1 novembre 2014

La democrazia rottamata dei nazareni: restare in due



di Massimo Marino *


Quali sono i contenuti  e quali gli ispiratori del cosiddetto Patto del Nazareno, cioè della serie di incontri fra Renzi e Berlusconi o fra loro collaboratori conclusisi con quello del gennaio 2014 a Largo del Nazareno sede del PD Nazionale ?


Sembrerebbe impossibile rispondere, ma è  invece possibile elencare una serie di scelte concrete dell'ultimo anno nelle quali i due partiti di riferimento si sono mossi insieme o in modo oggettivamente concorde praticamente in quasi tutte le scelte istituzionali di un qualche rilievo. Gli obiettivi della convergenza sembrano essere sostanzialmente questi:


 1) garantirsi un reciproco sostegno  nella egemonia e controllo delle aree politiche di riferimento  attraverso una sostanziale non belligeranza verso le scelte di governo ed il sostegno del voto di Forza Italia quando necessario e in cambio riconoscendo la legittimità dell'interlocutore, compreso l'assenso in prospettiva alla possibilità di ricandidatura di Berlusconi.


2) modificare ma non compromettere il sistema di finanziamento pubblico e legittimare quello privato ai partiti , ma anche al parastato privilegiato di sostegno, ai media di supporto, ai settori finanziari ed industriali che legittimano la permanenza di un bipolarismo da tempo entrato in crisi fra gli elettori.
  

3) rimodellare le regole elettorali a tutti i livelli in modo da rendere irrilevanti o subalterni i partiti di contorno a destra e a sinistra. 


4 ) chiudere in modo definitivo il fenomeno  Grillo nel giro di uno-due anni .  


Va aggiunto che dal febbraio 2014, nascita del governo Renzi , PD e FI hanno unanimemente votato insieme  più del 95% di tutti gli atti legislativi del Parlamento (unanimemente  intendo dal Brunetta alla Santanchè alla Mussolini fino al Cuperlo, al Bersani , al Civati e relativi referenti di area ).


E' però  utile una più articolata descrizione delle concrete conseguenze dell'accordo.


Aree Metropolitane e Province

Nell' indifferenza e nel silenzio generale in tre diversi appuntamenti ( 28 settembre, 5 e 12 ottobre ) si è avviata la prima fase di attuazione della controriforma Del Rio ( legge 56 del  7 aprile 2014 con modifiche successive della l.66 e l.90 ) con le elezioni di secondo grado ( cioè con il voto ponderato dei soli consiglieri comunali ) per 60 province ( alcune nuove !) e per le  10 nuove aree metropolitane :  Torino, Milano, Roma, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari . Reggio C.  e Venezia voteranno  prossimamente. 


Si tratta del primo caso in cui la ostilità crescente nei confronti  del sistema dei partiti e dei costi della politica, uno dei temi di successo del M5S alle elezioni politiche del febbraio 2013, è stata abilmente aggirata e capovolta nel suo contrario, sfruttando superficialità e ingenuità dei contestatori , portando in prospettiva ad un maggiore peso della casta bipolare ed al drastico ridimensionamento dei contestatori stessi. Infatti  con  la Del Rio  si sono   prima eliminati  i previsti 86 presidenti, 700 assessori, 2.700 consiglieri provinciali non eletti in maggio, ma subito dopo si sono aumentati di circa 26.000 i consiglieri comunali negli enti sotto i 10.000 abitanti, quindi si sono rieletti circa un migliaio di ''nuovi'' consiglieri provinciali o metropolitani. Per il momento, in modo poco credibile, si sostiene '' a costo zero '' volendo farci credere che costoro, pochissimo pagati per la verità quelli dei piccoli comuni,  parteciperanno gratuitamente  e di tasca propria ad un secondo livello di incontri ( giunte o consigli o assemblee ). Il sistema di voto, una vera e propria mostruosità  sul piano della democrazia attraverso un maggioritario su un maggioritario che però si spaccia per proporzionale,  prevedeva che la presentazione di liste richiedesse  un consistente  numero di firme di eletti di primo livello ( i consiglieri ) che ha ovviamente tagliato fuori  quasi tutti quelli che non entravano nelle liste PD o Forza Italia e soprattutto il M5Stelle che infatti è stato pressoché azzerato. Incredibilmente almeno il 15% dei consiglieri comunque non ha votato. 


Per le Province, seppure con notevoli problemi e confusioni interne al movimento, Grillo ha in qualche modo coerentemente  deciso di non presentarsi , con una incerta critica di  Pizzarotti, con l'espulsione del sindachino grillino di Comacchio che si è presentato in liste di altri, con vari consiglieri 5Stelle, in Emilia e non solo, che sono andati comunque  a votare  liste degli altri. In alcune  aree metropolitane, a Milano in particolare,  i grillini non sono riusciti a raccogliere le firme e sono rimasti fuori dall'inizio. Nelle situazioni più problematiche PD e Forza Italia con i rispettivi alleati si sono presentati in un'unica lista passando dal finto bipolarismo ad un più sincero ''partito unico degli affari metropolitani''

A Torino la lista PD-FI-NCD e cespugli vari ha eletto 15 dei 18 metropolitani ( 13 PD, 1 FI,1 NCD ),  la lista federalista-nazionalista di LN e Fratelli d'Italia ne ha eletto 1, il M5Stelle ha avuto 2 eletti. Anche a Genova PD e Forza Italia con anche il NCD e perfino gli arancioni della Lista di Doria si sono presentati insieme ottenendo 13 seggi su 18. Altri 5 sono andati a 2 liste di area LN e Fr.d'Italia. I grillini hanno ottenuto 2 eletti su 24 a Roma e 1 su 18 a Bologna e a Firenze. Quindi:  6 grillini in totale eletti su 900. La finta legge anticasta  ha quindi funzionato al meglio concentrando su PD e FI gran parte degli eletti , decimando gli alleati e spazzando via i grillini.


Regioni

Non tutti sono a conoscenza che in novembre si rinnoveranno i consigli regionali di Emilia  e Calabria dopo le personali disgrazie che hanno coinvolto i due governatori uscenti,  Errani (PD) e Scopelliti ( FI) . Di quest'ultimo è stato smentito in questi giorni un suo passaggio a Fratelli d'Italia, neppure strano visto che la sua carriera politica iniziò negli anni '80 nel Fronte della gioventù. E' solo l'avvio di una tornata di elezioni regionali che nella prossima primavera riguarderanno altre 7 regioni (Liguria, Marche, Umbria, Puglia, Toscana, Campania e Veneto). 

Poiché i media quasi non ne parlano, pochissimi sono a conoscenza  dell'intenso lavorio comune che da mesi PD e FI stanno svolgendo , a volte pubblicamente a volte meno ma sempre in accordo, per modificare a proprio vantaggio i risultati del prossimo voto regionale attraverso modifiche truffaldine dei sistemi elettorali . L'obiettivo è sempre lo stesso: ridurre il peso degli alleati a proprio vantaggio attraverso l'innalzamento dei quorum dentro ma soprattutto fuori dalle coalizioni, azzerare il M5Stelle attraverso premi alla coalizione vincente ma soprattutto con quorum altissimi per chi non fa coalizioni. Praticamente in modi diversi si sta consolidando l'obiettivo regione per regione a seconda delle specifiche situazioni e dei gruppi di interessi locali. Un malinteso e sciagurato federalismo bossiano dei tempi andati, che va a pennello per i due attori di oggi ,   permette infatti ad ogni regione di inventarsi il suo particolare sistema elettorale.  In Calabria, dove si è addirittura esagerato e dove i veri protagonisti  esterni della rapina delle risorse tollerano poco i disturbatori, ci si è fatti prendere la mano proponendo un testo che portava  al 15 % il quorum di lista, tanto che lo stesso Ministero, non tanto per vergogna ma  per evitare una bocciatura della  Consulta  ( cioè  la Corte Costituzionale) per palese incostituzionalità , è dovuto intervenire imponendo l'abbassamento a ''solo'' l'8%. In realtà preoccupati di evitare un pericoloso precedente per l'italicum ancora in alto mare. 


Già prima, con una furbesca interpretazione delle contestazioni anticasta  il governo Monti  aveva ridotto ( giustamente) il numero di consiglieri in tutte le regioni ma mantenendo (  ingiustamente ) i meccanismi di tipo maggioritario invece che proporzionale ( premi, listino , quorum interni ) con i quali la riduzione dei seggi veniva così  pagata prevalentemente dai partiti di piccola ma anche di media dimensione e da quelli non in coalizione ( cioè il solito M5Stelle ) . Sistema già collaudato in Sardegna dove, in assenza della lista grillina, la coalizione di una  indipendentista locale pur superando il 10% non ha eletto nessuno mentre liste con meno del 3% hanno ottenuto 2 seggi. In Campania, dove si è alzato il quorum dal 5 al 10%,  circola in queste ore la notizia di un probabile accordo fra PD e NCD, che riguarderebbe anche la Puglia ( con buona pace di Vendola) , per un'alleanza alle regionali. D'altronde il partitino di Alfano ha un carattere provvisorio, destinato a terminare il suo ruolo prima delle future elezioni politiche e sono già in corso i primi trasferimenti verso PD o verso Forza Italia a seconda delle convenienze locali. 


Senato

Seppure zoppicante, strampalato e contestato, il testo che regolerebbe l'elezione ( anche qui  ''di secondo livello'')  dei senatori  prefigura un Senato della Casta di 100 membri  eletto dai consiglieri regionali, escludendo gli elettori che possono tranquillamente starsene a casa. Praticamente un Senato di famiglia piddino, con una opposizione  ( si fa per dire ) di vecchi, e di nuovi pentiti, neoberlusconiani . Come stanno le cose oggi sembra improbabile una presenza significativa di grillini e di altri, in totale fra tutti  difficilmente più di 15-20 seggi su 100. 


La Camera e l' Italicum

Non deve stupire che sulle regole per l'elezione della nuova Camera, che sarà di fatto l'unica camera legiferante,  di comune accordo PD e Forza Italia stiano temporeggiando. Si tratta ancora sui quorum interni ed esterni alle coalizioni, sulla soglia da raggiungere (dal partito o dalla coalizione ?) per ottenere la maggioranza degli eletti. Per distrarre l'attenzione e per parlare d'altro si da corda ai nostalgici delle preferenze ( questione che nei due partiti governati dai due nazareni diventa sempre più irrilevante ma che crea qualche scompiglio e agitazione fra i gruppi di interesse e generazionali interni ). Magari si aggiunge la tenzone sulle quote rosa , questione sempre più appassionante a riguardo dei due partiti governativi di ieri e di oggi  visto lo spessore e la connotazione femminista delle nuove leve assunte ai maggiori incarichi istituzionali e di governo.


Per la Camera  il colpo da tentare è quello grosso. Se si ridimensiona il possibile peso elettorale dei grillini al 10-15% ( del tutto possibile visto che Grillo non ne azzecca una da sei mesi  e riesce a smontare l'ottimo lavoro della grande maggioranza dei suoi eletti sia in parlamento che nelle regioni ) tutto diventa possibile. L'incrocio fra premio, collegi e doppio turno con una sapiente regia permetterebbe  di tutto: per prima cosa di  azzerare a numeri irrilevanti i 5Stelle che, insieme alla reciproca tutela fra i due contraenti,  è poi l'obiettivo primario del patto di cui si parla.  


La Corte Costituzionale

Chi se ne frega della Consulta , penseranno in molti. E invece fra tutti i nodi questo è uno fra i più importanti e per il momento non è stato sciolto. I due nazareni e le forze molteplici che li sostengono o che comunque li lasciano fare, non possono tollerare una reale autonomia di poteri fra organi diversi dello stato ( quello che ci insegnavano a scuola quando si studiava Democrazia, Costituzione e ripartizione dei poteri ).  E' il centro del processo di rottamazione della democrazia reale che è in corso e ne sono consapevoli i mandanti interni ed esterni al nostro  paese. Il caso Violante, da sempre interno alla logica dei nazareni,  indica l' importanza della nuova futura composizione della Consulta. Per quanto incompresa e addirittura ignorata dalla quasi totalità degli italiani, questa sta diventando la madre di tutte le battaglie. Non si può concordare un percorso istituzionale di trasformazione del sistema  sociale, istituzionale, elettorale se permane il dubbio che ci possa essere un organismo di reale autorevolezza che possa, in qualunque momento, appellarsi all'antiquato principio della rappresentatività democratica e della democrazia sostanziale che in qualche modo la carta Costituzionale riesce ancora a garantirci. I due nazareni sono ben consapevoli della questione. Va squilibrata la composizione interna della Consulta, e poi  adeguata al nuovo corso una idonea  figura di nuovo Presidente della Repubblica. Fuori dal patto nessuno deve mettere il becco nel nuovo Italicum o come si vorrà ribattezzarlo. A quel punto, probabilmente prima del 2018, si potrà andare a nuove elezioni. E a quel punto naturalmente aspettatevi  tre  mesi di scontro durissimo fra i due nazareni a reti unificate. In fin dei conti sperano che  arriviate tutti a chiedervi : voto Renzi o Berlusconi ? O magari li voto metà per ognuno restando a casa…

Altrimenti che sceneggiata è ?   


* GCT   


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