I governi
politici sono travolti da una violenta tormenta. Ovunque, dalle Nazioni Unite
ai paesi che sembravano più stabili. Non esistono forze capaci di mettere
ordine, né a scala regionale né globale. Il fenomeno è particolarmente
visibile in America Latina, dall’Argentina al Venezuela al Brasile. Incapaci di
comprenderne le ragioni, gli analisti e i media ricorrono spesso e volentieri a
semplificazioni ma Donald Trump non è affatto “pazzo”, come non lo è mai stato
Hitler, e il fallimento dei governi progressisti latinoamericani non si deve
solo ai complotti dell’imperialismo o delle opposizioni di destra. La crescente
impossibilità di governare è manifesta e le motivazioni di fondo che la
determinano sono piuttosto complesse. Raúl Zibechi prova ad elencarne qui
almeno tre e spiega che non sarà naturalmente possibile proteggere i
possedimenti de los de arriba,
quelli che stanno in alto, solo alzando muraglie. Per los de abajo, quelli che stanno in basso, il problema da
affrontare non è però quello di sostituire il tenutario dei possedimenti
Primavera 2017. Una grande protesta dei lavoratori
della scuola argentini contro la politica del governo di Macri.
di Raúl
Zibechi *
La
disarticolazione geopolitica globale si traduce, nel continente
latinoamericano, in una crescente ingovernabilità che colpisce i governi di
tutte le correnti politiche. Non esistono forze capaci di mettere ordine in
nessun paese, né a scala regionale né globale. Si tratta di qualcosa che
colpisce tutti, dalle Nazioni Unite fino ai governi dei paesi più stabili.
Uno dei problemi che si possono osservare, soprattutto sui media, è che
quando si rivela il fallimento delle analisi, ci si appella a semplificazioni del tipo: “Trump è pazzo”, o congetture simili,
oppure lo si taccia di “fascista” (cosa che non è una semplice congettura).
Solo aggettivi che servono a eludere analisi di fondo. Sappiamo bene che la
“pazzia” di Hitler non è mai esistita, rappresentava gli interessi delle grandi
corporazioni tedesche, ultra razionali nel loro affannoso intento di dominare i
mercati globali.
Dalla parte del pensiero critico, succede qualcosa di simile. Tutti i
problemi che affrontano i governi progressisti sono colpa dell’imperialismo,
delle destre, dell’OSA e dei media. Non c’è volontà di assumersi i problemi
creati da sé stessi, né il minimo accenno alla corruzione che ha raggiunto
livelli scandalosi.
Ma il dato centrale del periodo è l’ingovernabilità.
Quello che sta accadendo in Argentina
(la resistenza ostinata dei settori popolari alle politiche di rapina e
spoliazione del governo di Mauricio Macri) è una
dimostrazione che le destre non riescono a conseguire la pace sociale, né la
otterranno almeno nel breve/medio termine.
I lavoratori
argentini hanno una lunga e ricca esperienza di più di un secolo di resistenza
ai potenti, perciò sanno come logorarli, fino a rovesciarli attraverso i più
doversi modi: dalle insurrezioni, come quella del 17 ottobre del 1945 e quella
del 19 e 20 dicembre del 2001, fino alle sollevazioni armate come il Cordobazo
e diverse decine di sommosse popolari.
In Brasile, la destra pilotata da Michel Temer ha enormi difficoltà
nell’imporre le riforme del sistema pensionistico e del lavoro, non solamente
per la resistenza sindacale e popolare ma anche per la spaccatura interna di cui
soffre il sistema politico. La delegittimazione delle istituzioni è forse la
più elevata che si ricordi nella storia.
L’economista
Carlos Lessa, presidente della Banca Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale
con il primo governo Lula, segnala che il Brasile non può più guardarsi allo
specchio e riconoscersi per quello che è, ha perso l’orizzonte nel marasma della globalizzazione. L’affermazione di questo prestigioso pensatore
brasiliano si può applicare agli altri paesi della regione che non possono che
naufragare quando le tormente sistemiche li minacciano. Nei fatti, il Brasile
attraversa una fase di decomposizione della classe politica tradizionale, cosa
che pochi sembrano comprendere. Lava Jato è uno tsunami che non lascerà nulla al suo posto.
Il quadro che offre il Venezuela è identico, anche se gli attori provano
discorsi opposti. Per inciso, va detto che dar retta ai discorsi in piena
decomposizione sistemica ha scarsa utilità, poiché cercano solamente di eludere
le responsabilità.
Dire che l’ingovernabilità venezuelana è dovuta solo alla destabilizzazione
della destra e dell’impero, vuol dire dimenticare che alla prolungata erosione
del processo bolivariano partecipano anche i settori popolari, mediante
pratiche su micro-scala che destrutturano la produzione e la vita quotidiana. O invece qualcuno può ignorare che il bachaqueo
(contrabbando formica) è una pratica diffusa tra i settori popolari, compresi
quelli che si dicono chavisti?
Il sociologo
Emiliano Terán Mantovani lo dice senza mezzi termini: caos, corruzione,
lacerazione del tessuto sociale e frammentazione del popolo, potenziati dalla crisi terminale della rendita petrolifera. Quando predomina la cultura politica
dell’individualismo più feroce, è impossibile condurre alcun processo di
cambiamento verso un qualche destino mediamente positivo.
Insomma, il panorama che presenta la regione (sudamericana,
ndt) – menziono solo tre paesi, ma l’analisi può, con sfumature, essere
estesa al resto – è di crescente
ingovernabilità, al di là del segno (politico, ndt) dei governi, con
forti tendenze verso il caos, l’espansione della corruzione e difficoltà
estreme per trovare vie d’uscita.
La marcia delle donne a Montevideo. Foto tratta da
http://ntn24-img.s3.amazonaws.com
Ci sono tre ragioni di fondo alla base di questa situazione
critica.
La prima è la crescente potenza, organizzazione e mobilitazione de los
de abajo, dei popoli indigeni e neri, dei settori popolari urbani e dei
contadini, dei giovani e delle donne. Nemmeno il
genocidio messicano contro los de abajo è riuscito a paralizzare il
campo popolare, anche se è innegabile che affronta serie difficoltà nel
continuare a organizzarsi e creare mondi nuovi.
La seconda è l’accelerazione della crisi sistemica globale e la
disarticolazione geopolitica, che ha fatto un balzo in avanti con la Brexit,
l’elezione di Donald Trump, la persistenza dell’alleanza Russia-Cina per
frenare gli Stati Uniti e l’evaporazione dell’Unione Europea che vaga senza
meta. I conflitti si espandono senza
sosta fino a sfiorare la guerra nucleare, senza che nessuno possa imporre un
certo ordine (nemmeno ingiusto, come l’ordine del dopoguerra dal 1945).
La terza consiste nell’incapacità delle élite regionali di trovare qualche
via d’uscita di lungo respiro, come è stato per il processo di sostituzione
delle importazioni, la costruzione di un minimo di stato sociale capace di
integrare alcuni settori dei lavoratori e una certa sovranità nazionale. Su questo tripode si è stabilita l’alleanza tra
imprenditori, lavoratori e Stato che ha potuto proiettare, per alcuni decenni,
un progetto nazionale credibile anche se poco consistente.
La combinazione di questi tre aspetti rappresenta la “tormenta perfetta”
nel sistema-mondo e in ogni angolo del nostro continente. Los de arriba, come ha detto giorni fa il
subcomandante insurgente Moisés, vogliono trasformare il mondo in “una finca
[1] protetta da muraglie”. Probabilmente, perché siamo tornati ingovernabili.
Dobbiamo organizzarci, in queste difficili condizioni. Non certo per cambiare finquero.
[1] finca: tenuta; finquero:
il padrone della tenuta
* da www.comune-info.net 22 maggio 2017 ( articolo pubblicato su La Jornada con il
titolo La era de la ingobernabilidad en AL ). Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo
Raúl Zibechi, scrittore e giornalista uruguayano dalla parte delle
società in movimento, è redattore del settimanale Brecha. I suoi articoli
vengono pubblicati con puntualità in molti paesi del mondo, a cominciare dal
Messico, dove Zibechi scrive regolarmente per la Jornada. In Italia ha
collaborato per oltre dieci anni con Carta e ha pubblicato diversi libri: Il
paradosso zapatista. La guerriglia antimilitarista nel Chiapas, Eleuthera;
Genealogia della rivolta. Argentina. La società in movimento, Luca Sossella
Editore; Disperdere il potere. Le comunità aymara oltre lo Stato boliviano,
Carta. Territori in resistenza. Periferia urbana in America latina, Nova
Delphi. L’edizione italiana del suo ultimo libro, “Alba di mondi altri” è stata
stampata nel luglio 2015 dalle edizioni Museodei. Molti altri articoli inviati
da Zibechi a Comune-info sono qui.