Tariffe +51%, velocità media
sui treni ferma a 35 orari. La protesta di chi viaggia, i disservizi li
paghiamo tutti
Tre cose che si possono fare
Dai 14 milioni di pendolari stimati
in Italia quelli che stanno pagando di più i costi della crisi usano l'auto per
recarsi ogni giorno sul posto di lavoro. Molti di loro sono operai perché le
fabbriche ormai sono tutte fuori dei centri abitati, il resto sono lavoratori
«flessibili» che devono timbrare il cartellino in orari non coperti dal
servizio di trasporto pubblico. Un pendolare con auto ha subìto l'incremento
delle tariffe autostradali e della benzina, usa la sua vettura e quindi spende
di più in manutenzione ordinaria. In più sia con l'accisa sulla benzina sia con
la fiscalità generale partecipa al sussidio del trasporto locale. Eppure non si
aggrega, non protesta e di conseguenza non ha voce in capitolo.
La seconda
tribù di pendolari è quella che
si reca a lavoro con un bus extraurbano. Le tariffe sono in media +30% rispetto
alle ferroviarie nonostante che i costi di produzione siano inversi, 15 euro a
km per il treno e 3 euro per il bus. Come il pendolare in auto quello in bus è
scarsamente organizzato, le proteste hanno come controparte naturale gli
autisti dei bus e la relazione informale che si crea con loro serve a mitigare
le inefficienze e ad apportare correzioni in corsa. In Lombardia i pendolari in
bus sono stimati in circa 1 milione contro 760 mila in treno e la parte del
leone la fa il traffico su Milano. La città del Duomo, infatti, attira
giornalmente 900 mila pendolari complessivi che sono altrettanti city user in
aggiunta ai residenti (1,3 milioni scarsi). Lo spostamento progressivo di
popolazione da Milano verso l'hinterland e la provincia trova le motivazioni
negli alti costi della città (innanzitutto nell'immobiliare) e nella
possibilità di usufruire nei piccoli centri di preziose reti di supporto
familiari e non.
IN TRENO - Arriviamo ai pendolari in treno che sono l'ala più
organizzata, «i duri». In Italia sono circa 3 milioni. Le prime proteste
partivano come estensione delle lotte operaie e culminavano nel blocco dei
binari. Poi via via il pendolarismo delle tute blu si è spostato su auto e bus
e il treno è diventato interclassista. È facile trovare in carrozza persino
magistrati e avvocati che quando vestono i panni del pendolare sono i più
rapidi nel promuovere vertenze e cause. Grazie a Internet i pendolari dei treni
hanno migliorato la loro organizzazione e ormai attorno a Milano esiste una
ventina di comitati. Idem nel resto d'Italia con circolazione immediata delle
notizie e addirittura una classifica delle tratte peggio servite o delle linee
a binario unico come, per restare in Lombardia, quelle che angustiano i
viaggiatori da Cremona a Milano o i pendolari di una parte della Brianza.
I viaggiatori da treno hanno il vantaggio di avere una controparte visibile (i gestori ferroviari) e di utilizzare le stazioni come «cattedrali» della protesta, i pendolari in auto alle prese con un ingorgo ovviamente non sanno con chi prendersela. La particolarità italiana è data dai larghi contributi statali e regionali al trasporto pubblico, cresciuti negli anni: in Lombardia dal 2001 al 2010 l'incremento è stato del 61% contro un'offerta di treni/km cresciuta solo del 30% e un aumento delle tariffe del 51% (l'inflazione ha inciso solo per 21 punti).
I viaggiatori da treno hanno il vantaggio di avere una controparte visibile (i gestori ferroviari) e di utilizzare le stazioni come «cattedrali» della protesta, i pendolari in auto alle prese con un ingorgo ovviamente non sanno con chi prendersela. La particolarità italiana è data dai larghi contributi statali e regionali al trasporto pubblico, cresciuti negli anni: in Lombardia dal 2001 al 2010 l'incremento è stato del 61% contro un'offerta di treni/km cresciuta solo del 30% e un aumento delle tariffe del 51% (l'inflazione ha inciso solo per 21 punti).
La crisi
se ha aumentato i costi del
pendolarismo in auto ha decongestionato le autostrade e persino le tangenziali
con l'eccezione delle ore di punta. Ma ha anche frantumato il lavoro e
moltiplicato gli spostamenti. Sia chi opera nel terziario debole (partite Iva,
precari) chi nel terziario forte (consulenti, professionisti) raggiunge più
posti di lavoro o clienti in ore sempre meno canoniche. I comitati dei
pendolari denunciano a più riprese che i treni a loro riservati sono vecchi e
sporchi (pulizie e degrado) ma soprattutto sono lentissimi e poco puntuali,
nonostante che in più di qualche caso i gestori abbiano allungato (sugli orari)
i tempi di percorrenza.
Secondo Dario Balotta di Legambiente «il 2012 è stato l'anno che ha dato più problemi degli ultimi dieci». Consultando Pendolaria, una sorta di libro bianco del trasporto ferroviario, si scopre che l'anno scorso molte Regioni hanno deciso di tagliare corse e treni e ritoccare gli abbonamenti. Nel solo Piemonte 12 linee e il 90% dei treni sulla Napoli-Avellino è stato depennato.
Secondo Dario Balotta di Legambiente «il 2012 è stato l'anno che ha dato più problemi degli ultimi dieci». Consultando Pendolaria, una sorta di libro bianco del trasporto ferroviario, si scopre che l'anno scorso molte Regioni hanno deciso di tagliare corse e treni e ritoccare gli abbonamenti. Nel solo Piemonte 12 linee e il 90% dei treni sulla Napoli-Avellino è stato depennato.
Ma il
cambiamento più significativo lo si deve
sicuramente all'avvento della Tav e ai riflessi che ha avuto sul traffico
pendolari. La forte distanza tra la serie A del trasporto e la serie B è
percepita da tutti, si sa che la Tav ha convogliato su di sé gli investimenti
ed è diventato un business redditizio, tanto che su quelle linee in soli 5 anni
l'offerta è aumentata del 395%. In parallelo il trasporto locale è stato
lasciato degradare davanti ai super-treni che hanno l'assoluta precedenza
perché devono arrivare in orario per non perdere competitività. «Come
conseguenza si è ridotta la velocità all'interno dei nodi urbani come Milano,
andando più piano i treni pendolari hanno saturato gli spazi della rete e al
minimo ritardo si genera un effetto di propagazione sull'intero traffico. E
15-20 minuti in più per un pendolare sono una tragedia, specie se si ripetono
con una certa frequenza» sostiene Andrea Boitani, docente alla Cattolica di
Milano e autore del pamphlet «I trasporti del nostro scontento». I clienti
dell'Alta velocità pagano bei soldi e se il servizio ritarda magari tornano
all'aereo, invece i pendolari «esprimono una domanda più rigida, che non ha
alternative più convenienti e quindi su di essa si scaricano le inefficienze».
Se le cose
stanno così come si possono risolvere i problemi
dei pendolari? Ci vorrebbero più treni, più rapidi e nuovi almeno nelle 20
principali linee dei pendolari dove l'affollamento sta diventando sempre di più
ragione aggiuntiva di ritardo. Quanto al recupero di velocità c'è molto da
fare, oggi siamo a una media di 35,5 km l'ora contro i 51,4 della Spagna, i
48,1 della Germania e i 46,6 della Francia. Negli anni scorsi ha preso piede la
pratica dei bonus di compensazione, che ha raggiunto il culmine con la
Caporetto della Trenord lo scorso dicembre. I disservizi prolungatisi per 7
giorni hanno portato alla riduzione del 25% del costo dell'abbonamento. Ma il
bonus chi lo paga? Non certo i dirigenti che hanno causato l'inefficienza ma si
scarica sulla fiscalità generale. Lo paghiamo tutti. «E comunque sono soldi
sottratti alla manutenzione, alla pulizia, alla qualità del servizio e al
rinnovo del materiale rotabile. Il bonus è stato un punto di mediazione tra la
politica e i comitati pendolari, rischia però di essere l'alibi della
deresponsabilizzazione tanto paga Pantalone» commenta Balotta.
E allora?
Come si può incidere veramente e
cambiare la vita dei milioni di pendolari giornalieri? Il professor Boitani
prova a mettere in fila le priorità. «Cambiare le regole di circolazione
soprattutto nei grandi nodi per velocizzare il traffico in sicurezza.
Accelerare gli investimenti per ampliare la capacità dei nodi metropolitani.
Introdurre le gare per l'affidamento dei servizi bus e treni per stimolare
l'efficienza e ridurre i sussidi. Rendere più attrattivi gli hub del traffico
pendolare trasformandoli in veri e propri centri di servizi». È una lista da
libro dei sogni o può trovare ospitalità in qualche agenda di governo?
* @dariodivico , corriere della sera - 24 marzo 2013
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