Dall'acqua pubblica al no alle grandi opere come la
Tav, dalle ricette per la Rai al reddito-sussidio garantito, dai grandi temi
alle micro-questioni. Cosa c'è e cosa non c'è nel programma dei vincitori delle
elezioni
Ora che il movimento 5 stelle è passato con successo
attraverso le elezioni nazionali è venuto il momento di guardare con attenzione
a che cosa viene proposto in materia economica e di capire se quello che viene
proposto è condivisibile o meno.
Le prime battute post-elettorali di Grillo sono state
inequivocabili: “Acqua pubblica, scuola pubblica, sanità pubblica, reddito
minimo di cittadinanza (…)”. Altre battute sono state lanciate in questi giorni
contro la Torino-Lione e la meno nota “gronda” autostradale genovese (di fatto
il raddoppio del nodo autostradale intorno alla città). Sono da tempo note le
posizioni del moVimento a favore delle energie rinnovabili e più in generale
della riconversione ecologica delle produzioni e dei consumi. Insomma: un
programma contro il liberismo, per il welfare e per l’ambiente.
Ma cerchiamo di andare un po’ più nel dettaglio:
vediamo cosa dice il programma elettorale delle 5 stelle, punto per punto.
Punto 1 – ‘Stato e cittadini’. In mezzo a tanti spunti
istituzionali dal sapore anti-politico, troviamo un paio di proposte che
puntano alla razionalizzazione dell’amministrazione pubblica e della sua spesa:
l’abolizione delle province e l’accorpamento dei comuni con meno di 5mila
abitanti.
Punto 2 – ‘Energia’. Qui l’attenzione è concentrata su questioni molto
specifiche: un pacchetto per l’efficienza energetica lungo tutto la filiera -
dalle centrali ai consumi finali – con un’attenzione agli edifici, vecchi e
nuovi, privati e pubblici; proposte per la diffusione della produzione
distribuita di elettricità, della micro co-generazione e per l’uso controllato
delle biomasse e dei biocombustibili; l’abolizione degli incentivi CIP 6 per la
combustione dei rifiuti.
Punto 3 – ‘Informazione’. Su questo tema l’orientamento è
decisamente a favore di una maggiore apertura e concorrenzialità del mercato
(coerente del resto con la proposta di una “vera” class action): tetto del 10%
alla quota di azioni detenuta da ciascun proprietario di quotidiani e reti
televisive (con divieto di partecipazione per banche ed enti pubblici) e tetto
del 5% alla quota di mercato dei concessionari pubblicitari; gare ogni 5 anni
per l’assegnazione delle frequenze televisive; abolizione della legge Gasparri
e privatizzazione di due reti pubbliche (la terza resta pubblica, senza
pubblicità e fuori dal controllo dei partiti); statalizzazione della dorsale
Telecom, completamento della rete nazionale ADSL e diffusione dei ripetitori
Wimax; abolizione dei canoni per la rete fissa e allineamento all’Europa delle
tariffe telefoniche e internet.
Punto 4 – ‘Economia’. Anche su questo tema prevalgono le
richieste per una maggiore trasparenza del mercato e l’eliminazione
dell’epidemia di conflitti d’interessi che affligge le società per azioni:
azioni a tutela dei piccoli azionisti e contro lo strapotere degli
amministratori; divieto agli incroci banche-imprese; regolazione delle
operazioni finanziarie ‘a leva’ (modello Tronchetti Provera, per capirci); e
così via. A completare il quadro, due ‘cosette da poco’: l’abolizione della
legge Biagi e l’introduzione di un sussidio di disoccupazione generalizzato.
Punto 5 – ‘Trasporti’. Questo punto si divide in due
parti: una parte ‘construens’ tutta a favore di interventi per la mobilità
sostenibile urbana (piste ciclabili e corsie preferenziali, diffusione della
propulsione elettrica per il trasporto pubblico e il car e bike sharing,
pedaggi urbani, ferrovie locali e regionali) e una parte ‘destruens’ contro le
infrastrutture (dalla Torino-Lione fino ai parcheggi urbani).
Punto 6 – ‘Sanità’. Si parte dalla constatazione che in Italia abbiamo un
vantaggio da difendere – in particolare contro gli effetti perversi della
‘devolution’: la sanità pubblica ad accesso universale. Altre questioni
completano il punto: diffusione della prevenzione; separazione delle carriere
mediche tra pubblico e privato; conversione di spese militari in fondi per la
ricerca.
Punto 7 – ‘Istruzione’. Qui troviamo due proposte che
farebbero piacere al compianto Sylos Labini: niente soldi pubblici alla scuola
privata e abolizione della legge Gelmini. Si aggiungono spunti tecnologici:
libri in formato digitale, internet in tutte le scuole, insegnamento a
distanza. Completano il quadro due questioni non di poco conto: l’abolizione
del valore legale del titolo di studio e gli investimenti nella ricerca
universitaria.
Se proviamo a tirare le fila, la prima cosa che salta
all’occhio è la differenza di stile e di retorica rispetto ai programmi
politici cui siamo abituati. In quello di Grillo è infatti evidente il continuo
salto tra grandi temi e piccole questioni; ma quello che si perde in linearità
e rigore formale, lo si guadagna in concretezza. Tra l’altro è anche evidente
un esercizio di umiltà, atteggiamento che latita nella politica italiana;
infatti è evidente che si ‘copiano’ le cose buone fatte altrove: il modello BBC
per la tv, le politiche tedesche per l’energia e la mobilità sostenibile, le
azioni antimonopolistiche di stile anglosassone, il pedaggio urbano di Londra.
Colpisce anche il sincretismo ideologico: la difesa del pubblico convive con la
richiesta di mercati trasparenti e concorrenziali.
Ma torniamo ai quesiti iniziali: Grillo ha una linea
economica? È condivisibile?
La proposta economica del movimento 5 stelle a me pare
complessivamente chiara: si vuole la difesa di un sistema pubblico che assicuri
in modo efficiente e trasparente l’erogazione di servizi fondamentali per
l’esercizio della cittadinanza; si ritiene che un piano di sviluppo possa
venire da un massiccio intervento - più centrato sul territorio e sulle città
che sulle grandi opere – per l’energia, i trasporti e la telematica; si propone
che ciò che sta sul mercato – a partire dalle spa – sia sottoposto a regole
rigorose di trasparenza. Sin qui tutto condivisibile, almeno a mio modo di
vedere.
Se c’è un limite nel programma 5 stelle, deriva più da
quello che non c’è: detto in una battuta, manca la macroeconomia. Certo ci
sono, anche se non esplicitate in questi termini, le proposte per un sostegno
alla domanda: ai consumi dei ceti medio-bassi col reddito minimo di
cittadinanza (nel programma abbiamo visto che si parlava invece di sussidio di
disoccupazione); agli investimenti con un piano articolato per la scuola,
l’università, il trasporto urbano, l’energia, la telematica. Ma resta il fatto
che manca completamente il riferimento al bilancio pubblico italiano, alla
tassazione, ai comportamenti della Bce, alle politiche economiche europee in
generale. Andando a cercare nei forum 5 stelle le idee sono – contrariamente a
quanto ci si potrebbe aspettare – complessivamente europeiste (noi diremmo ‘per
un’altra Europa’): sistema fiscale europeo, spesa sociale europea, più poteri
al parlamento europeo, ‘Stati Uniti d’Europa’…
Forse è il caso di chiedere a Grillo di copiare anche
da Sbilanciamoci?
* da sbilanciamoci.info, 1 marzo 2013
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