Il 10 ed il
17 giugno i francesi tornano al voto, come sempre un mese dopo le
presidenziali, per eleggere 577 deputati dell’Assemblea nazionale, il
corrispondente della nostra Camera dei deputati; ma lo faranno attraverso un
tortuoso e infernale meccanismo basato su collegi uninominali e doppio turno,
con un governo già costituito da Hollande, al quale il sistema presidenziale
affida questo potere, a prescindere dalla eventuale maggioranza che uscirà
dalle urne di giugno.
I sondaggi danno i conservatori al 34%, 1-2 punti sopra i socialisti, entrambi molto
in basso, la destra di Marine Le Pen quasi al 15% e la sinistra di Mèlenchon
all’8%, questi ultimi due molto al di sopra del passato però senza alleati. Ma
le percentuali di voto ai partiti dei sondaggi, mentre si prevede crollerà la
partecipazione al secondo turno, contano relativamente. Quello che conta è che con
il voto degli ecologisti di EELV, negli ultimi sondaggi scesi al 4,5 % ed
alleati nei collegi ai socialisti, Hollande avrà molto probabilmente una
maggioranza in Parlamento anche se legittimata solo da una minoranza del
potenziale corpo elettorale. Un sistema
che è la negazione della democrazia rappresentativa sostanziale, il
contrario di “una testa un voto” del proporzionale e non per nulla piace sempre
più al nostro trio dell’ABC che sostiene il governo Monti.
L'Assemblea nazionale (Assemblée nationale) è un ramo del parlamento francese. Nel sistema bicamerale francese, è
la camera più importante e quella in cui il governo ha bisogno
di una maggioranza ( 289 seggi ).
Conta infatti attualmente 577 deputati (di cui 555 in Francia e 22 nei
territori oltremare ma anche dei residenti nei paesi europei che sono circa un milione
). Il voto si svolge in collegi uninominali con scrutinio maggioritario in due
turni; passano al secondo turno i candidati che ottengono almeno il 12,5% nel collegio.
Dal 1958 il mandato di deputato è
incompatibile con la funzione di ministro. Il governo è responsabile di fronte
all'Assemblea nazionale che ha il compito di votare le leggi, insieme con il Senato, che ha oggi una maggioranza sinistre-ecologisti, i
cui membri sono eletti in tre diversi periodi a
suffragio indiretto da circa 150.000 grandi elettori, per la maggior parte amministratori locali (sindaci, consiglieri
municipali, consiglieri dipartimentali e consiglieri regionali), oltre ai
deputati dell'Assemblea Nazionale. Può essere
quindi necessario che una legge passi diverse letture prima che si trovi un accordo tra l'Assemblea Nazionale e il
Senato. Dal giugno 2007 l’assemblea uscente ha una maggioranza di destra, dopo le elezioni
presidenziali di un mese prima vinte da Nikolas Sarkozy con 324
deputati dell' UMP e 22 del Nuovo Centro. Al centro ci sono 4 deputati
del MoDem, il nome
dell'UDF "rifondata" di Francois Bayrou; la
sinistra conta su 205 deputati socialisti e apparentati (di cui 7 radicali di sinistra), infine
4 verdi e 18 comunisti e apparentati.
Il numero
minimo per poter formare un gruppo parlamentare autonomo è attualmente di 15
deputati.
L’attuale Quinta Repubblica, nata nel 1958, ha abbandonato il sistema proporzionale con il 7° governo ( di sinistra) nel 1986, istaurando il doppio turno che con i collegi uninominali ha reso immutabile per decenni il bipolarismo incentrato su socialisti e conservatori. Con i due partiti principali entrambi ormai al di sotto del 30% la novità del voto è che in molti dei più di 500 collegi arriveranno 3 o 4 candidati al secondo turno anche se difficilmente più di 3, al massimo 4 liste ( la Sinistra e forse gli Ecologisti oltre a UMP e PS ) potranno costituire gruppi autonomi in parlamento. E’ escluso un gruppo dell’estrema destra di Marine Le Pen che, malgrado sia valutata almeno al 15% potrebbe, alla fine del doppio turno, non eleggere nessuno all’ Assemblea.
L’attuale Quinta Repubblica, nata nel 1958, ha abbandonato il sistema proporzionale con il 7° governo ( di sinistra) nel 1986, istaurando il doppio turno che con i collegi uninominali ha reso immutabile per decenni il bipolarismo incentrato su socialisti e conservatori. Con i due partiti principali entrambi ormai al di sotto del 30% la novità del voto è che in molti dei più di 500 collegi arriveranno 3 o 4 candidati al secondo turno anche se difficilmente più di 3, al massimo 4 liste ( la Sinistra e forse gli Ecologisti oltre a UMP e PS ) potranno costituire gruppi autonomi in parlamento. E’ escluso un gruppo dell’estrema destra di Marine Le Pen che, malgrado sia valutata almeno al 15% potrebbe, alla fine del doppio turno, non eleggere nessuno all’ Assemblea.
Con l’accordo
di novembre scorso fra socialisti ed ecologisti i due partiti hanno spartito i
collegi (63 a EELV) per il primo turno. Secondo i sondaggi più recenti insieme
dovrebbero, seppure per poco, raggiungere la maggioranza; oppure dovranno ottenere
il sostegno dei pochi eletti del Centro o quello, più problematico ma più
consistente, della Gauche con la quale è fallito, ancora nelle ultime ore, un
tentativo di accordo generale almeno per la desistenza nei collegi . Hollande
(esponente della destra socialista), grazie al sistema presidenziale ha già
scelto i 32 ministri e sottosegretari, soltanto due dei quali ( Cecile Douflot e Pascal Canfin )
sono stai dati agli ecologisti; tutti i ministri sono candidati nei collegi,
dove c’è sempre un secondo candidato supplente, dai quali si dimetteranno nel
momento in cui fossero eletti.
Un sistema
strampalato, da più parti ormai criticato a favore di un ritorno, almeno
parziale, al proporzionale ma difeso,
ovviamente, dai due partiti principali che ne traggono grande vantaggio (anche economico
grazie ai consistenti contributi economici dati in base agli eletti ottenuti).
Una singolare forma di democrazia rappresentativa, che aumenta l’astensionismo
( previsto già al primo turno almeno al 35% ), praticamente opposta al sistema
proporzionale tedesco ma molto ben vista in Italia da PD e PDL che proprio un sistema
simile vorrebbero propinarci soprattutto per impedire l’entrata dei grillini in
Parlamento ma anche per dimezzare a proprio favore i propri recalcitranti
probabili alleati. Un sistema orribile al quale parecchi milioni di francesi
rispondono non iscrivendosi alle liste elettorali e non partecipando al voto. Basti
pensare che con 65 milioni di abitanti Hollande è andato al secondo turno con 10.272.705
voti ( Sarkozy con 9.753.629 ) ed ha vinto il ballottaggio con 18 milioni di
voti (Sarkozy 16,9 ). Nelle elezioni politiche del 2007 al primo turno sono
andati al voto 26 milioni di francesi, scesi a 20,4 milioni al secondo turno.
Va precisato che nell’esprimere la partecipazione al voto è consuetudine
esprimere la percentuale rispetto agli iscritti alle liste elettorali che non sono per
nulla i potenziali elettori. E’ probabilmente riferendosi a questo quadro che
il nostro Dalema, al termine delle recenti comunali italiane, ha dichiarato che
in fin dei conti l’assenteismo del secondo turno ( meno del 40% in varie grandi
città, da Genova a Palermo ) è in linea
con i dati europei, considerandola evidentemente una auspicabile situazione normale.
E’ bene
ricordare che in Francia il Presidente ha aumentato dal 1958 i propri poteri,
come ad esempio il diritto di sciogliere l'Assemblée nationale (articolo 12
della Costituzione), il diritto di indire un referendum (articolo 11), il
potere di nominare il Primo ministro (articolo 8). Per quanto riguarda il
governo, ne determina e ne dirige la politica. Stabilisce anche i 3/4 degli
ordini del giorno dell'Assemblée nationale. Più o meno quanto ha in testa il
nostro Berlusconi, e in particolare la sua componente interna ex fascista, che
chiede la deriva presidenziale come baratto per regalare al PD il doppio turno.
Uno scambio di favori che nella specifica situazione italiana ci
allontanerebbero da qualunque parvenza di regime democratico, lasciandoci al
regime … e basta.
Per trovare
i voti che non ha, nelle settimane passate fra le presidenziali di maggio e le
imminenti legislative, Hollande ha fatto di tutto per portare al voto
quell’ampia fascia di potenziali elettori della sinistra e degli ecologisti
senza i quali non c’è una maggioranza nella prossima Assemblea, essendo ormai sfumata,
in base ai sondaggi, l’ipotesi di un monocolore socialista malgrado i poteri
miracolosi del sistema a doppio turno.
Ha preparato un decreto che almeno in
parte riporta l’età pensionabile da 62 anni a 60 ( ma solo per i lavoratori
precoci di 19 anni che comunque lavorerebbero 41 anni), un tema molto agitato
da Mèlenchon e dalla Gauche. Nel confermare
Henri Proglio, amicone di Sarkozy, alla guida del colosso nucleare EDF,
nominandolo anche presidente di Edison,
l’utility italiana ormai controllata dal gruppo d’Oltralpe, ha ventilato però
l’ipotesi ridurre a 1 a 20 il rapporto fra lo stipendio più basso e quello più
alto all’interno di una stessa azienda, ovviamente solo nei gruppi pubblici o
in quelli dove lo Stato francese rappresenta l’azionista di riferimento.
Ha
annunciato che intende applicare il
75% di aliquota ai redditi annui superiori al milione di euro ( che è ben
meglio del pallino della patrimoniale una tantum della nostra sinistra
postbertinottiana).
Ha annunciato ad Obama il probabile ritiro anticipato dei
francesi dall’Afghanistan.
Infine ha stabilito la riduzione del 30% dello stipendio
dei Ministri. Tutte questioni sulle quali Mèlenchon ha fatto volare in alto il
voto alla gauche, ma presenti anche nell’accordo di novembre con i verdi.
Accordo
sofferto che però, è bene ricordare, è un accordo fra partiti, non con il Presidente e del quale quanto resterà dopo
il voto è difficile prevedere. Ed è proprio il futuro di EELV, e dietro del
nucleare francese, la vera incognita del dopo voto. La Douflot e Canfin hanno
ottenuto due ministeri di second’ordine ( in confronto forse meno del nostro Pecoraro con Prodi )
che si chiamano all’ Egualianza e allo Sviluppo. Nei sondaggi delle ultime settimane i verdi sono
scesi dal 6% ( contro il 16% delle europee ed il 12% delle regionali ) al 4,5% e sarebbero vicini
al limite dei 15 eletti (la soglia per costituire un gruppo autonomo ad oggi
sicuro solo per PS, UMP e Gauche ) che è anche la soglia che misura la
differenza fra il successo ed il disastro, mentre l'accordo per la parziale
fuoriuscita dal nucleare, già messo in discussione senza troppo clamore
dall’entourage socialista, rende davvero problematica la presenza verde al governo di un paese che resterebbe di gran
lunga il pilastro dell’industria nucleare nel mondo; con la quale l’Italia ha
chiuso con il referendum, il Giappone ha smesso un mese fà e che la
stessa Merkel ha definitivamente abbandonato in queste settimane con forti
investimenti per le rinnovabili.
Per
complicare la vita ai nostri ecologisti d’oltrealpe ci mancavano i Pirati. I
quali sull’onda dei successi in Germania sono calati anche in terra francese e
saranno presenti con propri candidati
in 101 collegi come ha annunciato Maxime
Rouquet il loro co-portavoce. Nel loro programma si va ben al di là del
software libero: al centro tutti i temi ecologici, le libertà ed i diritti
fondamentali di tutti i cittadini, la trasparenza delle istituzioni, il libero
accesso al sapere ed alla cultura in tutte le loro forme di espressione, la
lotta contro tutte le forme di monopoli, l’ostilità agli OGM ed alla appropriazione
della biodiversità da parte dei gruppi privati, l’indipendenza della
magistratura; rivendicando infine che tutte le loro scelte vengono prese, con
l’uso del web, attraverso il voto
“assembleare” esaltando tutte le forme possibili di democrazia diretta da parte
dei cittadini.
Un po’ del
voto francese si svolgerà per posta nel resto dell’Europa, anche in suolo italiano. I
francesi residenti nel nostro paese (34mila) fanno capo all’ 8a circoscrizione,
quella del Mediterraneo Est che include anche la Grecia, la Turchia, Israele, Malta,
Cipro; circa 110 mila aventi diritto al voto e 4 candidati espressione dei diversi
raggruppamenti delle varie sinistre e degli ecologisti. Risiedono da lungo
tempo in Italia, in Turchia e in Israele. Tema comune la difesa della
bi-nazionalità e il rilancio della cultura francofona garantendo anche la
gratuità dell’insegnamento in francese ai figli dei residenti all’estero,
gratuità messa in causa negli ultimi anni da provvedimenti di Sarkozy. Solo in
Israele vivono circa 63.000 ebrei francesi e qualche decina di franco palestinesi. Probabilmente la
socialista Daphna Poznanski andrà al ballottaggio. Pierre Jestin, economista,
abita a Milano e si presenta per i verdi. Propugna la riconversione ecologica
del sistema produttivo ed il sostegno all’economia sociale. Michèle Parravicini,
che si definisce anche lei ecologista, è la candidata del “Front de la Gauche”,
il raggruppamento di Mélenchon; risiede in Grecia ma ha avuto modo di
partecipare in Tunisia ai movimenti all’origine della primavera araba. Infine,
Corinne Rouffi, franco-israeliana, rappresenta il piccolo “Parti radical de
gauche”, moderati di sinistra nelle liste socialiste, e si impegna a difendere
con equità anche i diritti dei franco palestinesi.
Infine è
singolare che proprio in queste settimane siano emersi dati che illustrano
l’andamento della spesa pubblica francese dal 2000 in poi. La questione
riguarda la penosa diatriba fra Austerità e Sviluppo che riempie le pagine,
specie quelle nostrane, di chiacchiere insignificante secondo le quali i
conservatori (esempio Sarkozy e Merkel ) spingerebbero per l’austerità (
lacrime e sangue si dice) mentre le varie sinistre ( cioè la socialdemocrazia e
parte delle sinistre ), sarebbero per maggiori incentivi allo sviluppo, fautore
(si dice ), di benessere per tutti. E’ un dibattito inconsistente, buono per i
soliti esperti delle tv della sera e per accentuare differenze minime mentre è
ovvio che il vero tema è indicare in quali settori la crisi economica impone
austerità senza massacrare semplicemente gli strati più deboli della società o al contrario promuovere maggiore impegno di spesa ed in quali settori la crisi
ecologica impone di chiudere con l’ipotesi
della crescita a favore di una decrescita pilotata e in quali nuovi settori sostenere
con investimenti un nuovo modello di crescita e nuovi lavori ( le rinnovabili e l’uso razionale dell’energia è
il tipico esempio).
Di fatto è l’idea della Conversione Ecologica, un modello che non sfiora le menti dei due “contendenti” europei quando non ci sono ecologisti sufficentemente autorevoli a proporlo e imporlo all’ordine del giorno. I dati francesi, ad esempio quelli del World Economic Outlook (una pubblicazione del Fmi che raccoglie i dati nazionali, incluse le previsioni fino al 2017) indicano che socialisti e conservatori, che si sono alternati negli ultimi decenni , non hanno modificato di una virgola l’aumento della spesa pubblica che è in aumento lineare anche nelle previsioni per i prossimi anni, mentre la condizione sociale di molti, non di tutti, come nella gran parte dell’Europa, è costantemente peggiorata.
Austerità e Sviluppo evidentemente, anche in Francia, sono stati coniugati diversamenti per i diversi protagonisti sociali.
Di fatto è l’idea della Conversione Ecologica, un modello che non sfiora le menti dei due “contendenti” europei quando non ci sono ecologisti sufficentemente autorevoli a proporlo e imporlo all’ordine del giorno. I dati francesi, ad esempio quelli del World Economic Outlook (una pubblicazione del Fmi che raccoglie i dati nazionali, incluse le previsioni fino al 2017) indicano che socialisti e conservatori, che si sono alternati negli ultimi decenni , non hanno modificato di una virgola l’aumento della spesa pubblica che è in aumento lineare anche nelle previsioni per i prossimi anni, mentre la condizione sociale di molti, non di tutti, come nella gran parte dell’Europa, è costantemente peggiorata.
Austerità e Sviluppo evidentemente, anche in Francia, sono stati coniugati diversamenti per i diversi protagonisti sociali.
* del Gruppo delle Cinque Terre
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