di Valerio Valentini
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Per oltre un anno, in
Italia, abbiamo accettato le folli politiche di austerità imposte dalle élite
finanziarie. Lo abbiamo fatto perché tutti i giornali e le televisioni ci
ripetevano che l’Europa chiedeva rigore e sacrifici, e che una nostra
opposizione avrebbe messo in crisi gli equilibri economici e politici
dell’intero continente. Era impossibile, del tutto impensabile percorrere
un’altra strada per uscire dalla crisi.
E invece cosa
succede? Proprio il Paese più severo, quello che ha dettato ai maiali l’agenda
dell’austerità, ha dimostrato la settimana scorsa che certi provvedimenti
incostituzionali possono e devono essere bloccati. O, quantomeno, rimessi in
discussione. E lo ha fatto per la seconda volta, dopo avere in precedenza
ridefinito e limitato il potere del MES, la potente organizzazione che gestisce
il fondo Salva Stati, dichiarandone incostituzionali molte sue parti centrali,
mentre i nostri "rappresentanti" firmavano tutto in nostro nome, nel
silenzio generale dei media, svendendo gli ultimi residui di sovranità come un
venditore di aspirapolveri smaltisce le ultime scorte di magazzino.
Il primo marzo
scorso, il Bundesrat (il senato delle regioni tedesco) si è opposto
all’approvazione del Fiscal Compact, voluto e sostenuto dalla CDU di Angela
Merkel, dopo che già il Bundestag aveva dato il suo assenso, alla fine del
2012. A prevalere è stata la coalizione composta da Verdi, Socialdemocratici e
partito della Sinistra, che da poche settimane detiene (per la prima volta dal
1999) la maggioranza dei seggi (36 su 69) alla Camera dei Lander, dopo che
proprio i Verdi hanno vinto le elezioni regionali nella Bassa Sassonia. Ora il
disegno di legge verrà ridiscusso da una commissione di mediazione
parlamentare, che deciderà su eventuali modifiche da apportare.
La scelta dell’opposizione di seguire la linea dura è stata
evidentemente influenzata dall’imminenza delle prossime elezioni nazionali di
settembre: si è voluto lanciare un segnale chiaro contro le politiche di
austerità imposte dalla destra (in Germania la sinistra usa fare così). Verdi e
Socialdemocratici hanno riportato un’ulteriore successo nei confronti della
cancelliera Merkel, ottenendo l’approvazione sia di un disegno di legge che
prevede l’introduzione di una tariffa minima legale per i lavoratori di 8,50
Euro all’ora, sia di un altro provvedimento volto ad equiparare lo status
legale e fiscale delle coppie omosessuali a quello delle coppie eterosessuali.
I portavoce dei partiti di opposizione sono stati concordi nel ribadire la
necessità di introdurre misure volte ad evitare eventuali forme di sfruttamento
dei lavoratori sottopagati, soprattutto in un momento di crisi, e ad annullare qualsiasi
tipo di discriminazione (in Germania la sinistra fa così).
Ovviamente per Angela
Merkel si è trattato di un triplice smacco, che ha messo in agitazione molti
esponenti del suo partito. Nonostante, infatti, la sua coalizione conservi una
solida maggioranza nel Bundestag, che probabilmente consentirà di correggere o
bocciare i provvedimenti sgraditi, in molti, all’interno della CDU, continuano
a guardare con timore al crescente risentimento nei confronti delle politiche
comunitarie dettate da Bruxelles e da Francoforte. Il governatore della
Sassonia Stanislaw Tillich, alleato della Merkel, ha dichiarato che la Germania
dovrebbe mandare un segnale di forza ed affidabilità all’Europa, soprattutto in
un momento di incertezza sugli sviluppi futuri che si è aperto dopo le elezioni
in Italia. È per questo, secondo Tillich, che il tentativo dell’opposizione di
indebolire il governo Merkel è quantomai deplorevole: “non dovrebbe esserci
alcuna esitazione, da parte nostra, nel pretendere disciplina fiscale dagli
altri Paesi europei”, ha dichiarato di fronte al Bundesrat. Da più parti,
immediatamente, si sono levati appelli alla “responsabilità rispetto alla
politica europea” (vi ricorda qualcosa?), come quello lanciato dal portavoce
del Ministro delle Finanze, Martin Kotthaus.
L’opposizione, però,
non si è lasciata condizionare. Quello che Verdi e Social Democratici chiedono,
infatti, è l’emissione di bond federali-statali (lo stesso principio degli
Eurobond, insomma, applicato ai vari Lander tedeschi) che aiutino a ridurre il
debito delle regioni. Un provvedimento, questo, che era stato promesso dal
Ministro delle Finanze Schaeuble durante le contrattazioni per ottenere il
consenso del Bundesrat, ma che non è stato sinora approvato.
Il risultato finale,
comunque, è che per ora la Germania respinge il Fiscal Compact. Ci si ritrova,
dunque, nella paradossale situazione per cui lo Stato che più d’ogni altro
aveva sostenuto questo provvedimento a livello europeo, imponendolo di fatto a
25 dei 27 membri dell’UE, ora si mostra estremamente riluttante
nell’approvarlo. L’Italia, manco a dirlo, è stata uno tra i più solerti dei 12
Stati che già lo hanno ratificato, senza che nessuna discussione al riguardo
avvenisse né in Parlamento né sui media.
Obbedire e tacere: è stata questa la logica dominante. Oltre, ovviamente, a quella di condannare le sparute voci critiche. Ed è così che ci ritroveremo a pagare una cifra che oscillerà tra i 50 e i 70 miliardi all’anno, per i prossimi vent’anni.
Obbedire e tacere: è stata questa la logica dominante. Oltre, ovviamente, a quella di condannare le sparute voci critiche. Ed è così che ci ritroveremo a pagare una cifra che oscillerà tra i 50 e i 70 miliardi all’anno, per i prossimi vent’anni.
da www.byoblu.com , 8 marzo 2013
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