriglie  locali e regionali. Sempre minore è  la ricerca della convivenza e della soluzione pacifica dei conflitti. La conseguenza più evidente è il declino dell’ONU, l’antidoto inventato dopo la tragica esperienza della seconda guerra mondiale che ha causato 68 milioni di morti per quasi due terzi civili. L'organizzazione internazionale nacque con l’accordo di tutte le nazioni  nel 1945 per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, favorire relazioni amichevoli tra le Nazioni e favorire migliori condizioni di vita, di progresso sociale e dei diritti umani. (1) 

A fine anno si contano invece 56 conflitti armati di rilievo nel mondo fra i quali 6 hanno provocato nell’anno in corso almeno 10mila morti. Oltre quello russo-ucraino e arabo-israeliano,  la guerra civile in Sudan, quella in Myanmar, quella nel Maghreb-Shael (Mali, BurkinaFaso, Niger e altri ). Per ultimo fra i più rilevanti la guerra della droga contro i Cartelli in Messico ( Sinaloa e Jalisco )  con decine di migliaia di morti solo negli ultimi anni. Pochissimi ormai i casi di conflitti locali che si risolvono con accordi di pace stabili. I conflitti tendono a diventare cronici, ad allargarsi, aumentare il livello tecnologico delle armi a disposizione e il numero di armati coinvolti. I profughi in fuga in questo anno che non hanno più una residenza stabile sono difficili da valutare ma di certo sono superiori ad almeno 100 milioni di persone.

2) Mentre gli effetti della crisi climatica ed in generale dell’inquinamento del pianeta sembrano accentuarsi, il peso di organismi, associazioni, movimenti politici che hanno la conversione ecologica e la tutela del pianeta come obiettivi prioritari sembra essere in declino, forse non tanto per l’attacco delle lobby e dei cosiddetti negazionisti che hanno scarso peso, ma quanto per la mancanza di elaborazione e proposte concrete ed adeguate ad ottenere almeno in Occidente il consenso, anche elettorale, necessario per cambiare paradigma. Come conseguenza nell’ultimo anno si è rafforzato l’attacco mediatico ostile dei soggetti economici interessati allo status quo, fino all’aggressione dei difensori dell’ambiente che in varie aree del pianeta ( Asia, Africa, America latina) arriva all’eliminazione fisica degli attivisti della tutela ambientale, e comunque all’aperta contestazione e opposizione a qualunque forma di conversione.

3)  Si accentua nel mondo lo squilibrio economico fra gruppi ristretti che aumentano la loro quota di ricchezza posseduta e  il livello di povertà della maggioranza. Sistemi elettorali iniqui facilitano lo squilibrio, si diffondono forme di presidenzialismo che consegnano il potere ad un manipolo  di miliardari che occupano direttamente lo Stato, controllano i media in prima persona, piegano partiti e istituzioni alla tutela degli interessi di pochi. C’è chi sostiene che “ la crisi della democrazia liberale ha raggiunto un punto tale da rendere quasi indistinguibile il confine tra democrazia e autoritarismo”. Il dato sconfortante degli ultimi anni è infatti che molte figure istituzionali o presidenziali assumono crescenti caratteristiche autoritarie abbandonando qualunque parvenza democratica. La rappresentanza elettorale iniqua favorisce la tendenza all’astensionismo rinunciatario, l’ultima forma di ribellione, segnale di sfiducia e di assenza di una possibile rappresentanza reale che sia affidabile.

                                                    *

Le elezioni in USA

Un sistema elettorale che da 240 anni impone un forzoso bipolarismo e impedisce qualunque pluralismo e rappresentanza proporzionale ha raggiunto il culmine del degrado. Le elezioni di novembre sono costate circa 1 miliardo di dollari per Trump e 1,5 per la Harris, mentre altri 3-4 candidati non avevano alcuna possibilità di accesso né ai media nazionali, né all’insieme dei collegi, né al voto per posta. A differenza dell’ alta partecipazione al voto del 2020 che permise a Biden di prevalere su Trump, i votanti sono scesi da 158,4 a 151,2 milioni ( Nel 2016 nella sfida Trump - Hillary Clinton erano stati 137 milioni).  Rispetto al 2020 nel novembre scorso Trump ha ottenuto nel voto popolare 1,6 milioni di voti in più di quelli del 2020  ( da 74,2 a 75,8 ) mentre la Harris ha avuto circa 8,4 mil. in meno di Biden nel 2020 ( da 81,3 a 72,9 ). Con 3 milioni di “ voti popolari” in più, assolto di fatto per i fatti di Capitol Hill, con il pieno controllo di Camera, Senato e Corte Suprema, sostenuto da un manipolo di miliardari e personaggi dell’estremismo politico destrorso, con un sistema politico nel paese sempre più  miserrimo, c’è chi ha definito gli USA “ un paese del terzo mondo, con una potenza militare egemone e un sistema politico ridicolo e desolante”. Trump questa volta cerca di azzerare l’intero apparato istituzionale politico americano. Nessuno oggi è in grado di valutare fino a dove e in che direzione  si spingerà nel suo imprevedibile estremismo, quanto si discosterà, nella politica estera, nei diritti civili e sociali e nella già precaria sensibilità ambientale, dai suoi diversi predecessori e dalla tradizione del bipolarismo americano. Difficile fare più danni dei Democratici, specie sul clima e nella politica estera, ma Trump ci proverà.     

La Transizione ecologica è la madre delle riforme

Come era ormai largamente prevedibile la COP 29 a Baku, definitivamente occupata e gestita dai petrolieri, con l’assenza di numerosi capi di stato o di governo,  ha chiuso definitivamente qualunque possibilità di usarne il dibattito come occasione di confronto sul futuro del pianeta. Dopo Sharm El Sheik (COP27) e Dubai (COP28)  sarebbe stata necessaria l’organizzazione in uno dei principali paesi inquinatori  dell’Occidente di una COP Alternativa per approfondire proposte e percorsi di una Transizione ecologica che riguarda per primi i paesi occidentali. Per quanto in molti ne parlino la transizione oggi non è sostenuta neppure dagli ecologisti  con proposte chiare all’altezza dello scontro politico che ha un carattere planetario. I difensori dello status quo, sostenuti o tollerati con poche sfumature di diversità da gran parte delle destre e delle sinistre, tendono a impedire qualunque reale alternativa all’uso delle fonti fossili, a ostacolare la decarbonizzazione, a rallentare la potenziale egemonia economica delle rinnovabili. Pur di contrastare la transizione, la riforma centrale dei prossimi decenni nel mondo, si torna addirittura a riproporre l’uso della fonte nucleare ormai destinata alla scomparsa per la sua insostenibilità economica oltre che per il rischio ambientale. Oppure si ripesca gli argomenti del negazionismo climatico, rassicurante per gli sprovveduti ma allettante per le lobby perché porta a concludere che va tutto bene e quindi non c’è da mettere in discussione nulla. In aggiunta alle COP di fatto è vietato discutere di mobilità perché l’Automotive ha saturato almeno tutto l’Occidente, barcolla ma è intoccabile, ed anzi dopo la crisi del COVID insieme ad altri soggetti ha imparato ad accumulare impunemente superprofitti mai ottenuti in passato ( come nell’energia, negli armamenti, nella speculazione finanziaria e bancaria, nei farmaci e vaccini).

Sembra impossibile mettere in discussione la centralità dell’auto. L’obiettivo non è solo quello di  mantenere l’uso dei motori a combustione e dell’auto come principale vettore  ancora per decenni ma di mantenere elevato il livello degli utili dei vettori e  dei carburanti con detassazioni e contributi pubblici. Di fatto anche molti ambientalisti sono in una condizione subordinata. Perlopiù difendono l’elettrificazione della attuale mobilità individuale ( le cosiddette auto elettriche ) invece di battersi per l’estensione delle reti pubbliche, collettive, allargate, di trasporto metropolitano su percorsi dedicati, separati e prevalenti. Servirebbero alcune migliaia di km di metropolitane,  ancora assenti o minimali in centinaia di aree urbane medie e grandi. Servirebbe riportare il verde dentro le città e rimuovere ovunque possibile asfalto, bitume, catrame e cemento, servirebbe aumentare le zone pedonali e fluidificare il traffico privato ridimensionato in corsie dedicate e separate. I limiti di velocità a 30 all’ora sono un palliativo inventato da qualche sindaco furbastro per far felici con poco gli ambientalisti e per nascondere il mancato cambio di paradigma che rimane fisso sull’auto. Nello stesso modo la produzione energetica da rinnovabili è assente su centinaia di milioni di tetti, capannoni, aree agricole incolte. Ne viene ridimensionata la convenienza economica con il freno delle autorizzazioni per eolico e fotovoltaico ( che disturberebbero il paesaggio ) mantenendo gas, olio combustibile e carbone e costringendo l’utente finale a  pagare in ogni caso i suoi consumi  al prezzo più alto, quello del gas.

La crisi politica in Germania

Nella crisi generale che coinvolge gran parte dell’Occidente e sembra condannare al declino e all’ irrilevanza la sua parte europea, la crisi politica che porterà alle elezioni anticipate in Germania del 23 febbraio mi sembra particolarmente preoccupante per diverse ragioni: è di fatto il paese più grande dell’Unione Europea, apparentemente il più avanzato sul difficile percorso della transizione ecologica e dell’equità sociale, forse con il migliore e più libero  sistema elettorale del mondo con il quale ha sperimentato forme virtuose di stabilità politica. Ha gestito la fuoriuscita dal nucleare, attuato un decente sistema di accoglienza e di integrazione di milioni di immigrati. Da anni ha un sistema politico consolidato con una rassicurante presenza pluridecennale di movimenti molto attivi e di un consistente partito verde che fino a ieri ha di fatto occupato un ruolo di peso nello schieramento politico. Ha contenuto più di altri la spesa per gli armamenti e la presenza militare all’estero. Eppure la coalizione semaforo a tre (Socialdemocratici, Verdi e Liberali) non ha retto alle contraddizioni interne e la presenza dei Verdi ( con 5 ministri su 12 nel governo) non è stata in grado di imporre una svolta di alternativa e  di riforme che consolidasse il sostegno popolare. Come i 5stelle in Italia e Podemos in Spagna nel coinvolgimento al Governo, imbrigliati in coalizioni indigeste, subendo inerti la guerriglia mediatica mentre nel paese si attendono comunque cambiamenti radicali ma insieme sicurezza ed efficienza, la politica del temporeggiare si paga con la perdita del sostegno della parte più attiva dei propri sostenitori. L’implosione in atto nei Grünen, dopo almeno cinque decenni di storia, avrà effetti dirompenti sull’intero scenario europeo.

Il movimento 5Stelle non si muove più

A differenza di altri paesi l’Italia vive una singolare situazione politica che vede governare una coalizione di cdx nettamente minoritaria nel paese ma stabile ed egemone perlopiù per il continuo crescere dell’assenteismo e per il comune intento della destra e della sinistra di mantenere a qualunque costo un rigido assetto politico bipolare. Intento che presuppone la cancellazione o almeno il ridimensionamento fino all’irrilevanza del terzo polo fino a ieri  rappresentato dal M5Stelle che per almeno 5 anni ( 2014-2019) aveva di fatto imposto l’agenda politica del paese ed aveva anche iniziato con Torino, Roma e alcuni altri Comuni di rilievo nel 2017, la conquista di amministrazioni locali di peso. Le 12 elezioni regionali degli ultimi 2 anni indicano invece il consolidarsi di un assenteismo che chiamerei in parte “ militante” e che è valutabile oggi a 24-26 milioni di elettori su circa 50 milioni totali. Il CDX alle politiche del settembre 2022 ha ottenuto meno di 12,5 mil di voti ( circa 25 elettori su 100 ) mentre le variegate “ forze di opposizione “ quasi 16 mil. di voti. In pratica il vero vincitore è stato il rosatellum, in particolare con la sua quota di collegi uninominali. Si pensi che in varie  altre occasioni il CDX ha avuto risultati ben migliori, fino al 2008 quando l’alleanza Popolo delle Libertà e Lega hanno ottenuto 17,4 mil di voti su 47,3 totali ( 37 elettori su 100), senza contare 2 mil di voti dell’UDC. Nelle ultime scadenze regionali anche il CDX inizia a subire un moderato ridimensionamento ma minore del CSX ed in particolare del declino progressivo del M5S che sia  da solo che in alleanza da sei anni  continua ad alimentare gradualmente l’astensionismo. I votanti totali sono stati 35 mil. nel 2018 poi 29,2 nel 2022. Il M5S da circa 11 mil di voti del marzo 2018 è arrivato ai 4,5 mil del settembre 2022. Difficile valutare se ad oggi il M5S possa superare i 4 mil di voti in una scadenza nazionale. Nelle europee del giugno 2024 è rimasto al di sotto dei 2,5 mil.. Il M5Stelle in sei anni ha perso circa 7 mil. di voti. A mio parere si sono  ridistribuiti ad altri partiti non più di un quarto di questi voti. Almeno 5 mil. di elettori  del 2018 hanno smesso di votare 5stelle e non hanno votato nessun altro, la competizione tende  a zero. La delusione sembra dovuta prevalentemente all’abbandono da parte degli eletti degli obiettivi promessi ma mancati nelle diverse esperienze di governo  e dalla inaffidabilità di molti eletti che per una supposta convenienza personale (che alla prova dei fatti non si è per la verità prodotta), hanno cambiato partito.

Mi sembra però che la sensazione che si è diffusa è che i 5stelle, ma anche i loro alleati o competitori specie  della sinistra non abbiano in realtà  una opinione precisa ed efficace su parecchie questioni vitali: il sistema elettorale, i migranti e la sicurezza, i bassi salari e la povertà, l’evasione fiscale e gli extraprofitti. Temi sui quali la destra specula abilmente, la sinistra nelle sue varie sfumature è ferma da tempo ed è singolare che anche i 5 stelle su alcuni di questi temi siano assolutamente fermi e a rimorchio degli altri.

Molti dei cambiamenti ottenuti negli anni passati sono stati annullati o sono in fase di demolizione da destra e sinistra insieme in accordo più o meno esplicito ( reddito di cittadinanza, bonus a valenza ambientale, indennità e finanziamento della politica e dei media, freno alle spese militari, maggiore autonomia  da USA e Nato, corruzione e giustizia).

Il salario minimo, che avrebbe coinvolto 4-5 milioni di precari super sfruttati, proposto già dal 2015 con la prima versione del Reddito di Cittadinanza,  con il benevolo appoggio della Confindustria è stato prima boicottato da PD e Sindacati ( indimenticabili gli attacchi al RDC  di Landini e di almeno due segretari del PD)  quando era possibile avviarlo, poi ripescato nel momento in cui tanto non era più possibile imporlo.

Si aggrava invece il disimpegno nella sanità pubblica iniziato dal 2010. Di fatto, tranne un peggioramento con i governi Renzi e Letta e un lieve miglioramento con il Conte I, a parte l’anno del Covid praticamente la spesa sanitaria unitaria aggiornata all’inflazione ( ha un senso misurarla per abitante e non rispetto al PIL come va di moda ) è stata pressoché costante con una lenta tendenza a decrescere da più di 10 anni in modo indipendente dai governi e dai ministri di destra o di sinistra come ci ha confermato ancora di recente il rapporto annuale Gimbe. Lentamente in una decina di anni si sarebbero sottratti al SSN almeno 37 mld. Oggi servirebbero almeno 10-12 mld di maggiore  impegno annuale nel SSN  ( che si aggira sui 130-134 mld) praticamente recuperabili solo frenando la privatizzazione e con  interventi consistenti di bilancio su extraprofitti nel settore energetico e bancario, spesa militare, evasione fiscale, aliquote fiscali. Settori dove mi sembra si stia andando esattamente nella direzione opposta da alcuni anni.

L’assemblea ri-costituente di novembre dei 5stelle ha deviato come era prevedibile sui due nodi interni: il limite dei due mandati e il ruolo del Garante. Giusto sciogliere i nodi ma il resto è diventato di contorno e malgrado le molte decine di interventi collettivi e almeno 22mila contributi individuali, avendone  letti una buona parte mi è sembrato che non si siano quasi neanche sfiorati  alcuni nodi  decisivi del futuro dell’Italia e dell’intera Europa:

1) Quando si  impone un confronto pubblico su un nuovo sistema elettorale proporzionale ?

2) Quando si propone una nuova gestione sui migranti basata su corridoi umanitari gestiti dallo Stato eliminando gli scafisti, invece della zuffa disastrosa fra xenofobia e il liberi tutti delle ong venduta come scontro epocale fra la destra e la sinistra per gestire la crisi migratoria ?

3) Siamo sicuri che la difesa a caro prezzo del settore auto (in parte saturo e in parte decimato dall’automazione) sia più conveniente di interventi radicali per accelerare decarbonizzazione e mobilità alternativa all’auto ?

4) Come si concilia la spinta al riarmo europeo nella Nato, che crescerà con l’avvento di Trump, con l’ipotesi, condivisibile ma complessa, dell’esercito europeo che è ovviamente alternativo all’attuale rigido legame con la Nato e inevitabilmente sensato solo se connesso ad un nuovo percorso federativo europeo ?

*

Il riformismo radicale che ci manca   da tanti anni deve occupare il centro del sistema politico, proporre la propria agenda fatta di soluzioni chiare ed efficaci per ogni problema e su queste conquistare la maggioranza e costruire compromessi accettabili in piena autonomia dalla sinistra, dalla destra, dal moderatismo di centro. Se ci si sottrae dalla scenografia  mediatica dove  chi non è di destra è di sinistra e chi non è di sinistra non può che essere  di destra e si riportano le alleanze  sociali  alla  soluzione dei  temi irrisolti che emergono dalla società reale l’Alternativa è proponibile alla grande parte dell’intera società italiana.  Ci si deve allontanare dal tradizionale scontro bipolare sempre meno vissuto come reale  da parti consistenti della società.  Serve certo un apparato di militanti e leader più competenti, ma più immersi nella società reale e più inclini a  disamorarsi con facilità dai propri ruoli.    

                                                                                           dicembre 2024

 

(1) I morti nella IIa guerra mondiale furono 25 mil. in Unione Sovietica, 19,6 in Cina, 7,4 mil. in Germania, 5,6 mil. in Polonia, 4 mil. in Indonesia, 2,6 mil. in Giappone,  1,6 mil. in Jugoslavia, 1,5 mil. in India. Almeno  mezzo milione in Francia e  quasi mezzo milione in Italia. Quasi 6 milioni di ebrei di vari  paesi dell’Europa sono stati sterminati.

 

Bibliografia

Wikipedia: Vittime della seconda guerra mondiale

Dataroom: tagli al Servizio sanitario nazionale, chi li ha fatti e perché – marzo 2020

Andrea Degl'Innocenti: Ecco quante e quali sono le guerre nel mondo – aprile 2022

Luca Ricolfi: Può esistere un partito sia di destra sia di sinistra? - settembre 2024

Milano Finanza: Auto elettriche, la rivincita di Marchionne - settembre 2024

 Maurizio Pallante: Perché noi ecologisti abbiamo uno scarso consenso politico - ottobre 2024

Donatella Di Cesare: Il progressismo è solo per l’élite occidentale - novembre 2024

Massimo Cacciari: L’egemonia dell’Occidente non esiste più - novembre 2024

Tomaso Montanari: Votare non salva più nessuno: lottare è la “nuova” politica - novembre 2024

Barbara Spinelli: Il sonno ipnotico della sinistra - dicembre 2024

Nicola Armaroli, Gianni Silvestrini: Comunicare e gestire la transizione energetica - dicembre 2024

L’Europa in crisi e il futuro della democrazia -  dicembre 2024

Livio De Santoli: Energie pulite, l’Italia non rinnova - dicembre 2024

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