10 maggio 2017

Francia: Macron alla prova del governo, è iniziata la corsa alle poltrone



Partiti terremotati. Valls si propone come candidato En Marche, a destra la corsa al. soccorso del vincitore è iniziata, per ora più moderata. L'accordo Mélenchon-Pcf esplode. Marion Maréchal-Le Pen abbandona la politica

di  Anna Maria Merlo  *

L’elezione di Emmanuel Macron all’Eliseo si sta trasformando in una bomba a frammentazione per i due principali partiti politici tradizionali, che già erano stati esclusi dal ballottaggio delle presidenziali. L’accordo France Insoumise-Pcf esplode invece da solo.

L’EX PRIMO MINISTRO Manuel Valls, ha annunciato, ieri mattina, l’intenzione di essere il candidato della «maggioranza presidenziale», a Evry, che è il suo «feudo» (è stato a lungo sindaco). Per Valls è «la morte» del Ps, il partito socialista «è dietro di noi». «Chi resta in mezzo al guado sarà travolto», ha affermato l’ex primo ministro, che aveva già invitato a votare Macron al primo turno, bypassando Hamon, dopo aver teorizzato le «due sinistre inconciliabili». La reazione di En Marche! è stata molto però fredda: «Faccia domanda, ha 24 ore di tempo». En Marche! deve rendere pubbliche giovedì le 577 candidature delle legislative per tutte le circoscrizioni. Quella di Evry è già stata attribuita. Freddezza estrema anche nel Ps, dove il segretario, Jean-Christophe Cambadelis, ha risposto un secco «no» alla possibilità di avere la tessera Ps e presentarsi sotto la sigla En Marche!. Il primo ministro, Bernard Cezeneuve, ha ingiunto a Valls di «scegliere», non è solo per decenza politica, ma anche per una banalissima questione di soldi: i finanziamenti pubblici versati per ogni voto ottenuto a chi vanno se un candidato ha una doppia fedeltà?

IL PS, IERI, ha presentato la piattaforma programmatica per le legislative, dove rischia di passare dai 285 seggi attuali a 20-80: lasciate tra parentesi alcune proposte di Benoît Hamon, come l’uscita dal nucleare o l’abbandono del diesel, Macron viene messo in guardia sul ricorso alle «ordinanze» che snelliscono l’iter parlamentare, per riformare il codice del lavoro e abbattere la patrimoniale.

ANCHE A DESTRA è cominciata la corsa alle cariche attorno a Macron, anche se per il momento in misura minore che nel Ps. L’ex ministro Bruno Le Maire offre i suoi servizi e vuole portare a destra il nuovo governo: «Mi ritrovo in molte sue proposte, in particolare riformare il mercato del lavoro o abbassare i contributi delle imprese». Ma Le Maire mette una condizione: il primo ministro deve venire dalla destra. Il nome verrà rivelato solo dopo l’insediamento all’Eliseo domenica prossima. Per Macron è la prova del nove, secondo il politologo Dominique Reynié, la scelta, se sbagliata, può far fallire la presidenza Macron ancora prima che cominci. Il primo ministro dovrà essere qualcuno di esperto, ma anche un nome relativamente nuovo, una donna sarebbe un segnale positivo, deve saper guidare la campagna delle legislative per dare ai «macronisti» l’agognata maggioranza. Vari nomi circolano. Visto che il Ps è ormai esploso, Macron potrebbe pescare a destra, per distruggere Les Républicains.
Xavier Bertrand, presidente Lr della regione Nord-Pas-de-Calais-Picardie, uomo di terreno, eletto contro il Fronte nazionale grazie al ritiro del Ps? Edouard Philippe, sindaco di Le Havre, seguace di Juppé, per poter staccare l’ala moderata di Lr? Altri nomi circolano (Sylvie Goulard, eurodeputata centrista, grande esperta di Europa, Anne-Marie Idrac, dirigente ed ex politica, persino l’improbabile Christine Lagarde, alla testa dell’Fmi. Lr spera nella rivincita e di rappresentare l’opposizione. Stesso obiettivo per il Fronte nazionale.

ANCHE JEAN-LUC MÉLENCHON punta a questo ruolo. Ma ieri si è consumata la rottura con il Pcf. Pierre Laurent, segretario dei comunisti, ha «rinnovato l’appello a France Insoumise per un accordo». «Gli elettori non capiscono» dice Laurent, che ricorda la posizione del Pcf: «quasi i due terzi degli elettori di Mélenchon hanno votato per Macron, come avevamo indicato, abbiamo contribuito a battere Marine Le Pen, abbiamo avuto ragione», ma la «minaccia» resta e «la battaglia contro la banalizzazione del Fronte nazionale ha senso solo se continuiamo». Senza accordo, ci saranno dei candidati di France Insoumise contro il Pcf, che spera di poter mantenere i quindici seggi attuali (che avevano conquistato grazie all’intesa con il Ps). Ieri sono volati gli insulti, su un tweet di France Insoumise che ha paragonato l’uso della foto di Mélenchon da parte di candidati Pcf ai falsi volantini del Fronte nazionale, diffusi per nuocere a Mélenchon nel 2012. «Una dichiarazione scandalosa» ha commentato Laurent (ma France Insoumise minaccia una denuncia).

TERREMOTO anche nel Fronte nazionale: Marine Le Pen è contestata, mentre Marion Maréchal-Le Pen, la nipote che poteva incarnare il ritorno ai «fondamentali» identitari e l’abbandono della linea «sociale», rinuncia a ripresentarsi alle legislative.
Macron ha di fronte una forte «dissidenza elettorale», secondo Reynié, che si è espressa anche al secondo turno: 56,3% dei voti (sommando il voto Le Pen, l’astensione e le schede bianche). Secondo un sondaggio, il 61% degli elettori non vuole che En Marche! abbia la maggioranza assoluta all’Assemblée.

* da il manifesto 10 maggio 2017

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