29 maggio 2023

Spagna, come sono andate le Comunali e perché sono così importanti. Il trionfo dei Popolari, l’allarme dei socialisti, la crisi di Podemos. E lo “spettro” di Vox cresce

di Elisa Tasca (FQ  29 Maggio 2023 )

L’espressione più indicata per descrivere il risultato delle elezioni amministrative spagnole l’ha utilizzata il presidente socialista uscente della comunità di Aragón, Javier Lambán, che ha definito l’avanzata dei popolari nei governi locali e regionali come uno “tsunami”. Questa domenica, infatti, la Spagna si è colorata di azzurro, dopo la vittoria dei indiscussa del Pp con più di 7 milioni di voti, contro i 6,3 dei socialisti. Gli spagnoli sono stati chiamati alle urne per scegliere i rappresentanti di 12 comunità autonome e 8.087 comuni, nella prima grande giornata elettorale dopo la pandemia. In molte località il margine di vittoria è stato di poche migliaia di voti e sarà necessario aspettare gli accordi post elettorali. Tuttavia, le tendenze di queste elezioni sono chiare: Ciudadanos sparisce dalla mappa politica e i suoi voti vengono assorbiti, quasi totalmente, dai popolari. Vox migliora in molte località e assume un ruolo chiave per permettere a popolari di governare in diversi municipi e comunità. Il Psoe peggiora le sue aspettative a sei mesi dalle elezioni generali, e Podemos riduce radicalmente la sua rappresentanza in diversi municipi e comunità.

I risultati principali

Il risultato più atteso di queste elezioni era quello della Comunità Valenciana, un bastione socialista che è passato nelle mani del Pp (40 seggi) che avrà però bisogno di Vox per poter governare. Lo stesso è accaduto in Extremadura, dove il Psoe è stato il partito più votato ma non ha raggiunto la maggioranza assoluta, che invece raggiungono i popolari insieme a Vox (28+5), Aragón (28 seggi del PP e 7 di Vox), Baleari (25 PP, 8 Vox) e Cantabria (15 PP e 4 Vox). Ne La Rioja e nella comunità di Madrid, invece, il Pp ha ottenuto la maggioranza assoluta (con 17 e 71 seggi rispettivamente) e la governatrice riconfermata Isabel Dìaz Ayuso potrà governare in autonomia, così come nel governo municipale della capitale spagnola (con 29 seggi) che ha ribadito il consenso per il sindaco José Luis Martínez-Almeida. Il Psoe ha mantenuto il governo della comunità di Castiglia La Mancha con un solo seggio di differenza (17) rispetto alla somma di Pp e Vox (16).

Tra le città più importanti in cui si è votato, il Pp recupera Siviglia e Valencia, dove però avrà bisogno di Vox. A Barcellona si dovrà aspettare il post elezioni per sapere chi governerà la città. Xavier Trias, candidato di Junts per Catalunya (indipendentisti di centrodestra, 11 seggi), è stato il più votato. Dopo di lui il socialista Jaume Collboni (10 seggi) e Ada Colau (9 seggi). La sindaca uscente, portabandiera di Barcelona en Comù (area Podemos), non potrà ripetere il mandato ma sarà fondamentale per scegliere chi sosterrà tra i due candidati a sindaco.

Verso le elezioni politiche di fine anno

La campagna elettorale per le elezioni di questa domenica è stata atipica. I temi di dibattito su cui i candidati si preparavano a discutere – salute, istruzione, mobilità tra gli altri – sono stati completamente offuscati dalle polemiche sulle liste del partito regionale basco Bildu e da diversi casi di brogli elettorali. La campagna, fin dall’inizio, si è giocata non a livello locale ma nazionale, con il leader popolare Alberto Nuñez Feijóo deciso sul condannare gli accordi tra il governo e la formazione basca e Pedro Sánchez che approfittava degli incontri elettorali per annunciare una raffica di nuove misure sociali (come il cinema a due euro per gli over 65).

Tuttavia i risultati di questa tornata elettorale suggeriscono alcune tendenze con le elezioni generali alle porte. Ai comizi municipali del 2019, in un momento di profonda crisi, il Partito Popolare aveva ottenuto 1,6 milioni di voti in meno rispetto ai socialisti. In quel momento, però, nello spazio politico della destra c’era una terza formazione, Ciudadanos, i cui voti, come previsto, sono stati assorbiti quasi totalmente dai popolari in questa tornata elettorale. Ciudadanos, che era arrivato​​ nel 2019 a essere la terza forza nel Congresso dei Deputati, solo dopo Psoe e Pp, ha decretato questa domenica la sua morte politica, che verrà verosimilmente certificata dalle elezioni generali di fine anno.

L’ultradestra di Vox migliora i suoi risultati e si converte in una forza politica determinante per i popolari per poter governare diversi municipi e comunità autonome. Si consolida nelle istituzioni municipali e regionali e l’interrogativo ora è se questo scenario si possa verificare fra sei mesi alle elezioni politiche, nel caso di una vittoria del Pp senza maggioranza assoluta. Feijóo ha ripetuto in diverse occasioni che non permetterà a Vox di entrare nei governi guidati dal PP ma il partito di estrema destra, con i risultati di questa domenica, alzerà la voce per ottenere rappresentanza istituzionale. Questo scenario ricorda quando Feijóo arrivò a presiedere il partito dopo la defenestrazione del precedente leader, Pablo Casado. Si erano appena celebrate le elezioni anticipate in Castilla e Leon, dove Vox è entrato nel governo regionale guidato dai popolari. In quel momento il leader gallego prese le distanze da questa scelta, scaricando la responsabilità politica dell’accordo sul presidente regionale, Alfonso Fernández Mañueco. Ora però i territori in gioco sono molti e lo scenario più probabile è che il centrodestra a guida “moderata” dovrà cedere alle richieste di Vox per poter governare.

Oltre a Ciudadanos, anche Podemos ha subito una forte debacle e ha perso rappresentazione in diversi governi municipali e regionali: a Madrid, per esempio, non ha superato la soglia di sbarramento né nel municipio, né nella comunità. I pessimi risultati di Unidas Podemos si spiegano in parte anche per la frammentazione dello spazio politico a sinistra del Psoe. Il lancio della formazione della vicepresidente del governo e ministra del Lavoro, Yolanda Diaz, ha provocato una certa tensione tra le formazioni che non hanno ancora deciso se si presenteranno insieme alle elezioni generali (Diaz non si è candidata alle regionali). Un problema che gli analisti avvertono da tempo e che si riflette nei sondaggi. L’ultimo di 40dB, pubblicato a inizio maggio e realizzato per El Paìs e la Cadena SER, include anche Sumar, la nuova formazione lanciata da Yolanda Diaz. Quest’ultima non ha partecipato a queste elezioni ma si candiderà alle Politiche. Secondo le stime, potrebbe arrivare a essere la quarta forza politica. Tuttavia, la divisione tra Podemos e Sumar – anche per i meccanismi della legge elettorale che premia i partiti più grandi – provocherebbe una perdita importante di seggi per la sinistra.

Inizia una nuova campagna elettorale, tra delusione ed euforia
Le reazioni ai risultati di queste elezioni riflettono la situazione della politica spagnola attuale. Da un lato il Psoe ha riconosciuto la sconfitta, affermando che da domani “si metteranno al lavoro da subito” per analizzare cosa è andato storto e cambiare strategia. Nella sede di Ciudadanos non hanno potuto far altro che constatare la quasi estinzione del partito che sicuramente non sopravviverà alle generali, e in Unidas Podemos hanno riconosciuto il fallimento di queste elezioni, andate forse peggio di come credevano, in cui hanno perso parte della loro rappresentanza.

Nella sede di Vox invece regnava la soddisfazione, coscienti di essere diventati decisivi per il Pp. La festa più grande, però, l’hanno vissuta i popolari davanti alla loro sede con centinaia di elettori che hanno atteso l’uscita del sindaco di Madrid, José Luis Martinez Almeida, della presidenta della comunità, Isabel Diaz Ayuso, e del leader del partito Feijóo. In un clima di euforia, in cui tutti gridavano all’unisono “presidente, presidente”, il leader gallego ha affermato che questa giornata segna “l’inizio di un nuovo ciclo” che terminerà con le elezioni di fine anno. In queste settimane si conosceranno gli accordi politici che governeranno comuni e regioni. Quel che è certo, però, è che nei prossimi sei mesi il Paese vivrà in un costante clima elettorale. Da oggi, infatti, inizia la campagna per le elezioni generali di fine anno, durante la quale tutti gli occhi saranno puntati sulla Spagna, che dovrà anche presiedere il semestre europeo.

 

Voto di scambio, decine di inchieste e pioggia di arresti in Spagna per le Comunali: scandalo bipartisan, coinvolti socialisti e popolari

di Elisa Tasca ( FQ del 26 Maggio 2023 )

Nelle due settimane di campagna elettorale per le elezioni comunali e regionali del 28 maggio i temi di dibattito su cui si sarebbero dovuti confrontare i candidati, come la salute, la questione abitativa e la mobilità sostenibile, sono passati in secondo piano. Se nella prima settimana Eta è stata la protagonista, in questi ultimi sette giorni non si parla d’altro che dei numerosi casi di brogli elettorali nel voto via posta, che si sono moltiplicati in diversi comuni spagnoli chiamati alle urne. Fino a ora, sono una decina le inchieste aperte in diversi territori: Melilla, Zamora, Huelva, Almería, Murcia, Alicante e Santa Cruz de Tenerife. Lo scandalo implica soprattutto due partiti, il Partito socialista e il Partito Popolare, con arresti tra le fila dei candidati.

Il voto via posta

 In Spagna, a differenza che in Italia, il voto per corrispondenza è possibile. Dal 4 aprile al 18 maggio era possibile infatti richiedere di votare via posta per le elezioni municipali e regionali del 28 maggio. Come funziona? Una volta ricevute le schede elettorali corrispondenti a ogni partito, l’elettore deve inserire nella busta inviatagli la scheda del partito che vuole votare (nel caso in cui si decida di votare in bianco, non deve inserire nessuna scheda). Una volta terminato questo procedimento, la busta deve essere consegnata presso un ufficio postale o inviata via posta certificata almeno tre giorni prima della giornata elettorale. Il giorno delle elezioni, Correos (le poste spagnole) invia ai seggi elettorali corrispondenti le buste elettorali, che vengono inserite nelle urne al termine delle votazioni e prima degli scrutini. Per votare via posta viene richiesto il documento d’identità. Tuttavia, quando si depositano le schede elettorali all’ufficio postale o quando si inviano non viene richiesta nessuna identificazione, e chiunque può depositare il voto di un altro elettore. Questo è uno dei principali problemi che aumenta il rischio di possibili brogli elettorali.

Decine di inchieste aperte e molti arresti

Lo scandalo dei presunti brogli elettorali è iniziato a Melilla, quando l’8 maggio sono state rubate decine di schede elettorali che i postini stavano consegnando agli elettori e che sono state successivamente annullate. Dopo il furto, i sospetti sono cresciuti dato che si è notato un aumento anomalo delle richieste di voto via posta. Grazie a un’inchiesta della Polizia Nazionale, si è scoperta una trama mafiosa che ha portato all’arresto di una decina di persone – ora poste in libertà vigilata – tra cui un consigliere del governo della città autonoma del partito Coalizione per Mellilla. Come spiega El País, a cittadini “vulnerabili” venivano offerti tra i 50 e i 200 euro. Gli elettori avrebbero dovuto richiedere il voto via posta, presentando il loro documento d’identità, e una volta ricevuta la documentazione l’avrebbero girata al gruppetto in cambio di denaro. Con le schede elettorali in mano, poi, gli arrestati avrebbero dato il voto al miglior offerente tra i partiti. In seguito a questi scandali, la Junta Electoral Central ha comunicato che gli uffici postali di Melilla avrebbero richiesto il documento d’identità anche per depositare il voto.

Vicenda simile è stata scoperta a Mojácar (Almería) e ha portato all’arresto di 7 persone, tra cui due candidati del Psoe. In questo caso, agli elettori veniva richiesto di depositare personalmente il voto all’ufficio postale, dopo aver controllato che la scheda elettorale inserita fosse dei socialisti. A Huelva – racconta ElDiario.es – è stato invece proprio il Partito socialista a denunciare il Partito popolare e il comune di Villalba del Alcor, guidato dai popolari, che avrebbero gestito direttamente la richiesta di voto via posta di vari elettori.

A Zamora il Psoe ha denunciato il candidato sindaco di Zamora Sí del comune Moraleja de Sayago per aver presumibilmente manipolato il voto via posta di circa 50 anziani di una residenza. Ad Albudeite (Murcia) sono scattati 13 arresti, tra i quali figura la candidata sindaca del Psoe, e un’altra candidata dello stesso partito. Altre inchieste sono in corso a Mazarrón (Murcia) e a Bigastro (Alicante): in questi casi sono stati coinvolti esponenti del Partito Popolare.

Spagna, ex terroristi dell’Eta candidati alle amministrative. L’azzardo basco monopolizza il dibattito, Sánchez: “Legale ma indecente”

di Elisa Tasca ( FQ 21 Maggio 2023 )

Nessuno si sarebbe aspettato che la prima settimana di campagna elettorale per le elezioni amministrative in Spagna si sarebbe conclusa con un solo tema al centro del dibattito, l’ETA. Da giorni non si parla d’altro. L’organizzazione terrorista dei Paesi Baschi, che 12 anni fa annunciò la fine della lotta armata e cinque anni fa la sua dissoluzione, è diventata la protagonista dei dibattiti dopo che il partito basco EH Bildu aveva presentato una lista di candidati municipali che includevano 44 ex membri di ETA, compresi sette condannati per delitti di sangue. Bildu è una coalizione di partiti indipendentisti baschi fondata nel 2012, che comprende Eusko Alkartasuna, Aralar, Alternatiba e Sortu, successore di Batasuna, il braccio politico di ETA. È un partito legale, nel cui statuto rifiuta qualsiasi forma di violenza, anche quella terrorista. Di fronte alle durissime critiche del governo, dei collettivi di vittime del terrorismo e dell’opposizione, i sette candidati hanno annunciato che in caso di elezione rinunceranno all’incarico. Tuttavia, il Partito Popolare (PP) ha approfittato della situazione, in particolare la candidata alla Presidenza della Comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, che ha portato la polemica all’estremo. “ETA è viva”, ha detto lo scorso giovedì, inorridendo i familiari delle vittime.

La presenza di ex membri di ETA nelle liste elettorali di Bildu nei Paesi Baschi e in Navarra, denunciata dal Collettivo di Vittime del Terrorismo (Covite), ha colto di sorpresa il presidente del Governo, Pedro Sánchez, che si trovava in viaggio negli Stati Uniti per un incontro con Joe Biden. Dalla Casa Bianca ha affermato: “Esistono cose che possono essere legali, ma che non sono decenti, e questa è una di quelle (…) l’unica cosa che possono apportare queste persone alla vita pubblica è un messaggio di perdono, di riparazione e di pentimento”. Il collettivo Covite ha denunciato subito in un comunicato la gravità della decisione del partito definendola “un pericolo per la democrazia”. Con le dichiarazioni di Sánchez, il governo sperava di chiudere la questione il prima possibile e di ritornare alle promesse elettorali. Al contrario, era solo l’inizio di una polemica che ha assunto fin da subito scopi elettorali. Il Partito Popolare, attraverso il suo dirigente Alberto Nuñez Feijoó, non ha tardato a ricordare pubblicamente gli accordi del governo con Bildu che durante la legislatura hanno permesso di adottare leggi importanti: l’ultima fra tutte, quella sulla casa. Il partito ultra Vox, invece, per l’ennesima volta ha chiesto a gran voce di rendere illegale il partito basco.

Di fronte alle critiche, Bildu ha fatto marcia indietro. In una lettera pubblicata nel giornale Naiz, i sette ex membri di ETA condannati per delitti di sangue e presenti nelle liste elettorali hanno annunciato che rinunceranno all’incarico nel caso venissero eletti. Alla decisione dei membri di Bildu, è seguita la risposta della giustizia, interpellata dall’associazione di vittime Dignità e Giustizia sull’inclusione di ex terroristi nelle liste, che ha confermato l’eleggibilità dei candidati dato che avevano già scontato la loro pena e gli anni di inabilitazione. Di nuovo, quando si credeva possibile voltare pagina e abbandonare la polemica, i toni si sono inaspriti, soprattutto con l’insistenza di Isabel Díaz Ayuso che reclama la messa al bando di Bildu, esattamente come fa Vox. Tuttavia gli stessi popolari escludono questa possibilità dato che la giustizia si è già pronunciata al riguardo, stabilendo che il partito basco è una formazione democratica. In un incontro con i giornalisti, Ayuso ha difeso così la sua posizione: “Bildu non sono gli eredi di ETA; è ETA (…) ETA è viva, è nel potere, vive dei nostri soldi, minaccia le nostre istituzioni, vuole distruggere la Spagna, e privare a milioni di spagnoli dei loro diritti costituzionali”.

Le dichiarazioni della presidenta hanno inorridito le vittime del terrorismo che non sono rimaste in silenzio. Pablo Romero, giornalista, figlio del tenente colonello Juan Romero Álvarez assassinato da ETA nel 1993 a Madrid, ha scritto in un tweet, rivolgendosi ad Ayuso: “La smetta di dire queste atrocità. Mi risparmi il dolore di sentire che ETA continua a vivere. Glielo chiedo per favore, se davvero vuole rispettare le vittime del terrorismo che lottano per la memoria e per la giustizia”. Anche Consuelo Ordoñez, presidente di Covite e sorella di Gregorio Ordoñez, deputato popolare del parlamento basco assassinato da ETA a San Sebastian nel 1995, ha risposto alla candidata del PP. “È la banalizzazione allo stato puro, non rispettano i morti, non rispetteranno i loro familiari”. Alle critiche si è unita anche Maria Jauregui, figlia di Juan Maria Jauregui, politico socialista assassinato da ETA nel 2000 a Tolosa, che ha criticato Ayuso per la mancanza di rispetto verso le vittime: “Non vale tutto in politica. È indecente”, ha dichiarato.

 

22 maggio 2023

Alluvione in Emilia-Romagna e Marche: le 5 richieste di Legambiente al governo Meloni

 Negli ultimi 20 anni è mancata una seria politica di governo del territorio e i 10,6 miliardi di euro per la prevenzione sono stati spesi in modo inefficace. Italia ancora una volta fragile e impreparata di fronte alla crisi climatica. Sono 6,8 i milioni di cittadini a rischio alluvione

In questi giorni difficili per l’Emilia-Romagna e le Marche colpite da una violenta alluvione, Legambiente esprime la sua vicinanza e solidarietà, alle famiglie delle vittime, agli abitanti delle aree colpite e alle squadre di soccorso e di pronto intervento che, senza sosta, stanno aiutando la popolazione e sottolinea che «Quello a cui stiamo assistendo è l’altra faccia della crisi climatica che si ripercuote sui territori con eventi estremi sempre più intensi, con rischi per la vita delle persone e impatti sull’ambiente e sull’economia. E l’Italia ancora una volta si dimostra impreparata di fronte alla crisi climatica e agli eventi estremi».

Per questo Legambiente lancia oggi un appello al Governo indicando i 5 interventi da mettere in campo e che devono essere al centro di una chiara ed efficace strategia di prevenzione: 1) approvare definitivamente ilPiano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, ancora in standby dopo la fase di VAS (valutazione ambientale strategica) avviata dal governo alla fine dello scorso anno dopo la tragedia di Ischia; 2) stanziare le adeguate risorse economiche per attuarlo; 3) rafforzare la governance del territorio, affidando un ruolo centrale alle autorità di distretto in merito al monitoraggio e alla gestione del territorio; 4) approvare una legge sullo stop al consumo di suolo che il paese aspetta da 11 anni: la proposta di legge, il cui iter legislativo è iniziato nel 2012, è bloccata in Parlamento dal 2016, quando fu approvata dalla Camera dei deputati, prevedendo di arrivare a quota zero, cioè a non cementificare un metro quadro in più, entro il 2050; 5) promuovere efficaci politiche territoriali di prevenzione e campagne di informazione di convivenza con il rischio per evitare comportamenti che mettono a repentaglio la vita delle persone.

Frane e alluvioni fanno parte delle caratteristiche intrinseche del nostro Paese. I numeri di Ispra parlano chiaro: «L’8,7% del territorio è classificato a pericolosità da frana elevata e molto elevata; il 15,4% invece è classificato a pericolosità media ed elevata alle alluvioni. Numeri che si riflettono sulla popolazione a rischio. Sono infatti 6,8 milioni i cittadini a rischio alluvione e 1,3 milioni quelli a rischio frana».

Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, spiega che «Nel nostro Paese  il rischio idrogeologico è noto, mappato e ci sono le conoscenze giuste per intervenire ma continua a non essere affrontato e gestito in maniera adeguata, anche in quelle aree in cui eventi analoghi si sono già verificati come ad esempio le Marche colpite violentemente anche lo scorso settembre e negli anni passatiInoltre, bisogna considerare che i terreni si sono inariditi e induriti dopo mesi di siccità, e questo fattore li ha resi meno permeabili ad assorbire una parte delle precipitazioni che si sono riversate in questi giorni. I due fenomeni vanno trattati in maniera integrata per poter sviluppare soluzioni efficaci. Servono anche più politiche territoriali di prevenzione e campagne informative sulla convivenza con il rischio per evitare azioni che mettono a repentaglio la vita dei cittadini».

Secondo i dati forniti dalla piattaforma Rendis di Ispra, a livello nazionale in Italia dal 1999 al 2022 sono stati spesi per la prevenzione del rischio idrogeologico ben 10,57 miliardi di euro per finanziare 11.204 progetti e opere per mitigare il rischio. Di questi ultimi, il 43% (4.834 su 11.204) sono state opere terminate. Al di là di valutare se i soldi siano stati tanti o pochi, per Legambiente «E’ utile fare una riflessione se quelli che sono stati spesi in questi due decenni hanno portato a una effettiva mitigazione e riduzione del rischio in Italia».

Il presidente nazionale del Cigno Verde, Stefano Ciafani, conclude: «Negli ultimi decenni è mancata in Italia una seria politica di governo del territorio, troppo spesso spezzettata e scoordinata, e le risorse stanziate in questi anni per la prevenzione, oltre 10 miliardi, sono stati spesi in modo inefficace. Il rafforzamento della governance del territorio rappresenta un primo passo fondamentale per non esporre al rischio la popolazione, ma soprattutto per garantire quella capacità di adattarsi meglio al verificarsi dei prossimi eventi estremi. Le immagini dell’alluvione che sta colpendo Emilia-Romagna e Marche ci ricordano l’urgenza di intervenire per tempo. Continuiamo a rincorrere le emergenze senza una strategia di prevenzione, che ci permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse economiche spese per i danni provocati da eventi estremi, alluvioni, piogge e frane. Gli strumenti ed i soggetti competenti ci sono. Le conoscenze anche. Serve la volontà politica che è mancata finora».

21 maggio 2023

Elezioni Grecia: Tsipras punta ai giovani. La sinistra marcia divisa

Il Pasok è in crisi esistenziale, con i comunisti del Kke i rapporti sono a zero

 di Dimitri Deliolanes *

Oggi votano 9 milioni 810 mila greci. La maggior parte sono donne e pensionati. I nuovi elettori, coloro che hanno compiuto il 17simo anno di età e voteranno per la prima volta, sono 438 mila. Tra di loro si annoverano anche quei 250 mila giovani, che già lavorano in strutture turistiche nelle isole, cui il premier Kyriakos Mitsotakis non ha voluto concedere il permesso di tornare oggi a casa per votare. La società americana che cura la campagna elettorale di Mitsotakis ha scoperto che tra i ragazzi il premier non va fortissimo. È meglio quindi che non tornino a casa.

Al contrario di Mitsotakis, Tsipras conta molto sul voto giovanile, anche se c’è il rischio che una parte vada dispersa tra le tante liste della sinistra. Tra queste solo i comunisti del Kke (il più vecchio partito del paese) e il Mera25 di Varoufakis entreranno in parlamento. Le altre liste, per la maggior parte, rimarranno sotto l’uno per cento.

Syriza affronta questa scadenza elettorale con grande impegno e con l’aria del vincitore sicuro. La verità però è che non è riuscito a liberarsi completamente di un grave peso. Riguarda il suo cedimento nell’agosto del 2015 alle feroci pressioni di Berlino, accettando il terzo disastroso «piano di salvezza», cioè di insopportabile austerità. È vero che Tsipras subito dopo ha proclamato nuove elezioni nel settembre 2015 e le ha vinte. Ed è anche vero che negli anni seguenti ha gestito nella maniera migliore possibile le imposizioni punitive dell’eurozona, salvando il salvabile, difendendo le classi più deboli e conducendo infine il paese fuori dalla crisi. Ma come Tsipras stesso ha ammesso qualche anno fa, nella campagna per le elezioni del 2015 aveva tirato troppo la corda, usando slogan «populisti» e «demagogici», alimentando così «aspettative irrealizzabili». Oggi però si trova in un paese senza memoria e completamente disinformato (le tv greche sono in mano alla destra di governo), a dover ricordare a tutti che certe misure odiose, come il pignoramento della prima casa per debiti bancari, non erano scelte sue ma di Angela Merkel.

La scommessa che Syriza ha fatto imponendo a suo tempo il sistema elettorale proporzionale non riguarda solo la rappresentanza in parlamento e la formazione di un governo di coalizione. Punta anche alla regolamentazione dei rapporti interni nell’area della variegata sinistra ellenica, da tempo sofferente di autismo ideologico e dispersa in mille rivoli. È un terreno minato, in cui c’è ancora molto da fare.

Lasciando da parte i socialisti del Pasok, che ancora devono decidere se sono di sinistra o di destra e cosa faranno da grandi, c’è da confrontarsi con il Partito comunista Kke forte del 5%. Oggi i rapporti tra Kke e Syriza sono praticamente inesistenti. Pochi giorni fa il segretario comunista Dimitris Koutsoumbas ha dichiarato che «il governo Tsipras è stato il peggiore degli ultimo decenni». Attacchi del genere il partito comunista li lancia in ogni direzione. In sostanza, la loro attività politica si limita in sparate del genere. I comunisti greci da molti anni vivono trincerati in uno splendido isolamento a difendere la «purezza ideologica» del marxismo-leninismo e l’esperienza sovietica, che è terminata «a causa delle trame dell’imperialismo e del tradimento di Gorbaciov». Difficile parlare di politica con un partito simile.

Anche con Varoufakis i rapporti continuano a essere freddissimi. La ferita del 2015 non si è mai rimarginata. Il brillante economista segue la sua strada con Mera25, un movimento internazionale contro il neoliberalismo. In Grecia il disegno di «ribaltamento» ha un certo seguito, in queste elezioni c’è anche un’alleanza con altri ex Syriza. E Varoufakis non nasconde la sua soddisfazione. Questa volta quindi se dovrà partecipare a qualche governo, lo farà non da ministro ma da premier, pronto a duellare con il «minotauro globale».

leggi anche:

                                                                                                                                                                   - La Grecia torna alle urne, ma rischia il binario morto                                          

- Varoufakis (Mera25): «Il paese crolla. Bisogna rompere con l’austerity»

* da il manifesto 21 maggio 2023