Tre attivisti si sono calati dal tetto lungo la facciata dell'edificio e hanno aperto uno striscione di oltre 70 metri quadri con la scritta "Enel killer del clima" «Sul quale è rappresentata l'arma con la quale Enel commette molti dei suoi crimini ambientali: il carbone», hanno spiegato gli altri attivisti che transennavano l'ingresso dell'Enel per segnalare la "scena del crimine" e poi hanno consegnato ai vertici dell'azienda un "avviso di garanzia" nel quale si ipotizza il «Reato di grave danno ambientale, climatico e sanitario, reato di profitto indebito tramite danno sanitario e ambientale a persone ed ecosistemi. Con la sola centrale di Brindisi Enel scarica infatti sulla collettività danni ambientali e sanitari per 700 milioni di euro e ne intasca una cifra simile in profitti extra».
Greenpeace dice di aver iscritto Enel nel "registro degli indagati" sulla base dei dati dell'Agenzia europea per l'Ambiente (Aea), «Che segnala che la centrale a carbone di Enel Federico II a Brindisi è l'impianto industriale più inquinante in Italia per emissioni in atmosfera (il diciottesimo in Europa). Questo impianto causa annualmente danni ambientali, climatici e sanitari stimati tra i 536 e i 707 milioni di euro (questi importi riferiti ai dati del 2009). Una cifra sostanzialmente equivalente agli extra-profitti lordi che Enel ricava dal sito nel quale produce a un costo assai minore rispetto a quello di vendita. In altre parole, i guadagni dell'azienda sono equivalenti ai danni che produce su ambiente e salute. E che non paga».
Greenpeace ricorda che «Quattro dirigenti della centrale di Brindisi sono indagati per omicidio colposo e lesioni colpose, in relazione agli impatti mortali e patologici che le emissioni della centrale avrebbero sulla popolazione del territorio; mentre 12 dirigenti della stessa centrale sono indagati, tra l'altro, per gettito pericoloso di cose e danneggiamento alle colture».
Andrea Boraschi, responsabile della campagna clima e energia di Greenpeace, spiega: «Oggi siamo entrati in azione nella sede istituzionale di Enel, nel quartier generale di un soggetto criminale, armato e determinato contro il clima per notificargli l'avvio di un indagine che i Ric di Greenpeace hanno appena iniziato e che porterà alla luce, da qui ai prossimi mesi, tutti i reati e i misfatti connessi allo sporco business del carbone. Brindisi, purtroppo, è solo la punta dell'iceberg. Enel controlla otto impianti a carbone, in Italia; e conferma di volerne costruire altri due. Ha portato la produzione da carbone, nell'ultimo anno, dal 34,1% al 41% del totale. E il suo amministratore delegato, Fulvio Conti, ha più volte ribadito di voler quasi raddoppiare la produzione da questa fonte. È uno scenario catastrofico per l'ambiente, il clima, la salute pubblica e l'occupazione. Ed è tanto più sconcertante quanto pensiamo che l'azionista di maggioranza di Enel è il Ministero del Tesoro. Come si giustifica questa quota di controllo pubblico per un'azienda che privatizza i suoi profitti e scarica sulla collettività i costi dei danni che provoca?».
Greenpeace chiede ad Enel «Il ritiro immediato dei progetti per gli impianti a carbone di Porto Tolle e Rossano Calabro e di non aumentare la produzione a carbone nel Sulcis; la progressiva eliminazione della produzione elettrica da carbone entro il 2030 e la sua sostituzione con energie rinnovabili».
Per diffondere quanto più possibile l'inchiesta tra l'opinione pubblica, Greenpeace lancia oggi una piattaforma online, www.FacciamoLuceSuEnel.org, con la quale recluta "investigatori" per seguire e partecipare a tutta l'indagine che i R.I.C. di Greenpeace condurranno nei prossimi mesi.
da: greenreport.it, 29 marzo 2012
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