di Massimo Marino *
Quali sono i contenuti
e quali gli ispiratori del cosiddetto Patto del Nazareno, cioè della serie
di incontri fra Renzi e Berlusconi o fra loro collaboratori conclusisi con
quello del gennaio 2014 a Largo del Nazareno sede del PD Nazionale ?
Sembrerebbe impossibile rispondere, ma è invece possibile elencare una serie di scelte
concrete dell'ultimo anno nelle quali i due partiti di riferimento si sono
mossi insieme o in modo oggettivamente concorde praticamente in quasi tutte le
scelte istituzionali di un qualche rilievo. Gli obiettivi della convergenza
sembrano essere sostanzialmente questi:
1) garantirsi un
reciproco sostegno nella egemonia e
controllo delle aree politiche di riferimento attraverso una sostanziale non belligeranza
verso le scelte di governo ed il sostegno del voto di Forza Italia quando
necessario e in cambio riconoscendo la legittimità dell'interlocutore, compreso
l'assenso in prospettiva alla possibilità di ricandidatura di Berlusconi.
2) modificare ma non compromettere il sistema di
finanziamento pubblico e legittimare quello privato ai partiti , ma anche al
parastato privilegiato di sostegno, ai media di supporto, ai settori finanziari
ed industriali che legittimano la permanenza di un bipolarismo da tempo entrato
in crisi fra gli elettori.
3) rimodellare le regole elettorali a tutti i livelli in
modo da rendere irrilevanti o subalterni i partiti di contorno a destra e a
sinistra.
4 ) chiudere in modo definitivo il fenomeno Grillo nel giro di uno-due anni .
Va aggiunto che dal febbraio 2014, nascita del governo Renzi
, PD e FI hanno unanimemente votato insieme più del 95% di tutti gli atti legislativi del
Parlamento (unanimemente intendo dal
Brunetta alla Santanchè alla Mussolini fino al Cuperlo, al Bersani , al Civati
e relativi referenti di area ).
E' però utile una più articolata descrizione delle
concrete conseguenze dell'accordo.
Aree Metropolitane e
Province
Nell' indifferenza e nel silenzio generale in tre diversi
appuntamenti ( 28 settembre, 5 e 12 ottobre ) si è avviata la prima fase di
attuazione della controriforma Del Rio ( legge 56 del 7 aprile 2014 con modifiche successive della
l.66 e l.90 ) con le elezioni di secondo grado ( cioè con il voto ponderato dei
soli consiglieri comunali ) per 60 province ( alcune nuove !) e per le 10 nuove aree metropolitane : Torino, Milano, Roma, Genova, Bologna,
Firenze, Napoli, Bari . Reggio C. e Venezia
voteranno prossimamente.
Si tratta del primo caso in cui la ostilità crescente nei
confronti del sistema dei partiti e dei
costi della politica, uno dei temi di successo del M5S alle elezioni politiche
del febbraio 2013, è stata abilmente aggirata e capovolta nel suo contrario, sfruttando
superficialità e ingenuità dei contestatori , portando in prospettiva ad un
maggiore peso della casta bipolare ed al drastico ridimensionamento dei
contestatori stessi. Infatti con la Del Rio si sono prima
eliminati i previsti 86 presidenti, 700
assessori, 2.700 consiglieri provinciali non eletti in maggio, ma subito dopo si
sono aumentati di circa 26.000 i consiglieri comunali negli enti sotto i 10.000
abitanti, quindi si sono rieletti circa un migliaio di ''nuovi'' consiglieri
provinciali o metropolitani. Per il momento, in modo poco credibile, si
sostiene '' a costo zero '' volendo farci credere che costoro, pochissimo
pagati per la verità quelli dei piccoli comuni, parteciperanno gratuitamente e di tasca propria ad un secondo livello di
incontri ( giunte o consigli o assemblee ). Il sistema di voto, una vera e
propria mostruosità sul piano della
democrazia attraverso un maggioritario su un maggioritario che però si spaccia
per proporzionale, prevedeva che la
presentazione di liste richiedesse un
consistente numero di firme di eletti di
primo livello ( i consiglieri ) che ha ovviamente tagliato fuori quasi tutti quelli che non entravano nelle
liste PD o Forza Italia e soprattutto il M5Stelle che infatti è stato pressoché
azzerato. Incredibilmente almeno il 15% dei consiglieri comunque non ha votato.
Per le Province, seppure con notevoli problemi e confusioni
interne al movimento, Grillo ha in qualche modo coerentemente deciso di non presentarsi , con una incerta
critica di Pizzarotti, con l'espulsione
del sindachino grillino di Comacchio che si è presentato in liste di altri, con
vari consiglieri 5Stelle, in Emilia e non solo, che sono andati comunque a votare
liste degli altri. In alcune aree
metropolitane, a Milano in particolare, i grillini non sono riusciti a raccogliere le
firme e sono rimasti fuori dall'inizio. Nelle situazioni più problematiche PD e
Forza Italia con i rispettivi alleati si
sono presentati in un'unica lista passando dal finto bipolarismo ad un più
sincero ''partito unico degli affari metropolitani''.
A Torino la lista
PD-FI-NCD e cespugli vari ha eletto 15 dei 18 metropolitani ( 13 PD, 1 FI,1 NCD
), la lista federalista-nazionalista di LN
e Fratelli d'Italia ne ha eletto 1, il M5Stelle ha avuto 2 eletti. Anche a
Genova PD e Forza Italia con anche il NCD e perfino
gli arancioni della Lista di Doria si sono presentati insieme ottenendo 13
seggi su 18. Altri 5 sono andati a 2 liste di area LN e Fr.d'Italia. I grillini
hanno ottenuto 2 eletti su 24 a Roma e 1 su 18 a Bologna e a Firenze. Quindi: 6 grillini in totale eletti su 900. La finta
legge anticasta ha quindi funzionato al meglio concentrando
su PD e FI gran parte degli eletti , decimando gli alleati e spazzando via i
grillini.
Regioni
Non tutti sono a conoscenza che in novembre si rinnoveranno
i consigli regionali di Emilia e
Calabria dopo le personali disgrazie che hanno coinvolto i due governatori
uscenti, Errani (PD) e Scopelliti ( FI) .
Di quest'ultimo è stato smentito in questi giorni un suo passaggio a Fratelli
d'Italia, neppure strano visto che la sua carriera politica iniziò negli anni
'80 nel Fronte della gioventù. E' solo l'avvio di una tornata di elezioni
regionali che nella prossima primavera riguarderanno altre 7 regioni (Liguria,
Marche, Umbria, Puglia, Toscana, Campania e Veneto).
Poiché i media quasi non
ne parlano, pochissimi sono a conoscenza dell'intenso lavorio comune che da mesi PD e FI
stanno svolgendo , a volte pubblicamente a volte meno ma sempre in accordo, per
modificare a proprio vantaggio i risultati del prossimo voto regionale
attraverso modifiche truffaldine dei sistemi elettorali . L'obiettivo è sempre
lo stesso: ridurre il peso degli alleati a proprio vantaggio attraverso
l'innalzamento dei quorum dentro ma soprattutto fuori dalle coalizioni, azzerare
il M5Stelle attraverso premi alla coalizione vincente ma soprattutto con quorum
altissimi per chi non fa coalizioni. Praticamente in modi diversi si sta
consolidando l'obiettivo regione per regione a seconda delle specifiche
situazioni e dei gruppi di interessi locali. Un malinteso e sciagurato federalismo
bossiano dei tempi andati, che va a pennello per i due attori di oggi , permette infatti ad ogni regione di inventarsi
il suo particolare sistema elettorale. In Calabria, dove si è addirittura esagerato e
dove i veri protagonisti esterni della
rapina delle risorse tollerano poco i disturbatori, ci si è fatti prendere la
mano proponendo un testo che portava al
15 % il quorum di lista, tanto che lo stesso Ministero, non tanto per vergogna
ma per evitare una bocciatura della Consulta
( cioè la Corte Costituzionale)
per palese incostituzionalità , è dovuto intervenire imponendo l'abbassamento a
''solo'' l'8%. In realtà preoccupati di evitare un pericoloso precedente per
l'italicum ancora in alto mare.
Già prima, con una furbesca interpretazione delle contestazioni
anticasta il governo Monti aveva ridotto ( giustamente) il numero di
consiglieri in tutte le regioni ma mantenendo ( ingiustamente ) i meccanismi di tipo
maggioritario invece che proporzionale ( premi, listino , quorum interni ) con
i quali la riduzione dei seggi veniva così pagata prevalentemente dai partiti di piccola ma
anche di media dimensione e da quelli non in coalizione ( cioè il solito
M5Stelle ) . Sistema già collaudato in Sardegna dove, in assenza della lista
grillina, la coalizione di una indipendentista locale pur superando il 10%
non ha eletto nessuno mentre liste con meno del 3% hanno ottenuto 2 seggi. In
Campania, dove si è alzato il quorum dal 5 al 10%, circola in queste ore la notizia di un
probabile accordo fra PD e NCD, che riguarderebbe anche la Puglia ( con buona
pace di Vendola) , per un'alleanza alle regionali. D'altronde il partitino di
Alfano ha un carattere provvisorio, destinato a terminare il suo ruolo prima
delle future elezioni politiche e sono già in corso i primi trasferimenti verso
PD o verso Forza Italia a seconda delle convenienze locali.
Senato
Seppure zoppicante, strampalato e contestato, il testo che regolerebbe
l'elezione ( anche qui ''di secondo
livello'') dei senatori prefigura un Senato della Casta di 100 membri
eletto dai consiglieri regionali, escludendo gli elettori che possono
tranquillamente starsene a casa. Praticamente un Senato di famiglia piddino,
con una opposizione ( si fa per dire )
di vecchi, e di nuovi pentiti, neoberlusconiani . Come stanno le cose oggi sembra
improbabile una presenza significativa di grillini e di altri, in totale fra
tutti difficilmente più di 15-20 seggi
su 100.
La Camera e l' Italicum
Non deve stupire che sulle regole per l'elezione della nuova
Camera, che sarà di fatto l'unica camera legiferante, di comune accordo PD e Forza Italia stiano
temporeggiando. Si tratta ancora sui quorum interni ed esterni alle coalizioni,
sulla soglia da raggiungere (dal partito o dalla coalizione ?) per ottenere la
maggioranza degli eletti. Per distrarre l'attenzione e per parlare d'altro si
da corda ai nostalgici delle preferenze ( questione che nei due partiti
governati dai due nazareni diventa sempre più irrilevante ma che crea qualche scompiglio
e agitazione fra i gruppi di interesse e generazionali interni ). Magari si
aggiunge la tenzone sulle quote rosa , questione sempre più appassionante a
riguardo dei due partiti governativi di ieri e di oggi visto lo spessore e la connotazione femminista
delle nuove leve assunte ai maggiori incarichi istituzionali e di governo.
Per la Camera il colpo da tentare è quello grosso. Se si
ridimensiona il possibile peso elettorale dei grillini al 10-15% ( del tutto
possibile visto che Grillo non ne azzecca una da sei mesi e riesce a smontare l'ottimo lavoro della
grande maggioranza dei suoi eletti sia in parlamento che nelle regioni ) tutto
diventa possibile. L'incrocio fra premio, collegi e doppio turno con una
sapiente regia permetterebbe di tutto: per
prima cosa di azzerare a numeri
irrilevanti i 5Stelle che, insieme alla reciproca tutela fra i due contraenti, è poi l'obiettivo primario del patto di cui
si parla.
La Corte
Costituzionale
Chi se ne frega della Consulta , penseranno in molti. E
invece fra tutti i nodi questo è uno fra i più importanti e per il momento non
è stato sciolto. I due nazareni e le forze molteplici che li sostengono o che
comunque li lasciano fare, non possono tollerare una reale autonomia di poteri
fra organi diversi dello stato ( quello che ci insegnavano a scuola quando si
studiava Democrazia, Costituzione e ripartizione dei poteri ). E'
il centro del processo di rottamazione della democrazia reale che è in corso e ne sono consapevoli i mandanti interni ed esterni al nostro paese. Il caso Violante, da sempre interno
alla logica dei nazareni, indica l'
importanza della nuova futura composizione della Consulta. Per quanto
incompresa e addirittura ignorata dalla quasi totalità degli italiani, questa sta
diventando la madre di tutte le battaglie. Non si può concordare un percorso
istituzionale di trasformazione del sistema sociale, istituzionale, elettorale se permane
il dubbio che ci possa essere un organismo di reale autorevolezza che possa, in
qualunque momento, appellarsi all'antiquato principio della rappresentatività
democratica e della democrazia sostanziale che in qualche modo la carta
Costituzionale riesce ancora a garantirci. I due nazareni sono ben consapevoli
della questione. Va squilibrata la composizione interna della Consulta, e poi adeguata al nuovo corso una idonea figura di nuovo Presidente della Repubblica.
Fuori dal patto nessuno deve mettere il becco nel nuovo Italicum o come si
vorrà ribattezzarlo. A quel punto, probabilmente prima del 2018, si potrà
andare a nuove elezioni. E a quel punto naturalmente aspettatevi tre mesi di scontro durissimo fra i due nazareni a
reti unificate. In fin dei conti sperano che arriviate tutti a chiedervi : voto Renzi o
Berlusconi ? O magari li voto metà per ognuno restando a casa…
Altrimenti che sceneggiata è ?
* GCT
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