Secondo
l'economista la scelta del Capo dello Stato è "l’ennesimo triste bilancio
della democrazia italiana". Infatti, non è stata creato un organo ad hoc
"per studiare i possibili scenari economici in grado di contrastare la
spirale recessiva"
di Loretta Napoleoni *
Monti bis con a fianco una rosa di ‘saggi’, tutti uomini, tutti
appartenenti dell’establishment e tutti più o meno in sintonia con
il pensiero economico montiano – almeno così è stato fino alla fine del 2012 –
questo è quanto oggi l’Italia offre all’elettorato ed al mondo. Non è un
pesce d’aprile, come molti ieri a Wall Street hanno definito la decisione del nostro Capo dello
Stato, ma l’ennesimo triste bilancio della democrazia italiana. In
più di un mese non solo non si è formato un governo, ma non si è creata una
commissione ad hoc per studiare i possibili scenari economici in grado
di contrastare la spirale recessiva che lo sta riportando indietro nel tempo,
alla povertà post-bellica.
Una
commissione parlamentare mista, si badi bene, non l’ennesimo drappello di
‘uomini di potere’. Ecco di cosa avremmo davvero bisogno. Un cenacolo di
analisi con al suo interno senatori, deputati ed esperti provenienti da aree
diverse, ma soprattutto, portatori di tesi diverse. Ne esistono già di
commissioni di questo tipo, ad esempio quella per l’accesso ai documenti
amministrativi, istituita ai sensi dell’art. 27 della L. 241/1990. Altre
commissioni simili sono nate in passato come le tre Commissioni miste di
vigilanza: sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di
banca, prevista dall’art. 110 del Testo unico 28 aprile 1910, n. 204, ed
operativa fino alla XIV legislatura; sull’amministrazione del debito pubblico e
sulla vigilanza di Cassa depositi e prestiti, istituita dall’articolo 3
del R.D. 2-1-1913 n. 453 e tuttora attiva.
Oggi la crisi del debito sovrano e
la recessione rappresentano per il paese una minaccia ben più grande del
crimine organizzato, ecco perché è necessario creare accanto alla commissione
anti-mafia quella anti-crisi.
Napolitano questo passo lo doveva fare prima
ancora di nominare Monti, quanto lo spread era al 7 per cento e l’Italia
rischiava di finire come la Grecia. La commissione anti-crisi doveva
produrre proposte concrete da presentare all’Unione Europea, ma non è
stato così e ci siamo rimessi nelle mani di Bruxelles. Da allora tutti
gli indicatori economici sono peggiorati e l’Italia viene apertamente definita
il malato del G8. Il debito è aumentato e sulla carta il nostro paese è
ancora più vicino alla Grecia e infinitamente più lontano dalla Germania.
Lo spread ha ricominciato a salire insieme all’emigrazione dei giovani ed alla
disperazione degli anziani. Se ne parla quotidianamente nei talk show politici
con cifre alla mano, e a farlo sono principalmente i politici che usano questi
indicatori per infangarsi a vicenda.
Di cosa invece non si discute sono le
strategie per risolvere il problema perché nessuno si é preso la briga di
studiarle. Non esiste una proposta di soluzione, uno straccio di politica
economica, il massimo che si riesce ad ottenere sono punti-slogan, lapidari
come la lista della spesa. E’ questa una sorta di politica da Ballarò,
fatta per riempire gli spazi televisivi ed ottenere consensi, certamene non per
salvare il paese. Non esiste a tutt’oggi una forza politica che abbia un
programma economico anti-crisi che possa essere riassunto dalla casalinga come
dal professore universitario, neppure Monti ce lo aveva. Infatti nel 2011,
quando è stato incoronato salvatore della patria, è andato a prenderlo a
Bruxelles.
A differenza delle nazioni forti europee, da noi il dibattito economico
è sempre stato monotematico: tutti i partiti si sono schierati in difesa
dell’euro, oppure come i 5 Stelle vogliono rimettere ai cittadini
la decisione di continuare o meno questa avventura. Ma i
cittadini hanno davvero gli strumenti per formulare la politica
anti-crisi? Non sarebbe meglio presentar loro delle opzioni, degli scenari,
delle simulazioni prima di chiedergli un’opinione a riguardo? Cosa fanno gli
uffici studi, le fondazioni, i centri di ricerca legati alle vare forze
politiche? Possibile che nessuno abbia prodotto un documento propositivo?
Nei
paesi ricchi del nord queste istituzioni lavorano giorno e notte, la Fondazione
Friederich Erbert, il pensatoio socialdemocratico tedesco, ad esempio, sta
ultimando una simulazione di un euro a due velocità. Tutte, indistintamente,
cercano di risolvere il problema del debito, nodo centrale della crisi. Dal
1980 nei paesi occidentali il volume totale del debito (che include quello
pubblico, delle famiglie e delle società) si è quadruplicato tanto che ormai è
tre volte la somma del Pil di queste nazioni. Quello di Eurolandia
ammonta a 61mila miliardi di euro ed è di gran lunga superiore al 180 per cento
del pil in tutti gli stati membri. Un debito di queste dimensioni è non solo
ingestibile ma impedisce qualsiasi tipo di ripresa, su questo tutti gli
economisti sono d’accordo.
Per far
ripartire l’economia il debito pubblico deve essere inferiore all’80 per cento
del pil, quello non finanziario deve scendere sotto il 90 percento e quello
delle famiglie deve essere inferiore all’85 percento. Se non si interviene
immediatamente e con efficacia entro il 2040 il debito pubblico italiano sarà
pari al 250 per cento del pil e quello giapponese al 600 per cento. A quel punto
queste economie difficilmente riusciranno a sopravvivere. In Italia questo tipo
di ricerca non esiste, o non viene metabolizzata. Si parla solo di spread e di
politiche di brevissimo periodo. Proprio perché manca il tessuto scientifico
che invece esiste nel Nord Europa è opportuno unire le forze e dar
vita ad una commissione mista anti-crisi. Un organo gestito dal parlamento, non
da un governo tecnico, che gli italiani hanno detto chiaramente non vogliono
più, e che è ancora in carica per l’ennesima trovata illusionista di chi
dovrebbe rappresentarci. Questa commissione avrebbe anche il compito di
valutare tutte le proposte avanzate dall’austerità di Bruxelles fino a quella
del Boston Group, il celeberrimo gruppo di ricerca economica, che
suggerisce che un taglio del debito pubblico italiano del 47 per cento
porterebbe il totale del debito complessivo – pubblico, societario e privato –
sotto la soglia del 180 per cento attraverso una ristrutturazione. Ma lo scopo
vero della commissione anti-crisi sarà quello di presentare al parlamento ed
alla nazione tutti i possibili scenari futuri affinché la scelta futura poggi
sulla conoscenza e non sulla propaganda, anche perché ormai è chiaro che da
questo pantano non se ne esce senza grandi sacrifici e senza un cambio radicale
di politica.
Riesce difficile pensare che i saggi di Napolitano
condividano questa visione.
* da ilfattoquotidiano.it
, 2
aprile
2013
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