29 luglio 2023

Poveri alberi di Milano: mille sradicati. «Ora riutilizzo per cittadini e artigiani»

 Clima. L'agronomo Alessandro Pestalozza dopo il fortunale: «Negli ultimi cinque anni ho visto più piante abbattute che in tutti i venti anni precedenti»

di Roberto Maggioni *

Il giorno dopo un evento estremo si fa quella che viene definita “la conta dei danni”: quantificare economicamente le conseguenze materiali del disastro. Per i nubifragi che hanno colpito la Lombardia si parla di oltre 170 milioni di euro di cui 50 solo a Milano. Ma c’è qualcosa di incalcolabile e non rimborsabile economicamente in quello che è successo martedì notte: la strage degli alberi. Perdere alberi secolari alti cinque piani di un palazzo cambia il paesaggio, l’orizzonte, il suono, gli odori, la luce, l’ombra, la temperatura della zona nella quale hanno vissuto per decenni. A Milano una prima stima dice che sono oltre mille le piante cadute o pesantemente danneggiate. In una città dove crescono indisturbati cemento e palazzi, perdere alberi è un crimine. «Quando tu perdi un albero non solo per riaverlo delle stesse dimensioni dovrai aspettare 30/40 anni, ma lasciandolo in discarica o bruciandolo la Co2 che ha assorbito viene rimessa nell’atmosfera. È una doppia perdita: l’albero e il debito di Co2 in atmosfera sempre più alto», dice Alessandro Pestalozza, l’agronomo che nel 2013 ha salvato 180 olmi in via Mac Mahon dalle motoseghe del Comune di Milano per i lavori di rifacimento dei binari del tram.

Ma perché sono caduti così tanti alberi martedì notte?

Il motivo principale è l’intensità dell’evento. 40mm di pioggia in dieci minuti e raffiche di vento fino a 120 Km/h sono qualcosa di devastante. Sopra ai 110Km/h iniziano a cadere anche gli alberi sani. Nei viali di Milano poi si genera il cosiddetto effetto canyon che moltiplica la forza del vento.

Il cemento, i lavori stradali, le infrastrutture incidono?

Ovviamente influisce anche il luogo nel quale vive la pianta e in città è tutto più complicato per una pianta. È importantissima la manutenzione, mantenere in salute l’albero, scegliere bene il tipo di pianta adatta al contesto nel quale viene piantata.

Cosa bisogna fare per far vivere bene gli alberi in città in questi anni di clima che cambia?

Primo: non bisogna piantare alberi in aiuole molto piccole. Secondo: dobbiamo progettare le piantumazioni come si fa nelle zona ad alto rischio. In Olanda, Germania e Belgio ad esempio c’è l’obbligo di mettere gli alberi in vasche di 50 metri cubi di suolo e quella vasca poi è sacra, non viene più intaccata. La pianta e le sue radici non subiscono più intralci. Da noi invece si tende a passare con cavi, lavori, infrastrutture vicino alle radici e questo indebolisce la pianta. Terzo: le potature. Se si taglia troppo la pianta si sbilancia e in caso di vento forte è peggio. La stabilità dell’albero è influenzata dall’altezza sempre in modo proporzionale, se si taglia troppo perde il suo equilibrio naturale che la fa piegare con elasticità quando viene colpita dal vento. La dinamica della chioma deve poter fare sia spinta che freno. Quarto: se spendi 100 per l’albero devi spenderne 200 per il sito di radicazione.

Il cambiamento climatico che effetto sta avendo sugli alberi di città?

Negli ultimi cinque anni ho visto molti più alberi cadere che in tutti gli altri 20 di lavoro in questo settore. Di positivo c’è che da una ventina d’anni anni a Milano si fa un buon monitoraggio delle piante, senza questo monitoraggio ne sarebbero cadute ancora di più. Di negativo c’è che a Milano le ditte che fanno le potature sono anche quelle che pagano i professionisti che dicono quali sono le piante da abbattere e quali no. La città di Torino, ad esempio, fa invece due appalti: uno per la manutenzione e uno per il controllo delle piante.

Dal Comune dicono che, compatibilmente alle normative, stanno pensando di riutilizzare una parte del legno. In città in tanti si stanno chiedendo cosa fare per non veder abbandonate alla discarica le piante…

Tre vie. La prima, dove possibile, come in un grande parco, il compostaggio naturale. La seconda, fare il cippato per le caldaie e sostituirlo ai combustibili fossili. La terza, il riuso creativo, in particolare per i tronchi di grosse dimensioni. Darli a falegnami, artigiani, artisti, cittadini che vogliono riutilizzare quel legno che ha vissuto dentro la città per tanti anni e che può restarci ancora per altro tempo sotto forma di sedute, giochi, mobili, installazioni urbane.

* da il manifesto - 28 luglio 2023

26 luglio 2023

A chi conviene la catastrofe

di Mario Tozzi *

 In “The Game of Thrones” l’inverno arrivava sotto forma di tempeste di ghiaccio. Aveva qualche anno di ritardo, è vero, ma nemmeno in quella fiction si sognavano di far scivolare lastre di ghiaccio per le strade di Seregno ridotte a fiumi o di schivare superchicchi di grandine grossi come palle da tennis a Melzo, il tutto vedendo zigzagare tornado scuri e minacciosi a pochi chilometri di distanza, proprio dentro la capitale produttiva del Paese. E non in pieno inverno, ma nel cuore dell’estate 2023, contrassegnata da fenomeni estremi come difficilmente prima.

Fenomeni simili si stanno ripetendo in altre parti del mondo, come stanno riprendendo quota gli spaventosi roghi che pensavamo di esserci lasciati dietro le spalle lo scorso anno: ancora in Grecia, questa volta nelle isole, fra poco in tutto il Mediterraneo, non essendo possibile escludere nessuna terra dall’attacco del fuoco, che da mesi divora anche la più grande foresta boreale primigenia nella British Columbia. Mentre ondate di calore sempre più feroci minano alla base la biologia degli ecosistemi e dei viventi, sapiens compresi.

Per quanto possa apparentemente sembrare strano, l’insieme di questi fenomeni ha un unico minimo comune denominatore che si chiama cambiamento climatico: le quantità di calore sempre maggiori in atmosfera sono in grado di investire città e uomini, alimentare le correnti ascensionali che incrementano le dimensioni dei chicchi di grandine e seccare fiumi e boschi, dando più energia e spazio agli incendi. D’altro canto, tutta quella energia termica in sovrabbondanza viene evacuata attraverso perturbazioni meteorologiche a carattere violento che vanno dalla tempeste di ghiaccio ai tornado, dai temporali autoalimentati alle alluvioni improvvise. Gli specialisti del clima hanno dedicato particolare attenzione a questi fenomeni nei loro rapporti più recenti, riuscendo a prevederli quasi nel dettaglio e identificando con certezza la tendenza climatica globale al rialzo accelerato, anomalo e globale delle temperature medie dell’atmosfera e degli oceani. Un clima estremo, contrassegnato da eventi meteorologici fuori misura, fuori dalle regioni tipiche e fuori dalle stagioni usuali, questo quello che ci aspetta.

La voce degli scienziati sulle cause dell’attuale cambiamento climatico è univoca come su pochi fenomeni fisici: del resto almeno mezzo secolo di studi e modelli climatici che puntualmente si avverano non possono essere smentiti dal solito ex-scienziato che trova un errore che nessuno aveva notato nei report climatici, o da chi presume volontà coercitive sull’umanità da parte di eco-terroristi portatori di un nuovo green pass da imporre alle poveri genti, mentre le lobby verdi lucrano profitti sui pannelli fotovoltaici che, si sa, sono peggio dei pozzi di petrolio. Di tutti gli articoli scritti da specialisti che studiano le cause del cambiamento climatico, oltre il 97% afferma che è causato dalle attività dell’uomo, con un livello di confidenza superiore al 95%.

Ma, di fronte a questo dato, c’è ancora chi vorrebbe prendere tempo e, magari, arrivare alla certezza del 100%, ovviamente impossibile, prima di fare qualcosa. Curiosamente sono sicuro che gli stessi non mangerebbero affatto una pizza in cui la mozzarella fosse avvelenata non dico al 95%, ma neanche al 5%. E’ vero, in molti articoli non c’è riferimento alla cause antropiche del cambiamento climatico, ma semplicemente perché non si occupano delle cause o perché le si danno per scontate, esattamente come non si ribadisce in ogni articolo sulla tettonica delle placche quale sia il meccanismo che la mette in atto: sono i moti convettivi nel mantello e non c’è bisogno di ripeterlo ogni volta.

Perché è importante questo consenso scientifico schiacciante sulle cause del cambiamento climatico? Perché darebbe ai politici ampia giustificazione delle misure improcrastinabili che andrebbero prese, prima di tutte, quella di azzerare le emissioni climalteranti, partendo dalla cessazione di ogni forma di sussidio pubblico, anche velato, alle compagnie gas-petro-carboniere. E all’investimento di ogni risorsa, fino all’ultimo centesimo, in energie rinnovabili. Il prezzo della transizione energetica non dobbiamo pagarlo noi in bolletta, lo devono pagare le multinazionali dei combustibili fossili che, invece, stanno ancora investendo in trivellazioni future. Proprio mentre gli scienziati hanno informato che, se volessimo davvero mantenerci entro 1,5°C di incremento delle temperature atmosferiche nel prossimo futuro, dovremmo lasciare sottoterra per sempre il 90% del carbone e il 60% di gas e petrolio. Il cambiamento climatico è un fenomeno fisico e va trattato con metodo scientifico, non con approssimazione e negazionismo d’accatto. Se non piace ciò che gli scienziati suggeriscono, ci si prenda la responsabilità dei roghi, dei fiumi di ghiaccio in estate e delle grandinate fuori misura. Si vede che a qualcuno convengono.

* da La Stampa, 25 luglio 2023

23 luglio 2023

Mobilità, la rivoluzione made in Germany: «Basta con le strade»


 Trasporti. Sfida nel Brandeburgo: «Mai più altro asfalto. Bus e treni ogni ora in ogni borgo», dice il ministro dei trasporti. Che è democristiano.

di Sebastiano Canetta *

Nessuna nuova strada in costruzione bensì 160 milioni di euro all’anno per le piste ciclabili più il bus o il treno garantito con cadenza oraria in ogni singolo borgo. «Nel futuro prossimo il 65% degli spostamenti dovrà essere effettuato con mezzi pubblici, in bicicletta oppure a piedi» è l’obiettivo del rivoluzionario piano mobilità appena presentato dal governo del Brandeburgo.

Per centrare il target nazionale della neutralità climatica entro il 2045, come nel resto della Germania, ma anche per ridurre al massimo il consumo del suolo del Land ricalibrando la spesa pubblica in nome della «manutenzione dell’esistente anziché espansione del superfluo».

LO SPIEGA di persona il ministro dei trasporti Guido Beermann, accompagnato dai portavoce dell’Adac (l’equivalente dell’Aci) e dell’associazione ambientalista Bund. Tutt’altro che un ambientalista radicale, il ministro brandeburghese è un democristiano doc da sempre con ruoli chiave nelle istituzioni federali. A Potsdam la Cdu governa insieme a Verdi e Spd nel terzo gabinetto del premier socialdemocratico Dietmar Woidke, “padre-padrone” dello Stato che circonda Berlino, e Beermann da delegato alla mobilità è l’incaricato a dettagliare i punti del nuovo piano che sono chiari, concisi e soprattutto estremi.

PARTE CON LA FINE del paradigma che finora ha orientato il trasporto di massa non solo nel Brandeburgo. «Le attuali strade statali saranno solo mantenute. Non ne saranno più costruite di nuove. Al loro posto, piste ciclabili normali e super-vie ciclabili anche al di fuori delle sedi stradali» Secondo: «Ogni borgo del Brandeburgo dovrà essere servito da bus, treni o taxi collegati ogni ora indipendentemente dall’effettivo utilizzo dell’utenza». Terzo: «Le metropoli più vicine – Berlino, Amburgo, Dresda, Lipsia – dovranno essere raggiungibili da qualunque parte dello Stato in massimo due ore. Per le piccole città il limite è fissato a un’ora». Segue il dettagliato programma per riattivare le linee ferroviarie dismesse e stabilire lo standard operativo uguale per le diverse compagnie del trasporto pubblico.

Insomma, una svolta epocale di cui non sono noti solo i tempi di realizzo. «Prima possibile» spera ad alta voce il ministro Beermann che già lavora per l’imprescindibile via libera del parlamento di Potsdam.
EPPURE DIETRO l’addio alle nuove strade c’è la straordinaria pressione delle associazioni ambientaliste del Brandeburgo. In alternativa allo stop a ulteriori arterie avevano minacciato il governo preannunciando proteste e persino il referendum popolare. Anche per questo il ministro Cdu ha dovuto varare un «piano audace» tenendo conto delle istanze degli ecologisti rappresentati non solo dai suoi colleghi Verdi nella coalizione di governo.

Con il pieno appoggio del proprio partito come prova il placet del capogruppo parlamentare Cdu, Jan Redmann: «La protezione del clima si può far bene anche offrendo incentivi a cambiare la mobilità. Il nuovo piano porterà molti vantaggi alle periferie e alle aree rurali. In più così risolviamo il nodo della manutenzione dell’attuale rete stradale, il cui solo arretrato corrisponde a 300 milioni di euro. Non è possibile che quando passa un camion i bicchieri di molti residenti tremano nelle credenze…».
NON SOLO nella sterminata campagna del Land che conta 2.540.000 abitanti ma anche nei capoluoghi locali: dalla capitale Potsdam (la “Versailles tedesca”) a Francoforte sull’Oder che segna il confine con la Polonia; da Cottbus, dove vive la minoranza dei Sorabi, fino a Brandeburgo sulla Havel. Tutte già ampiamente collegate dalla rete viaria capillare, sviluppata e diversificata messa in piedi dopo il crollo del Muro. Dal 1991 a oggi il Brandeburgo ha investito miliardi di euro nel trasporto pubblico sostituendo metà della flotta di bus e rinnovando tutti i tram insieme ai relativi binari.

A opporsi a questo sistema di mobilità è solo l’ultradestra pronta a cogliere il “traffico” di nuovi voti nel Brandeburgo. «La Cdu è kaputt è non si può più salvare. Noi siamo per costruire nuove strade. Decideranno gli automobilisti alle urne» è il tweet dell’ex eurodeputata di Afd, Beatrix von Storch.

nella foto: Traffico su un’autostrada del Brandeburgo

* da il manifesto - 15 luglio 2023

15 luglio 2023

Approvata la Nature restoration law, i Verdi: ogni cittadino ha un voto e una voce che conta

Le associazioni ambientaliste: è stata solo una modesta vittoria della speranza sulla paura, della verità sulla menzogna

di greenreport.it - 12 Luglio 2023

Questa volta l’alleanza tra Partito popolare europeo (non tutto, ma tutti gli italiani) e destre non ha funzionato e il Parlamento europeo ha approvato con 336 sì, 300 no e 13 astensioni la sua posizione negoziale sulla Nature Restoration Law e ha bocciato con 324 voti contrari, 312 a favore e 12 astensioni una mozione per respingere in toto la proposta della Commissione europeaLa Nature Restoration Law era stata approvata dal Consiglio europeo con un margine ristretto: Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Italia e Polonia hanno votato contro, ma la maggior parte dei Paesi Ue era a favore.

In una nota gli eurodeputati sottolineano che «Il ripristino degli ecosistemi è fondamentale per combattere il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità e riduce i rischi per la sicurezza alimentare. Inoltre, la proposta di legge non impone la creazione di nuove aree protette nell’Ue né blocca la costruzione di nuove infrastrutture per l’energia rinnovabile. E’ stato approvato un nuovo articolo che sottolinea come tali impianti siano in larga misura di interesse pubblico».

L’Europarlamento sottolinea che «La nuova legge deve contribuire al conseguimento degli impegni internazionali dell’Ue, in particolare quelli indicati nel Kunming-Montreal Global Biodiversity framework Onu. I deputati europei sostengono la proposta della Commissione Ue di «Attuare, entro il 2030, misure di ripristino della natura coinvolgenti almeno il 20% di tutte le aree terrestri e marine dell’Ue».

Il Parlamento europeo ha proposto che «La normativa si applichi solo una volta che la Commissione avrà fornito dati sulle condizioni necessarie per garantire la sicurezza alimentare a lungo termine e dopo che i Paesi dell’Ue avranno quantificato le aeree da ripristinare per raggiungere gli obiettivi per ogni tipo di habitat». L’Europarlamento vuole anche introdurre la possibilità di rinviare gli obiettivi di ripristino in caso di conseguenze socioeconomiche eccezionali.

Entro 12 mesi dall’entrata in vigore del regolamento, la Commissione Ue dovrà valutare l’eventuale gap tra le esigenze finanziarie del ripristino e i finanziamenti Ue disponibili e studiare soluzioni per colmare questo divario, in particolare attraverso un apposito strumento Ue.

Soddisfatto il relatore, il socialista spagnolo César Luena: «La Nature Restoration Law è un elemento essenziale dell’European Green Deal europeo e segue le raccomandazioni e i pareri scientifici che sottolineano la necessita di ripristinare gli ecosistemi europei. Gli agricoltori e i pescatori ne beneficeranno e verrà garantita una terra abitabile alle generazioni future. La posizione adottata oggi invia un messaggio chiaro. Ora dobbiamo continuare a lavorare bene, difendere la nostra posizione durante i negoziati con i Paesi Ue e raggiungere un accordo prima della fine del mandato di questo Parlamento per approvare il primo regolamento sul ripristino della natura nella storia dell’Ue».

Esultano i copresidenti del Partito dei Verdi europei, Thomas Waitz e Mélanie Vogel, che sottolineano: «Dobbiamo ripristinare la natura per proteggerci dalle inondazioni e dalla siccità che derivano dal cambiamento climatico. Le piante e gli alberi sono necessari per mantenere l’acqua sulla terra. Gli alberi nei centri urbani sono fondamentali per evitare che le persone soffrano il caldo. II voto della Nature Restoration Law è una vittoria. Tuttavia, il thriller politico delle ultime settimane – con uno stallo in Commissione ambiente – è anche un segnale d’allarme che nel Partito popolare europeo ci sono forze politiche che collaborano con l’Estrema destra alla distruzione della natura e politica climatica, sia a livello nazionale che europeo».

Secondo Waitz e Vogel, il voto dell’Europarlamento «Dimostra che ogni cittadino ha un voto e una voce che conta, alle prossime elezioni in Spagna e nei Paesi Bassi di quest’anno e alle elezioni europee del prossimo anno. Senza la mobilitazione degli attivisti per il clima, della società civile, dei media, del gruppo Verdi/ALE al Parlamento europeo e di migliaia di cittadini, questo pezzo essenziale del Green Deal avrebbe potuto essere soppresso in silenzio. Questo tipo di mobilitazione a livello nazionale ed europeo potrebbe essere necessaria anche per il nuovo regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari che sarà sul tavolo del Parlamento europeo e del Consiglio europeo».

Legambiente ricostruisce sinteticamente la vicenda politica che ha portato a questo  contrastato voto: «Il Parlamento Europeo ha approvato a maggioranza la legge sul ripristino della natura (Nature restoration law) confermando che la direzione del Grean Deal Europeo è quella giusta, sconfiggendo i parlamentari di destra che, spalleggiati dalle associazioni agricole e della pesca, si opponevano ad una misura necessaria per garantire la tutela della biodiversità messa a rischio dai cambiamenti climatici e da uno sfruttamento eccesivo delle risorse naturali e del mare. Una sconfitta che a livello Europeo spacca il Partito popolare di Max Weber che ha provato a rompere la maggioranza Ursula, spalleggiato anche da quei governi come l’Italia, Austria, Belgio, Finlandia, Olanda, Polonia e Svezia che avevano bocciato la norma approvata oggi dal Parlamento Europeo».

Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente, aggiunge: «L’approvazione della legge sul ripristino della natura è una buona notizia perché conferma la strategia del Green Deal Europeo, ma per il nostro Paese apre una riflessione perché il Governo Meloni deve ripensare la propria posizione in vista dei negoziati del Consiglio con il Parlamento per l’adozione finale della legge. L’Italia sulle politiche europee non può continuare a posizionarsi dalla parte sbagliata della storia e sostenere strategie contrarie alla tutela dell’ambiente e del Pianeta, gli interessi delle imprese e dei cittadini italiani si possono garantire dialogando e migliorando le proposte della Commissione Europea».

Špela Bandelj, biodiversity project manager di Greenpeace Central and Eastern Europe, ha dichiarato: «La natura europea è in uno stato disastroso, ma questo voto dimostra che c’è ancora speranza di ripristinare e far crescere quel che è rimasto. Mentre un’altra ondata di caldo senza precedenti attanaglia l’Europa, è chiaro che per sopravvivere al collasso climatico e garantire l’approvvigionamento alimentare avremo bisogno della natura dalla nostra parte. Finora i governi e l’Ue non hanno agito. La Nature Restoration Law è un chiaro punto di riferimento per giudicarli in base alle loro azioni sul campo».

In una nota congiunta le associazioni ambientaliste ricordano che «Questa vittoria, tuttavia, è arrivata a un costo molto elevato: per raggiungere un compromesso, i deputati europei hanno sacrificato molti obblighi e obiettivi critici, finendo con una posizione sostanzialmente più debole rispetto alla proposta originaria della Commissione. Questo va a sbattere di fronte all’urgenza delle crisi climatiche e della biodiversità. In particolare, la posizione del Parlamento ha eliminato l’articolo proposto sul ripristino dei terreni agricoli, che include il ripristino delle torbiere, rinunciando così a una leva essenziale per aumentare la capacità dell’Europa di sequestrare il carbonio e affrontando l’agricoltura intensiva come principale motore della perdita di biodiversità. Inoltre, il Parlamento ha adottato un emendamento che ritarderebbe l’attuazione della legge fino a quando non sarà stata condotta una valutazione della legge sulla sicurezza alimentare europea, in risposta alla campagna di allarmismo condotta dal PPE di Weber e dai gruppi di estrema destra. Un ulteriore elemento di indebolimento è la rimozione dell’articolo che garantisce il diritto fondamentale di accesso alla giustizia, con il rischio di ulteriori violazioni della Convenzione di Aarhus e di disparità di condizioni tra gli Stati membri».

Per Sabien Leemans, senior biodiversity policy officer del Wwf european policy office, «La Nature Restoration Law è diventata un simbolo del futuro dell’European Green Deal europeo. Questo voto apre la strada a un’azione continua per salvare la biodiversità e affrontare il cambiamento climatico. E’ grazie al massiccio sostegno dell’opinione pubblica, della comunità scientifica e delle imprese progressiste che la maggioranza degli eurodeputati ha votato a favore della legge. Tuttavia, la vittoria di oggi è arrivata a caro prezzo. Anche con una mobilitazione senza precedenti per salvare la natura dell’Europa, la posizione del Parlamento è lontana da ciò che la scienza ci dice sia necessario per affrontare la perdita della natura e il cambiamento climatico».

Anche per Ioannis Agapakis, avvocato ClientEarth, «Sebbene il Parlamento europeo abbia adottato oggi la NRL, la legge è stata saccheggiata dagli interessi acquisiti di molti dei nostri legislatori e siamo rimasti con un guscio di legge. Il voto di oggi avrebbe dovuto riguardare la creazione di un percorso per ripristinare il nostro ambiente per la futura sopravvivenza delle persone e del pianeta. Invece, l’esito del voto significa che i cittadini sono stati lasciati a difendere una legge che temiamo sarà profondamente inadeguata per affrontare le urgenti crisi della biodiversità e del clima. Oltre un milione di cittadini, società civile, imprese e scienziati hanno chiesto di più ai loro decision-makers: il voto di oggi dimostra che il Parlamento europeo ha evitato di soddisfare tali richieste».

Sofie Ruysschaert, responsabile delle politiche per il ripristino della natura di Birdlife Europe, concorda: «Oggi è stata una modesta vittoria della speranza sulla paura, della verità sulla menzogna. Anche se c’è motivo di festeggiare, è devastante vedere che torbiere, terreni agricoli e scadenze importanti per le misure di ripristino sono state gettate sotto un autobus perché la legge sopravvivesse al voto. Abbiamo bisogno che le tre istituzioni dell’Ue si accordino rapidamente su un testo definitivo, notevolmente migliorato, in modo che possa iniziare il vero lavoro sul campo. Il clima e la biodiversità non aspettano nessuno».
Sergiy Moroz, responsabile acqua e biodiversità dell’ European Environmental Bureau, ricorda però quale era il rischio che si stava correndo: «I numerosi sostenitori della legge hanno tirato un sospiro di sollievo oggi quando il Parlamento europeo ha appoggiato la Nature Restoration Law aprendo la strada ai negoziati con il Consiglio. Sfortunatamente, questo ha avuto un costo elevato quando il Parlamento ha sacrificato molti obblighi fondamentali. Con questo crescente sostegno, è essenziale che i colegislatori si concentrino ora sul miglioramento della legge sul ripristino della natura nei negoziati per renderla adatta ad affrontare le sfide che l’Europa deve affrontare a causa dei cambiamenti climatici e della perdita della natura».

In un comunicato la Lipu scrive: «Salutiamo il voto del Parlamento europeo con grande soddisfazione e gratitudine, per il coraggio e la lungimiranza dimostrata da una parte consistente della politica nel sostegno a una legge storica, che dà speranza alla natura e al futuro dell’Europa».

Danilo Selvaggi, direttore generale della Lipu, evidenzia che «La Nature Restoration Law è un provvedimento unico nel suo genere in tutta la storia della comunità europea. Per la prima volta avremo una legge con una funzione non solo protettiva, come avviene per le preziose direttive Uccelli e Habitat, ma proattiva, il cui principio è che proteggere la natura esistente è fondamentale ma non basta più: bisogna ripristinare quella perduta. Questo aiuterà a fermare il declino della biodiversità, ad affrontare la questione climatica così come ad avere un territorio più sicuro, città più verdi e accoglienti, servizi ecosistemici di maggiore qualità. Nonostante questi straordinari benefici, l’Europarlamento ha dovuto superare un’opposizione anacronistica e scorretta, di una parte della politica e di alcune lobby contrarie ad ogni vera agenda ambientale, che ha usato argomenti fasulli e talvolta linguaggi inopportuni per fermare la legge. Il successo dell’approvazione lo si deve alla determinazione della Commissione europea e di una parte consistente delle forze politiche dell’Europarlamento ma anche alla mobilitazione civica senza precedenti che ha supportato la legge: un milione di cittadini europei, 6000 scienziati, la campagna #wearenature della Lipu che ha informato 6 milioni di persone, oltre 200 organizzazioni Italiane, centinaia di ricercatori, accademici, figure di enti e istituzioni e personalità di spicco come Elisa, Luca Mercalli, Dacia Maraini, Paolo Rumiz, Vivian Lamarque, Tessa Gelisio. Ora il tratto finale della legge, il negoziato del Trilogo (Commissione europea, Parlamento europeo e Consiglio dell’Ue) da cui uscirà il testo della legge, che gli Stati membri faranno proprio e attueranno. Si aprirà una fase nuova, piena di speranza per la natura europea e una maggiore salute delle nostre società. Ogni euro investito in ripristino della natura, secondo gli studi della Commissione europea, produrrà un ritorno tra i 9 e i 38 euro sotto forma di servizi ecosistemici migliori, e questo è solo uno degli esempi di come questa legge può davvero cambiare in meglio la storia europea».

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Cosa dice la nuova legge europea sul ripristino della natura

Non introduce l'obbligo di creare nuove aree protette o ostacoli alla creazione di impianti a energia rinnovabile. Al contrario, un articolo indica proprio la realizzazione di questi impianti come di interesse pubblico

di Kevin Carboni*

Combattere il cambiamento climatico, la perdita della biodiversità e ridurre i rischi per la sicurezza alimentare. Sono questi gli obiettivi della nuova legge sul ripristino della natura, approvata dal Parlamento europeo in una votazione che ha spaccato a metà l’emiciclo, con tutta l’estrema destra e parte del Partito popolare europeo schierati contro la proposta. Alla fine, la proposta per bocciarla è stata rifiutata con 324 voti contrari e 312 a favore, mentre il voto specifico sulla legge è passato con 336 sì, 300 no e 12 astensioni.

1.   Cosa prevede la legge sul ripristino della natura

2.   Le critiche e le risposte

3.   Il piano politico

Cosa prevede la legge sul ripristino della natura

La disposizione centrale della nuova legge prevede che i vari stati membri mettano in campo, obbligatoriamente, tutte le misure necessarie per ripristinare almeno il 20% di tutte le aree terrestri e marine dell’Unione europea. Un primo passo per riuscire a ripristinarne il 100% entro il 2050. In più presenta nuovi e più ambiziosi target per migliorare lo stato di conservazione e di funzionamento dei principali ecosistemi, compresi quelli agricoli e urbani, e degli habitat naturali più importanti per salvaguardare la biodiversità europea.

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Sono previste anche azioni per migliorare la salute e la diffusione degli insetti impollinatori, come le api, fondamentali per proteggere il settore agricolo e assicurare che possano proseguire nel loro importantissimo lavoro di fertilizzazione dei territori. Infine, per contrastare il pericolo di alluvioni e dissesti idrogeologici, la legge sul ripristino della natura include anche nuovi obiettivi per estendere la rimozione delle barriere fluviali inutili in tutta l’Unione.

Le critiche e le risposte

La destra e l’estrema destra europee hanno contestato e si sono opposte alla legge, sostenendo come queste misure avrebbero reso più difficile il lavoro degli agricoltori, imposto la creazione di aree protette e ostacolato l’installazione di nuovi impianti per le energie rinnovabili. Critiche senza fondamento, a volte anche completamente false, genericamente fuorvianti e contestate dagli stessi operatori industriali del settore.

Per prima cosa, come facilmente comprensibile, è proprio l’assenza di misure a tutela della natura a rendere non solo difficile, ma potenzialmente a devastare il settore agricolo. Come dimostra il disastro avvenuto a maggio 2023 in Emilia Romagna, frutto dell’unione dei fenomeni climatici estremi dovuti al cambiamento climatico e all’estremo consumo di suolo che ha ridotto gli argini e cambiato il corso dei fiumi.

Per quanto riguarda il presunto obbligo di creare nuove aree protette, la critica è semplicemente falsa, come riporta il sito del Parlamento europeo, e nessuna misura del genere è contenuta all’interno della legge. Infine, come ha sottolineato su Twitter il gruppo industriale per l’energia eolica Wind Europe, la legge non va a bloccare alcun progetto per la creazione di nuovi impianti eolici o solari. Al contrario, un articolo della legge sottolinea come questi impianti siano di interesse pubblico.

Il piano politico

Questa votazione, oltre alla sua importanza ambientale, ha rappresentato un primo esperimento per saggiare la futura, possibile alleanza tra il centro destra del Partito popolare europeo, che ha creato il polverone mediatico sulla nuova norma, e le formazioni di estrema destra, in vista delle elezioni europee del 2024. Si tratta anche di una prima spaccatura nel fronte unico centrista tra i Socialisti e democratici e il popolari, finora uniti in tutte le misure relative alla transizione ecologica.

* da www.lifegate.it - 12 luglio 2023

11 luglio 2023

Alternative senza Alternativi ?

di Massimo Marino

- Tre mesi fa sostenevo in un intervento ( qui ) che nelle elezioni politiche dello scorso settembre non c’è stata nessuna vittoria travolgente del CDX  che con 12,9 milioni di voti su 50,9 mil. di aventi diritto al voto ha preso circa gli stessi voti  del 2018 quando trionfarono e dilagarono al sud i 5stelle con una partecipazione al voto più  alta. Facendo le proporzioni più esattamente forse il CDX lo scorso settembre ha preso qualche decina di migliaia di voti in meno del 2018. Invece  ci sono stati circa 5,5 mil. di astensioni in più. In totale il nuovo Parlamento eletto, con riferimento ai reali seggi alla Camera, è stato votato da 26,2 mil. di elettori. Altri 3,2 mil.  hanno votato piccole liste che, come prevedibile, non hanno eletto nessuno.

Nessuna onda nera, per il momento nessuna Italia che si sposta a destra, nessun trionfo meloniano. Certo alcuni milioni di voti si sono spostati, perlopiù’ dalla  Lega a FdI.

Invece un bel po’ di elettori, circa 22 milioni,  ragionevolmente in maggioranza poco amanti delle destre, hanno rinunciato comunque a votare. Un quarto di loro erano nella impossibilità di farlo, gli altri per la chiara volontà di non dare più fiducia a nessuno. Va ricordato che sebbene in un quadro diverso il CDX in altre  fasi storiche aveva ottenuto risultati ben maggiori, fino ai 17 mil. di voti nelle elezioni del 2008 ( le prime delle  tre con il porcellum).

Ritenevo che valesse la pena di pensarci su’ perché in fin dei conti la forza dei numeri reali rottamava in un colpo solo la montagna di chiacchiere che ci sommergono da sei mesi con la parvenza di analisi, con le quali sociologhi , filosofi, editorialisti, frequentatori e conduttrici di talkshow, ci spiegano il loro punto di vista, viziato da un forzato bipolarismo, in parti uguali ben orientato di qua o di là a seconda del proprio editore o padrone. Una montagna di chiacchiere senza fondamento che però da destra e da sinistra convergono silenziosamente su un punto: tutto quello che contraddice una forzata interpretazione bipolare e vuole sostenere magari in modo incerto una alternativa riformatrice della società italiana deve essere cancellato. Piccolissimo esempio recente: la nota conduttrice tv delle otto e mezzo, ex parlamentare europea molto  benestante, sempre accorta nel garantire “ pluralismo”, da alcune settimane cita la Schlein tutte le sere definendola  “la leader delle opposizioni” e ha già proclamato l’appuntamento delle elezioni europee del 2024 quello in cui “ si vedrà se gli italiani sceglieranno Meloni o Schlein”.

Un amico, più rigoroso di me ( che pure non scherzo nello spaccare il capello in quattro ) mi ha fatto notare che però nelle mie riflessioni, che hanno lasciato parecchi perplessi, mi ero fermato a metà strada. Se si ricalcolano i seggi in modo proporzionale ai voti reali, senza uninominali, considerando anche il necessario quorum al 5 % ( cioè all’incirca come si vota in Germania, all’incirca come si vota alle elezioni europee, come proposto dai 5stelle da sette anni, come vorrebbe un sistema decentemente rappresentativo che eviti le truffe bipolari ma eviti anche un proporzionale puro), il CDX non avrebbe alcuna maggioranza ( che alla Camera è 201 seggi ). Senza il premio degli uninominali si sarebbe probabilmente fermato a 190 seggi, quelli che gli elettori gli hanno dato. Un'unica lista fra Sinistra-Verdi (Fratoianni-Bonelli) e Unione Popolare (De Magistris e altri), superando la gestione famigliare di questi partitini, avrebbe decisamente superato il 5% forse facendo emergere un vero quarto polo stabile. La mancanza del solito ricatto del voto utile avrebbe favorito di alcuni punti i 5stelle ( credo a discapito del PD che sarebbe forse passato da secondo a terzo partito). Sono convinto che un voto più libero avrebbe ridotto l’astensionismo, di certo a sfavore del CDX. Tralascio infine l’argomento, oggi del tutto improponibile, che la somma di tutti i quattro perdenti (PD-M5S-SIEV-AZIV) avrebbe permesso una ipotetica maggioranza alternativa al CDX.

Dunque dopo un conteggio più veritiero possiamo dichiarare senza ombra di dubbio che il vincitore delle elezioni di settembre non è stato il  CDX ma il Rosatellum, l’ultimo dei tanti sciagurati sistemi maggioritari,  inventato poco prima  del 2018 dal PD di Rosato ( oggi renziano) per fermare i grillini e imporre così agli elettori un forzato bipolarismo. Non ha fermato i grillini nel 2018 ed ha regalato l’Italia al destra-centro nel 2022.

Sto qui sostenendo che con un diverso sistema elettorale (meglio rappresentativo della volontà dei votanti) si sarebbe ottenuto un risultato completamente diverso, se non addirittura opposto. Ci rendiamo conto che vuol dire ?

- Per spiegare il trionfo del CDX ( che invece almeno finora  non c'è mai stato), la sconfitta del CSX ( che nella versione PD e gregari avviene da decenni ), il tracollo del terzo polo M5S ( obiettivo principale degli uni e degli altri) fioriscono da mesi  le più complicate e inattendibili teorie a destra e a sinistra,  che pur se insostenibili occupano i media. Sono le chiacchiere che poi sentiamo al bar o su cui ci accaloriamo a litigare con gli amici.

Nel campo di destra vanno per le spicce: vinciamo perché la maggioranza degli italiani ci dà fiducia e la sinistra non li difende. Creano così un ottimo clima bipolare da stadio dove solo gli elettori tifosi esistono e gli altri non contano, tipo curva nord e curva sud. Fanno finta di non vedere che 75 elettori su 100 nel settembre 2022 ma anche nelle varie successive elezioni locali non hanno  votato nessuno del CDX. L’astensionismo non preoccupa, anzi è gradito poiché alimenta il brodo di cultura del bipolarismo, del presidenzialismo e dell’autoritarismo in nuce.

Nel campo di sinistra vige il più totale stato confusionale che ha contagiato anche i suoi influenzer sui media, che da mesi vivono nell’indigenza culturale più totale pervasi da dubbi laceranti: negli ultimi dieci anni abbiamo massacrato troppo grillini e contiani? abbiamo sovrastimato la sinistra di destra confindustriale di Renzi e Calenda? basterà la Schlein per radere al suolo gli ultimi giapponesi grillo-contiani del sud Italia e poi rimandarla a casa? possiamo avallare davvero una finta transizione ecologica che sostiene in silenzio il  ponte di Messina, il ritorno del finanziamento pubblico  ai partiti, le auto elettriche che vanno a carbone, gas, e gasolio,  il riarmo richiesto dalla Nato, le centrali nucleari, una nuova ondata di grandi opere, tutte scarsamente  utili e poco sostenibili, utilizzando a debito fondi europei che dovrebbero al contrario avviare una vera conversione ecologica, di cui non si vede traccia, per salvarci dalla crisi climatica?

Nel campo grillino insieme allo sconforto vige un senso di fatalismo. Il dramma è che prima di capire le ragioni per cui sono stati decimati, una schiera per volta a partire dal  2017, parecchi non hanno compreso perché hanno vinto dal 2011 in poi. Una forza che si dichiara alternativa (anticorruzione, anticlientele, antifinanziamento pubblico, antiprecarietà, antipovertà, antiinquinamento, anti crisi climatica, antirazzista, antimilitarista etc..) non può reggere lo scontro senza dotarsi di una vera leadership collettiva nazionale e regionale, di una forma organizzativa che permetta e allarghi  la partecipazione popolare ad azioni concrete di solidarietà e tutela ambientale nel territorio, di una adeguata elaborazione interna,  di forme di selezione degli eletti che non sia casuale. Non può produrre a getto continuo opportunisti, transfughi e cambia casacca in tutte le direzioni ( davvero proprio tutte!) fino ad arrivare al suicidio collettivo di 60 parlamentari finiti nel buco nero della storia insieme a Di Maio. Dopo il Bersani delle privatizzazioni, il Renzi del JobAct, il Letta oleogrammatico, dopo le cento rifondazioni annunciate della sinistra e dell’ambientalismo durate un attimo, il disastro grillino lascia una moltitudine di elettori infuriati e potenzialmente astensionisti per tempi che prevedo lunghi.

Intanto per ogni “anti” serve una creativa e originale elaborazione di “per“, che nelle istituzioni come fuori, attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione, fino all’uso ben ponderato degli strumenti referendari, imponga nei media il proprio ordine del giorno per un credibile percorso riformatore che trovi l’attenzione della maggioranza della società. Non vedo tracce di questa conversione e l’impegno di Conte e alcuni altri nella ridefinizione dei gruppi e coordinatori regionali e locali ha modeste connotazioni tradizionali e forse arriva tardi. Il tutto resta comunque sempre concentrato in una ristretta visione parlamentare. L’alleanza sociale che si era aggregata fra il 2013 e il 2018 si è disgregata.  Milioni di elettori che negli ultimi venti anni hanno votato di tutto, dal centro alle sinistre più o meno moderate o estreme, dai verdi ai radicali ai dipietristi e vendoliani, hanno infine dato piena fiducia al movimento di Grillo, magari mantenendo inalterate pregresse connotazioni ideologiche. La delusione è stata forte perché per molti elettori l’abbandono degli impegni promessi non ha trovato giustificazioni.

- Sono sempre più convinto  che una alternativa riformatrice della società italiana che riequilibri l’ingiustizia sociale e garantisca una vera conversione ecologica richieda la formazione di un movimento politico di centro radicale che abbandoni esplicitamente gli schemi destra sinistra e si rivolga alla maggioranza degli elettori. Dopo Alex Langer 30 anni fa riflessioni serie sul tema se ne sono viste poche. L’autonomia, soprattutto dei contenuti, non preclude la possibilità di alleanze contingenti, che non hanno  il centro della propria azione soltanto in Parlamento.

C’è una banalità diffusa da anni  che ritiene la sinistra in crisi perché non è abbastanza di sinistra. Altri che di norma popolano la ZTL delle città pensano che bisogna togliere voti e isolare la  destra spostandosi a destra. Alcuni provano a riproporre un centro moderato autonomo che in questa fase storica non ha elettori.  In un paese dove il CDX ha preso 12,9 milioni di voti, tutti gli altri almeno 16,8 mil e quasi 22 mil di elettori non danno fiducia a  nessuno non vi sembra che stanno dando tutti i numeri e non abbiano la minima idea sul che fare?

Un Movimento di alternativa riformatrice, saldamente collocato al centro del sistema politico ed anche e soprattutto al centro della struttura sociale non ha solo l’obiettivo di salvarci dalla  crisi ambientale, di tutelare gli ultimi e combattere mafie e corruzione. In realtà  deve riaggregare parti diverse della grande maggioranza della società in una nuova convivenza sociale plurale dove le  diversità possano convivere riequilibrando disuguaglianze, interessi e culture diverse e contrastando la tendenza alla disgregazione e frammentazione sociale che oggi, come in altre parti del mondo, sembrano prendere il sopravvento.  Un progetto del genere non mi sembra di sinistra né di destra  ma deve osservare anche quanto della sinistra e della destra  sia  accettabile e utile per promuovere una virtuosa convivenza sociale. Serve una grande radicalità riformatrice e una decisa ostilità verso l’estremismo ideologico, che sia di destra o di sinistra.

- La sfida della conversione ecologica e i modi per vincerla, che piaccia o no è il tema epocale sul quale si misurano le difficoltà dell’intero sistema politico. La battaglia contro i negazionisti climatici mi sembra sia finita almeno dieci anni fa ed oggi la crisi climatica e la sua accelerazione sono evidenti a tutti. Anche gli effetti della crisi con la responsabilità delle fonti fossili e la necessaria decarbonizzazione dell’economia sono ormai evidenti all’intero mondo scientifico e la importante raccolta di interventi di cento scienziati diffusa con l’ultimo libro di 700 pagine pubblicato da Greta Thunberg ( The climate book ) sono più che esaurienti per chiudere l’argomento. Insomma l’ambientalismo come la sinistra nella forma che avevano il secolo scorso secondo me hanno esaurito il loro percorso storico.

Non a caso in quegli ambiti negli ultimi decenni non è emerso un solo leader, un solo movimento  politico di un qualche rilievo. A parte in Italia Langer 30 anni fa ed una ragazzina svedese 5 anni fa. E il primo movimento di tipo nuovo è  stato praticamente raso al suolo.

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Il vero terreno di scontro oggi sta più avanti e riguarda esattamente i progetti concreti  di transizione per avviare una reale alternativa di conversione che sia fattibile e comprensibile, che sia accettata e sostenuta dalla maggioranza, in grado di invertire gradualmente la crisi in una logica planetaria. Per me i terreni dove lo scontro è inevitabile, sono sempre i soliti:

1) Rimettere in discussione l’intero sistema delle regole elettorali ripristinando sistemi proporzionali con quorum almeno del 5%, anche a livello regionale e comunale cancellando la possibilità di modifiche da parte delle singole Regioni che non ha nessuna giustificazione. Possiamo fare riferimento alle regole semplici delle elezioni europee ed al sistema vigente in Germania ed in alcuni altri paesi. Esprimere il proprio voto deve ridiventare un diritto credibile per tutti. Nel 1968 , l’anno dei cosiddetti movimenti, votava il 98% degli elettori.

Bisogna affrontare tecnicamente il voto a distanza per superare  l’astensionismo obbligato. Sono perplesso sul voto per posta e non mi sembra impossibile permettere il  voto dove si ha momentaneamente domicilio. Non succede nulla se i risultati definitivi del voto si hanno 48 invece di 24 ore dopo.  Ma prima di tutto serve promuovere una campagna per un radicale Election day concentrando qualunque tipo di scadenza elettorale, referendum compresi, in una sola data annuale prestabilita ( ad esempio nella prima parte di novembre come in altri paesi).

2) sostenere  davvero la conversione energetica mutando la gran parte della produzione elettrica verso le tre principali fonti di rinnovabili ( eolico, solare, idrico) rimuovendo tutti gli ostacoli posti dalle multinazionali (in Italia l’ENI prima di tutti) alla diffusione nelle abitazioni e nelle attività produttive di tecnologie a basso consumo, basso costo e dispersione basate su rinnovabili. Le nuove abitazioni vanno concepite in modo da essere autosufficienti  per i consumi energetici.

3) ridurre in tutti i modi le auto circolanti nelle medie e grandi città riconoscendo  che la mobilità prevalente deve essere quella dei vettori di trasporto collettivi e  dedicati cioè le reti metropolitane nelle loro diverse tecnologie (metro, metro leggero, treni urbani) a cui vanno rivolte tutte le risorse. Tutto il resto, compresi bus tradizionali, elettrici e tram vengono dopo e sono utili solo a breve termine. Le strade devono essere svuotate dalle auto se non sono indispensabili, pedonalizzate ovunque possibile. Anche la riduzione della velocità a 30 all’ora mi sembra un palliativo che crea solo ostilità, non è la direzione corretta per ridurre gli incidenti. La rete metro ( ne servono 1000 km e su questo vanno concentrate le risorse) deve essere concepita come un vettore di lungo percorso che deve estendersi al di fuori dei centri urbani fino alla prima cintura dove di solito nasce il traffico. Fin dove è possibile  si va a piedi, in bicicletta, in risciò e monopattino. In prospettiva rete pubblica collettiva, biciclette e pedoni devono muoversi su tre vettori separati e tutti prevalenti su quello delle auto che devono diventare marginali. L’auto è indispensabile per alcune categorie  di anziani, nei percorsi complessi, per il trasporto di famiglie numerose o con ingombranti pesanti. Abbandonare l’auto non può essere un sacrificio ma una allettante possibilità: vuol dire  risparmiare un sacco di  soldi, di tempo, di inquinamento, di malattie e stress. I centri urbani fino alle periferie  devono essere riconvertiti e dove possibile pedonalizzati, ricostruendo grandi viali alberati a chioma folta e riducendo cemento e asfalto termoassorbenti dove possibile. L’unico modo sostenibile per affrontare il clima urbano dei prossimi decenni.

4) Rimodulare il consumo di carne ridimensionando gli allevamenti intensivi e riducendo i consumi in particolare delle carni rosse. Non si tratta di diventare tutti vegani, che è una libera scelta personale, ma ridurre il consumo medio e l’impatto ambientale degli allevamenti zootecnici di grande dimensione e di scarsa qualità. Bisogna rivendicare la chiusura di quelli gravemente inadeguati.

5) Affrontare in forme nuove il tema dei migranti che non è più un emergenza ma un problema sociale ed economico stabilmente presente che dovremo affrontare in modo quotidiano nei prossimi decenni. Milioni di persone  ogni anno si mettono in movimento per molte e diverse ragioni ormai note. In buona parte lo fanno sotto l'ala ben organizzata di gruppi criminali. Molte centinaia di migliaia lo fanno attraverso il Mediterraneo o attraversando l’Europa via terra.

L’Italia  ha non solo la possibilità ma la necessità di accogliere alcune centinaia di migliaia di persone all’anno. Il tema è al centro di una sceneggiata fra destra e sinistra con una comune assenza totale di proposte e disastrosi risultati evidenti negli ultimi anni. Fra chi vuole porti chiusi e blocchi navali e chi vuole porte aperte per tutti ed entrate illegali libere quelli che decidono alla fine sono i gruppi di affaristi criminali che regolano costi, provenienze, direzioni e quantità dei flussi di clandestini. L’attenzione dei media e dei partiti è ondivaga e quale sia il destino di alcune centinaia di migliaia di persone ogni anno prima e dopo la traversata dell’Europa o del Mediterraneo interessa pochissimo. Così si rende permanente un mercato di lavoro nero sottopagato, di totale precarietà, di spaccio, di prostituzione, di integrazione praticamente impossibile, di migliaia di minori abbandonati (spesso il prodotto di abusi sessuali  nel corso delle migrazioni che alcuni sostengono siano praticamente generalizzati). L’azione umanitaria delle ONG, che non svolgono ruoli di integrazione dopo gli sbarchi,  ha effetti controproducenti stimolando le illusioni, le partenze illegali e la sensazione di insicurezza dei cittadini. In questa assenza di progetti veri di integrazione se prevale la politicizzazione  strumentale da più parti regaleremo l’intera Europa alle  varie destre più o meno xenofobe nel giro di pochi anni.

Di fatto i diversi media ci suggeriscono  che a destra siano tutti razzisti oppure che la sinistra coincida con le ONG. Entrambe le posizioni (xenofobi vs ONG) sono gravemente inaccettabili. Entrambe rinunciano all’obiettivo che lo Stato italiano e poi l’Europa, sostituendo gli scafisti di terra e di mare,  promuovano direttamente l’ingresso regolato e organizzato di migranti andando a prenderli nei luoghi più critici. ( vedi qui). Serve un programma annuale di integrazione permanente che organizzi corridoi umanitari ( praticati oggi solo da alcuni gruppi cattolici) e flussi di lavoro attraverso ambasciate e accordi interstatali bilaterali e poi promuova un percorso di integrazione.

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Se queste sono le alternative, servono gli alternativi con idee chiare capaci di destreggiarsi nei meandri paludosi del sistema politico senza farsi corrompere o soffocare.

Il M5Stelle nella versione  originaria aveva obiettivi di fondo, che pur nella loro grande superficialità, restano del tutto condivisibili. Non  ha retto ed è stato travolto a partire già dal 2017, quando è stata evidente  la crisi amministrativa  a Roma e in particolare a Torino, poi nell’esperienza di governo (specie nel Conte II). Singolare che analoghe  crisi hanno avuto altre esperienze di alternativa messe alla prova del governo che andrebbero ben studiate: Europe Ecologie in Francia dopo il 2010, Podemos in Spagna dopo il 2016, i Grünen, che hanno recentemente perso Berlino e stanno pagando la partecipazione al governo della Germania con SPD e Liberali che li  paralizzano e stanno regalando il paese alla  CDU e alla destra di AFD. Situazioni analoghe ma meno note ci sono state in Portogallo, Austria, Svezia e in altre nazioni del Nordeuropa. In vari paesi ad altre latitudini (America Latina, Asia, Africa) attivisti, ecologisti e difensori dell’ambiente vengono fisicamente eliminati.

Non so se Conte e quelli rimasti abbiano sufficiente autonomia, capacità di lettura storica, leadership collegiale e capacità organizzativa  per arrivare in piedi alle elezioni europee dove solo figure al momento ai margini come  Raggi e Di Battista, malgrado i loro errori, avrebbero forse qualche capacità di raccolta di voti recuperati dall’astensione. Spero che ce la facciano perché’ non c’è altro. E’ determinante prima di tutto la necessaria  scelta di collocarsi in modo netto al centro della scena sociale in una posizione radicalmente riformatrice opposta allo schema angusto destra-sinistra e risolvere positivamente il confronto con i verdi europei per la collocazione nel loro gruppo del Parlamento Europeo. Un accordo che farebbe molto bene ad entrambi.

Nell’ambientalismo tradizionale, un po’ provinciale e a conduzione famigliare nulla si muove.Le nuove leve vengono messe ai margini. Su molti problemi ci si affida solo a deboli e variegate connotazioni orecchiate a sinistra. C’è ancora chi è abbagliato da un futuro di auto elettriche ( ancora auto!) che però oggi nessuno compra ( meno del 4% del totale circolante ad oggi in Italia). Si ignora del tutto  il valore delle reti dedicate ( cioe' che non si incrociano con altre) di mobilità. Solo Legambiente ci ricorda una volta all’anno con Pendolaria che per la mobilità invece di metropolitane e treni  costruiamo nuove strade e autostrade.

Non va meglio per quanto riguarda i nuovi gruppetti tipo Ultima Generazione ai quali direi “cari amici per favore smettetela “. Imbrattare quadri e fontane per ricordare ai media e ai cittadini che c’è la crisi climatica ( cosa che ormai tranne i fessi e gli  imbroglioni tutti sanno benissimo da almeno un decennio ) fa solo incazzare qualche automobilista o qualche sindaco che in realtà vuole finire in tv. Se lo possono permettere in Gran Bretagna dove da tempo qualunque forma di alternativa è stata azzerata. Le azioni  di UG restringono, non allargano,  l’adesione popolare alla transizione. Sono azioni di retroguardia, non aggregano nessuno, non propongono affatto alternative comprensibili e in più non si rivolgono direttamente a  quegli enti e multinazionali che sono i primi  responsabili della crisi (come invece in qualche occasione ha fatto più saggiamente Greenpeace).

Il dramma  dell’ecologismo politico è tutto qui. Mentre la crisi incalza gli ecologisti, i primi che hanno annunciato i pericoli, sono  in crisi profonda praticamente in tutto il pianeta. Lontani da parecchi dei problemi sociali della società, privi di progetti e  di leader, si sono fatti corrompere e azzerare da sistemi maggioritari e coinvolgere nella recita destra-sinistra che esclude qualunque vero paradigma di alternativa che la realtà di questo secolo richiede.  

Infine la sinistra che si ritiene estrema, praticamente si è dissolta in piccoli rivoletti ed è negata a qualunque  forma di aggregazione.

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A me sembra che un progetto di alternativa della nostra società sia ancora possibile. Non vedo comunque altre scorciatoie per aggirare o gestire la crisi ambientale e sociale che ci aspetta. Per attuarlo servono solo gli alternativi ..