di Massimo Marino *
E’ desolante leggere i pochi commenti sui risultati delle elezioni politiche spagnole seguite al tracollo del governo socialista di Zapatero, con il tonfo del suo partito, il PSOE , il non-trionfo dei conservatori del PP e lo spappolamento in mille direzioni degli elettori in un paese da mesi al centro dei commentatori per la pesante crisi sociale e per l’azione dei giovani indignados che hanno tenuto le tende per settimane nelle principali piazze del paese.
I socialisti di Rubacalba hanno perso quasi un terzo dei voti del 2008 (4,5 milioni di voti) riducendosi a poco meno di 7 milioni (il punto più basso di sempre) ma i conservatori del PP di Mariano Raioy, che con il 44,6% (+3%) hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, ne hanno guadagnati meno di 500 mila ( 32 seggi in più alla Camera).
Che i socialisti fossero fuori gioco era scontato, dal momento in cui è stato evidente che non avevano nulla da proporre ai milioni di disoccupati, giovani ma anche classe media crollata nella miseria, se non disoccupazione e sacrifici in nome della crescita e delle banche. Se il voto ha definitivamente chiuso, anche in Spagna, la lunga storia del bipartitismo imposto e inefficiente (portando a ben 13 partiti in Parlamento) ha anche indicato che in mancanza di un progetto alternativo, di largo respiro, capace di aggregare forze e culture e far balenare un progetto di svolta nel modello economico, sociale, culturale si può anche cadere ancora più in basso. I conservatori di Raioy non hanno niente di meglio da proporre, se non il sostegno “ spirituale” dei cattolici ultramoderati dell’Opus Dei e sarà arduo durare 4 anni in un paese dove la rivolta sociale sarà probabilmente da oggi più accesa.
L’ Estrema sinistra rosso-verde di IU ( Ischierda Unida ) e gli autonomisti baschi di AMAIUR (per la prima volta in parlamento dopo la resa dell’ ETA) ) raccolgono parte del dissenso, come anche l’UPyD di Rosa Diez ( recente scissione moderatamente a sinistra del PSOE ) che con 1,5 milioni di voti ottiene 5 seggi anche se per un soffio non è al momento in grado di costituire un proprio gruppo. In totale si hanno alla camera eletti di 13 liste (11 nel 2008) ma un numero molto minore di gruppi autonomi per i quali di fatto bisogna superare ben più del 5%.
Il vero flop è quello di EQUO, il nuovo movimento sostenuto dai Verdi europei, avviato dal leader di Greenpeace Juan Lopez de Uralde, che si ferma sotto l’ 1% ( 216.000 voti) in quasi tutto il paese; più o meno quanto prendeva il vecchio partitino verde di ECOLO’, dove correva da solo, fino alle recenti amministrative di maggio. La caricatura di Europe-Ecologie fallisce ma non solo perché è appena nato. Al contrario dell’esperienza francese non aggrega nulla di quanto ribolle nel paese e non dappertutto si trova una leaderchip composita alla Bendit-Joly-Bovè-Belier-Yannot che pure qualche serio guaio con parte dei vecchi verdi-rossi comincia ad averla in Francia.
Equo non seduce per nulla gli Indignados ( più interessati al movimento italiano anticasta di Grillo), che hanno in prevalenza propagandato un ingenuo astensionismo che ha portato a meno di un milione di astensioni in più, ( il 3% in più sul 2008 ) ma in realtà anche parecchi voti a IU arrivata al 6,9% (da 2 a 11 seggi). Equo neppure seduce quindi le componenti verdi-rosse che sono rimaste nel vecchio schema della estrema-sinistra di IU ( che vuole “un sistema socialista fondato sui principi di giustizia, uguaglianza, solidarietà e rispetto della natura” ), neppure gli animalisti del PACMA (100.000 voti concentrati nella Catalogna dove non si fanno più le corride), neanche i 25.000 “Pirati” del software libero, né i 27.000 voti del PUM+J sostenitori della comunicazione SMS e di una “società più giusta”.
Un nuovo ecologismo sembra cosa ben diversa e ben più complessa di un restyling dei vecchi partitini verdi o dell’associazionismo ambientalista anche se rappresentato dalla nobile immagine di Greenpeace. Si è rilevata scarsa l’influenza del partito verde europeo che segna in questo episodio una pesante inefficienza e sconfitta e ripropone il drammatico problema dell’irrilevanza, con l’eccezione francese, del possibile ( e auspicabile ) terzo polo ecologista europeo, in tutta l’area mediterranea (Italia, Spagna , Portogallo, ex Iugoslavia, Grecia). In conseguenza, mancato l’obiettivo della grande aggregazione di un nuovo ecologismo, tutti a casa, non un solo eletto nei due rami del parlamento. Tutto in realtà risultava già evidente da maggio, nei risultati delle elezioni amministrative proprio mentre esplodeva la protesta in piazza, che avevano già prefigurato esattamente i risultati odierni.
Le Elezioni politiche in Spagna, anticipate di alcuni mesi, si svolgono ogni 4 anni con l’elezione del Parlamento( Cortes Generales ), che, con la nuova costituzione del 1978, consiste di due camere, il Congresso dei Deputati (Congreso de los Diputados) e il Senato (Senado).
Il Congresso ha 350 membri, eletti nei 53 collegi delle provincie con un sistema solo parzialmente proporzionale su liste bloccate che premia le province più piccole; di fatto alza il quorum ben al di sopra del 3% e favorisce i due partiti maggiori.
Per il Senato, che elegge 259 seggi totali, il sistema, più complesso e per niente proporzionale, si basa su liste bloccate in gran parte con eletti su base provinciale, con 4 seggi per ognuna di cui 3 al partito vincente nel collegio ed 1 al secondo, ( più o meno dove vogliono arrivare i nostri Bersani e Berlusconi). Una parte dei seggi (51) rappresenta le 17 Comunità autonome (Autonomias), i Governi regionali che hanno notevoli poteri e forte autonomia legislativa in particolare in Catalogna e Paesi Baschi. Le Autonomias sono costituite da 3-4 provincie (che hanno scarso peso) tranne alcune grandi realtà dove i due livelli istituzionali coincidono. Il PP governerà in 11 ed è determinante in altre 2 delle 17 Autonomias, il PSOE tiene solo a Barcellona e Siviglia, mentre con un grande risultato gli autonomisti di Esquerra e la sinistra basca di AMIUR si prendono Catalogna e Paesi Baschi.
Fra i pochissimi commentatori italiani del voto spagnolo, a parte qualche articoletto sul “trionfo dei Popolari”, si segnala il lungo articolo (allegato) di Concita De Gregorio, ex direttore epurato o epuratosi, per ragioni mai rese pubbliche, dalla direzione dell’Unità e comunque riapprodata alla prima linea di Repubblica. Se non altro c’è lo sforzo di indicare un po’ di numeri, mentre il ragionamento e le conclusioni, tutte rivolte in realtà alla situazione italiana e con una lettura decisamente di parte, sono come minimo discutibili. Secondo la signora De Gregorio, che riconosce di passaggio l’incapacità dei socialisti di dare risposte alla società spagnola, il vero problema sono alcuni milioni di voti “sfuggiti “ ai socialisti e “rifugiatisi ” nell’astensionismo, nell’ estrema, negli indignati astensionisti che fanno il gioco della destra e nei soliti ecologisti, pirati, animalisti etc. Non una parola sulla possibilità di proporre una direzione ed una conversione dell’economia e della società alternative al solito teorema della crescita, della finanza, fuori dal solito dualismo conservatori e socialdemocratici. Non una parola.
Il ragionamento, che ci sembra di avere già sentito, va a parare, prendendola alla larga, sul sistema elettorale, su quelli che si sono stufati del bipolarismo. E il ragionamento dove dovrebbe iniziare praticamente si ferma. In realtà (a parte l’Opus Dei e la quasi ovvia costatazione che nella crisi si spappola la società ) è proprio il bipolarismo imposto ed il bipartitismo che non reggono e diverso sarebbe stato comunque il risultato in presenza di un normale sistema proporzionale alla tedesca, quello che il PD osteggia in tutti i modi in Italia, che almeno permette la rappresentanza anche di quelli che la crisi non la descrivono, non la scrivono, ma la vivono davvero.
Il PP alla camera con il 44,5 % dei voti (10,8 su 23,9 milioni di voti espressi e 34 milioni di elettori ) ottiene 186 seggi ( più del 53% del totale) , il PSOE con il 28,7 % ottiene 110 seggi ( il 31,4% del totale di 208) . Al Senato, grazie al maggioritario bislacco nei collegi provinciali, più o meno con gli stessi voti il PP prende addirittura il 65% dei seggi. Qualcosa di simile a quanto si vuole riproporre in Italia con il neomattarellum-porcellum.
A tutte le latitudini dell’Europa i sistemi maggioritari sono una brutta bestia; si sa, se lo si comprende, dove portano, ma non si sa mai fino alla fine chi ci guadagna e chi ci perde le penne.
* Gruppo delle Cinque Terre
Concita De gregorio - La repubblica 22 novembre 2011
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