Saggi. «Le sfide di Podemos» di
Cesar Rendules e Jorge Sola per manifestolibri
di Loris Caruso *
Nella
sinistra europea c’è un prima e un dopo Podemos. Difficile negare l’innovazione
costituita da questo partito e la sua capacità di agire nello scenario attuale.
L’innovazione di Podemos riguarda due aspetti: la forma organizzativa e il
repertorio comunicativo. Prima, la riorganizzazione della sinistra avveniva
(per esempio nel caso di Syriza o della Linke) come aggregazione di partiti e
gruppi pre-esistenti. Podemos invece ha inventato un partito nuovo. Sul piano
del repertorio comunicativo, è il partito che importato in Europa, dall’America
Latina, il «populismo di sinistra»: messaggi polarizzanti, divisione «manichea»
della società tra basso virtuoso e alto corrotto e inefficace, centralità
(almeno iniziale) del leader, studio attento di ogni mossa comunicativa,
elettoralismo. Sono le ragioni della forza di Podemos e i motivi per cui è
stato criticato.
DELLA STORIA, dei dilemmi e delle prospettive di
Podemos si occupa un bel libro di Cesar Rendules e Jorge Sola, Le sfide di
Podemos (manifestolibri, pp. 126 , euro 10). Un libro né apologetico né
critico verso questo esperimento politico, i cui punti di forza sono evidenti:
ha costruito in pochi mesi la più efficace irruzione elettorale nel recente
senario europeo facendo uscire temi e discorsi della sinistra (radicale) dalla
marginalità. In pochi anni si è insediato in tutte le istituzioni spagnole.
Recentemente, è anche grazie alla sua iniziativa che il governo Rahoy è stato
sostituito da un governo «progressista» che apre nuovi spazi e nuove dinamiche.
DALL’ALTRA
PARTE, Podemos ha
finora fallito l’obiettivo per cui è nato: diventare il primo partito spagnolo
e conquistare il governo. Obiettivo che, d’altra parte, era stato posto in alto
proprio per uscire dall’angolo della testimonianza. Veniamo ai dilemmi, che
sono i dilemmi di tutti i partiti outsider di recente formazione, e che sono
però rafforzati dal fatto di essere un partito di sinistra. Riassumendoli, sono
questi: il partito come macchina da guerra elettorale/la partecipazione della
base; la capacità di irrompere velocemente nello spazio politico/i tempi lunghi
della politica; la natura di outsider/la necessità di essere rassicuranti per
aspirare al governo; la centralità della comunicazione/la pesantezza e la
materialità della lotta politica (e delle dure repliche dell’avversario, che
d’altra parte si costruiscono anch’esse soprattutto nella sfera comunicativa);
la ricerca della trasversalità/l’avere una base elettorale di sinistra e, a
sinistra, un competitor che, come il Psoe, mostra una sua resistenza; populismo
di sinistra/capacità di mobilitare concretamente le classi popolari;
identificazione con la «nuova politica»/riproduzione dei vizi tipici di tutti i
partiti (ambizioni personali, guerra per fazioni, competizione per il potere
interno).
SONO DILEMMI
INEVITABILI. Nessuna
difficoltà dell’azione politica reale può essere rimossa e nessuna innovazione
politica può farla sparire. Ma le battaglie politiche sono lunghe, e non è
affatto detto che quella di Podemos sia già persa.
* da il manifesto
12 luglio 2018
Nessun commento:
Posta un commento