di Marco Travaglio *
L’aspetto più comico dell’opposizione
politico-affaristico-mediatica al governo è che gli rimprovera
contemporaneamente di non cambiare nulla e di cambiare troppo. E, delle due
critiche, almeno la seconda fa ridere perché gli elettori di 5Stelle e Lega proprio
questo chiedono: di cambiare. Sennò avrebbero rivotato Pd e FI.
Ora, per
esempio, i giornaloni scrivono che il Nord sarebbe in “rivolta”, sull’orlo
della guerra civile, per la pretesa del M5S di fare ciò che ha promesso
agl’italiani fin da quand’è nato: sbaraccare il Tav Torino-Lione, la più
inutile e dannosa e costosa fra le grandi opere progettate negli anni 80 del
secolo scorso e rimasta allo stato larvale dopo 1,6 miliardi di sprechi e 17
anni di studi e carotaggi. Siccome per completarla servirebbero sulla carta
un’altra quindicina di miliardi, che poi nella realtà salirebbero a 20-25 (le
grandi opere in Italia lievitano in media del 45%), il minimo di un “governo
del cambiamento” è riunire i protagonisti – quelli ancora in vita – e annullare
un’impresa nata già morta quando fu pensata, figurarsi oggi dopo trent’anni e
passa. Ma il fatto che si osi discutere il dogma della Santissima Alta Velocità
semina il panico fra i prenditori e scatena le fake news dei loro giornaloni.
La propaganda terroristica del partito-ammucchiata Calce& Martello, che
affratella la “sinistra” di scuola Marchionne (il Pd dei Chiamparini), FI,
Lega, triade sindacale, Confindustria, coop bianco-rosse e mafie varie,
minaccia “penali” da pagare e “miliardi” (2, anzi 3) da “restituire” non si sa
bene a chi, nonché “referendum” da bandire contro l’“isolamento del
Nord-Ovest”, il “rischio Brexit per l’talia” e altre cazzate.
Il contratto. Nel contratto M5S-Lega, sul Tav Torino-Lione,
si legge: “Ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto
nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”. Quindi, quando Salvini
dice che “il Tav si farà e basta”, viola gli accordi da lui stesso firmati. E
quando il suo sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri (grosso esperto
del ramo: 18 mesi patteggiati per bancarotta fraudolenta) spiega che “i costi
di uno stop sarebbero superiori ai benefici”, dovrebbe spiegare perché ignora i
veri costi dell’opera e perché è entrato in un governo con un programma opposto
al suo.
Merci e passeggeri. Quando partì l’idea della Torino-Lione,
si pensava a un supertreno per passeggeri sullo snodo italo-francese del
Corridoio 5, da Lisbona a Kiev. Di quel progetto, mai realizzato (il primo
paese a sfilarsi fu nel 2012 quello di partenza: il Portogallo), restano due
reperti archeologici.
E cioè: un tratto di pennarello su un dossier nel cassetto;
e un solo cantiere aperto, il Torino-Lione. Infatti, pur di non ridiscutere il
dogma, anni fa si virò disinvoltamente dall’“alta velocità” (persone) all’“alta
capacità” (merci). Chi, come La Stampa o l’ineffabile Siri, favoleggia di
“treno per persone e merci” non sa che dice: il Torino-Lione riguarda solo le
merci, mentre le persone viaggiano serene da decenni sul Tgv o su comodi aerei.
Il Tav sarebbe una seconda linea ferroviaria da affiancare a quella storica (la
Torino-Modane, inutilizzata all’80-90%), scavando 57 km di tunnel dentro
montagne piene di amianto e materiali radioattivi e devastando l’intera
Valsusa. Il tutto per soddisfare un fabbisogno che non esiste: il previsto boom
del traffico merci su quella direttrice si è rivelato una bufala colossale.
Merci fantasma. L’ha riconosciuto a fine 2017 persino
l’Osservatorio della Presidenza del Consiglio: “Molte previsioni fatte 10 anni
fa, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Ue sono state smentite dai
fatti”. Sulla Torino-Modane i treni merci viaggiano carichi di container
perlopiù vuoti. La linea è utilizzata per un quinto delle potenzialità: che
senso ha affiancargliene una nuova? Anche l’aumento dei Tir nel traforo del
Fréjus è una panzana: nel 2017 l’hanno attraversato 740mila mezzi pesanti,
stessa cifra di vent’anni fa. Come ha scritto sul Fatto il professor Francesco
Ramella, “l’attuale capacità disponibile è sovrabbondante e sarà ulteriormente
incrementata a breve con l’apertura al traffico della seconda canna del traforo
stradale del Fréjus. Anche qualora l’attuale ripresa dovesse proseguire, non si
verificherebbero criticità per almeno mezzo secolo. Ogni giorno percorrono
l’autostrada tra Torino e il confine francese poco più di 11.000 veicoli contro
i 33.000 della Torino-Piacenza: si tratta dunque di una infrastruttura poco
utilizzata”.
Ce lo chiede l’Europa. Secondo Aldo Grasso, ottimo critico
televisivo del Corriere di cui si ignoravano (e si continuano a ignorare) le
competenze in materia di Tav, questa “è una delle opere più importanti che
l’Europa aspetta da anni”. Nell’ambito di una non meglio precisata “piattaforma
logistica del Nord Ovest”. Ma – come spiega non il movimento No Tav, ma il sito
lavoce.info, molto apprezzato quando c’è da difendere il fondatore Tito Boeri –
“la Commissione Ue non ha mai chiesto che l’attraversamento delle Alpi avvenga
su una linea ad alta velocità: sia a Est sia a Ovest le merci possono
tranquillamente continuare a viaggiare su reti ordinarie, come da Lione a
Parigi”.
L’occupazione. Alta velocità, bassissima occupazione: le
previsioni più rosee indicano 4 mila nuovi occupati. Visto quanto ci
costerebbero pro capite (in soldi e in danni ambientali stimati dall’Agenzia
nazionale per l’ambiente francese e dai migliori atenei italiani), è molto più
conveniente mandarli a spaccare pietre e poi a reincollarle.
I costi. La delibera 67/2017 del Cipe (governo Gentiloni)
stima il costo complessivo del solo tunnel di base in 9,6 miliardi. Di questi,
il 57,9% lo paga l’Italia e solo il 42,1 la Francia (disparità incredibile,
tantopiù che il tunnel insiste per l’80% in territorio francese e solo per il
20 in territorio italiano, e spiegabile solo con l’ansia di convincere Parigi,
da sempre renitente all’impresa). Non solo: la delibera Cipe autorizza la spesa
dei 5,5 miliardi per 5 “lotti costruttivi non funzionali” del tunnel di base
che, presi singolarmente, sono inutilizzabili se non a opera ultimata. Lavori
inutili in caso di revisione o annullamento dell’opera. Infatti il Cipe avrebbe
potuto finanziarli solo se anche la Francia avesse stanziato la sua quota: cosa
che Parigi non fa, né si sa se e quando la farà. Dunque la delibera è in forte
odore di illegittimità.
Penali e restituzioni. Stampa, Repubblica, Corriere e Grasso
vaneggiano poi di “penali”, “multe” e “restituzioni” miliardarie. Anche se
avessero ragione, varrebbe comunque la pena sborsare 2 miliardi per
risparmiarne 10 o 20. Ed è curioso che tutti s’interroghino quanto costerebbe
non fare il Tav, e mai su quanto costerebbe farlo (l’operazione al completo,
per i docenti Andrea Debernardi e Marco Ponti, produrrebbe una perdita
economica di 7 miliardi, che salirebbe a 10 con le lievitazioni all’italiana).
In ogni caso, non è vero niente. Non c’è un solo contratto o accordo col
governo francese, con l’Ue o con ditte appaltatrici (per il tunnel di base non
è stata bandita alcuna gara) che parli di penali. L’Italia, nel tracciato
italiano, può fare ciò che vuole. La legge 191/2009, art. 2, comma 232 lettera
c prevede che “il contraente o l’affidatario dei lavori deve assumere l’impegno
di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria eventualmente sorta in relazione
alle opere individuate… nonché ad alcuna pretesa, anche futura, connessa al
mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi”.
Quanto alla Ue, finanzia solo lavori ultimati: dunque, se il Tav non si fa più,
l’Italia non deve restituire un euro, al massimo non incassa fondi per un’opera
annullata. Quando il Portogallo si sfilò, non sborsò un cent alla Spagna né
all’Ue. Idem la Francia: si finge interessata al Tav, ma ha sospeso i cantieri
sulla tratta nazionale (anche per i fulmini della Corte dei Conti) e per quella
internazionale – il tunnel di base – non ha mai erogato i finanziamenti (come
l’Ue). Senza l’ombra di una penale.
I fessi che prendono sul serio la patacca
stanno tutti Italia (“prima gli italiani”, direbbe Salvini). Se avessero
intascato tangenti e temessero di doverle restituire, almeno li potremmo
capire. Ci facciano sapere.
* da ilfattoquotidiano
– 31 luglio 2018