di Massimo Marino
(versione estesa)
(versione estesa)
Le
elezioni europee arrivano a fine maggio, forse insieme con le elezioni in
Piemonte e comunque con il rinnovo di centinaia di amministrazioni locali e con
la novità di un governo di “ larghe intese oscurate “, secondo il modus vivendi
di R & B . I futuri 751 eurodeputati in rappresentanza dei 28 Stati membri e
teoricamente di 455 milioni di europei, tra cui 73 italiani, dovranno
innanzitutto formare i nuovi gruppi a Strasburgo, che probabilmente saranno 7
come quelli di oggi, poi eleggere il
nuovo Presidente della Commissione europea in sostituzione del portoghese
Barroso. Di Europa, in realtà di euro, di crisi e di austerità, probabilmente
si parlerà un po’ più del solito e il previsto astensionismo di massa, oltre il
50% prevedibile oggi, potrebbe infine ridursi un pochino. D’altronde
l’astensionismo è l’ultima speranza inconfessata con cui la casta, specie quella
italiana, spera di salvarsi. Pochi conoscono esattamente la posta in gioco ( ma
c’è una posta?) e molti si chiedono se il Parlamento di Bruxelles che si vota,
a parte gli ambiti benefit offerti
agli eletti, ha ancora un qualche ruolo; per capirlo procediamo con ordine,
elencando i diversi organismi che si accavallano nella politica europea con
peso e utilità ben diversa, poi vediamo cosa potrebbe succedere e cosa invece
servirebbe che succedesse.
Il Consiglio Europeo, di fatto
probabilmente l’organismo più significativo, è composto dai capi di stato o di
governo dei 28 paesi membri. Fino a qualche anno fa lì si discuteva e decideva,
a porte chiuse; dal trattato di Lisbona del 2009 il CE, specie nel concordare
proposte di nomi per il Presidente della Commissione Europea, deve tener conto
dei risultati del voto per il Parlamento, quindi del gruppo più numeroso che si
è formato dopo il voto. L'attuale presidente del Consiglio Europeo
è il conservatore belga Herman Van
Rompuy. Dal 2011 è anche Mr. Euro, nome informale perché presiede anche il vertice Euro.
La Commissione Europea è l’Esecutivo
dell’Unione europea e detiene il
monopolio dell’iniziativa legislativa, quindi propone l'adozione degli atti
normativi comunitari, la cui approvazione ultima spetta al Parlamento europeo e
al Consiglio dell'Unione Europea. E’ composta da 28 membri che non rappresentano i loro paesi, ma sono scelti individualmente; gestiscono i programmi UE e
i fondi di spesa di cui dispone. Il bilancio ammonta a 151 miliardi di euro nel
2013: una somma ingente in termini assoluti, ma pari solo all' 1% della
ricchezza annuale generata dai paesi UE. Il personale di cui dispone è di ben
34.000 persone con uno stipendio medio mensile di molte migliaia di euro. Il
fallimento del processo di ulteriore unificazione dell’Europa ( saltata
l’ipotesi di una Costituzione europea, di una vera Federazione e tantomeno di
una vera Unione politica dei paesi dell’Europa, ha accentrato nella Commissione
e nel suo Presidente il peso maggiore. Il nuovo Presidente della Commissione che
sostituirà il conservatore Barroso deve essere eletto dalla maggioranza
assoluta dei membri del Parlamento ( cioè almeno 376 ) quindi è indispensabile
l’accordo di diversi gruppi.
Il Consiglio dell’Unione Europea ( detto
anche Consiglio UE ), è composto da ministri ( diversi a seconda dei temi
trattati, quindi nessuno fisso), di tutti i paesi dell'UE; si riuniscono per
adottare le normative e coordinare le politiche di settore. Si ha quindi un
Consiglio dell’Ambiente, uno della Giustizia etc. Il Consiglio dei ministri degli Esteri ha invece un presidente
permanente, l'Alto rappresentante per la
politica estera e di sicurezza dell'UE (oggi è Catherine Ashton). L'UE non ha un esercito, ma per conflitti
internazionali o disastri naturali, alcuni paesi dell'UE possono fornire truppe
per una forza di intervento rapido che si limita tuttavia a interventi
umanitari, azioni di salvataggio e mantenimento della pace. Altre forme di
intervento sono ovviamente delegate di fatto alla NATO che è un alleanza
inter-atlantica.
Il Consiglio d’Europa invece non c’entra
nulla con l’UE ma è un organismo internazionale di 47 stati che si
occupa di Democrazia e Diritti Umani.
Già
le forme di rappresentanza indicano limiti e criticità di una alleanza fra
paesi, diversi fra loro per lingue, culture, economie, che non sono stati in
grado di costruire dopo 20 anni dalla nascita della UE con il trattato di
Mastricht, un vero processo federativo utile agli Stati e sostenuto con
convinzione dai popoli coinvolti. Con gli accordi di Schengen si è garantita teorica
libertà di movimento, lavoro e investimento all'interno degli stati membri. C’è
faticosamente una politica agricola
comune che trova forti elementi di dissenso in diversi paesi e una politica commerciale comune. 18 su 28
stati membri hanno adottato l’euro come moneta comune (Eurozona) . La Corte di Giustizia della UE, alla
quale Stati membri o istituzioni possono rivolgere ricorsi, ha il compito di garantire l'osservanza del
diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati fondativi
dell'Unione europea. In campo economico e finanziario i paesi membri hanno ceduto notevole sovranità ma il processo è
diventato, specie negli anni recenti a partire dalla crisi mondiale del 2008, opaco e sempre più etero-diretto da gruppi
economici e finanziari. Si parla di Troika ( nome derivato dalla storia dello
stalinismo sovietico ) per indicare il triunvirato di esponenti del FMI ( Fondo
Monetario Internazionale ), della BCE ( Banca Centrale Europea) , e della
stessa UE attraverso Commissione e Consiglio. Alla Troika di fatto è stato affidata totalmente la gestione degli
interventi nei 5 anni ultimi di crisi; in particolare con l’intervento diretto
in 4 paesi: Grecia, Portogallo, Cipro e Irlanda. Tutto praticamente ben al di
fuori dal Parlamento Europeo.
Va
ricordato che la BCE ha la gestione esclusiva della quantità di moneta ( euro) circolante,
della definizione dei tassi di interesse, del controllo dell’andamento dei
prezzi e dell’inflazione. Le riserve della BCE ammontano a poco più di 5
miliardi di euro, solo per il 15% in oro e per il resto in dollari e yen. Dopo
l’adozione del Fiscal Compact e del MES come è noto l’accusa insistente che
viene fatta alla Troika è quella di
aver favorito nella crisi più gli interessi di Banche, Istituti di Credito ed
Enti finanziari che quelli degli stati membri in crisi; in particolare rispetto
alle forme di eccessivo arricchimento e speculazione, al dilagare della
disoccupazione, ad un utilizzo di politiche di austerità nella spesa pubblica inique,
che hanno peggiorato il livello di vita di parti della popolazione, bloccato
l’espansione della domanda interna senza aver rilanciato nuove attività
produttive ( in realtà nessuno indica quali dovrebbero essere) e quindi
bloccato la crescita. Tant’è che anche in alcune aree politiche della
socialdemocrazia oltre che della sinistra europea più radicale si chiede, più o
meno timidamente, il ridimensionamento delle tesi dell’austerità, fino all’ipotesi
di un “ piano Marshall europeo” che rilanci “la crescita”: anche qui in genere
senza indicare di che cosa, e questo è il grande guaio che rende la sinistra
prima inconcludente e alla fine, non avendo un proprio riferimento saldo,
sempre trasformista . Solo alcuni economisti
e le componenti ecologiste più radicali sottolineano la necessità di
selezionare realisticamente che cosa si può far crescere di più e cosa è invece
velleitario o addirittura negativo finanziare. I fautori della conversione ecologica si riferiscono in
primo luogo al mercato delle energie rinnovabili, dei mezzi di mobilità collettivi
e sostenibili sul piano ambientale, della agricoltura e degli alimenti di
qualità, del riassetto idrogeologico dei territori ( che alla fine è fonte di risparmi e non di spesa ), della
ricerca nelle tecnologie di produzione a basso impatto ambientale e ad alta
produttività. Infine adottare Terre ed Acque del
Continente e tutelarle per le generazioni future insieme al clima. In qualche
modo indicando, seppure indirettamente, quasi una distinzione fra un PIL buono ed uno cattivo.
Il Parlamento Europeo, per quanto abbia
limiti di azione evidenti e circoscritti a direttive e regolamenti, è comunque
l’unica Istituzione europea eletta dai cittadini in via diretta. In aggiunta il
sistema elettorale su base proporzionale,
da noi limitato con una soglia al 4%, è quello più garante della democrazia
rappresentativa, lontano dai sistemi maggioritari in forma diversa usati ad esempio in Francia
o Gran Bretagna e che R & B
vorrebbero introdurre anche in Italia. Tant’è che in vari paesi il peso delle
diverse opzioni politiche è rappresentato molto diversamente nel voto nazionale
rispetto al voto per l’Europa.
Nel
2009 in Italia vennero presentate 16 liste e solo 5 ebbero degli eletti, contraddicendo la favoletta che i sistemi che
mantengono in modo proporzionale il rapporto voti-seggi diano frammentazione.
Confondendo proporzionale puro e proporzionale limitato da un quorum che
hanno effetti totalmente divergenti sul sistema di rappresentanza.
Nel
Parlamento europeo uscente, a partire dalla regola che per costituire
un gruppo sono necessari almeno 25 eletti
appartenenti ad almeno 7 paesi diversi , sono presenti solo 7 gruppi
politici diversi ( dei quali 2 formatisi più di recente). Come si vede dalla
tabella e dai link i gruppi costituiti sono parecchio eterogenei sia per ragioni di opportunità e convenienza
sia perché i “Partiti europei” sono in genere dei coordinamenti più o meno
labili di forze nazionali spesso diverse fra loro. Basti pensare ai partiti
italiani aderenti al PPE che in Italia in più occasioni sono stati in
coalizioni diverse; o al gruppo
Verdi-ALE che comprende anche parte di autonomisti e i Pirati svedesi; mentre
altri ecologisti sono nella sinistra radicale del gruppo GUE-NGL dove sono
presenti anche forze non particolarmente ecologiste ( ad esempio con posizioni sfumate
sul nucleare) e varie tendenze socialiste o comuniste di matrice troskista e
stalinista.
La
composizione attuale del Parlamento Europeo
Gruppi
|
Sottogruppi
|
Seggi
|
Partito Popolare Europeo (PPE)
|
265
|
|
184
|
||
84
|
||
Gruppo Verde - Alleanza Libera Europea
(Verdi-ALE)
|
Partito Verde Europeo (PVE)
Alleanza Libera Europea (ALE) |
55
|
vari
partiti conservatori ed euroscettici
|
55
|
|
Partito della Sinistra Europea
Alleanza della Sinistra Verde Nordica (NGLA) altri partiti di sinistra non affiliati |
35
|
|
vari
partiti indipendentisti e nazionalisti
|
32
|
|
26
|
||
TOTALE
|
736
|
La novità del voto
di maggio è che per la prima volta sarà il Parlamento europeo ad eleggere il
Presidente della Commissione europea, anche se sarà comunque il Consiglio
europeo a proporre un nome "tenuto
conto delle elezioni europee e dopo aver effettuato le consultazioni
appropriate". L’elezione a
maggioranza assoluta dei membri che lo compongono, impone accordi in Parlamento
e le possibilità non sono molte.
La crisi dei Liberali (ALDE) in Germania e
Gran Bretagna rende non probabile un apporto sufficiente per far eleggere un conservatore del PPE. Lo stesso per un
apporto della Sinistra del GUE-NGL non sufficiente e comunque non richiesto per
l’elezione del tedesco SPD Schulz ( che
peraltro partecipa alla Grosse Koalition in Germania con la Merkel). Lo stesso
per i Verdi, che dopo il “triennio verde 2009-2011” , hanno platealmente
sbagliato la propria strategia sia in Francia che i Germania, sono pressoché
scomparsi nei paesi mediterranei e, in
piena crisi d’identità , anche per quanto indicano i sondaggi, saranno
probabilmente fortemente ridimensionati
nei numeri. Restano poche altre opzioni
fra le quali emerge come la più probabile un accordo fra conservatori e
socialisti . Del tutto inattendibile l’ipotesi
di una cosiddetta Lista Tsipras europea
in grado di condizionare i socialisti; una favola che può essere
raccontata solo nel disastrato arcipelago di frammenti della sinistra radicale
italiana ( mentre Syriza, per quanto abbia subito una scissione interna, ha
possibilità di successo nel voto nazionale in Grecia che però a maggio è circoscritto alle
amministrative). Di scarso peso in tutte le ipotesi sia i cosiddetti conservatori-euroscettici,
sempre sovrastimati, che gli
indipendentisti-nazionalisti .
Sembra scontata ad oggi una intesa non
dichiarata fra conservatori e socialisti per la quale i socialdemocratici tedeschi
con Schultz avranno la presidenza della Commissione ed i conservatori quella
del Consiglio Europeo, forse con Christine Lagard, attuale direttore del
FMI. Insomma una gattopardesca soluzione per non cambiare nulla mentre si agita
lo spettro degli euroscettici, comunque sempre inevitabilmente indicati come
espressione di estrema destra.
Tuttavia il voto di
maggio resta un rilevante megafono per i diversi raggruppamenti tant’è che , per la prima volta, quasi tutti
hanno indicato e presentato un proprio candidato di facciata per la presidenza
della Commissione. Solo il PPE (Partito Popolare Europeo) deciderà il proprio
candidato il 7 Marzo in congresso a Dublino ma sembra orientato, in prima
battuta, verso l’ex primo ministro lussemburghese e attuale presidente
dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker.
I socialisti europei hanno già deciso che punteranno sul tedesco Martin Schulz, attuale Presidente del
Parlamento europeo. Il belga Guy Verhofstadt, europeista convinto e
firmatario dell’appello federalista con Cohn Bendit ed altri, è il candidato per l'Alleanza dei Democratici
e dei Liberali per l'Europa del cui gruppo, parecchio malmesso, è attualmente
il presidente. La francese di destra Marine Le Pen è la candidata per
l'Alleanza Europea per la Libertà, forte del successo del Front National che in
Francia i sondaggi darebbero addirittura come primo partito; nemica
dell'austerity e della troika, euro critica, in Italia sarà appoggiata dalla
Lega Nord. I Verdi di candidati ne hanno indicati due: il francese Jose Bovè e la giovane tedesca Ska Keller. La scelta , fatta svolgendo
per la prima volta le primarie in rete contemporaneamente
in tutti i paesi dove sono presenti, si è rivelata però un clamoroso insuccesso,
con solo 23.000 votanti complessivi, confermando tutti gli indizi degli ultimi
due anni su una profonda crisi di
identità del vecchio ambientalismo dell’intera Europa che dopo la crisi
economica del 2008 ha avuto per un breve periodo un grande momento , non solo
in Francia e Germania, spentosi poi rapidamente non avendo colto i cambiamenti
in corso nell’intera Europa. In vari paesi il voto di maggio avrà quindi un
rilievo come test per misurare i rapporti di forza interni: Il peso della Le
Pen in Francia, il peso reale di Syriza in Grecia, una presenza più visibile
dei Verdi in Gran Bretagna, l’unico paese dove, in controtendenza, sarebbero in
crescita.
Ma molti osservatori
internazionali hanno gli occhi puntati sull’Italia. Non è un mistero che,
malgrado la pesante campagna diffamatoria da diverse direzioni organizzata
contro il M5Stelle, e malgrado forme di organizzazione e di leaderchip ancora
precarie, il M5Stelle non è stato distrutto, comincia a non cadere più nelle
trappole dei media, e sarebbe dirompente
un suo possibile successo come primo partito nel voto di maggio, dove non
ci sono coalizioni e dove voti presi e seggi conquistati sono corrispondenti ( i
seggi potrebbero essere una ventina ). I sondaggi in circolazione, pochissimo
pubblicizzati fino ad oggi , non escludono affatto questa ipotesi, come quella
che alla fine solo tre partiti possano ottenere dei seggi a Bruxelles. Con
qualche chance per il gruppo di Alfano e
per la Lega Nord, nessuna possibilità per i partiti minori del centro e
centro-destra, e praticamente nessuna
anche per l’ennesimo arcobaleno, sempre
dell’ultima ora, con il quale i vari
frammenti della sinistra cercano un temporaneo collage, con il rischio di perdere
ancora una volta il solito milione di voti ma mantenere e magari aumentare di
numero i propri sgangherati partitini sempre incapaci di trovare una comune
strategia. Si vedrà nelle prossime settimane se il gruppetto di intellettuali
sceso in campo per l’occasione avrà idee e resistenza tali da ridurre le
possibilità dell’ennesimo probabile disastro.
Poiché il M5Stelle è
un po’ un singolare amalgama, per il momento abbastanza riuscito, di tre aree
diverse ( quella ecologista, quella sociale attigua alla sinistra radicale e
quella anticasta ) è evidente che il
potenziale elettorato è in parte dato da queste aree ( mentre fra quelli più
garantiti c’è anche una sconfortante ostilità ), ma soprattutto dilaga nei
settori, in crescita, che stanno più duramente pagando la crisi economica. Per
il momento almeno il M5Stelle è l’unica speranza di cambiamento, non manifesta
il tipico trasformismo dei partitini, quindi per il vecchio sistema di partiti è l’unico
vero nemico da battere a cominciare dalla scadenza di maggio.
La repentina discesa
in campo di Renzi nasce proprio dalla
irrilevanza del predecessore non solo sul piano mediatico ma su quello della
reale azione per tamponare gli effetti della crisi, ( che anche parti della
Confindustria ad esempio prevedono ancora in peggioramento nel 2014); infine inadeguato
nel demolire il dissenso. Un panorama
critico per il PD che , malgrado la sceneggiata contro il populismo dei
grillini, colleziona ogni giorno pessime figure in Parlamento e ultimamente
anche in TV. In realtà il passaggio
dalle larghe intese, alle intese più strette, poi alle intese occulte con Berlusconi, con cui si è concordata la resurrezione del
bipolarismo sceneggiato che giova ad entrambi, sta facendo andare in confusione
eletti ed elettori, iscritti, portaborse nei media, che non ci capiscono più
nulla.
C'entra tutto ciò con
l’Europa e le elezioni di maggio ? Certo che sì, stante la crisi evidente del
vecchio sistema politico dell’intera Europa, da 20 anni basato sul bipolarismo
asfittico fra conservatori e socialdemocratici, che in ben 11 paesi di fatto
stanno approdando a larghe intese per sopravvivere al calo di consensi. L’interpretazione
sanguinosa dell’austerità verso i deboli esaspera l’intero continente. Alla
fine una nutrita pattuglia di grillini a Bruxelles ci finirà anche se non si
comprende se sfuggiranno fino in fondo alla trappola di farsi mettere
nell’angolo degli euroscettici, ne quali criteri e che qualità emergeranno per gli
eletti , ne tantomeno come, e con chi, i 5Stelle costituiranno un gruppo a
Bruxelles. Ma si aprirà comunque una fase storica nuova che potrebbe essere di
grande rilievo se le tre aree non allineate alle larghe intese europee (
grillini, ecologisti e sinistra radicale) trovassero forme di convergenza non episodiche. I temi ci sono tutti: chiudere
la fase dell’austerità ma indicare la direzione della conversione ecologica come unico “sviluppo” possibile; garantire in
tutta Europa le condizioni minime di
reddito per una dignitosa sopravvivenza nel mentre si riconverte il sistema
economico; chiudere definitivamente con l’era
del nucleare che, è bene ricordare resta per tutti , anche per noi, “il nemico alle porte” , con 150 impianti , che
può colpire in ogni momento; uscire
dall’era dell’auto e del trasporto privato che brucia idrocarburi perché non possiamo più
permetterci , da tutti i punti di vista, 150 milioni di auto in giro per il
continente. Infine adottare Terre ed Acque del Continente e
tutelarle per le generazioni future. Se
si aprisse un vero confronto su un progetto di diversa Europa, invece che
guardare i propri interessi di sopravvivenza o di retrobottega, un' aria nuova
spazzerebbe via le nebbie che stagnano sul nostro malmesso continente.
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