Israele. La
Knesset ha approvato una legge che distingue gli arabi cristiani dai musulmani.
Il deputato Levin (Likud) vuole che nei documenti ufficiali i cristiani non siano
indicati come arabi.
Gli scontri
tra polizia e palestinesi sulla Spianata delle Moschee sono divampati
mentre la cancelliera Angela Merkel, in visita ufficiale a Gerusalemme
con tutto il governo, si affannava a ripetere che «La Germania
sostiene le richieste di sicurezza di Israele in qualsiasi futuro accordo di
pace» e il primo ministro Netanyahu si diceva «Pronto per un accordo che
metta fine al conflitto (con i palestinesi) una volta per tutte». Retorica
di una diplomazia senza futuro, inutile. A scatenare la rabbia di
dozzine di giovani palestinesi — che hanno lanciato sassi e urlato
slogan prima di essere dispersi dalla polizia entrata sulla Spianata (17
feriti, tra i quali due poliziotti, quattro arrestati) – è stato
il dibattito sul riesame dello status della Moschea di al Aqsa (terzo luogo
santo dell’Islam) al Parlamento israeliano, la Knesset. In discussione c’è
un disegno di legge del deputato ultranazionalista Moshe Feiglin del
Likud, il partito di Netanyahu.
Il testo prevede
l’applicazione della sovranità israeliana sul biblico Monte del Tempio, la
Spianata che ospita la Cupola della Roccia e la Moschea di Al-Aqsa .
L’iniziativa non sembra avere possibilità di successo a causa di un
sostegno insufficiente. Netanyahu non teme l’ira dei palestinesi, allo
stesso tempo non intende entrare in conflitto con l’alleata Giordania, che
ha già minacciato ritorsioni, e l’Egitto guidato dagli amici militari.
E’ scoraggiante
per i palestinesi che il dibattito alla Knesset e le tensioni
per lo status della Spianata delle Moschee non suscitino alcun interesse
sulla scena internazionale. Eppure le possibilità che gli scontri si trasformino
in un incendio sono concrete, come la storia recente insegna quando si
parla della Spianata. Così come è stata largamente ignorata un’altra
legge, approvata lunedì dalla Knesset, che contiene una miscela esplosiva.
Il testo vuole distinguere tra musulmani e cristiani nella minoranza
palestinese in Israele (gli arabi israeliani). Il promotore Yariv Levin,
sempre del Likud, ha ammesso in una recente intervista al quotidiano Maariv
che il fine è quello di frantumare la compattezza della popolazione
araba. Levin vuole che i palestinesi cristiani siano indicati, in via
ufficiale, solo come “cristiani” e non più come “arabi”, per distinguerli
dai musulmani. «E’ una mossa storica e importante che può contribuire
ad equilibrare lo Stato di Israele, facendo attenzione a non chiamare
più arabi i cristiani perché non sono arabi». I cristiani, ha
aggiunto Levin, «saranno amministratori di società pubbliche, riceveranno
una rappresentanza separata negli enti locali… Noi ebrei abbiamo molto in
comune con loro, sono i nostri alleati naturali, un contrappeso ai
musulmani che», a suo dire, «vogliono distruggere il Paese». Con il pretesto
di aiutare quelle comunità che hanno un accesso ridotto al lavoro la legge inciderà
sulle pari opportunità tra cristiani, musulmani, drusi e circassi.
Debole per
il momento l’opposizione a questo progetto. «Forse dovremmo dividere
anche la popolazione ebraica in polacchi, yemeniti e marocchini», si
è limitata ad ironizzare Zahava Gal–On, leader del Meretz (sinistra
sionista). Jamal Zahalka (Tajammo) ha avvertito che la minoranza araba in
Israele non accetterà di spaccarsi per aiutare Levin a realizzare il
suo progetto. «Non esiste un problema di impiego per i drusi o per
i circassi, piuttosto esiste un problema lavoro che riguarda l’intera
minoranza araba. Levin non riuscirà a metterci l’uno contro l’altro»,
ha aggiunto Zahalka. Il deputato del Likud pensa il contrario e afferma
di aver l’appoggio di molti palestinesi cristiani che non si sentono arabi.
Non passano inosservate solo le nuove leggi approvate o in discussione alla Knesset che riguardano i palestinesi e gli arabi israeliani, ma anche le decisioni dei giudici. Due giorni fa la Corte Distrettuale di Gerusalemme ha ridotto da 30 a 21 mesi di carcere la pena per due poliziotti israeliani, accusati di aver abbandonato un palestinese, Omar Abu Jariban, ferito in mezzo alla strada e di averlo lasciato morire per disidratazione. Lo scorso anno Jariban, di Gaza e da tempo in Israele senza permesso, dopo avere rubato un’auto causò un incidente nel quale rimasero ferite quattro persone. Anche lui venne ricoverato in ospedale in gravi condizioni ma fu consegnato alla polizia dopo pochi giorni. Avrebbe dovuto essere portato nel centro medico di una prigione, invece, mancando posti letto, i poliziotti decisero di portarlo in Cisgiordania e di abbandonarlo lungo la statale 443. Jariban morì di stenti. Il suo corpo fu ritrovato dopo due giorni da un passante.
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da greenreport.it , 25 febbraio 2014
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