OGGI IN PARLAMENTO Di Bernardo Iovene
Sono 13 anni che il Consiglio d'Europa chiede invano all'Italia di recepire e ratificare la Convenzione Civile e Penale di Strasburgo sulla corruzione. Secondo la Corte dei Conti, il costo della corruzione per il nostro Paese è di 60 miliardi l'anno. Una cifra impressionante, ma ci siamo mossi solo dopo l'ennesimo scandalo sui finanziamenti per la ricostruzione post terremoto de L'Aquila, quello che ha coinvolto la famigerata cricca, perché nelle Commissioni del Parlamento si discutesse per la prima volta un disegno di legge contro la corruzione nella PA.
Un cammino faticoso che dovrà fare i conti con i fantasmi di Tangentopoli che si aggirano ancora tra gli scranni e con la diffidenza verso la magistratura che rischia di ostacolare una legge che in un paese normale si approverebbe senza pensarci troppo con voto unanime. Ma il nostro Parlamento, per come è composto, è in grado di approvare una legge che consenta una lotta seria alla corruzione nella Pubblica Amministrazione, visto che molti dovranno in sostanza decidere sulla propria sorte? Tra Deputati e Senatori a oggi si conta un numero rilevante di indagati e condannati per reati contro la Pubblica Amministrazione, corruzione, concussione, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta, finanziamento illecito, associazione per delinquere e favoreggiamento alla mafia. Per molti, si è toccato il punto più basso della storia della Repubblica. Dal 1994 ad oggi solo la Giunta delle Autorizzazioni della Camera ha analizzato 500 casi di procedimenti giudiziari. Solo nell'ultima legislatura per la prima volta un Deputato e un Senatore sono finiti in carcere per reati non di sangue.
L'inchiesta ricostruirà, tra gli altri casi, come la Giunta si è comportata nelle vicende De Gregorio, Tedesco, Lusi, Nespoli, Margiotta, Cosentino, Papa. Bernardo Iovene ha inoltre intervistato il Presidente Vizzini e vari parlamentari che sono alle prese con problemi giudiziari di varia natura come Landolfi, Brancher, Farina, Grillo e Del Pennino.
OGGI NEGLI ENTI Di Luca Chianca
Dietro le vicende giudiziarie che hanno coinvolto la Regione Lazio, quelle della Lombardia e della Puglia, ce ne sono altrettante che interessano gli amministratori di province e piccoli comuni. Si calcola che solo per il reato di corruzione sono ben 400 gli amministratori coinvolti. Poi ce ne sono molti altri incappati in indagini, processi o condanne per vari reati. Ma sono accomunati da un vizio comune: nessuno si dimette, perché così fan tutti e soprattutto perché la legge glielo consente visto che in troppi casi non prevede, fino alla sentenza definitiva, nessuna sospensione dalla carica per tutelare l'interesse pubblico delle Istituzioni. E i partiti spesso stanno a guardare.
Sono 13 anni che il Consiglio d'Europa chiede invano all'Italia di recepire e ratificare la Convenzione Civile e Penale di Strasburgo sulla corruzione. Secondo la Corte dei Conti, il costo della corruzione per il nostro Paese è di 60 miliardi l'anno. Una cifra impressionante, ma ci siamo mossi solo dopo l'ennesimo scandalo sui finanziamenti per la ricostruzione post terremoto de L'Aquila, quello che ha coinvolto la famigerata cricca, perché nelle Commissioni del Parlamento si discutesse per la prima volta un disegno di legge contro la corruzione nella PA.
Un cammino faticoso che dovrà fare i conti con i fantasmi di Tangentopoli che si aggirano ancora tra gli scranni e con la diffidenza verso la magistratura che rischia di ostacolare una legge che in un paese normale si approverebbe senza pensarci troppo con voto unanime. Ma il nostro Parlamento, per come è composto, è in grado di approvare una legge che consenta una lotta seria alla corruzione nella Pubblica Amministrazione, visto che molti dovranno in sostanza decidere sulla propria sorte? Tra Deputati e Senatori a oggi si conta un numero rilevante di indagati e condannati per reati contro la Pubblica Amministrazione, corruzione, concussione, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta, finanziamento illecito, associazione per delinquere e favoreggiamento alla mafia. Per molti, si è toccato il punto più basso della storia della Repubblica. Dal 1994 ad oggi solo la Giunta delle Autorizzazioni della Camera ha analizzato 500 casi di procedimenti giudiziari. Solo nell'ultima legislatura per la prima volta un Deputato e un Senatore sono finiti in carcere per reati non di sangue.
L'inchiesta ricostruirà, tra gli altri casi, come la Giunta si è comportata nelle vicende De Gregorio, Tedesco, Lusi, Nespoli, Margiotta, Cosentino, Papa. Bernardo Iovene ha inoltre intervistato il Presidente Vizzini e vari parlamentari che sono alle prese con problemi giudiziari di varia natura come Landolfi, Brancher, Farina, Grillo e Del Pennino.
OGGI NEGLI ENTI Di Luca Chianca
Dietro le vicende giudiziarie che hanno coinvolto la Regione Lazio, quelle della Lombardia e della Puglia, ce ne sono altrettante che interessano gli amministratori di province e piccoli comuni. Si calcola che solo per il reato di corruzione sono ben 400 gli amministratori coinvolti. Poi ce ne sono molti altri incappati in indagini, processi o condanne per vari reati. Ma sono accomunati da un vizio comune: nessuno si dimette, perché così fan tutti e soprattutto perché la legge glielo consente visto che in troppi casi non prevede, fino alla sentenza definitiva, nessuna sospensione dalla carica per tutelare l'interesse pubblico delle Istituzioni. E i partiti spesso stanno a guardare.
QUELLI DEL
MASO CHIUSO
Di Emilio Casalini
I masi, le tipiche abitazioni dell'Alto Adige, quelle con le stalle annesse e i prati sempre curati, dovevano sparire. L'aveva previsto una vecchia Commissione Europea guidata dal commissario europeo Sicco Mansholt per consentire che le mucche scendessero a valle per poter produrre il latte a minor costo. Alle scelte europee però si sono opposti, hanno resistito per oltre vent'anni a differenza di altre regioni dell'arco alpino che invece hanno i crinali abbandonati. E alla lunga i fatti gli hanno dato ragione. Oggi ci sono ancora 18mila masi abitati, l'economia delle valli altoatesine è tra le più fiorenti d'Europa, la disoccupazione sparisce, il reddito cresce. Ed i finanziamenti pubblici qui servono davvero alla collettività. Un microcosmo che funziona e dove l'equilibrio tra uomo e ambiente è perfetto.
I masi, le tipiche abitazioni dell'Alto Adige, quelle con le stalle annesse e i prati sempre curati, dovevano sparire. L'aveva previsto una vecchia Commissione Europea guidata dal commissario europeo Sicco Mansholt per consentire che le mucche scendessero a valle per poter produrre il latte a minor costo. Alle scelte europee però si sono opposti, hanno resistito per oltre vent'anni a differenza di altre regioni dell'arco alpino che invece hanno i crinali abbandonati. E alla lunga i fatti gli hanno dato ragione. Oggi ci sono ancora 18mila masi abitati, l'economia delle valli altoatesine è tra le più fiorenti d'Europa, la disoccupazione sparisce, il reddito cresce. Ed i finanziamenti pubblici qui servono davvero alla collettività. Un microcosmo che funziona e dove l'equilibrio tra uomo e ambiente è perfetto.
I video e la
trascrizione integrale dei testi di tutte le inchieste saranno online sul sito www.report.rai.it pochi minuti dopo il termine
della messa in onda.
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