costruire la
transizione: un nuovo ecologismo - democrazia - giustizia - nuovi lavori
Gruppo
delle Cinque Terre
ECOLETTERA 71/16 gennaio 2016
Editoriale 1: Frammenti di riflessione politica per il nuovo anno
Pensavamo che con la fine della guerra fredda si aprisse un era
di pace. Invece negli ultimi 100 anni , dal 1915 ad oggi, le guerre non sono
mai cessate : sono solo cambiati modi, luoghi e protagonisti: prima le due
guerre mondiali ( 17 e 70 milioni di morti ), poi due grandi guerre regionali :
Corea nel 1953 ( 2,8 mil. di morti ) e Vietnam nel 1960-75 ( 7 mil. di morti ).
Finita la guerra fredda guerre diluite nello spazio e nel tempo, compresa la
pulizia etnica e i movimenti armati a sfondo religioso e/o tribale. Fra queste
Hutu e Tuczi in Ruanda nel 1994 ( 1 mil di morti ), guerre nella ex Jugoslavia
del 1992-95 ( 200mila morti ) , le quattro guerre arabi-israeliani dal 1948 al
1973 con la diaspora palestinese che permane irrisolta ( almeno 30mila morti )
, la guerra siriana e quella anti jihadisti in corso dal 2011, quasi 300mila
morti di cui almeno 40mila nelle file di Isis e affini. Almeno altrettanti in
Irak ( 3-400mila morti fra il 2003 e il 2011 ) e ancora l’Afghanistan dal 2001
ad oggi ( almeno 150mila morti )... Naturalmente non esiste più il
monopolio degli stati nazionali nell’uso sistematico della violenza. Gli attori
possono sempre essere stati nazionali, ma anche gruppi etnici, correnti
religiose, organizzazioni politiche o gruppi economici. Progressivamente si
sono accantonate le norme classiche di comportamento in guerra: la crudeltà e
la barbarie sono un corollario ormai consueto ( ad esempio gli stupri di massa
e il ripristino dello schiavismo, precursori moderni i giapponesi in Cina ) ma ci
sono anche vere innovazioni mediatiche come le decapitazioni con
accompagnamento hip-hop a sfondo religioso..... ( Giovanni Chiambretto e
Massimo Marino ) leggi
Editoriale 2: Primarie Usa, Sanders
dice no ai soldi delle “big oil”. Si infiamma la sfida con Clinton
La corsa delle primarie democratiche per
la Casa Bianca si gioca anche sul “green”. E la contesa Hillary Clinton e
Bernie Sanders si riaccende. Gli ultimi sondaggi danno l’outsider Sanders a una
manciata di voti da Clinton in Iowa, dove le primarie Dem prenderanno il via il
primo febbraio. L’ex segretario di Stato, stando ai rilevamenti di Nbc News,
Wall Street Journal e Marist Colleg, supera di tre punti il senatore socialista
(48 contro 45), mentre le previsioni per il voto del 10 febbraio nel New
Hampshire vedono davanti Sanders al 50% e a seguire Clinton al 45. Prendendo di
mira – come aveva fatto per Wall Street – i finanziamenti indiretti
dell’industria petrolifera a sostegno di Hillary Clinton, Sanders è diventato
il primo candidato alla presidenza a sottoscrivere l’impegno a rifiutare
contributi elettorali da parte dell’industria dei combustibili fossili. Annie
Leonard, direttore esecutivo di Greenpeace Usa – che assieme a una ventina di
sigle ha promosso il “patto” per i candidati democratici e repubblicani
lanciando l’hashtag #fixdemocracy – ha spiegato che quando accettano soldi
dalle mega-industrie e in primis dalla lobby del petrolio, del gas e del
carbone, i politici «stanno penalizzando in primo luogo i poveri, gli anziani e
gli studenti che votano per la prima volta». Leonard ha auspicato che dopo
Sanders, anche Hillary Clinton aderisca all’appello e si impegni a sostenere
una democrazia “people-powered” (alimentata dalle persone e non dalle lobby
attraverso il denaro) e che disinvesta dalle fonti energetiche inquinanti.
«Dobbiamo mettere i soldi “fuori” e portare le persone “dentro” la nostra
democrazia. La nostra democrazia non deve più essere venduta all’asta al
miglior offerente» ha concluso la dirigente ambientalista. Va detto che nella
campagna 2016, Hillary Clinton non ha accettato contributi diretti da società
per azioni, incluse le compagnie petrolifere e del gas, in conformità con le
norme in materia elettorale. Secondo il Center for Responsive Politics, finora
la candidata democratica ha ricevuto 160mila dollari da persone che lavorano
per i big delle fossili, contributi in ogni caso legittimi. Quasi ogni
candidato repubblicano, spiegano i promotori di #fixdemocracy, riceve
finanziamenti dal settore e Jeb Bush, Ted Cruz e Hillary Clinton sono i tre
principali beneficiari dei contributi elettorali dei dipendenti di industrie
del petrolio e gas. ( Raffaele Lupoli da
left.it ) leggi
CGIL, ecco la Carta dei diritti
universali
Si chiama Carta dei diritti universali del lavoro, e rappresenta, nei
progetti della Cgil, il nuovo Statuto per i lavoratori del futuro: 97
articoli in 64 pagine che dovrebbero diventare una proposta di legge di
iniziativa popolare. Il concetto chiave, come ha spiegato la segretaria Susanna
Camusso in una conferenza stampa tenuta ineditamente davanti alla stazione
Termini, è quello di «regolare i diritti non più in base alla
tipologia contrattuale, ma definendoli per tutte le persone che lavorano,
qualsiasi rapporto abbiano». Dipendenti a tempo indeterminato
o determinato, partite Iva, collaboratori dei tipi più vari, tutti
dovranno godere di un corredo di diritti unico e universale, che verranno
magari poi usufruiti in maniera diversa a seconda dei casi. Per
sostenere la sua proposta, la Cgil ha indetto una consultazione straordinaria
delle iscritte e degli iscritti, «che per la prima volta nella sua storia
— ha spiegato Camusso — non riguarda un accordo o un contratto, ma la
direzione politica e strategica della confederazione». ( Antonio Sciotto
da il manifesto ) leggi
La Taranto dei Cinquestelle: via alle bonifiche e addio all’Ilva
I fondi dall'Europa e dai sequestri ai Riva. Una
proposta completamente alternativa sul futuro dell’Ilva, dirompente per alcuni
versi. Che si oppone a quella messa in piedi dal governo con il decreto
attualmente in discussione alla Camera: l’hanno avanzata i Cinquestelle, e prevede
un netto ridimensionamento del siderurgico in Italia, con il mantenimento
sostanziale di tutti i siti oggi esistenti — da Cornigliano a Novi
Ligure (ma solo nel caso che siano ecosostenibili e graditi alle
popolazioni circostanti) — e la chiusura e bonifica dei forni
presenti invece a Taranto. Niente “rilancio” dell’acciaio in Puglia,
dunque, ma l’utilizzo degli 1,2 miliardi sequestrati ai Riva, di parte dei
proventi della vendita del gruppo e dei fondi europei per cambiare
radicalmente il volto della città salentina. La proposta è venuta dai
deputati e senatori delle Commissioni Ambiente e Attività produttive,
accompagnati da un gruppo di operai del «Comitato cittadini e lavoratori
liberi e pensanti» di Taranto, e dall’attore Michele Riondino,
impegnato da anni nella valorizzazione della sua città . «No alla cordata con
Marcegaglia e dietro i progetti dell’Eni - insomma - Perché non
cambierebbe nulla rispetto a oggi». (Antonio Sciotto da ilmanifesto.it ) leggi
Nuovi inceneritori, sì o no? Lo Sblocca Italia risponde alla domanda
sbagliata
Gli ambientalisti: Dal governo «stessi punti critici e
ipotesi irricevibili». A regnare è il caos. Domani ( 20 gennaio) la Conferenza
Stato-Regioni dovrà (o meglio, dovrebbe) tornare ad esaminare il decreto
attuativo dell’articolo 35 dello “Sblocca Italia”, un testo nel quale si
individuano gli inceneritori considerati strategici a livello nazionale, sia
per quanto riguarda gli impianti con recupero energetico (termovalorizzatori e
impianti Tmb), sia i più propriamente detti “inceneritori”, senza recupero –
ormai dei fossili industriali. Il parere della Conferenza Stato-Regioni era già atteso per lo
scorso 10 settembre, un appuntamento poi rimandato dietro le pressioni di associazioni
ambientaliste e altre ong. L’unica novità rispetto alla bozza dell’agosto
scorso, riassumono infatti le associazioni, è l’eliminazione dei 3 nuovi
inceneritori previsti al Nord (Piemonte, Veneto, Liguria) perché si assume un
“equilibrio a livello di macroarea Nord”; per il resto, viene confermata la
previsione di 9 nuovi inceneritori nelle altre regioni già individuate (oltre
all’ampliamento di un paio in Puglia e Sardegna). Si continua a puntare sull’incenerimento
quando l’andamento della produzione di rifiuti solidi urbani è da anni in calo.
( da greenreport ) leggi
Rinnovabili: nuovo record d’investimenti
nel mondo, ma è fuga dall’Italia
Il prezzo del petrolio ai minimi non ferma l’energia pulita, ma c’è chi va
controcorrente.
Da più di 120 dollari a barile a meno di 30: il prezzo del petrolio sui
mercati mondiali ha subito un tracollo impensabile solo pochi anni fa.. A
questi prezzi, come reagisce il mercato delle energie rinnovabili? A quanto
pare, splendidamente. A livello globale, suggerisce l’ultima analisi prodotta
dall’autorevole Bloomberg new energy finance, gli investimenti
nelle rinnovabili sono incrementati di 6 volte rispetto al 2004, raggiungendo
nel 2015 il record di 328,9 miliardi di dollari. Quello delle rinnovabili si
mostra dunque come un mercato in forte espansione, ma non è così in tutto il
mondo. Il leader di oggi è la Cina: proprio il gigante asiatico, alle prese con
un’evoluzione del proprio modello di sviluppo, rappresenta il player che più di
ogni altro ha investito nel 2015 nel settore delle rinnovabili, con un
incremento dei propri investimenti del 17% rispetto al 2014. A scivolare ancora
invece è l’Europa, che vede ogni anno declinare la sua posizione di iniziale
leadership negli investimenti in rinnovabili, che nel 2015 hanno toccato quota
58,5 miliardi di dollari: un calo del 18% rispetto al 2004, e il livello più
basso toccato dal 2006 (da greenreport.it - L.A.) leggi
Uk, Corbyn prepara il nuovo governo ombra.
“Vendetta contro le polemiche”
C’è aria di novità nel Regno Unito, dove il leader dell’opposizione, Jeremy Corbyn, si prepara a un rimpasto del suo governo ombra che dovrebbe arrivare
nella serata di martedì 5 gennaio... Da quando Corbyn è diventato leader del
Labour britannico, lo scorso 12 settembre, il pacifista più famoso del Regno
Unito è stato attaccato sui media e nelle stanze del parlamento su più fronti.
Prima venne il suo apparente rifiuto di
cantare l’inno nazionale, ‘God save the Queen’, Dio salvi la regina,
durante un evento commemorativo dei caduti di tutte le guerre nella cattedrale
di Saint Paul, a Londra. Poi ancora venne il suo rifiuto a inchinarsi di fronte
alla sovrana – lui, tendente al repubblicanesimo – in diverse occasioni, poi
vennero le sue prese di posizione contro missili nucleari, raid in Siria per schiacciare l’Isis (con il
rischio concreto di colpire anche la popolazione civile) e altre politiche del
governo conservatore guidato da David
Cameron. Eppure Corbyn, 66enne e
parlamentare per il seggio di Islington, pacifista e vicino a Syriza e Podemos, anche nel suo discorso di Capodanno – in realtà assai
oscurato dai media britannici – è stato chiaro: pur non essendo più giovane,
almeno per gli standard della politica del Regno Unito, ha assoluta intenzione
di provare a entrare a Downing Street,
nel 2020, quando si voterà nuovamente per parlamento e governo. ( Daniele Guido
Gessa da ilfattoquotidiano ) leggi
Uk, Corbyn non scontenta le Unions:
sommergibili ma senza bombe
Ancora una volta nell’occhio del ciclone mediatico, il
leader laburista Jeremy Corbyn è stato preso di mira dalla stampa mainstream
britannica per aver osato suggerire una soluzione di compromesso sulla
questione del rinnovo dell’arsenale nucleare nazionale. Incalzato dal decano
opinionista della BBC Andrew Marr nel suo programma televisivo della domenica
mattina, Corbyn ha concesso un teorico via libera suo e del partito al
programma di rinnovo dei sottomarini nucleari, ma senza testate atomiche, così
da salvaguardare l’occupazione di migliaia di lavoratori impiegati
nell’industria bellica nazionale, un comparto che vale migliaia di posti di
lavoro, soprattutto in Scozia e Cumbria. Il segretario continua così nella sua
funambolica passeggiata attraverso le zone critiche della linea laburista: un
partito socialista eppure monarchico, tradizionalmente filocolonialista e da
sempre a favore della deterrenza nucleare. La questione è in tutti i sensi
esplosiva sia per il segretario che per il partito, giacché le posizioni pro o
contro le armi nucleari divergono abbondantemente nella componente parlamentare,
quella sulla quale il segretario ha notoriamente minor controllo e influenza.
Assieme alla recente dimostrazione di disunità offerta dal partito in occasione
del voto sui bombardamenti aerei in Siria, il rinnovo del programma
missilistico nucleare Trident, ormai arrivato all’obsolescenza e in procinto di
essere rinnovato a costi stellari, è la fenditura più evidente fra l’anima
moderata e quella più radicale del partito. ( Leonardo Clausi da il manifesto
) leggi
Spagna, Rajoy (PP) rinuncia a formare governo e declina la proposta di
Felipe VI
A questo punto avanza l'ipotesi di un accordo tra
socialisti e Podemos. Cinque anni dopo la rivolta di Puerta del Sol dei giovani
indignados il partito che li rappresenta ora punta alla poltrona di vicepremier
in un futuro governo a guida socialista. Il leader Iglesias, prima della
rinuncia di Rajoy, aveva spazzato via ogni dubbio: "Vogliamo andare al
governo con i socialisti". Il popolare Rajoy può contare su 123
deputati su 350, il Psoe di Sanchez ne ha 90, Podemos e i suoi alleati 69, Ciudadanos 40, gli indipendentisti catalani 17, quelli baschi 2, come Izquierda Unida (Iu), e 6 i
nazionalisti baschi del Pnv, possibili alleati di Sanchez. Nessuno si era
detto pronto ad appoggiare Rajoy, che proponeva una Gran Coalicion europea con
socialisti e Ciudadanos. ( da ilfattoquotidiano.it
) leggi
Nel 2016 ne sentirete parlare: Marisa
Matias che vuole cambiare il Portogallo e l’Europa
Il 2016, tra i suoi protagonisti, avrà certamente
Marisa Matias, candidata alla presidenza del Portogallo. Quarant’anni il 20
febbraio prossimo, Marisa Isabel dos Santos Matias è nata a Coimbra, centro
universitario del Portogallo. Nelle aule universitarie del suo villaggio,
Matias inizia pure a partecipare ai movimenti civici: qualità della vita in
città, cause ambientali e lotta per la depenalizzazione dell’aborto. La sua
attività politica cresce fin quando, sei anni fa, viene eletta al Parlamento
europeo (rieletta nel 2014) tra le fila del Bloco de Esquerda e aderisce al
gruppo GUE/NGL. In Europa, racconta Matias, «sapevo già che non avrei ritrovato
quello che avevo in mente, un progetto democratico e solidale». Il 25
settembre del 2014 ha presieduto la presentazione delle conclusioni della
sessione straordinaria su Gaza del Tribunale Russell nell’Europarlamento,
insieme a Ken Loach, Roger Waters, Vandana Shiva, David Sheen, Richard Falk,
Max Blumenthal, Mohamed Omer e Michael Mansfield. In Portogallo il 2015 è stato
un anno storico. Dal 24 novembre un governo di sinistra-sinistra guidato dal
socialista Antonio Costa con il sostegno del Bloco de Esquerda, dei comunisti e
dei verdi, ha messo in piedi un governo anti-austerità, riuscendo a strappare
la guida del Paese al ben più filoeuropeo e gradito Passos Coelho. Il 2016 sarà
anche l’anno di Marisa Matias che avrà appena 40 anni quando si sottoporrà al
voto per la guida del suo Paese. ( Tiziana Barillà da left.it ) leggi
Messico, le cifre di uno stato fallito
Il Messico chiude l’anno con un altro record negativo:
l’arresto di almeno 200.000 migranti, sui circa 300.000 che, secondo gli
esperti, hanno cercato di attraversare la frontiera per raggiungere gli Stati
uniti. Cifre ufficiali del governo, secondo le quali il 92% degli arrestati
proviene dai paesi del Centroamerica, soprattutto dal Guatemala (45%). In
compenso, sta arrivando a soluzione la crisi provocata dagli oltre 7.000
cubani, diretti negli Usa e fermi dal 14 dicembre in Costa Rica, dove aspettano
di entrare altri 900. A oltre un anno dalla scomparsa dei 43 studenti
normalistas, la loro ricerca e la scoperta di oltre 60 fosse comuni, ha
evidenziato un altro triste primato del Messico: gli omicidi impuniti e le
sparizioni forzate. Secondo le cifre ufficiali, dal 2005 al 2015 i
desaparecidos superano i 25.000. Durante il governo del neoliberista Enrique
Peña Nieto sono scomparse 13 persone al giorno, una ogni ora e 52 minuti. Nel
2015, si sono registrati 7 femminicidi al giorno, sono stati ammazzati 14
giornalisti e due risultano desaparecidos . A causa delle gravi violazioni, dal
2006 al 9 ottobre scorso, il governo messicano ha ricevuto 548 «raccomandazioni»
da parte delle organizzazioni internazionali per i diritti umani. ( Geraldina
Colotti da il manifesto ) leggi
Leonardo Di Caprio, appello ai petrolieri: lasciate le fonti fossili
sottoterra
E’ un appassionato Leonardo Di Caprio quello che parla alla platea di Davos, Svizzera
dove si svolge il Forum Mondiale dell’Economia. Leonardo Di Caprio
è qui per essere onorato per il suo lavoro nella preservazione
dell’ambiente. Il suo discorso di ringraziamento è sincero ed è un attacco
diretto all’industria fossile.
Di Caprio dice che senza mezzi termini che se vogliamo che il pianeta
sopravviva occorre eliminare in toto
l’uso di petrolio, gas e carbone. Dice che l’unico posto in cui stanno
bene è sottoterra. Dice che mentre venti anni fa sembrava che non avessimo
alternative, adesso ce ne sono. Dice che non possiamo assolutamente permettere
che l’industria dell’ oil and gas, la loro avidità, i loro interessi finanziari
possano determinare il futuro del nostro
pianeta. Maria Rita D'Orsogna
Fisico, docente universitario, attivista ambientale su
ilfattoquotidiano.it ) leggi
Decine di migliaia di calamari giganti spiaggiati in Cile. Colpa di El
Niño?
«La morte di massa dei calamari può essere stata
provocata dalla temperatuira elevata dell’acqua del mare». Lo spiaggiamento
sulla costa di Santa María di molluschi e pesci morti in questo periodo
dell’anno (l’estate australe) è relativamente comune ma finora non aveva
prodotto uno spiaggiamento di queste dimensioni di calamari giganti di
Humboldt. «A causa della mancanza di dati più concreti, non si può scartare che
l’elevata temperatura dell’acqua in questa zona del Pacífico sia in relazione
con il fenomeno El Niño, qche in questa occasione (2015-2016) vive un periodo
specialmente forte e esteso». El Niño si manifesta ad intervali di 2 - 7 anni e
inizia quando le acque del Pacifico si riscaldano al largo dell’equatore, il
che fa cambiare la normale direzione dei venti e riscalda fortemente l’oceano
Pacifico di fronte alle coste del Sudamerica, provocando inondazioni e
siccità in diverse aree, con conseguenti perdite sia per la produzione agricola
che per la pesca e con effetti meteorologici e climatici a catena in tutto il
pianeta. ( da greenreport.it ) leggi
La foto del giorno: Cina: il Paese brucia carbone
quanto il resto del mondo messo assieme, con conseguenze ambientali gravissime.
L'inquinamento è diventata la causa principale di malcontento in Cina,
sorpassando le proteste sugli espropri di terreni. Già tra il 2006 e il 2010, secondo
il sociologo dell'università Tsinghua Sun Liping, gli "incidenti di
massa" ( proteste) sono raddoppiati arrivando a 180.000 all'anno. Ma non è
vero che si pensi a privilegiare per il futuro le fonti rinnovabili. Senza
clamore si pensa al nucleare ( 13
reattori sono già funzionanti e altri 22 sarebbero in fase di avvio ) tanto che
uno scienziato cinese ha denunciato:” I piani nucleari della Cina sono folli “ leggi e leggi
Il punto di vista del Gruppo
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