di Giulio
Marcon *
1.753
miliardi di dollari è la spesa militare 2012 nel mondo, secondo i dati del
Rapporto Sipri. Poco meno di metà è realizzata dagli Usa (682 miliardi),
l’Italia dovrebbe ridurre subito i suoi 26 miliardi di spesa
Il recente
rapporto annuale del Sipri – il prestigioso istituto di ricerca svedese sul
disarmo – sulla spesa militare mondiale ci consegna un quadro sconfortante: nel
2012 si sono spesi nel mondo 1753 miliardi di dollari per le armi. Nello stesso
tempo spendiamo a livello globale circa 60 miliardi per la cooperazione allo
sviluppo e la lotta alla fame nel mondo (cioè il 3,4% di quanto si spende per
le armi) e circa 12 miliardi per la lotta all'Aids (l'equivalente di 3 giorni
di spesa militare). Abbiamo costretto un paese come la Grecia a impoverirsi
drammaticamente per sanare il suo debito pubblico in ossequio ai diktat europei
(mettendo a rischio anche l'euro e la stabilità economica europea) quando con
solo il 10% della spesa militare mondiale si sarebbe potuto stabilizzare la
situazione finanziaria di quel paese ed evitare la povertà a milioni di
persone.
La crisi
avanza, ma la spesa militare non si ferma. Non solo negli Stati Uniti (oltre
682 miliardi) o in Cina (+175% negli ultimi 10 anni), ma anche in Italia:
spendiamo ogni giorno 70 milioni per le armi e oltre 26 miliardi ogni anno. E
rischiamo di spenderne ancora di più con la legge delega sulla difesa, i cui
decreti attuativi (già pronti, ma non ancora resi noti) scritti dal
ministro-ammiraglio Di Paola diminuiranno la spesa per il personale, ma
aumenteranno pesantemente gli stanziamenti per i sistemi d'arma e gli
investimenti. L'altro ieri il Ministro Grilli in audizione alla Camera – alla
sollecitazione di molti deputati che chiedevano stanziamenti per la cassa
integrazione in deroga – non ha preso alcun impegno e ha invitato il Parlamento
a trovare i soldi. Basta leggere il rapporto del Sipri e i bilanci delle spese
militari italiani per sapere dove questi soldi si possono trovare. Con 20
giorni di spesa militare italiana – o rinunciando a costruire 10
cacciabombardieri F35 – avremmo subito le risorse per rifinanziare la cassa
integrazione.
In un
momento di crisi così grave bisogna intervenire subito per ridurre la spesa
militare, cambiare il modello di difesa e porre fine all'interventismo
militare. Nei giorni scorsi Sel ha presentato una mozione parlamentare per lo
stop agli F35 e il M5S per il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan. Si
tratta di costruire da subito una mobilitazione unitaria nella società e nel
parlamento per porre tre temi fondamentali: quello di una politica estera di
pace, quello di una riconversione civile dell'economia militare e quello di una
revisione del modello di difesa contrastando l'ispirazione ed i contenuti della
legge delega di Di Paola. Bisogna ridurre di almeno un terzo gli organici delle
Forze Armate, azzerare l'acquisizione e la produzione dei cacciabombardieri F35,
ritirare i nostri soldati da tutte le missioni militari di guerra a favore di
un modello di difesa radicalmente nuovo – sufficiente – ispirato ai
valori costituzionali del ripudio della guerra e del contributo del paese alla
costruzione della pace.
È immorale
costruire cacciabombardieri e lasciare senza indennità i cassintegrati o
spendere 70 milioni al giorno per le Forze Armate e lasciare 140 scuole in zona
sismica a rischio di crollo quando con l'equivalente di quel giorno di spesa
militare potrebbero essere rimesse a posto. E sarà pure una spesa modesta
(sempre di qualche milione di euro si tratta), ma rifare tra un mese e mezzo la
parata militare del 2 giugno sarebbe una scelta sbagliata e inopportuna. La
nostra Repubblica (primo articolo della Costituzione) è fondata sul lavoro. In
un momento in cui l'assenza di lavoro è il dramma di questi mesi, celebrare la
festa del 2 giugno (spendendo un po' di soldi) con i carri armati e le frecce
tricolori non è accettabile. Non è il momento dei trionfalismi patriottardi, ma
di occuparsi dei lavoratori, dei disoccupati, dei precari.
·
da sbilanciamoci.info , 13 aprile 20137/04/2013
Nessun commento:
Posta un commento