Ultimo discorso di Hollande. Valls indesiderato da
Macron e sul punto di essere espulso dal Ps. Rottura tra Mélenchon e il Pcf: la
sinistra rischia di avere pochi seggi
Ultimo
discorso pubblico di François Hollande, al Jardin du Luxembourg di fronte al
monumento dedicato all’abolizione della schiavitù e a fianco di Emmanuel
Macron, silenzioso. Il presidente uscente, che ha tenuto ieri l’ultimo
consiglio dei ministri all’Eliseo, ha invitato il suo giovane successore a
“continuare a battersi contro i discorsi che ci buttano gli uni contro gli
altri”. Un pensiero per Manuel Valls? L’ex primo ministro, in queste ore, è
diventato il simbolo della terra bruciata lasciata in eredità da Hollande tra i
suoi. Nel 2012, il Ps aveva tutto in mano dopo l’elezione di Hollande: regioni,
città, 285 seggi all’Assemblea. Oggi, Valls è sotto un duplice tiro incrociato:
ha dichiarato, imprudente, la sua candidatura sotto la sigla Rem (la République
en marche, il nuovo nome di quello che sarà il partito di Macron) ed è stato
messo senza stati d’animo in lista d’attesa, solo oggi saprà se sarà candidato,
ma già a Rem gli hanno fatto sapere che “la sua domanda di investitura non
rientra nei criteri di accettazione” e che, comunque, Rem non è “un’impresa di
riciclaggio”. E questa mossa, che non suscita nessun entusiasmo a Rem, è
duplicata da una messa sotto accusa nel Ps: è in corso una procedura per
l’esclusione e l’ex primo ministro dovrà passare di fronte alla commissione dei
conflitti. I coltelli della vendetta si affilano, a Rem come nel Ps. Macron
potrebbe far pagare a Valls il disprezzo che l’ex primo ministro gli ha
dimostrato (lo chiamava “il microbo”), il Ps non gli ha mai perdonato la svolta
autoritaria dopo gli attentati, la proposta della privazione di nazionalità per
bi-nazionali condannati per terrorismo, e il ricorso al 49.3 (la fiducia rovesciata)
per far passare l’impopolare Loi Travail. Inoltre Valls è accusato di aver
“tradito”, perché dopo aver perso le primarie non ha mai sostenuto il
vincitore, Benoît Hamon, che, del resto, ha entusiasmato pochi tra i dirigenti
Ps (il programma per le legislative ha cancellato tutte le proposte dell’ex
candidato, dal reddito universale alla tassa sui robot). Valls “non è en marche
ma en marge” (ai margini) chiude il discorso Jean-Marie Le Guen, ex ministro.
Nel Ps c’è
grande agitazione. Anne Hidalgo, Martine Aubry (sindache di Parigi e Lille),
l’x ministra Christiane Taubira e altri che rappresentano un’ala sinistra del
Ps, propongono la creazione di un nuovo movimento politico, Dès demain (da
domani), umanista e pro-europeo perché “un altro avvenire è possibile”:
“l’Europa e la Francia sono minacciate da un faccia a faccia tra coloro che
difendono la deregulation e coloro che puntano sulla demagogia per rovesciare
la situazione”. Anche Benoît Hamon ha il progetto di lanciare un “movimento
transpartitico”, il prossimo luglio, che si rivolgerà a tutte le forze che si
identificano con la sinistra (Mélenchon compreso). Ma né Hamon né i firmatari
di Dès demain iscritti al Ps hanno l’intenzione di lasciare il partito. Anche
Hollande avrà la sua fondazione La France s’engage, nel XIII arrondissement
(non lontano dalla Biblioteca nazionale François Mitterrand), perché, ha detto
ieri il presidente uscente “nessuno puo’ stare lontano dalla politica” e deve
rispondere alla domanda: “come posso essere utile al mio paese?”. A questa
domanda “io rispondero’ riflettendo, lavorando, producendo e intervenendo
quando mi parrà utile”.
La
confusione regna anche alla sinistra della sinistra. Ieri, Jean-Luc Mélenchon
ha risposto secco al segretario del Pcf, Pierre Laurent: “mente”. La disputa è
sull’accordo per le legislative, ormai più che in alto mare. France Insoumise
presenterà propri candidati in tutte le 577 circoscrizioni, anche contro quelli
del Pcf, che è costretto a fare altrettanto. Poche eccezioni: Marie-George Buffet,
che è stata ministra Pcf ai tempi della “sinistra plurale”, Clementine Autain
di Ensemble, Segio Coronado di Europa-Ecologia. Le liste di France Insoumise
sono pronte, ha detto Mélenchon, i candidati hanno un’età media di 41 anni, il
63% sono “senza tessera”. Laurent cerca di rimettere assieme i cocci, per
evitare che il Pcf resti senza seggi o quasi: “la posta in gioco alle
legislative è lottare per una maggioranza contro Macron, non vogliamo che abbia
le mani libere”. Mélenchon vuole pero’ il colpo di spugna. Sarà candidato a
Marsiglia in un seggio a portata di vittoria (“la sua intenzione è la lotta
sinistra contro sinistra” dice il deputato uscente Ps, Patrick Menucci). Puo’
essere una strategia suicida: la sinistra va al voto frammentata, France Insoumise,
Pcf, Verdi, Ps. Al secondo turno, sono ammessi i due candidati arrivati in
testa, più tutti quelli che hanno superato il 12,5% degli iscritti (se si
conferma la forte astensione, significa che dovranno aver raccolto 17-18%). Una
sinistra che parte estremamente divisa rischia di venire eliminata al primo
turno, lasciando spazio a Rem e alla destra Lr.
* da il manifesto , 11 maggio 2017
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