di Fernando D'Aniello *
Alle 18 di
ieri si sono chiuse le urne dello Schleswig-Holstein, il Land più a Nord
della Germania, per eleggere il nuovo Landtag, il Parlamento,
all’interno del quale sarà poi definita la maggioranza di governo. Il risultato
non è lusinghiero per il presidente uscente, il socialdemocratico Torsten
Albig, che guidava una giunta insieme ai Grünen e al partito della
minoranza danese (Ssw, che entra comunque nel Landtag, anche se non
supera la soglia del 5% che, trattandosi del partito espressione di una
minoranza, non si applica).
L’esperienza
di governo della coalizione guidata da Albig non era stata negativa, al
contrario godeva di un certo apprezzamento: la Spd perde, tuttavia, il 3,2% dei voti (risultato complessivo 27,2%) e
questo priva la coalizione uscente della maggioranza al Landtag.
La Cdu,
affidatasi a un giovane, Daniel Günther, classe 1973, quale candidato di punta
per il governo del Paese, si riconferma primo partito (+1,2%, nel complesso
32%): a questo punto toccherà innanzitutto proprio alla Cdu verificare le
condizioni per una coalizione. Possibili sono un’alleanza con la Spd
sull’esempio federale (una «Grande coalizione», anche se il Land ha conosciuto
solo una volta questa esperienza) o con i Grünen (12,9%) e i liberali
della Fdp (11,5% e addirittura +3,5% rispetto al 2012), una coalizione
«Giamaica» per via dei colori dei partiti (nero della Cdu, verde per i Grünen e
giallo per la Fdp). Ancora possibile, anche se politicamente complicata, è
l’ipotesi di una coalizione tra Spd, liberali e verdi: da domani i partiti
avvieranno le trattative ma il dato della Cdu peserà non poco sulle scelte da
compiere.
Alternativ
für Deutschland (AfD) entra
nel Landtag con un poco lusinghiero (se confrontato ad altri risultati
regionali, ma si deve sempre tener presente che era la sua prima prova nelle
elezioni per il Landtag) 5,9% dei voti, ottenendo quattro seggi. Tutti gli
altri partiti hanno già escluso qualsiasi forma di collaborazione con AfD.
Fuori la Linke ferma al 3,8% (+1,5% rispetto al 2017), scompaiono i Pirati, che
nel 2012 ottennero l’8,2% dei voti.
Potrebbe
restare una vicenda locale se, appena poche settimane fa, Martin Schulz non
avesse indicato i tre passaggi che lo avrebbero condotto alla Cancelleria: le
elezioni prima in Saarland (segnate da un successo della Cdu e da un
arretramento della Spd), poi nello Schleswig-Holstein e, infine, in
Nordrhein-Westfalen (le elezioni sono fissate per la prossima settimana).
Evidentemente il risultato di oggi non può soddisfare le aspettative del
candidato cancelliere socialdemocratico, che, infatti, si è subito detto profondamente
deluso.
Le questioni
locali, che pure hanno animato la campagna elettorale – in particolare quelle
riguardanti l’istruzione e alla tassa sull’asilo, voluta dalla coalizione
uscente – non sono certamente in grado di spiegare la sensibile riduzione dei
consensi di elettori patita dalla Spd, nonostante il giudizio positivo sul
governo guidato da Albig a favore della Cdu: è più che probabile che si tratti
di un segnale degli elettori inviato direttamente al Willy Brandt Haus, la sede
centrale della Spd.
La
candidatura di Martin Schulz è in crisi: la sua nomina (ma soprattutto la
rinuncia alla corsa per la Cancelleria dell’ex presidente Sigmar Gabriel,
poco amato dal partito) aveva fatto parlare di un «effetto Schulz» nei
sondaggi, che avevano evidenziato una rilevante crescita per la Spd, da poco
più del 20% dei primi di gennaio fino al 32% di fine marzo, prossima a superare
l’Union di Cdu e Csu. Vero o presunto che fosse, questo effetto sembra
essere scomparso (la Spd è nuovamente sotto il 28%, molto distante dai conservatori)
per via di una disastrosa campagna elettorale. Schulz ha scelto di non
presentare, per il momento, un programma elettorale (se ne riparlerà al
congresso federale del partito) e si è impegnato in una serie di affermazioni
(rivedere le norme della disoccupazione di lunga durata, quelle sul sistema dei
sussidi) che sembrano un tentativo di ‘ricollocarsi’ a sinistra – magari
strizzando l’occhio alla Linke, che insegue la Spd su questi stessi temi – ma
che sino a oggi non hanno entusiasmato l’elettorato.
Il risultato
di AfD non è certamente lusinghiero e, tuttavia, il partito entra in un altro
Landtag. AfD sembra essere in difficoltà, dilaniata da conflitti interni emersi
all’ultimo congresso del partito, e dal venir meno (quantomeno temporaneamente)
delle due crisi che ne avevano decretato il successo: quella europea, in
particolare, quella nota giornalisticamente come la crisi dei debiti sovrani
(alla quale il partito deve la sua fondazione e i suoi primi successi, non a
caso il primo segretario era Bernd Lucke, un economista) e quella dei rifugiati
determinata dalla guerra in Siria. La Cdu guidata da Angela Merkel ha resistito
alle critiche nel corso di tutto il 2015 e il 2016 e adesso sembra riuscire a
fronteggiare con maggiore determinazione gli slogan, velleitari ma a tratti
efficaci, della nuova formazione.
La
momentanea crisi del partito non va però sopravvalutata: AfD rappresenta ancora
oggi uno dei fattori di maggiore problematicità del sistema politico tedesco,
perché rende possibile, con la problematica categoria del populismo, a far
isolare tutte le forze non pienamente integrate o integrabili nei due grandi Volksparteien
(tra cui, ad esempio, la Linke), rendendo (quasi) inevitabile una nuova
Grande coalizione tra Spd e Union di Cdu e CSU.
A questo
proposito c’è anche un altro aspetto delle elezioni nello Schleswig-Holstein da
non sottovalutare, lo riportava la Welt qualche giorno fa con le parole di Wilhelm
Knelangen, professore di Scienza Politica all’Università di Kiel: AfD ha fatto
molta fatica a presentarsi come un partito antisistema, unica alternativa alla
politica tradizionale. La ragione è molto semplice: nel Land non c’è quasi mai
stata una Grande coalizione tra Spd e Cdu. I due grandi partiti guidano
coalizioni autonome, alle quali fa da contraltare un’opposizione forte e
credibile, che critica il governo e si propone quale alternativa. In questo
modo, la soluzione è affidata interamente alla dialettica tra le proposte
politiche dei partiti e AfD non può limitarsi a presentarsi come ‘altra’ ma
deve concretamente intervenire nel dibattito del Land con soluzioni e proposte
credibili.
Una simile
spiegazione è convincente. Dove la democrazia, infatti, riesce a organizzarsi
intorno a proposte politiche chiare, è più difficile affermarsi esclusivamente
grazie ad una retorica anti establishment: un’altra ragione per augurarsi la
fine, rapida, della Grande coalizione a livello federale.
* da www.rivistailmulino.it,
8 maggio 2017
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