di Giovanni Chiambretto *
Riepiloghiamo.
Cosa è cambiato e cos’è rimasto come prima. Cosa dobbiamo aspettarci.
Dopo
le primarie del PD di dicembre l’aria ai
piani alti delle istituzioni era leggera. L’impatto mediatico di questa
mobilitazione aveva risollevato i sondaggi a vette mai viste prima e la strada
era spianata per un governo “politico” a maggioranza PD. Nel frattempo
Berlusconi cominciava a darsi da fare per recuperare un po’ di margine di
trattativa (voti) per tutelarsi da un futuro giudiziario e la Confindustria
lanciava Monti con l’ambizione di costruire un polo di centro-centrodestra
alternativo a Berlusconi, il centro-sinistra dava meno problemi. Prima delle
elezioni tutti pensavano che l’esito inevitabile sarebbe stato un governo
Bersani con Monti (o chi per lui, forse Passera) sotto l’egida di poteri forti
economici. Con Berlusconi coinvolto solo sulle scelte di riforma costituzionale
e fortemente ricattabile, quindi non condizionante. Sembra che nel PD si fossero già
divisi i posti da ministro, sottosegretario etc. C’era posto per tutti i
clan, per tutte le ambizioni e per tutte le cordate.
Ma
non è andata così. L’indignazione popolare per gli scandali e la crisi ha
scompaginato i calcoli. L’espressione del volto di Bersani il giorno dopo i
risultati elettorali era la visualizzazione plastica dello sconcerto, della
rabbia, del disorientamento di una classe dirigente che si accorge che il
popolo bue non ci sta più. E’ allora che le istituzioni sono state congelate,
il parlamento non ha cominciato i suoi lavori, le consultazioni per la
formazione del governo sono iniziate in una fantasmagoria di suggestioni
mediatiche senza senso che avevano due scopi: disorientare l’opinione pubblica
e lavorarsi i 5Stelle per farli a pezzi.
Il valzer
sulle presidenze delle Camere ha dato un po’ di speranza alla casta ed ai
poteri che li sorreggono: se è così facile mettere il sale sulla coda ad un po’
di parlamentari grillini mostrandogli Grasso, forse si riesce a romperli ed a
disinnescare la minaccia che rappresentano (per loro) nelle istituzioni.
Simbolicamente il punto di svolta è stato l’incontro (in diretta streaming) fra
Bersani-Letta e Crimi-Lombardi. Quest’incontro è stato preceduto da una finta campagna del PD che si
sbilanciava ad escludere ogni accordo con Berlusconi, anzi ne avrebbe votata
l’ineleggibilità; ma sicuramente contatti e ipotesi di accordo fra le parti
istituzionali ( presidenza della Repubblica e i diversi attori) erano già in
corso per mettere a punto il piano B ( quello vero). Per il PD il problema era
come prendere in giro quella parte non ancora frullata dei propri elettori, compresi
una decina dei propri neoeletti che non avevano ancora ben capito in che
partito si trovavano. ( Civati e qualche altro amico di passaggio).
Storicamente
il punto di svolta (senza precedenti costituzionali) è stata la nomina dei 10
saggi da parte di Napolitano. Erano già chiari due fatti: 1) I grillini forse
avrebbero perso qualcuno, ma non si sarebbero divisi 2) I numeri per un governo Bersani più Monti
senza un appoggio condizionante di Berlusconi non c’erano. Il modello coltivato
nei due mesi precedenti non poteva funzionare. L’unica possibilità era un
governo PD-PDL fiancheggiato da Monti e Lega che avrebbero firmato qualunque
assegno in bianco pur di non essere fra quelli che erano fuori. Il problema era come ribaltare di punto in
bianco la narrazione che le agenzie pubblicitarie dei diversi partiti avevano
propinato all’opinione pubblica durante tutta quell’ ”aspra” campagna
elettorale. A destra si agitava lo spettro del comunismo, a sinistra si
innalzava la bandiera della democrazia, dei diritti e del lavoro. Nella
recita rappresentata sui media si chiamavano i cittadini a tifare per la squadra
del cuore contro l’avversario infido mettendo in scena una polarizzazione che rafforzava ambedue i poli nel completo vuoto
pneumatico di differenze programmatiche. L’idea
geniale dei 10 saggi ha risolto. Fino al giorno prima radio, televisioni e
giornali starnazzavano che se non si fosse subito fatto un governo l’ Italia
sarebbe morta (dimenticando che il Belgio recentemente è rimasto un anno e
mezzo senza esecutivo e ha pure avuto un po’ di ripresa economica), il giorno
dopo tutti i media erano in religioso raccoglimento in disinvolta attesa delle
riflessioni dei 10 saggi.
Si
rimane stupiti che la quasi totalità della categoria dei giornalisti (che
dovrebbe essere composta da persone istruite, da professionisti responsabili)
sia arrivata ineffabile a comportamenti stravaganti, ragionamenti incoerenti e
posizioni talmente contradditorie un giorno con l’altro che se notassimo ciò in
un nostro famigliare lo accompagneremmo subito ad una visita neurologica. O
forse sapendo cosa guadagnano non si rimarrebbe stupiti. All’indecenza non c’è
mai limite. A molti è sfuggito il
significato della mossa dei 10 saggi. Vediamola meglio, intanto chi sono. Non
erano altro che i plenipotenziari del centrodestra e del centrosinistra che
dovevano concordare i paletti di mutua
garanzia per un accordo operativo sul futuro governo PD-PDL. In aggiunta due o tre funzionari per arrivare a 10 che è meglio. Un tocco di
pittoresco poi è dato dall’epiteto di “saggi”. Pensare che Quagliariello o
Violante siano “saggi” al di sopra delle parti completa un’immagine ironica e
surreale come certi vecchi film dei Fratelli Marx.
La macchina era partita e si doveva fare presto. Non dimentichiamo che le banche, le cordate di clientele, parte dell’apparato produttivo parassitario, chi vive di appalti, etc. non può attendere come in Belgio un anno e mezzo, la caldaia deve essere alimentata con continuità se no è lo sfacelo. Nel blocco complessivo dell’attività parlamentare, hanno dovuto comunque costituire una commissione speciale per sbloccare 40 miliardi da dare subito ad imprese e banche.
La macchina era partita e si doveva fare presto. Non dimentichiamo che le banche, le cordate di clientele, parte dell’apparato produttivo parassitario, chi vive di appalti, etc. non può attendere come in Belgio un anno e mezzo, la caldaia deve essere alimentata con continuità se no è lo sfacelo. Nel blocco complessivo dell’attività parlamentare, hanno dovuto comunque costituire una commissione speciale per sbloccare 40 miliardi da dare subito ad imprese e banche.
Il
documento dei 10 saggi è la carta d’identità del futuro governo, qualcosa di
simile a un giuramento mafioso: conferma che il finanziamento ai partiti non si
tocca, niente sulla corruzione, interventi sulle intercettazioni, ripescaggio
di Berlusconi sull’orlo di Hammamet, etc. Pochi l’avevano preso sul serio tanto
appariva inadeguato al momento economico, sociale ed istituzionale della
nazione. Ed invece non è che la
proiezione operativa del patto PD-PDL. E’ il programma del nuovo governo.
Ritorniamo
agli elettori. Chi glielo spiega che era tutto uno scherzo?
A
destra non è difficile. È un’azienda e l’amministratore delegato aveva già
spostato quasi una diecina di parlamentari nel gruppo misto del Senato per
organizzare una pattuglia che potesse alla bisogna (ed in cambio di contropartite
di diversa natura) apertamente votare alcuni provvedimenti del governo Bersani
(se Bersani fosse stato) mentre il grosso del PDL avrebbe ostentatamente votato
contro (salvando le apparenze). La scusa: non lasciare il Gruppo Misto alla
pericolosissima sovversiva De Petris, semisconosciuta ex verde miracolata da
Vendola. Simpatico il fatto che questi parlamentari PDL, pochi giorni dopo
essere entrati in carica, si siano dimessi dal gruppo parlamentare con cui erano
stati eletti e si siano iscritti al gruppo misto; poi in 10 hanno fatto un nuovo
gruppo. Ma non era una crisi di coscienza.
Adesso
che la geografia era cambiata Berlusconi doveva trovare una copertura a destra.
Quindi, sulla scacchiera della Camera sposta la pattuglia di La Russa, che con i Fratelli
d’Italia si pone all’opposizione ( si fa per dire ) di Napolitano e del nuovo
governo. In deroga ai regolamenti ( e con il voto di PDL e PD, contrari solo i
M5S ) si è costituito come gruppo a sé, con dotazioni economiche,
strumentazione e personale pubblici. Un sottopolo dove lo sprovveduto elettore,
di destra e un po’ fesso, deluso che Berlusconi voti coi comunisti, può essere
parcheggiato durante questo periodo fino ai prossimi giri di valzer.
Più
seria è la situazione a sinistra. Lì il partito e un pezzo di elettorato è
strutturato per cordate (amministratori pubblici, cooperative, funzionariato
vario) e la sua ragion d’essere è la spartizione. In più qualche giovane e qualche
bella ragazza per ringiovanire l’ambiente.
Sul progetto Bersani ce n’era per tutti, adesso però bisogna spartire
con tutti gli altri e non ce n’è abbastanza. Un bel pezzo di elettorato invece vota
ancora per appartenenza, nostalgia, seduzione della tv, molti anche per sincera
illusione riformatrice. Questi credevano
di votare contro Berlusconi il puttaniere e adesso gli buttano via Rodotà che
era stato presidente dei DS e votano con Berlusconi. Hai voglia di dirgli che è
colpa di Grillo. Qualche gruppetto di sprovveduti boy-scout
occupa pure qualche sede del partito. Ma il tempo stringe, non ci sono
alternative e ormai è deciso così ( per alcuni, fra quelli che contano, dall’inizio ) . Al povero Bersani lasciano 48
ore per vedere se è capace di fare un gioco di prestigio sull’elezione del
Presidente della Repubblica. La Mission Impossible consiste nell’eleggere un piddino
che possa essere presentato come nuovo agli elettori di appartenenza ideologica
e fidato agli elettori di apparato. Dovrebbe così salvare le apparenze e
offrire garanzie di una più grassa spartizione dal momento che l’arbitro è uno
dei nostri.
Ma
Bersani non è Tom Cruise, è un disastro. I
personaggi non hanno neanche l’apparenza del nuovo, nessuno si sente più
garantito e le cordate si rompono e ricompongono a caso su sospetti, voci,
promesse, ipotesi. Mentre in piazza gruppi di iscritti ostentatamente
stracciano la tessera ( ma che vogliono
? sussurra la Finocchiaro uscendo dal Capranica ), nel palazzo regna il caos
più totale. I parlamentari PD che si
offrono alle telecamere rappresentano uno spettacolo a dir poco inconsueto in
un paese civile. In molti addirittura per rimarcare la loro lealtà, chi ad
un partito, chi ad una corrente, chi ad una banda, proclamano (di fronte a
milioni di cittadini elettori ) di avere segnato la propria scheda prima di
deporla nell’urna, altri di averla fotografata. Chi guarda la tv rimane
esterrefatto. Tutti sanno che segnare la scheda, nelle normali elezioni
equivale all’annullamento, e tutti ricordano che il mese scorso, entrando nel
seggio elettorale per votare questo parlamento, un cartello proibiva di portare
nel seggio apparecchi fotografici e telefonini.
Il
tempo era scaduto. Bersani ( tradito pure dalla giovane parlamentare
segretaria) si dimetteva e, all’inizio dell’ultima votazione, quando i due B
ripescano Napolitano, le carte sono messe in tavola, il disegno è manifesto, i
giochi sono fatti, succeda quel che succeda. Qui finisce la prima parte della
partita: Il PD ha compiuto il miracolo di San Gennaro, ha resuscitato Berlusconi.
Grillo dal Friuli finalmente capisce che il gioco è chiuso e lancia, fuori
tempo massimo, l ‘ appello “tutti a
Roma”. Ma probabilmente sta cambiando anche il clima con le forze dell’ordine,
allora frena e fa bene a frenare. E’ l’avvio di un colpetto di stato, nella forma
in cui si fa in un paese moderno dell’Europa mediterranea; che si completerà
con il governo e il coretto dei media a spiegare che non è successo nulla.
Molti
italiani neppure se ne accorgono, oppure si ritraggono nauseati: in Friuli alle
regionali il 52 % degli elettori non
votano né un presidente né, tantomeno, un partito. La graziosa Serrachiani vince fra i rimasti , anche se secondo
le regole enunciate da Letta e Franceschini dovrebbe essere espulsa. Contemporaneamente
i sondaggi danno il M5Stelle salito al 30%. Segnali di un paese che non capisce
più nulla di quanto sta succedendo.
La
seconda parte della partita sarà molto diversa dalla prima, il primo che fa un
errore perde tutto.
Le
ultime elezioni politiche hanno rappresentato un tentativo di uscire
dall’eccezionalità di un governo “tecnico” per riportare la gestione delle
dinamiche politiche in mano ad una casta ringiovanita e un po’ ripulita, giusto
per sventolare qualche bandierina contro il grillismo. Facce nuove e nuovi partiti-immagine,
Berlusconi ridimensionato, un cosiddetto centro più consistente e maggiori
responsabilità alla sinistra (condizione
propedeutica ad altri provvedimenti antipopolari). Si voleva dare inizio ad un
altro e diverso spettacolo, ma non ha funzionato. Cosa resta sul tavolo adesso?
Formalmente tre raggruppamenti parlamentari
e mezzo, più qualche gregario a part-time come la Meloni e Vendola. In realtà
due schieramenti. Senza volerlo sono riusciti a creare in Italia un vero bipolarismo.
In
estrema sintesi è in corso un processo globale di ridefinizione dei rapporti sociali,
produttivi e finanziari in tutta Europa, al peggio in Italia. Non è una menata
per intellettuali o per professorini più
o meno autonominatisi “di sinistra”; è una voragine che tocca almeno due terzi
del paese: noi, i nostri figli, i nostri nipoti.
In
Italia, in assenza di qualsiasi progetto di modernizzazione economica, produttiva
ed istituzionale, si sta creando una polarizzazione fra chi pensa di potersi
garantire (e magari arricchire) occupando le istituzioni (che in fondo
gestiscono più del 50% del PIL ) e chi resta fuori e si dovrà arrangiare. Scendendo
di qualche gradino, chi tanti chi pochi,
nella scala della democrazia, del benessere, della felicità, della libertà. La
proiezione istituzionale di questa polarizzazione è evidente nei fatti di
questi giorni che hanno fatto piazza pulita di tutta la retorica mediatica che
ci ha sommerso in questi anni. Chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori. Il
punto è che dentro non c’è posto per tutti. Ogni tanto il Truman-show che avvolge la gran parte degli italiani ha una falla
di regia e per un attimo, prima che i registi riprendano il controllo, balena
la vera Italia.
Dentro
vediamo industriali assistiti e sindacalisti accomodanti, burocrazia garantita
e giornalisti, cooperative di ogni colore che si spartiscono appalti,
banchieri, pubblici amministratori, pensionati di lusso, grossi e piccoli
faccendieri, casta politica di ogni livello e gestori di utilities, insomma
tutti coloro il cui reddito e posizione sociale è assicurata direttamente o
indirettamente dallo stato o dal parastato. I vertici dei partiti fanno da
garanti.
Fuori
sono i lavoratori precari o esodati e studenti senza futuro, partite iva non
garantite e artigiani (che quotidianamente troviamo suicidati sui giornali),
disoccupati (con ogni grado di istruzione) ed agricoltori, qualche
intellettuale ( pochi) che si è sfilato la fetta di salame dagli occhi. Insomma
la carne da cannone della crisi. Stranamente (ma non tanto) una situazione del
tutto simile a quella che precedette la grande rivoluzione francese del 1789. Al
momento, per merito di Napolitano, il banco è nelle mani di quelli
che sono “dentro”. La congrega di quelli dentro è estremamente composita ed a
fianco di incapaci stanno anche menti raffinate che nel corso di questi mesi
hanno messo a punto strategie complessive (secondo loro) credibili e
praticabili con cui bisognerà fare i conti. Il loro problema consiste nel trovare come
consolidare e strutturare un blocco sociale che si perpetui a dispetto di
circostanze anche internazionali sfavorevoli. In altre parole di come fermare il tempo (che si sta troppo bene così).Come ?
Primo : bisogna mantenere il
controllo assoluto sullo Stato. Per cui è evidente che dovranno agire sul
sistema elettorale, ridurre il peso delle assemblee elettive anche attraverso
cospicue riforme costituzionali (sono già state depositate 95 proposte di legge
costituzionali, pressoché tutte peggiorative ) e ridefinire la catena di
comando e controllo delle istituzioni (già fatto l’obbligo di pareggio di
bilancio).
Secondo : garantire e tutelare i
singoli segmenti di questo blocco sociale con un sistema di mutua copertura. Ad
esempio la magistratura è stata un elemento di forte disturbo a queste
dinamiche. Bisogna depotenziarla e metterla sotto controllo ( sul tema c’è
pieno accordo fra PD e PDL). La corruzione diffusa è una componente costitutiva
delle logiche di potere italiane e va
perseguita a condizione che non si esageri toccando la casta.
Terzo
: la macchina deve continuare a girare. Bisogna da una parte succhiare
ricchezza dal corpo sociale con ogni mezzo. Aumento dell’IVA, controllo
centralizzato di ogni forma di proprietà, conto corrente, transazioni della
gente qualunque, riduzione o annullamento del contante (ricordiamo Cipro).
Dall’altra devono procedere a qualunque costo ad allocare risorse in ambiti che
giustifichino speculazione e corruzione (appalti, privatizzazioni, finanza). Di
tutela del territorio e rispetto delle comunità locali non se ne parla. Il
controllo dello Stato consente l’uso della forza pubblica o delle forze armate
a garanzia di queste allocazioni. La militarizzazione della Val di Susa
potrebbe non rimanere un’eccezione.
Quarto
: potrebbe essere utile anche l’uso di strumenti non convenzionali (come negli
anni ’70). Ad esempio la presenza di una vera opposizione politica organizzata
non policentrica e non trasformista ma
che si riconduce ad una sola persona crea di per sé un gravissimo pericolo oltre che personalmente
per Grillo, anche per la tenuta di tutta l’organizzazione in caso di “fatti non
convenzionali”.
Il
vantaggio di quelli “dentro” non sta tanto nel vantaggio temporaneo ottenuto
con le forzature di Napolitano, ma nella permanente debolezza e frammentazione di
quelli “fuori”. Qualche decina di “ intellettuali di sinistra” antigrillini disseminati fra Repubblica, Il Fatto, il
Manifesto in funzione di utili idioti ,
sono un ottima quinta colonna.
Infatti
ormai, e purtroppo, l’unica forma
organizzata, capillarmente presente sul territorio e strutturata in consistente
rappresentanza istituzionale è il Movimento 5 Stelle. L’unica organizzazione
con la credibilità (per lo meno morale) di contrapporsi alle dinamiche del
potere.
Tornando
alla Rivoluzione Francese, convocati gli stati generali, si uscì dall’impasse
solo quando il Terzo Stato si costituì in Assemblea Nazionale ed assunse la
rappresentanza dell’intera nazione. In altre parole oggi si contrappongono due visioni
di prospettiva del tutto incompatibili dove una parte ha un progetto, la
strumentazione per imporlo, una strategia di medio periodo e le alleanze
necessarie (è una parte minoritaria ma il rigido controllo dei media simula un
consenso maggioritario ). L’altra parte, pur essendo potenzialmente maggioritaria e disponendo
di persone
qualificate, competenze e teoriche possibilità di alleanze, non ha ancora sviluppato una
strategia consapevole e condivisa né la strumentazione culturale e tecnica
necessaria alla gestione dell’alternativa. Chi è in vantaggio farà di tutto per
accelerare i tempi e dispiegare il 100% delle sue carte senza dare agli altri
la possibilità di organizzarsi.
Esiste
un enorme gap fra il numero degli attivisti ed il numero dei votanti per il M5S,
senza dimenticare quelli che non sono compromessi ma non lo votano ( alcuni
milioni in più ). Grillo chiede a tutti di partecipare e non solo di votare. Giusto:
ma deve essere offerto un ambito (o più ambiti) dove possa essere sviluppata
questa partecipazione (anche in forme differenziate) che sola consentirebbe la
piena articolazione di un progetto. Che riguarda il voto, ma anche l’organizzazione sul territorio, la cultura, i media. Devono poter contribuire gruppi sociali,
competenze, provenienze culturali e capacità soggettive diverse. Molti non
sono disponibili a mettersi sotto l’ala protettiva di Grillo e Casaleggio; poco
importa quanto ciò sia condivisibile o no; stiamo parlando degli attori di
centinaia di gruppi, comitati , movimenti; i cui temi sono pressoché coincidenti
con quelli dei grillini. Ridurre il tutto all’esclusivo uso della rete ed in
particolare alla nuova piattaforma che sembra sarà pronta fra qualche tempo,
appare del tutto inadeguato. La
sperimentazione stessa di quello che c’è dell’uso della rete ha mostrato falle
significative. Che sia l’attacco hacker che ha obbligato a rifare le
quirinarie, l’intervento pianificato dei trolls che ha creato sconcerto e
confusione perfino fra gli eletti, l’evidente presenza di infiltrati in forum
cruciali come quello sulla riforma elettorale, testimoniano che quanto è in
campo non basta. Non è questa la sede per insegnamenti presuntuosi al Movimento
5 Stelle su come dovrebbe organizzarsi e
usare al meglio il ruolo dei suoi tutori e non lo faremo. Rimaniamo in attesa
degli strumenti che lo aiutino a farsi Comunità
prima e Stato poi. Speriamo.
* del Gruppo Cinque
Terre
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