di Patrizia Gentilini *
Il 7
marzo si è svolta presso la sala stampa della Camera una conferenza stampa,
promossa trasversalmente da diverse forze politiche, alla presenza di Vandana
Shiva che ha illustrato la campagna per un cibo e una
agricoltura senza veleni e senza combustibili fossili entro il 2030.
Agricoltura
e clima – argomento più che mai di
attualità in vista dello sciopero mondiale del 15 marzo – sono due facce
di una stessa medaglia, perché per ridurre l’emissione di gas serra e contrastare i cambiamenti climatici dobbiamo aumentare
il sequestro di carbonio organico nei suoli, grazie a una
agricoltura non fondata sull’agrochimica e non certo bruciare biomasse
considerando “rinnovabile” l’energia prodotta. Su questo argomento di
cruciale importanza la posizione di noi Medici per
l’Ambiente è stata espressa con grande chiarezza.
A fianco di
Vandana, il 7 marzo, invitati a portare le proprie testimonianze, anche agricoltori
biologici, ricercatori, medici, associazioni, comitati che si battono per una
agricoltura senza veleni e per difendere la salute dei loro figli – come
i genitori di San Giacomo preoccupati dalla piantumazione di un vigneto a
ridosso dell’asilo frequentato dai loro bambini – e il Sindaco di Malles,
cittadina dell’Alto Adige caratterizzata dalla coltivazione intensiva di meleti
e diventata simbolo, non solo in Italia, della lotta ai pesticidi
perché qui fu vinto con ampia maggioranza (76%) e con una partecipazione
del 70% un referendum per la messa al bando degli agrochimici. Il
referendum fu giudicato illegittimo e la Corte dei Conti, con sentenza giunta
proprio lo scorso 8 marzo, ha condannato il coraggioso Sindaco di Malles – che
altro non aveva fatto che difendere la salute e rispettare la volontà dei suoi
concittadini – a una pesante sanzione economica.
Vorrei
partire proprio da questa ultima notizia perché credo dimostri in modo
inequivocabile la verità delle parole pronunciate da Vandana nella conferenza
stampa: “È chiaro dalle evidenze che la questione dei prodotti chimici nel
nostro cibo è una questione di democrazia. La libertà dei cittadini da
ciò che è nocivo dovrebbe essere garantita. È ciò per cui le comunità lottano
nel mondo. Ogni volta che i diritti democratici vengono messi al primo posto
delle decisioni allora c’è una distorsione per silenziare le persone. La
democrazia come ogni cosa vivente cresce dal basso verso l’alto, quando ciò non
avviene tale principio viene violato”.
Non è più
quindi in gioco solo il diritto alla salute e a vivere in un ambiente salubre,
ma qualcosa di ancora più grande ed importante: il diritto stesso delle
comunità di decidere del proprio destino, cominciando proprio dall’agricoltura
per coltivare e vivere senza veleni. Da numerosi studi ormai sappiamo che l’alimentazione biologica non solo ha meno residui di
pesticidi e cadmio, ma è più ricca di nutrienti,
antiossidanti, riduce il rischio
di cancro e in gravidanza protegge il neurosviluppo.
Indiscutibili i vantaggi dell’agroecologia su biodiversità e fertilità dei
suoli, ma non solo: un recentissimo articolo della rivista Nature Substainability abbatte
anche l’ultimo baluardo di chi difende il modello agricolo industriale, ovvero
che i pesticidi proteggono i nostri raccolti e quindi garantiscono cibo per
tutti. In questo studio, attraverso due distinte metanalisi, si è dimostrato,
al contrario, che nelle coltivazioni biologiche vi sono minori infestazioni di
patogeni e un miglior controllo dei parassiti grazie a una maggior presenza di
erbe avventizie (malerbe).
Non ci sono
più scuse quindi per non abbandonare il prima possibile un modello agricolo che
ogni giorno di più si dimostra insostenibile, fallimentare e nocivo
per la salute dell’uomo e dell’ambiente. L’esempio del Sikkim, primo stato 100% bio premiato
dall’Onu, è il migliore incoraggiamento per le tante comunità che in tutto il
mondo sempre più stanno lottando per perseguire questo obiettivo.
* medico
oncologo ed ematologo, membro di Isde
da il blog
su ilfattoquotidiano, 11 marzo 2019
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