Il 20
settembre, il vasto movimento italiano per la
gestione pubblica dell’acqua si è ritrovato a Napoli, capitale
dell’acqua pubblica, per rilanciare con forza la difesa di questo bene
fondamentale e sempre più sotto attacco dai poteri forti. E questo, nonostante
che il Referendum (2011) abbia sancito che l’acqua deve essere sottratta alle
leggi del mercato e che non si può fare profitto. A rafforzare l’esito referendario
è venuta ora anche l’enciclica Laudato Si’ che afferma che “l’accesso all’acqua
potabile è un diritto umano essenziale fondamentale e universale, perché
determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per
l’esercizio degli altri diritti umani” (n.30).
Ma
nonostante il Referendum e le parole forti di papa Francesco, il governo Renzi (come i precedenti Berlusconi, Monti,
Letta), sta perseguendo politiche di privatizzazione dell’acqua,
perché i governi sono, oggi, prigionieri dei poteri economico-finanziari che
guardano a questo bene come fonte di enormi guadagni.
L’unica grande città che in Italia ha obbedito al Referendum è stata Napoli. Il sindaco De Magistris nel 2011
ha trasformato la vecchia azienda Arin spa in Abc (Acqua bene comune), Azienda
Speciale, che non ti permette di fare profitto. Ma quello era solo l’inizio di un processo ancora in atto. I comitati
dell’acqua, coordinati da Consiglia Salvio, hanno fatto pressione sul sindaco perché affidasse con una
convenzione l’acqua di Napoli ad Abc. Finalmente il 9 marzo di quest’anno, il
consiglio comunale, con un voto unanime (le destre si sono astenute) ha
affidato l’acqua per trent’anni ad Abc. Ed inoltre ha votato uno Statuto di Abc
che prevede l’1 per cento degli utili vada a portare acqua a chi non ce l’ha e i comitati dell’acqua possano presenziare al cda di Abc.
De Magistris
ha poi eletto come presidente di Abc, Maurizio Montalto, l’avvocato che in
questi anni ha gratuitamente assistito i comitati. Siamo fieri di quanto è
avvenuto a Napoli, capitale dell’acqua pubblica, che convoca ora il movimento
dell’acqua ad opporsi alle politiche del governo Renzi, che, tramite la Spending
Rewiew, lo Sblocca Italia e la legge Madia, sta spingendo il paese verso la
privatizzazione dell’acqua. È ormai chiaro che il
governo Renzi vuole affidare l’acqua del Bel Paese a quattro multiutilities:
Iren (Liguria/Piemonte), A2A (Lombardia), Hera (Emilia Romagna, Marche,
Veneto), Acea (Lazio, Abruzzo, Molise e il Meridione). Sono quattro piccole
multinazionali.
Ormai il controllo dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia vanno gradualmente
nelle mani di poche multinazionali. I Comuni e con essi le comunità che rappresentano,
perdono così la capacità di decidere sui beni fondamentali per la vita. Il
processo di affidamento alle multinazionali è graduale: il primo passo è l’accorpamento regionale degli Ato
(Ambiente Territoriale Ottimale) verso un unico Ato. L’idea di un
unico Ato non ha nessun fondamento né scientifico né organizzativo. La
Campania, per esempio, è divisa in cinque Ato idrogeografici. La giunta campana
di De Luca, da poco eletto, sta riproponendo lo stesso piano di Caldoro: un
unico Ato.
Ma c’è un passaggio nuovo in questa guerra sull’”oro blu”. Non è più
soltanto la questione gestione dell’acqua, ma la conquista delle fonti. In Campania le fonti e gli
acquedotti sono in mano ad Acqua Campania che è una piccola multinazionale.
Infatti il 47,9 per cento delle azioni sono di Caltagirone e il 47,9 per cento
della più grande multinazionale dell’acqua , Veolia. Il resto delle quote sono
di Impregilo International e di banche come Compagnia San Paolo e Cariplo. Di
campano, Acqua Campania ha solo il nome. Tra qualche anno la concessione, data
dalla Regione, cesserà e lo strumento che useranno sarà l’Ato unico che ha
anche il potere di affidare le fonti. I comitati campani propongono ora una
loro legge regionale. E continua la mobilitazione.
Ed è quanto sta avvenendo in tante regioni del Centro-Sud. È un piano criminale per
accaparrarsi il nostro bene più prezioso. Ecco perché abbiamo ritenuto
opportuno , in questo momento storico, di invitare tutto il movimento
dell’acqua (insieme al Forum) a Napoli, capitale dell’acqua pubblica, per resistere a questo criminale disegno di
consegnare non solo la gestione, ma anche le fonti in mano alle lobbies. In
particolare, noi di Napoli invitiamo tutti i comitati del Centro-Sud per far
fronte comune contro la potente multiutility Acea che agisce a nome di Veolia,
la più potente multinazionale dell’acqua che vuole ora papparsi l’acqua del
centro-Sud.
Abbiamo
invitato tanti sindaci da tutta l’Italia, in particolare i sindaci
“resistenti”, quello di Saracena (Cosenza) e quello di Roccapiemonte
(Salerno). In partiolare abbiamo invitato i sindaci di Messina e di Palermo,
nella speranza che queste due città possano fare il passo fatto da Napoli.
Potremmo così avere tre grandi città del Sud che ripubblicizzano l’acqua (e il
mio augurio è che nasca una rete di sindaci per la gestione pubblica
dell’acqua).
Questo nostro Sud deve rialzare la testa e dire: ”Basta!”. E mi auguro che sarà proprio il
Sud, così escluso, emarginato e depauperato, a dare un esempio alle altre
regioni. Dal basso e insieme si può!