5 luglio 2018

Rider di 50 anni iscritto alla Uil «licenziato». Riders Union Bologna: «Boicottate Glovo»


Gig Economy. La protesta sabato dalle 19 alle 22. Carmelo Barbagallo (Uil): "Casualità? Vedremo. Sarebbe gravissimo". A Milano il tribunale nega lo status di lavoratore subordinato a un ciclo-fattorino di origini egiziane. Due vicende che si abbattono sul tavolo sui riders con le parti sociali convocato dal ministro del lavoro Di Maio



Un rider di cinquant’anni è stato disconnesso («licenziato») dalla piattaforma Glovo dopo essersi iscritto alla Uil di Bologna. A un altro di origini egiziane il tribunale del lavoro di Milano ha respinto la richiesta di essere riconosciuto come un lavoratore subordinato dopo avere lavorato per sei mesi con un co.co.co. per Foodinho, azienda di consegne a domicilio di proprietà sempre della spagnola Glovo.

Due casi – il primo riguarda i diritti sindacali, il secondo lo status lavorativo sospeso nella zona grigia tra lavoro autonomo e subordinato – che si abbattono sul tavolo con le parti sociali convocato dal ministro del lavoro Luigi Di Maio finalizzato alla definizione delle tutele e, al momento, solo di «un contratto per i riders». Entrambi evidenziano il punto mancante nella trattativa in corso: il riconoscimento della subordinazione, inizialmente promessa dal governo in una bozza del «decreto dignità», in seguito scomparsa per tenere buone le imprese e farle sedere al tavolo. Tale norma andrebbe invece ristabilita nella discussione, volenti o nolenti le imprese, perché permette di definire l’attività subordinata durante lo svolgimento della prestazione coordinata dall’algoritmo distinguendola dalla contemporanea libertà del lavoratore di scegliere quando effettuare le consegne e quella dell’azienda di farlo lavorare. Così facendo si metterebbe ordine nell’attuale ordinamento, sul quale evidentemente si fa molta confusione, evitando sentenze come quelle di Milano e, tre mesi fa, di Torino.

Il riconoscimento di un rapporto di lavoro con diritti e obblighi, e non di una semplice prestazione volontaria del lavoratore a favore di una piattaforma, porterebbe con sé il riconoscimento dei diritti sindacali, oltre che sociali. Se Di Maio intende fare sul serio, e non perdere tempo in chiacchiere cosmetiche sulla «lotta contro il precariato», dovrebbe agire di conseguenza e risolvere un problema che non riguarda solo i «riders». Non è detto che lo farà, viste le premesse. La Riders Union Bologna ha annunciato per sabato sera dalle 19 alle 22 il blocco delle consegne di Glovo in solidarietà con il collega «sloggato». La Uil terrà un presidio in via Indipendenza alle 12,30. Il segretario generale Carmelo Barbagallo ha ricordato la necessità di riconoscere il vincolo della subordinazione e ha ricostruito la vicenda: «Si è iscritto alla Uil: un paio di giorni dopo è stato licenziato, Casualità? Saremmo di fronte a un fatto gravissimo». Per l’azienda il rider è «stato richiamato più volte», circostanza negata dalla Uil. Giorni fa il lavoratore ha partecipato a un volantinaggio di protesta. Solidarietà nei suoi confronti è stata espressa dalla Cgil. La Uil parla di «caporalato 4.0» e chiederà al tribunale la «riassunzione». Nel caso dei «riders» sloggati da Foodora dopo la protesta di due anni fa, il tribunale di Torino non ha riconosciuto tale possibilità. Questo perché manca la norma che lo permette. Glovo, infine, non ha firmato la carta dei diritti per i lavoratori digitali di Bologna.

Il rapporto annuale dell’Inps, presentato ieri dal presidente Tito Boeri, si è occupato della costellazione del lavoro digitale. I «riders» sarebbero il 10% dei lavoratori della «gig economy» (l’economia dei lavoretti). Gli altri sono una folla che oscilla attorno alla cifra di un milione di persone e, a dire dell’Inps, hanno contratti informali e verbali, sono pagati con buoni regalo o ricariche telefoniche, non sono soggetti a tutela, contribuzione e tassazione. Tra 137 e 175mila individui lo fanno come primo lavoro, 589-753mila come secondo. Tra chi fa il «rider» 1 su 2 vorrebbe un lavoro più stabile e il pagamento delle spese. Nel 50% dei casi si parla di studenti, il 30% sono lavoratori, il 20% sono disoccupati. Variabili i rapporti di lavoro: dai co.co.co. di Foodora al lavoro autonomo occasionale con pagamento misto di Deliveroo. Difficilmente si superano i 5 mila euro annui. Questo il ritratto di un segmento del nuovo proletariato.

* da il manifesto 5 luglio 2018

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