Gig Economy. La protesta sabato dalle 19 alle 22.
Carmelo Barbagallo (Uil): "Casualità? Vedremo. Sarebbe gravissimo". A
Milano il tribunale nega lo status di lavoratore subordinato a un
ciclo-fattorino di origini egiziane. Due vicende che si abbattono sul tavolo
sui riders con le parti sociali convocato dal ministro del lavoro Di Maio
di Roberto Ciccarelli *
Un rider di cinquant’anni è stato
disconnesso («licenziato») dalla piattaforma Glovo dopo essersi iscritto alla
Uil di Bologna. A un altro di origini egiziane il tribunale del lavoro di
Milano ha respinto la richiesta di essere riconosciuto come un lavoratore
subordinato dopo avere lavorato per sei mesi con un co.co.co. per Foodinho,
azienda di consegne a domicilio di proprietà sempre della spagnola Glovo.
Due casi – il primo riguarda i
diritti sindacali, il secondo lo status lavorativo sospeso nella zona grigia
tra lavoro autonomo e subordinato – che si abbattono sul tavolo con le parti
sociali convocato dal ministro del lavoro Luigi Di Maio finalizzato alla
definizione delle tutele e, al momento, solo di «un contratto per i riders».
Entrambi evidenziano il punto mancante
nella trattativa in corso: il riconoscimento della subordinazione, inizialmente
promessa dal governo in una bozza del «decreto dignità», in seguito scomparsa
per tenere buone le imprese e farle sedere al tavolo. Tale norma andrebbe
invece ristabilita nella discussione, volenti o nolenti le imprese, perché
permette di definire l’attività subordinata durante lo svolgimento della
prestazione coordinata dall’algoritmo distinguendola dalla contemporanea
libertà del lavoratore di scegliere quando effettuare le consegne e quella
dell’azienda di farlo lavorare. Così facendo si metterebbe ordine nell’attuale
ordinamento, sul quale evidentemente si fa molta confusione, evitando sentenze
come quelle di Milano e, tre mesi fa, di Torino.
Il riconoscimento di un rapporto di
lavoro con diritti e obblighi, e non di una semplice prestazione volontaria del
lavoratore a favore di una piattaforma, porterebbe con sé il riconoscimento dei
diritti sindacali, oltre che sociali. Se Di Maio intende fare sul serio, e non
perdere tempo in chiacchiere cosmetiche sulla «lotta contro il precariato»,
dovrebbe agire di conseguenza e risolvere un problema che non riguarda solo i
«riders». Non è detto che lo farà, viste le premesse. La Riders Union Bologna
ha annunciato per sabato sera dalle 19 alle 22 il blocco delle consegne di
Glovo in solidarietà con il collega «sloggato». La Uil terrà un presidio in via
Indipendenza alle 12,30. Il segretario generale Carmelo Barbagallo ha ricordato
la necessità di riconoscere il vincolo della subordinazione e ha ricostruito la
vicenda: «Si è iscritto alla Uil: un paio di giorni dopo è stato licenziato,
Casualità? Saremmo di fronte a un fatto gravissimo». Per l’azienda il rider è
«stato richiamato più volte», circostanza negata dalla Uil. Giorni fa il
lavoratore ha partecipato a un volantinaggio di protesta. Solidarietà nei suoi
confronti è stata espressa dalla Cgil. La Uil parla di «caporalato 4.0» e
chiederà al tribunale la «riassunzione». Nel caso dei «riders» sloggati da
Foodora dopo la protesta di due anni fa, il tribunale di Torino non ha
riconosciuto tale possibilità. Questo perché manca la norma che lo permette.
Glovo, infine, non ha firmato la carta dei diritti per i lavoratori digitali di
Bologna.
Il rapporto annuale dell’Inps,
presentato ieri dal presidente Tito Boeri, si è occupato della costellazione
del lavoro digitale. I «riders» sarebbero il 10% dei lavoratori della «gig
economy» (l’economia dei lavoretti). Gli altri sono una folla che oscilla
attorno alla cifra di un milione di persone e, a dire dell’Inps, hanno
contratti informali e verbali, sono pagati con buoni regalo o ricariche
telefoniche, non sono soggetti a tutela, contribuzione e tassazione. Tra 137 e
175mila individui lo fanno come primo lavoro, 589-753mila come secondo. Tra chi
fa il «rider» 1 su 2 vorrebbe un lavoro più stabile e il pagamento delle spese.
Nel 50% dei casi si parla di studenti, il 30% sono lavoratori, il 20% sono
disoccupati. Variabili i rapporti di lavoro: dai co.co.co. di Foodora al lavoro
autonomo occasionale con pagamento misto di Deliveroo. Difficilmente si
superano i 5 mila euro annui. Questo il ritratto di un segmento del nuovo
proletariato.
* da il manifesto 5 luglio 2018
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